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Il caffè: non più di 4 tazzine al giorno

Pasquale Lojacono nel secondo atto dell’opera Questi fantasmi ( Eduardo De Filippo 1946), mentre parla con l’immaginario dirimpettaio il prof. Santanna dice:
“[ ] Io per esempio, a tutto rinuncerei, tranne a questa tazzina di caffè, presa tranquillamente qua, fuori al balcone, dopo quell’oretta di sonno fatta dopo pranzo.
Io stesso me la devo preparare con le mie mani.
Mia moglie non collabora, mia moglie è molto più giovane di me, e la nuova generazione ha perduto queste abitudini che, secondo me, sono la poesia della vita; perché oltre a farvi occupare il tempo, vi danno una certa serenità di spirito.

Il caffè deve avere il colore del manto di monaco, questo non è caffè è cioccolato.
Vedete quanto poco ci vuole per rendere felice un uomo, prendere il caffè fuori al balcone scambiando due parole con il dirimpettaio simpatico, il caffè bisogna prenderlo con tranquillità”.

Nei bar italiani si bevono 6 miliardi di tazzine di espresso all’anno, secondo gli ultimi dati della Federazione italiana pubblici esercizi, quasi la metà bevute al mattino.

Il caffè è un infuso, preparato (quasi sempre) con rapido passaggio dell’acqua bollente su una miscela di semi torrefatti della pianta del caffè, macinati finemente.

Ci protegge dal diabete, previene alcuni tumori e potenzia la memoria: sono buone notizie per chi non rinuncerebbe mai al piacere di un buon caffè.

Il consumo di caffè non comporta assunzione di nutrienti e calorie, escludendo naturalmente l‟aggiunta di zucchero o di latte.

Ma c’è anche chi non tollera gli effetti eccitanti della caffeina: è una questione genetica, secondo le ultime scoperte della scienza!

Ma attenzione! Non più di 4 tazzine al giorno: così il caffè fa bene!

1. La tolleranza è scritta nel Dna

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Sono sei miliardi le tazzine di espresso consumate in un anno al bar in Italia, secondo gli ultimi dati della Federazione italiana pubblici esercizi, quasi la metà bevute al mattino.

Tuttavia, se per molte persone la giornata inizia davvero solo dopo la prima tazzina di espresso, per altre il caffè non è un piacere perché favorisce ansia, nervosismo e mal di stomaco.

È molto soggettivo, come hanno dimostrato anche recenti studi sulle capacità individuali di metabolizzare la caffeina.

I sintomi conseguenti al consumo di caffè possono essere la tachicardia, il nervosismo, l’insonnia, ma anche il bruciore di stomaco, che dovrebbe indurre alla cautela. Raramente, però, un singolo caffè crea problemi.

Tra l’altro, in Italia beviamo prevalentemente l’espresso, che contiene molta meno caffeina dei caffè lunghi americani o del Nord Europa: in una tazzina di caffè italiano ci sono infatti 40-80 mg di caffeina, contro i 120-150 di un caffè americano.

Il decaffeinato può però essere un’alternativa valida per chi non tollera nemmeno un singolo caffè. Ricercatori della Harvard T.H. Chan School of Public Health di Boston (Usa) hanno condotto uno studio per capire perché le persone reagiscono diversamente al caffè.

Analizzando il Dna di oltre 120mila consumatori statunitensi di origine europea e africana, gli scienziati hanno identificato almeno sei nuove varianti genetiche associate al consumo abituale di caffè.

«Di queste, due riguardano il metabolismo della caffeina, mentre altre due varianti possono favorire la spinta psicologica al consumo del caffè e i possibili effetti bene ci della caffeina sull’organismo», spiega Marilyn Cornelis, coordinatrice dello studio. In altre parole le persone berrebbero caffè a seconda della propria predisposizione genetica per trarre i migliori benefici dal consumo della bevanda.

I grandi consumatori hanno un profilo genetico che fa loro metabolizzare in modo più efficiente la caffeina.

2. La dose giusta e il caffè naturalmente decaffeinato

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Oggi la maggior parte dei medici ritiene che fino a 3 o massimo 4 tazzine al giorno il caffè faccia bene alla salute.

Ha una concentrazione molto elevata di antiossidanti con azione preventiva, tra cui l’acido clorogenico che accentua le capacità difensive delle cellule.

Inoltre, contiene diterpeni, salutari per il sistema cardiocircolatorio. Ma da che età si può cominciare a berlo?

Esistono alcune raccomandazioni, considerando che la caffeina è contenuta anche nel tè, dove prende il nome di teina, ma si tratta della medesima molecola: 1,3,7-trimetilxantina.

Non vanno superati i 45 mg di caffeina al giorno tra i 4 e i 6 anni, i 60 mg tra i 7 e i 9 anni, gli 85 mg tra i 10 e i 12 anni, mentre gli adolescenti non devono ingerirne più di 2,5 mg per chilogrammo di peso corporeo. Il rischio principale sono le bevande zuccherate che contengono caffeina.

I ragazzi rischiano di abituarsi presto alla stimolazione indotta dalla caffeina per studiare o per praticare sport. Quindi meno ne assumono, meglio è. In ogni caso, è meglio un caffè, possibilmente senza zucchero, di una bibita zuccherata.

Ci sarà anche il caffè naturalmente decaffeinato. Chi non tollera il caffè per gli effetti eccitanti prodotti dalla caffeina può bere il decaffeinato.

Attenti però a come avviene la decaffeinizzazione: i sistemi migliori sono ad acqua o ad anidride carbonica, che non lasciano residui di sostanze indesiderate nei chicchi di caffè. Purtroppo, assieme alla caffeina se ne va anche parte dei nutrienti e quindi anche degli effetti benefici.

Una soluzione potrebbe arrivare da una varietà di piante di caffè scoperta in Africa dal botanico francese André Charrier, il quale le ha dato il proprio nome: Coffea charrieriana. Riconosciuta dalla scienza nel 2008, produce naturalmente chicchi senza caffeina.

3. Previene diabete e tumori

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Sempre più ricerche stanno correlando il consumo di caffè alla diminuzione del rischio di sviluppare il diabete di tipo 2, quello dovuto a insulinoresistenza e favorito da obesità, sedentarietà e alto consumo di zuccheri.

Sembra infatti che l’acido clorogenico e la trigonellina, presenti nel caffè, riducano i livelli di glucosio e di insulina nel sangue, a patto però di berlo senza zucchero e di seguire un’alimentazione sana ed equilibrata, praticando una costante attività fisica.

Uno studio condotto dal Dipartimento di Epidemiologia dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e dall’Università di Milano ha invece concluso che il consumo di caffè riduce di circa il 40 per cento il rischio di carcinoma epatocellulare, il tipo più comune di tumore del fegato.

Ciò potrebbe essere mediato dai provati effetti preventivi del caffè sul diabete, un noto fattore di rischio del tumore al fegato, oppure dai suoi effetti bene ci sulla cirrosi e sugli enzimi epatici.

Il consumo di caffè sembra associato anche a un ridotto rischio di sviluppare il tumore all’endometrio, la mucosa che riveste la superficie interna dell’utero: 3 o 4 tazze al giorno ridurrebbero il rischio di un quinto, secondo ricercatori dell’Imperial College di Londra.

In fine, un moderato consumo di caffeina potenzia la memoria a lungo termine, in particolare quella visiva, secondo una ricerca di neuroscienziati della Johns Hopkins University di Baltimora (Usa).

4. 30 secondi sono il tempo ottimale per preparare un buon espresso al bar

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Il tempo ottimale per preparare un espresso al bar (30 millilitri) è 30 secondi.

Così si estrae il cocktail migliore di aromi della componente oleosa: dal fumo al cioccolato, cannella, tè, fino a note di fondo dolci e floreali.

Se nella tazzina il colore della crema, cioè della schiuma in superficie, è chiaro, vuol dire che c’è stata “sottoestrazione”: l’espresso è stato preparato troppo in fretta oppure la macinatura della miscela ha una grana troppo grossa o la temperatura dell’acqua è troppo bassa.

Viceversa, se la crema è scura e ha un buco al centro, vuol dire che il caffè è stato “sovraestratto”, cioè preparato troppo lentamente, oppure usando una miscela a grana troppo fine e in quantità eccessiva: il rischio è che prevalga un aroma di rancido.

I semi di caffè contengono zuccheri, grassi, proteine, acidi (tra cui il clorogenico, ottimo antiossidante), minerali, caffeina (circa 1 per cento) e trigonellina, una sostanza che stimola l’appetito, il sistema immunitario e la diuresi e che con la torrefazione del caffè si trasforma in vitamina PP (o B3), indispensabile per prevenire la pellagra, malattia dovuta alla carenza di vitamine del gruppo B.

Ne soffrivano i contadini del Nord Italia che si alimentavano solo con polenta di sorgo o mais: un caffè al giorno l’avrebbe evitata!

Contenuto principale di 100 grammi di polvere di caffè:
- Carboidrati 28,5 g
- Grassi 15,4 g
- Proteine 10,4 g
- Sali minerali 2,4 g
- Caffeina 1,5 g
- Acido clorogenico (antiossidante) 0,065 g
- Vitamine 0,01 g
- Calorie 287
Fonte: Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione



5. Tremila di anni di storia in una tazzina

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  • 1000 a.C. – 500 d.C.
    La tribù nomade degli Oromo, che viveva nel regno di Kefa, oggi Etiopia, mangiava i semi di caffè, pressati e mescolati a grasso, per i loro effetti “tirami su”.
  • 600
    I commercianti portano il caffè in Arabia (oggi Yemen) attraverso il Mar Rosso.
  • Fine 1400 - inizio 1500
    I pellegrini musulmani di ritorno dalla Mecca portano in Turchia, Egitto e Siria i semi di caffè.
    Nelle città del vicino Oriente vengono aperte le prime sale da caffè, di tradizione araba, dove i commercianti europei, soprattutto veneziani, cominciano a conoscere e apprezzare la bevanda.
  • 1616
    Gli Olandesi danno il via alla coltivazione del caffè per scopi commerciali, soprattutto a Ceylon (oggi Sri Lanka) e nella loro colonia di Giava in Indonesia.
  • 1723
    Il caffè arriva in Martinica, nei Caraibi, dove l’ufficiale navale francese Gabriel Mathieu de Clieu porta alcune sementi prelevate in circostanze poco chiare dai Giardini botanici reali.
  • 1727
    Le piantine di caffè sbarcano in Brasile, portate dall’ufficiale Francisco de Melo Palheta tra i suoi beni personali.
  • 1905
    Ludwig Roselius, importatore tedesco di caffè, inventa a Brema il decaffeinato per conto dell’azienda Kaffee-Handels-Aktien-Gesellschaft. Sarà poi commercializzato con il nome Hag.
  • 1933
    A Omegna, sul Lago d’Orta, Alfonso Bialetti inventa la macchinetta moka in alluminio, che dal 1946 sarà prodotta su scala industriale dal figlio Renato.
    L’ungherese Francesco Illy a Trieste brevetta la prima macchina espresso automatica che sostituisce l’acqua in pressione con il vapore.
  • 1945
    Carlo Ernesto Valente apre a Milano uno stabilimento per la produzione di macchine da caffè, la “Fabbrica Apparecchiature Elettro Meccaniche e Affini” (FAEMA).








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