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Il cervello: come farlo funzionare meglio e più a lungo

Il nostro cervello è un motore perfettamente regolato, in grado di controllare tutte le nostre azioni ed emozioni.

È bene, dunque, preoccuparsi della sua manutenzione.

Esistono tecniche di accertato valore scientifico per far sì che funzioni meglio e più a lungo? Scopriamolo insieme!

1. Protezione e alimentazione

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  • Protezione
    La cosa migliore in assoluto che possiamo fare per tutelare il nostro cervello è proteggerlo da lesioni.
    Può sembrare ovvio, ma solo oggi si comincia a riconoscere l’impatto a lungo termine dei traumi cerebrali.
    Milioni di persone nel mondo sono costrette a convivere con perdita di memoria, stati confusionali e psicosi causati da traumi cranici sofferti probabilmente anni prima.
    Chi ha subito lesioni cerebrali è soggetto a deficit cognitivi precoci e soccombe alla demenza prima di altri.
    Un dato molto preoccupante, poi, è che ha almeno il triplo di probabilità in più di finire in carcere.
    Cadute, incidenti sportivi e stradali sono le principali cause di trauma alla testa.
    Una prima, semplicissima misura da adottare, dunque, è indossare calzature adatte e un casco protettivo quando si va in bicicletta o si praticano altri sport che espongono al rischio di battere la testa.
  • Alimentazione
    La seconda cosa da fare è proteggere il cervello anche da danni interni, alimentandosi correttamente.
    Questo organo, si sa, ha sempre “fame”: assorbe circa un quinto dell’intero apporto nutritivo dell’organismo. Il nutrimento lo raggiunge attraverso la fitta rete di vasi sanguigni del nostro corpo.
    Se, nel suo percorso, il sangue incontra una strozzatura, forma un coagulo che può causare un ictus. A seconda delle sue dimensioni e localizzazione, un incidente cerebrovascolare può avere conseguenze catastrofiche, o passare quasi inosservato.
    Gli episodi minori prendono il nome di TIA (attacchi ischemici transitori): sul momento, non causano particolari problemi, ma se ripetuti nel tempo, il loro effetto cumulativo può portare a gravi deficit cognitivi, noti come demenza vascolare, oggi diffusa quasi quanto l’Alzheimer.
    Proteggiamoci dagli ictus consumando questi alimenti:
    - Antiossidanti: spazzano via i residui dei normali processi metabolici. I cibi di colore scuro come i mirtilli, il cioccolato fondente, i fagioli rossi e i carciofi sono pieni zeppi di queste salutari sostanze.
    - Vitamine A, B, C, D ed E: tu e insieme, ripuliscono le arterie, consolidano le pareti dei vasi sanguigni e mantengono in salute le cellule nervose. Si trovano nei cereali integrali, nelle uova, nella carne di pollo, nella frutta a guscio e nelle verdure a foglia.
    - Omega-3 e altri acidi grassi insaturi: rinforzano e ripuliscono le arterie e contribuiscono alla costruzione delle membrane cellulari cerebrali. Tra i cibi più ricchi di omega-3 troviamo i pesci oleosi, le noci e i semi commestibili.
    - Precursori dei neurotrasmettitori: per esempio, triptofano e glucosinolati. Si trovano nel latte, nella frutta a guscio, nei semi, nel tofu, nei formaggi, nella carne rossa e bianca, nel pesce, nell’avena, nei legumi, nelle uova e nei broccoli.

2. Integratori

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Una dieta sufficientemente varia fornisce al cervello tutti i principi nutritivi di cui ha bisogno.

Ma è opportuno assumerne in quantità maggiori? A questo proposito, c’è qualche dubbio.

Gli acidi grassi insaturi omega-3 notoriamente favoriscono le funzioni neurocognitive. Sono i grassi contenuti in pesci oleosi come aringhe, sardine e sgombri.

La letteratura in materia è copiosa, ma per la maggior parte, si basa su studi effettuati su scala ridotta, dettati da motivazioni commerciali o altrimenti inaffidabili. Le evidenze strettamente scientifiche sono invece molto scarse.

Una ricerca condotta nel 2012 da Cochrane, un organismo ampiamente riconosciuto in campo sanitario, non ha trovato alcun riscontro della capacità degli omega-3 di ridurre il rischio di deficit mentali, mentre una meta-analisi eseguita nel 2015 da scienziati canadesi è arrivata alle seguenti, perentorie conclusioni: “Gli integratori a base di acidi grassi omega-3, vitamine B e vitamina E non hanno effetti sulle funzioni cognitive in soggetti adulti di mezza età o più anziani, non affetti da demenza”.

Analogamente, le evidenze a favore del consumo di integratori vegetali come ginseng e gingko biloba non reggono se sottoposte a rigoroso esame scientifico, e lo stesso può dirsi di praticamente tutti gli altri supplementi delle funzioni neurocognitive.

Il Natural Medicines Comprehensive Database, un organismo non commerciale che si occupa della raccolta e revisione continua di dati, non ha riscontrato un solo integratore efficace tra gli oltre 50 valutati; alcuni sono stati classificati come “potenzialmente efficaci”, ma la maggior parte è stata liquidata per “insufficienti evidenze”.

Si può obiettare che la mancanza di prove di efficacia non equivale, di per sé, alla provata mancanza di efficacia...

Le costose ricerche su ampia scala necessarie per dimostrare, oltre ogni possibile dubbio, se una sostanza funziona o meno sono, generalmente, riservate ai soli medicinali; non sorprende, dunque, che non esistano studi scientifici sull’utilità di prodotti destinati a consumatori sani.

Ma gli integratori non sono privi di rischi; possono interagire con alcuni medicinali e causare spiacevoli effetti collaterali, soprattutto se assunti in quantità eccessive.

Tuttavia, un prodotto che fornisca la dose quotidiana consigliata di vitamine e minerali può essere utile a ridare “slancio” al cervello, soprattutto in caso di carenze alimentari.

3. Apprendimento linguistico musicale

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A oggi, è stato dimostrato con certezza che soltanto due attività mentali sono in grado di migliorare o salvaguardare le nostre abilità cognitive.

Una è l’apprendimento musicale; l’altra è imparare una nuova lingua, o migliorare una seconda lingua già acquisita.

Gottfried Schlaug, direttore del Laboratorio di Musica e Imaging Neurologico dell’Università di Harvard, ha spiegato:
“Ascoltare musica e fare musica non sono esperienze puramente uditive, ma multisensoriali e motorie. Suonare uno strumento ha effetti sulle modalità di interpretazione e integrazione, da parte del nostro cervello, di un’ampia gamma di informazioni sensoriali; se protratta nel tempo, questa attività può realmente modificare la funzionalità e la struttura cerebrale”.

Per quanto riguarda, invece, il ruolo dell’apprendimento linguistico ai fini del potenziamento delle facoltà mentali, un’équipe scientifica dell’Università di Edimburgo ha valutato la lucidità e prontezza di un gruppo di 33 studenti (di età compresa tra 18 e 78 anni) che avevano frequentano un corso di gaelico scozzese. Al termine delle lezioni, erano stati invitati a far pratica della nuova lingua per cinque ore a settimana.

Rianalizzati successivamente, hanno evidenziato un miglioramento dell’attenzione rispetto a gruppi di controllo che avevano partecipato ad altri corsi o non avevano intrapreso alcuna attività didattica integrativa e, a distanza di nove mesi, i soggetti che avevano continuato a fare esercizio si sono distinti per un intervallo di attenzione ancora più lungo.

Il direttore della ricerca, Thomas Bak della Facoltà di Filosofia, Psicologia e Scienze Linguistiche, ha dichiarato che i risultati confermano l’impatto favorevole dell’apprendimento di una lingua sulle facoltà cognitive:
“Credo che il nostro studio comunichi tre importanti messaggi: innanzitutto, non è mai troppo tardi per cimentarsi in una nuova attività mentale come lo studio di una lingua. Secondariamente, anche un corso intensivo ma breve ha effetti benefici per alcune funzioni cerebrali. Infine, l’effetto positivo può essere mantenuto nel tempo, continuando a fare pratica”.

4. Farmaci

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  • Ritalin
    Indicato, come è noto, per pazienti pediatrici affetti da Disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), il Ritalin, così come i suoi derivati, sembra favorire l’attenzione e la concentrazione anche in soggetti adulti colpiti dalla stessa patologia.
    Probabilmente, ha effetti analoghi anche in soggetti sani ma (anche in questo caso) non esistono evidenze scientifiche che possano confermarlo.
  • Antidepressivi
    La depressione non è un semplice disturbo dell’umore, ha effetti profondi sulla cognizione in generale: confonde la memoria, rallenta il pensiero e altera la percezione.
    Quando sono efficaci, gli antidepressivi riescono solitamente a ripristinare le normali funzioni; alcuni (Bupropione, Prozac, Reboxetina e gli SNRI, o inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina) possono stimolare le funzioni cerebrali anche in soggetti non depressi.
    Gli psicofarmaci, tuttavia, tendono ad avere effetti collaterali, quindi l’assunzione non è consigliata in assenza di patologie.
  • Anti-infiammatori
    La flogosi (o infiammazione) è il processo con il quale le cellule dell’organismo scatenano un attacco ed è sempre più chiaro come implicato in patologie nervose come la depressione, la perdita di memoria e disturbi comportamentali.
    Anche la malattia di Alzheimer potrebbe essere innescata, almeno in parte, da processi infiammatori.
    Si stanno accumulando evidenze del fatto che le placche amiloidi associate a questa patologia non sono, di per sé, l’agente causale: pare sia piuttosto la risposta infiammatoria del cervello alle stesse placche a determinare la morte delle cellule nervose.
    Per questo, probabilmente, l’aspirina a basso dosaggio (nota appunto per le sue proprietà antiflogistiche) pare efficace nella prevenzione del declino cognitivo (e inoltre, di attacchi cardiaci e diverse forme tumorali).
    Il consumo di aspirina non è raccomandato a soggetti sani dalle autorità mediche, ma le ultime ricerche sembrano confermare l’utilità dell’assunzione quotidiana di una compressa.
  • Farmaci con obbligo di prescrizione
    Il modanafil è un farmaco soggetto a prescrizione e indicato per il trattamento della narcolessia; pare, però, che abbia anche un effetto stimolante sulle funzioni cerebrali in genere.
    Esperti dell’Università di Oxford e della Medical School di Harvard (atenei in cui un quarto circa degli studenti riferisce di aver fatto uso del farmaco per aiutarsi nello studio) hanno valutato 24 ricerche condotte sul modanafil, determinando che esso migliora effettivamente le facoltà neurocognitive e favorisce i meccanismi neurologici coinvolti nella pianificazione, decisione, flessibilità, apprendimento, memoria e creatività, con scarsissimi effetti collaterali.
    Guy Goodwin, presidente del Collegio Europeo di Neuropsicofarmacologia (ECNP), ha dichiarato: “Sembra essere il primo, reale esempio di “farmaco intelligente”, in grado di facilitare, per esempio, la preparazione di un esame”.





5. Allenamento mentale ed elettrostimolazione

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  • Allenamento mentale
    Qualsiasi esercizio mentale ha effetti positivi sulla cognizione, perché prolunga o rafforza i circuiti che veicolano le informazioni tra neuroni.
    In genere, più questi circuiti sono numerosi, più si affinano le funzioni cognitive.
    Quando si esercita una determinata competenza mentale, il tessuto connettivo si accresce nell’area del cervello interessata, proprio come, in palestra, gli esercizi per le braccia sviluppano i bicipiti.
    Per un miglioramento a tutto tondo della funzionalità mentale, perciò, occorre lavorare su tutte le abilità: attività motorie, conversazione, socializzazione, pianificazione, gioco, calcolo, scrittura e lettura. Il problema, però, è che, soprattutto invecchiando, tendiamo invece a fare sempre meno.
    Per questo, sono stati messi a punto programmi di allenamento mentale. Prodotti come Lumosity, Brain HQ e SmartMind sono pensati per esercitare tutte le aree cerebrali, determinando uno sviluppo armonico delle funzioni cognitive globali e non soltanto di alcune.
    Anche in questo caso, mancano prove certe; secondo gli scienziati che hanno valutato la letteratura scientifica citata dai produttori di questi dispositivi, gli utenti via via migliorano nell’esecuzione di singole prove, senza però progressi riferibili alla cognizione in generale.
  • Elettrostimolazione
    Dispositivi che inviano una debole corrente elettrica al cervello attraverso elettrodi applicati al capo vengono pubblicizzati in rete come potenziatori delle funzioni cognitive.
    La Stimolazione Transcranica a Corrente Diretta (tDCS), da non confondersi con la Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS), è in grado, a detta dei produttori di questi sistemi, di migliorare la prontezza delle reazioni, infondere calma, favorire la concentrazione e potenziare la resistenza fisica e praticamente qualsiasi abilità mentale.
    Sentite odore di fregatura? In realtà, esistono solide evidenze a supporto della tDCS, relative alle sue virtù sia terapeutiche (contro dolori, depressione, acufeni, demenza e svariati altri disturbi) sia di potenziamento neurocognitivo.
    Se applicata correttamente, questa tecnica è assolutamente sicura e relativamente economica (un kit di stimolazione transcranica costa circa 120 euro).
    Tuttavia, come per l’allenamento mentale, non è dimostrato che la tDCS possa sviluppare le funzioni cognitive nel loro insieme, ma soltanto singole abilità.
    Inoltre, anche in questo caso, la maggior parte delle informazioni sulla Stimolazione Transcranica a Corrente Diretta proviene da un folto gruppo di ricercatori non professionisti, e gli esiti, di conseguenza, sono aneddotici e di non facile valutazione.








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