“Basta! Da domani mi metto a dieta. Serve un po’ di volontà e ho già affrontato prove ben più impegnative”.
Chi almeno una volta nella vita ha preso la decisione di dimagrire, avrà pronunciato quasi di sicuro questa frase.
E saprà anche che perdere peso è molto più difficile che accumularlo. Non solo perché il cibo è un piacere del palato, una compensazione psicologica o un’occasione per condividere bei momenti con gli altri.
Anche quando si è determinati a perdere pochi chili, togliere l’abitudine al dolce di fine pasto, rinunciare alla pizza preferendole un piatto di verdura, dire stop agli “stuzzichini” davanti alla tv può non bastare.
Sembra impossibile, eppure è un po’ come se la matematica contravvenisse alle proprie regole: i conti non tornano e privarci di un po’ di calorie non corrisponde sempre a calare di peso. Perché?
L’uomo è programmato per ingrassare, non per dimagrire. È un fatto genetico che risale all’antichità. Gli esperti ci spiegano come invertire questa tendenza e non cadere nella trappola del cibo consolatorio.
1. Perché ingrassiamo
È colpa prima di tutto dei geni che ci caratterizzano come specie umana.
L’uomo si è evoluto facendo sempre i conti con la scarsità di cibo e la fatica fisica per procurarselo, costretto a camminare per chilometri trasportando gli strumenti necessari alla caccia e alla raccolta.
Per questo la nostra specie è molto predisposta ad accumulare peso piuttosto che a perderlo, oltre che ad andare in cerca di cibo: è una garanzia di sopravvivenza.
Oggi però siamo circondati da cibo e non dobbiamo più faticare tanto per procurarcelo, ma i meccanismi genetici e psicologici che ci spingono a cercarlo restano invariati, con il risultato che mangiamo più di quanto serve, ingrassiamo e smaltiamo con difficoltà le riserve in eccesso accumulate.
Dipende da cosa si mangia. Oltre a ciò, troppi zuccheri mandano in tilt il nostro sistema di regolazione. L’insulina, per esempio, è un ormone che serve a riportare lo zucchero nel sangue (il glucosio) ai giusti livelli quando sale.
Ma se mangiamo tanti alimenti ad alto indice glicemico e alto carico glicemico, cioè che, rispettivamente, alzano in fretta i livelli di zuccheri (glicemia) nel sangue e contengono tanti carboidrati, come per esempio le patate o i cereali raffinati, il pancreas produce molta insulina che abbassa la glicemia e fa assimilare il glucosio alle cellule del corpo e immagazzinare grasso come riserva di energia.
Il risultato: abbiamo di nuovo fame di zuccheri perché li abbiamo consumati in fretta, ne mangiamo ancora e ingrassiamo. Con il rischio di sviluppare anche resistenza all’insulina: dobbiamo produrne sempre di più per abbassare la glicemia e le nostre cellule adipose (grasse) accumulano sempre più grasso difficile da smaltire.
Un altro ormone importante è la leptina che è prodotta dal tessuto adiposo e induce il senso di sazietà segnalando al cervello quando smettere di mangiare. E
cco un trucco per sfruttarla al meglio: poiché la leptina sale durante il pasto dopo un certo tempo, se mangiamo lentamente quando lo stimolo della leptina scatta abbiamo ingerito meno quantità di cibo e riusciamo così a trattenerci dalle abbuffate e a mangiare di meno.
Gli obesi hanno meno leptina e chi, pur non essendo obeso, mangia molti zuccheri semplici tra cui il fruttosio usato come dolcificante può sviluppare leptino-resistenza: il segnale di stop al cibo è inviato alle cellule di una parte del cervello chiamata ipotalamo, ma queste non lo capiscono o lo comprendono in ritardo. Dimagrire risulta quindi più difficile.
2. L’effetto yo-yo
Gli scienziati hanno anche capito perché molte volte chi è obeso e dimagrisce poi recupera i chili persi. Le cellule adipose si duplicano con più facilità dalla nascita all’adolescenza.
Se abbiamo molte cellule adipose facciamo più fatica a controllare il peso, a perderlo e a non recuperare i chili persi, perché queste cellule accumulatrici di grasso restano numerose anche dopo che siamo dimagriti.
Per questo un bambino obeso lo sarà quasi di sicuro anche da adulto e riuscirà a controllare il peso solo a costo di sacrifici, a meno che non compensi le calorie ingerite con l’attività fisica quotidiana.
Alcuni studi del Karolinska Institutet di Solna, in Svezia, hanno dimostrato che negli obesi dimagriti le cellule adipose diventano più piccole ma non calano di numero e questo influenza anche la leptina facendo diminuire il senso di sazietà.
Un aiuto dai batteri buoni. Molte ricerche stanno studiando i legami tra i batteri intestinali e la nostra tendenza a contrarre certe malattie, le nostre caratteristiche fisiche e persino il nostro comportamento perché la flora intestinale sembra influenzare pure la psiche.
Uno studio chiamato Metahit (Metagenomics of the human intestinal tract) e finanziato dall’Unione europea ha concluso che alcune persone che hanno nel proprio intestino poche specie batteriche anti infiammatorie e più batteri che provocano infiammazioni possiedono più grasso corporeo, sono più resistenti all’insulina e più a rischio di contrarre il diabete di tipo II e le malattie cardiovascolari. Il consiglio è di curare il nostro intestino mangiando più alimenti vegetali ricchi in fibre.
- Quando il cibo è una ricompensa...
Paul J. Kenny, professore di Neuroscienze allo Scripps Research Institute di Jupiter, in Florida, studia i meccanismi della tossicodipendenza e dell’obesità, e spiega che: «Il cibo appetitoso stimola il rilascio della dopamina nel cervello, una sostanza legata al piacere e alla ricompensa, motivando le persone a mangiarlo. Chi mangia troppo però può avere bassi livelli di un recettore chiamato D2R che è una sorta di sensore per la dopamina, come succede anche agli alcolisti e ai tossicodipendenti. In queste persone la sensazione di appagamento e di piacere che deriva dal mangiare si fa sentire dopo maggiori quantità di cibo».
3. Sei regole per non ingrassare
1. Fare una bella colazione, il pasto più importante.
Al mattino l’organismo è pronto ad assimilare i nutrienti ma non ad accumulare grasso.
La soluzione: puntare la sveglia almeno 20 minuti prima del solito perché se siamo alzati da più tempo l’appetito e il metabolismo si attivano.
2. Mangiare spesso, ogni 2-3 ore.
Sia per non avere cali di glicemia (il livello di glucosio nel sangue) che poi ci fanno abbuffare sia per mantenere attivo il metabolismo che con il lungo digiuno invece si “addormenta”.
La soluzione: per gli spuntini sono ottimi mandorle, arachidi, pistacchi o un frutto così da assumere più fibre.
3. Mischiare i vari macronutrienti.
Cioè mangiare ogni volta un po’ di proteine, un po’ di cereali e tanta verdura. Perché ognuno di questi alimenti ha una funzione importante nel regolare il metabolismo.
Per esempio le proteine aiutano ad abbassare l’indice glicemico dei carboidrati (la velocità con cui sale la glicemia) e questi aiutano ad assimilare meglio le proteine.
La soluzione: il piatto unico (pasta e fagioli, riso e piselli, insalata mista con uovo o pesce ecc.).
4. Alleggerire la cena.
Deve diventare il pasto meno abbondante. Dopo le 16 infatti il nostro metabolismo rallenta.
La soluzione: alla sera solo verdura con una piccola porzione di proteine (pesce, carne, legumi) che per essere digeriti richiedono un dispendio maggiore di calorie.
5. Controllare lo stress.
Se siamo stressati, innalziamo i livelli di cortisolo, un ormone che fa ingrassare perché aumenta la glicemia costringendo il corpo a produrre più insulina per assimilare il glucosio. Si crea una sorta di circolo vizioso.
La soluzione: frequentare gli amici, fare più attività fisica, ascoltare la musica preferita, fare meditazione.
6. Praticare attività fisica.
Tiene sotto controllo la produzione di insulina.
La soluzione: mezz’ora al giorno di camminata a passo sostenuto e almeno un paio di volte alla settimana un po’ di ginnastica a corpo libero o con i pesi.
4. Dieci alimenti per controllare il peso
Joan Salge Blake, che insegna nutrizione alla Boston University, consiglia dieci alimenti che non devono mancare in una dieta equilibrata.
1. Yogurt greco: placa l’appetito e fa accumulare energia. Molto utile nella prima colazione, meglio se magro.
2. Zuppa: quella di verdure con brodo vegetale prima del pasto è saziante e può aiutare a ridurre il numero di calorie che assumiamo a pranzo o a cena.
3. Grani antichi: amaranto, quinoa e farro da mescolare a riso integrale, senza esagerare con le quantità. La varietà di cereali aiuta anche a non annoiarsi dei soliti piatti.
4. Pesce: soprattutto quello azzurro ricco di omega-3, grassi buoni che prevengono le malattie cardiovascolari, da consumare due volte alla settimana. È la migliore fonte di proteine animali.
5. Mandorle: al posto di merendine piene di grassi e zuccheri, è meglio spezzare la fame con qualche mandorla per piccoli spuntini. Contengono proteine, fibre e grassi sani.
6. Infusi di acqua e frutta: per provare gusti diversi si possono preparare infusi con acqua e frutta usando una brocca con cilindro d’infusione. Con anguria, limone e lime si ottengono bevande rinfrescanti a zero calorie.
7. Fagioli: alternativi alla carne per risparmiare calorie e aumentare l’apporto di fibre.
8. Cioccolato fondente: troppe privazioni rischiano di far fallire una dieta dimagrante. Meglio concedersi una piccola golosità ogni tanto, come 15 grammi di cioccolato fondente.
9. Prodotti di stagione: frutta e verdura di stagione sono più buone e anche più sane. Hanno infatti più vitamine, antiossidanti e nutrienti che possono aiutare il metabolismo a funzionare meglio.
10. Stevia: un dolcificante ricavato dalle foglie della pianta Stevia rebaudiana, può sostituire lo zucchero e ha molte meno calorie.
5. Come cambiano le calorie quando cuociamo il cibo
Quando si segue una dieta bisogna tener presente che cento grammi di un cibo cotto non contengono le stesse calorie di cento grammi di prodotto crudo.
Con la cottura, infatti, alcuni cibi cedono acqua e diventano più leggeri (come i finocchi e le zucchine), altri invece la assorbono diventando più pesanti (come la pasta).
Ma poiché l’acqua non ha calorie, la differenza sono le calorie in rapporto al peso del cibo crudo e cotto, come vi spieghiamo negli esempi qui sotto. Ecco perché il conto delle calorie si fa sui cibi crudi che sono anche più pratici da pesare.
- Finocchi
100 grammi di finocchi crudi = 9 calorie
100 grammi di finocchi bolliti = 27 calorie
Perché le calorie aumentano? I finocchi in cottura cedono parte della loro acqua e perdono peso. Se voglio mangiare 100 grammi di finocchi lessati, devo pesarne a crudo 300 grammi (tre volte tanto), che contengono 9 x 3 = 27 calorie.
- Carne di vitello
100 grammi di vitello crudo = 107 calorie
100 grammi di vitello cotto = 258 calorie
Come per i finocchi, anche il vitello nella cottura perde acqua: 100 grammi di vitello cotto corrispondono, come quantità calorica, a circa 240 grammi di vitello crudo.
- Pasta
100 grammi di pasta cruda = 350 calorie
100 grammi di pasta bollita = 140 calorie
Opposto è il caso della pasta che assorbe molta acqua in cottura diventando più pesante: 100 grammi di pasta bollita equivalgono a 40 grammi di pasta cruda: sarebbero solo 20 maccheroni!
CALORIE: Non basta leggere le etichette... come dimostra il caso delle mandorle
Sulle confezioni di alimenti è indicato il contenuto calorico, l’energia fornita dal cibo espressa in chilocalorie (kcal), chiamate calorie nel linguaggio comune. Il sistema usato per calcolare le calorie di un alimento si basa sul calore che esso sviluppa quando è bruciato: i grassi forniscono 9 calorie per grammo, i carboidrati e le proteine circa 4, le fibre 2 ma sono calorie utilizzate solo dai batteri intestinali. Questi calcoli non tengono però conto di come cuociamo gli alimenti, di quanta energia dobbiamo spendere per digerirli (la termogenesi del cibo), del lavoro compiuto dai batteri che si trovano nell’intestino e che variano anche a seconda del nostro stato fisico.
Le proteine, per esempio, hanno un effetto termogenico del 25 per cento: su 100 calorie fornite, 25 sono consumate dal corpo per digerirle perché deve faticare a spezzare le lunghe catene di amminoacidi di cui sono fatte.
- Al contrario, più un alimento è raffinato e povero di fibre meno energia fa spendere al corpo per digerirlo: è il caso per esempio di zucchero e miele che si assimilano molto in fretta. Uno studio del Dipartimento dell’agricoltura statunitense ha evidenziato come 28 grammi di mandorle che secondo l’etichetta della confezione dovrebbero fornire in media 170 calorie, ne danno 129 perché le mandorle hanno molte fibre che non permettono l’assorbimento di tutti i grassi contenuti.
Note
Gli psicotranelli al supermercato
Gli esperti di marketing sanno che i profumi, le luci, i colori e la musica nei negozi possono essere studiati per fare spendere di più ai clienti e per farli andare alla cassa con i carrelli strapieni.
La forma e i colori delle confezioni e la loro posizione sugli scaffali sono pensati per invogliare all’acquisto. E si torna a casa con tanti prodotti che poi ci fanno ingrassare.
Diverse ricerche hanno concluso che gli stimoli sensoriali più efficaci sono quelli semplici: profumo di biscotti o di pane appena sfornato, di cioccolato, colori base come il giallo che attira l’attenzione sulla merce in offerta, il blu e l’azzurro che si associano alla freschezza (ottimi per i latticini), il rosso che richiama l’energia e il battito cardiaco stimolando l’acquisto d’impulso, il verde che rilassa e fa pensare alla natura (l’ideale per i cibi proposti come “sani”), il nero o il marrone per le confezioni di lusso (cioccolatini, dolci, liquori).