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L’amore è come una malattia: scopriamo perché

Vi sarà capitato di sentire le classiche farfalle nello stomaco, di essere agitati, inappetenti e non riuscire a dormire.

Sono i sintomi di una “malattia” che colpisce milioni di persone: l’innamoramento. Quando ci piace una persona, però, più del fisico ne risente la mente.

“L’amore è come una malattia”... dice la scienza, che ha capito che cosa succede nel nostro cervello quando ci piace qualcuno.

Per fortuna dura pochi mesi, altrimenti… non riusciremmo a sopravvivere! Scopriamo perché!

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1. Le farfalle nello stomaco

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Vi sarà capitato di sentire le classiche farfalle nello stomaco, di essere agitati, inappetenti e non riuscire a dormire.

Sono i sintomi di una “malattia” che colpisce milioni di persone: l’innamoramento.

Quando ci piace una persona, però, più del fisico ne risente la mente. Che cosa succede nel nostro cervello quando siamo innamorati?

«Il quadro cerebrale è come quello di una persona drogata o momentaneamente impazzita», spiega l’autrice del libro Perché gli uomini preferiscono le bionde? (Sonzogno), Jena Pincott, che chiama in causa un trio di scienziati statunitensi, Helen Fisher, Lucy Brown e Arthur Aron, i quali, attraverso risonanze magnetiche, hanno notato un incremento del flusso di sangue e l’attivazione di certe zone del cervello nel momento in cui si cede all’amore.

Le più sollecitate sono tre zone neurali strettamente connesse alla motivazione e alla ricompensa: l’area tegmentale ventrale destra, che produce la dopamina, il neurotrasmettitore del benessere; il nucleo caudato, che ha un ruolo importante nella percezione del benessere e del piacere, e il nucleus accumbens, che si attiva anche quando si assumono sostanze stupefacenti.

Giocano un ruolo fondamentale anche la noradrenalina, ormone che agisce sul sistema nervoso simpatico con il risultato di farci battere il cuore, tremare le gambe e sudare le mani, e l’ossitocina, il neurotrasmettitore rilasciato dalla ghiandola pituitaria, che stimola fiducia e senso di legame.

Innamorarsi fa bene al cervello, secondo Jena Pincott: «Nei primi sei mesi di relazione, uomini e donne hanno livelli più alti nel fattore di crescita del sistema nervoso: più è intensa l’infatuazione e più proteine del cervello vengono prodotte».

Ci sono tuttavia delle differenze di genere: gli uomini mostrano maggiore attività nella parte di corteccia deputata ad analizzare le immagini e quindi risultano più attenti ai segnali visivi, mentre nelle donne si attiva la corteccia parietale posteriore, connessa con l’attenzione e la coscienza.

Anche l’ippocampo, che svolge un ruolo sulla memoria a lungo termine, è più sensibile nelle donne. Per questo, di solito, sono loro a ricordare i dettagli del primo appuntamento.

Innamorarsi comunque fa bene, ma è un’emozione destinata a svanire in pochi mesi: «Per fortuna», chiarisce Pincott, «altrimenti la nostra specie non potrebbe sopravvivere: si trascurerebbero elementi vitali come mangiare, lavorare, dormire. Esattamente come chi è soggetto ad altro tipo di dipendenze».

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2. Chi si somiglia, si piglia

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Ma che cosa ci piace in un’altra persona e perché?

Anzitutto troviamo più attraente in assoluto ciò che ci è familiare: «La nostra mente identifica i tratti dei volti e calibra le percezioni per associarle alle caratteristiche che conosciamo»,
spiega l’esperta.

«In base ai volti che di solito ci circondano, riconosciamo come familiari le proporzioni più comuni rispetto a tratti più particolari, come per esempio il naso schiacciato, gli occhi distanti o il mento sporgente. Se nell’ambiente in cui siamo cresciuti questi tratti sono comuni, li troveremo più attraenti rispetto ad altri».

Tutto dipende dalla simmetria: «La visione di un viso simmetrico suggerisce inconsciamente al nostro cervello che c’è stato uno sviluppo fisico senza intoppi e, quindi, geni migliori: un concetto che risale all’era primitiva, quando la percezione della bellezza era finalizzata a trovare un partner ideale per la riproduzione e la nascita di figli sani», prosegue.

Non ci piace solo ciò che ci è familiare, ma anche chi somiglia a noi o ai nostri genitori. Lo dice la psicologa dell’University of Aberdeen, Lisa DeBruine, che ha manipolato le foto di 150 volontari, creando una versione maschile di ogni soggetto femminile e viceversa, senza informarli.

Risultato: uomini e donne ritenevano che i visi più belli e anche più affidabili, adatti a una storia a lungo termine, erano proprio i loro alter ego fotografici. Tuttavia, quando è stato chiesto di valutare i visi per una breve relazione, le scelte sono state diverse.

Ciò significa che in questo caso poco ci importa dell’affidabilità, mentre per le relazioni lunghe, ne teniamo conto eccome. Anche per questo spesso ci innamoriamo di chi ha caratteristiche simili ai nostri genitori.

Secondo gli esperti, si tratta dell’imprinting sessuale: in una ricerca della University of Texas, i figli di matrimoni misti sposavano più di frequente un partner della razza del genitore di sesso
opposto. Secondo altri studi, inoltre, le donne scelgono un partner che ha lo stesso colore degli occhi del padre, mentre l’uomo sposa più frequentemente una donna che ha lo stesso colore di occhi e capelli della madre.

Questo si verifica solo nel caso in cui genitori e figli abbiano avuto un buon rapporto nell’infanzia e nell’adolescenza, visto che l’imprinting sessuale si sviluppa tra 2 e 8 anni. Se i genitori sono anziani, infine, e cioè hanno avuto i figli tardi, questi tendono a scegliere un partner più grande di loro.

Ciò vale anche per gli uomini, che in genere preferiscono donne giovani con più anni di fertilità davanti: in presenza di una madre “anziana”, tendono a orientarsi verso una partner più adulta.

«Uomini e donne con genitori più avanti in età associano un volto maturo ai tratti che hanno imparato ad apprezzare», conclude Pincott.

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3. Questione di proporzioni

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Si può essere magri o sovrappeso, si possono avere addirittura difetti visibili: non importa. Ciò che conta sono le proporzioni.

Secondo uno studio dell’University College di Londra, la donna ideale deve avere le gambe esattamente 1,4 volte più lunghe del busto.

Una buona proporzione gambe-busto, infatti, indica condizioni di ottima salute, così come le proporzioni vita-fianchi incidono sul gradimento degli uomini. La proporzione ideale è di 0,7, ovvero il girovita deve essere sette decimi della grandezza dei fianchi, a prescindere dal peso.

Nelle indagini condotte, tuttavia, gli uomini con reddito economico più basso preferiscono donne con un rapporto più alto, ovvero più formose, considerandolo indice di benessere.

In più, l’epidemiologo William Hassek ha notato che il grasso che si accumula su fianchi e gambe, rispetto a quello in vita, è più sano perché composto da acidi grassi polinsaturi e acidi omega3, essenziali per lo sviluppo cerebrale del feto.

Secondo il suo studio, le mamme con fianchi e cosce abbondanti avrebbero figli più intelligenti. Le donne, invece, preferiscono l’uomo “a trapezio”, ovvero con vita stretta e spalle larghe. Quali sono le proporzioni perfette? Vita-fianchi 0,9 o al massimo 1, vita-spalle 0,75.

Secondo uno studio dell’Università della California, poi, l’uomo troppo muscoloso piace solo ai suoi consimili, che vedono la fisicità come segno di predominio.

Deve essere per questo che sulle copertine di riviste maschili come For Men Magazine troviamo i cosiddetti palestrati, mentre su quelle femminili ci sono uomini più “normali” che rimandano a un’idea di basso indice di testosterone e alto indice di fedeltà e amore paterno.

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4. Il fiuto delle donne per l’uomo ideale

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Sono le donne, più degli uomini, che utilizzano l’odore per individuare il partner ideale per mettere al mondo dei figli. Come?

Entra in gioco la valutazione del MHC (il complesso maggiore di istocompatibilità del sistema immunitario), cioè quel gruppo di geni che rileva e identifica i batteri e i virus aggressivi per l’organismo.

Le donne sono attratte da chi ha un sistema opposto al proprio. «Se si hanno figli da uomini i cui geni MHC sono diversi dai propri, essi erediteranno un sistema immunitario più forte, in grado di distruggere una gamma più ampia di batteri e virus», spiega Jena Pincott.

Ma come si riconoscono questi geni? Attraverso il sudore: i geni MHC codificano certe proteine che circolano nel flusso sanguigno, le quali, a loro volta, si legano alle sostanze odoranti, rilasciate dalle ghiandole sudoripare.

Le donne sono molto più sensibili degli uomini agli odori: secondo una ricerca, il 60% di loro riconosce il proprio odore, contro il 6% dei maschi.

Non è tutto: se la donna non apprezza l’odore di un uomo, è probabile che abbia “fiutato” una somiglianza di geni e, per questo, non lo ritenga il partner adatto per una relazione duratura.

A dimostrazione di questa tesi, lo psicologo evoluzionista Steven Gangestad ha chiesto ad alcune coppie di valutare la propria attrazione nei confronti del partner.

Risultato: le donne che condividevano gli stessi geni MHC con i compagni risultavano meno attratte e più inclini al tradimento rispetto a quelle che avevano geni molto diversi.

Per questo sono nati siti come ScientificMatch.com, che promettono agli utenti di trovare il partner ideale per loro grazie all’analisi del dna: basta compilare i moduli, versare circa mille euro, inviare un campione di saliva con l’apposito kit spedito a casa e il gioco è fatto: vengono proposti partner “ideali” in base ai geni.

Quali sono, invece, gli odori che attraggono gli uomini? Quelli che le donne emettono in fase ovulatoria. Per dimostrarlo, i ricercatori dell’University of Texas hanno chiesto ad alcune volontarie di indossare una maglietta per tutto il periodo ovulatorio, mentre altre dovevano metterla nei giorni non fertili.

Gli uomini che prendevano parte alla sperimentazione hanno poi annusato le maglie giudicandone l’odore e trovando, senza sapere il motivo, molto più gradevoli quelle indossate nel periodo di ovulazione. «

Ogni indizio di fertilità femminile offre al maschio un vantaggio riproduttivo», deduce Pincott. «L’evoluzione potrebbe avere permesso agli uomini di sviluppare una specifica attrazione per “l’odore della fertilità”».

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5. La voce profonda è la più seduttiva e 6 segnali di attrazione tra lui e lei

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- La voce profonda è la più seduttiva
Un tono di voce basso e profondo rispetto a uno più acuto può modificare la percezione e l’attrazione per una persona?
Sì, secondo i ricercatori dell’Università di Parigi, che hanno analizzato le reazioni femminili rispetto al tono di voce di alcuni maschi. Risultato: chi aveva la voce più profonda era ritenuto il partner ideale.
«Ciò che lega voce e fertilità è il testosterone, ovvero l’ormone sessuale maschile per eccellenza. Secondo le ricerche, gli uomini che hanno una voce profonda hanno in media due figli in più rispetto a quelli con voce acuta», sostiene l’esperta.
Per quanto riguarda i gusti degli uomini, invece, la situazione si ribalta: vince la voce acuta, ma non stridula. Ancora meglio se i toni variano all’interno di un’ampia gamma di frequenze alte e basse.
Anche la pronuncia può modificare la percezione di ciò che ci piace. La ricercatrice in scienze cognitive Amy Perfors ha condotto uno studio su come la pronuncia del nome faccia apparire più o meno belle le persone.
Risultato: le donne giudicano più attraenti gli uomini i cui nomi sono pronunciati con l’accento sulle vocali anteriori, e cioè prodotte nella parte più avanzata della bocca (per esempio il suono della “e” in bello), rispetto a quelli che hanno l’accento sulle vocali posteriori (come nel caso della “u” di mucca).
Lo stesso volto maschile era inoltre giudicato più bello se corrispondeva a un soggetto di nome Jake, Ben, Matt rispetto a Paul, George, Tom.
Per finire, sono ritenute più affascinanti le persone con nomi di Vip “positivi” (come Leonardo, nome di Di Caprio) in confronto a chi porta nomi di personaggi celebri negativi (Adolfo come Hitler o Benito come Mussolini).
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- Sei segnali di attrazione tra lui e lei
Gli scienziati del Media Lab di Boston hanno indicato una serie di indici che rivelano quanto le persone siano interessate ad altre. Per capirlo basta farsi queste domande e analizzare le risposte.
• Livello di attività: quanto state parlando? Qual è la proporzione tra il numero di parole pronunciate da entrambi? C’è equilibrio?
• Effetto partecipazione: chi conduce la conversazione? Uno dei due deve spronare l’altro? Uno interrompe l’altro?
• Consistenza: quanto è alta o pacata la voce? Nell’uomo una voce pacata è segno di interesse, mentre la donna lo palesa con cambi di tono.
• Rispecchiamento: uno o l’altro imitano il tono e il timbro della voce del compagno? Mentre uno parla, l’altro annuisce e sottolinea con parole come “già, certo”? Più interazioni di questo tipo pronuncia un uomo, più è attratto da una donna.
• Equilibrio: determina l’empatia tra la coppia. Gli uomini sono più interessati a una donna che conduce discorsi fluidi e veloci e cambia spesso tono di voce, mentre le donne sono attratte dall’uomo che palesa interesse per ciò che stanno dicendo.
• Estensione dello spazio personale: se un uomo è interessato a una donna, eseguirà dei movimenti di “estensione del proprio spazio personale”, come per esempio, allargare le gambe e le braccia, se è seduto. Il corpo in posizione aperta comunica superiorità sociale, virilità e forte personalità. Gli uomini interessati compiono almeno 19 gesti di questo tipo.
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