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10 regole per essere felici

La nascita di un figlio, un successo professionale… Cosa ci rende più felici?

Difficile dirlo: la felicità è un’emozione complessa e irriducibile alla sola gioia che deriva da uno specifico episodio della vita.

Per questo oggi gli psicologi preferiscono parlare di benessere psicofisico, presupposto necessario alla salute mentale.

Secondo la definizione psicoanalitica classica, siamo psichicamente equilibrati, e quindi felici, se siamo in grado di lavorare con successo, di amare un’altra persona in modo maturo (anche sessualmente) e di divertirci con gli altri.

Secondo definizioni più recenti, come quella proposta dallo psicologo Martin Seligman dell’Università della Pennsylvania (Usa), la felicità è talvolta prodotta da emozioni positive come l’estasi e il benessere, mentre in altri casi dalla completa concentrazione in un’azione coinvolgente come un hobby.

Altri psicologi hanno tentato di individuare i fattori che contribuiscono al benessere psicologico e dunque alla serenità.

Quest’anno il formatore Daniele Mattoni, membro dell’Associazione italiana coach professionisti, ha pubblicato Le 10 vie alla felicità: da Socrate al Dalai Lama e oltre (Franco Angeli) in cui sintetizza in dieci punti i “comandamenti” per il benessere interiore. Eccoli.

1. Vivere il presente ed esprimere il proprio talento

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  • Vivere il presente
    «Quando corriamo da un impegno all’altro, non siamo mai veramente presenti perché siamo già con la mente all’impegno successivo», scrive Mattoni.
    Così però non ci accorgiamo delle piccole cose piacevoli della vita, mentre ci soffermiamo solo su quelle negative.
    Il motivo è che spesso non ci piace la nostra vita, ma non abbiamo il coraggio di cambiarla.
    Può essere utile qualche esercizio di mindfulness, tecnica che aiuta a riprendere contatto con la realtà.
    Attenzione, però: concentrarci sul presente non deve voler dire dimenticare passato e futuro. Ciò che distingue l’uomo dalle altre specie animali è proprio la sua capacità di ricordare il passato e di immaginare il futuro.
    L’importante è quindi mantenere un giusto equilibrio. Persino Seneca diceva che le persone infelici sono quelle che rinnegano il passato, temono il futuro e trascurano il presente.

 

  • Esprimere il proprio talento
    Le persone sono felici quando sentono di poter fare ciò per cui sono portate e quindi quando possono seguire le loro passioni.
    Dare la possibilità alle nostre inclinazioni di emergere significa dare spazio al talento e quindi sentirci motivati.
    Non a caso le persone talentuose sono più predisposte all’ottimismo: «Valutano la strada che le separa dal successo senza sovrastimare o sottostimare le proprie capacità, accettano le sfide e sanno mantenere i piedi per terra», chiarisce Fernand Gobet, docente di psicologia cognitiva presso l’Università di Liverpool (Regno Unito).

2. Imparare a dire grazie e prestare orecchio ai sensi

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  • Imparare a dire grazie
    Troppo spesso siamo infelici perché diamo tutto per scontato: le belle persone attorno a noi, il fatto di essere in salute e di non avere problemi insormontabili.
    «Così riscopriamo l’importanza di ciò che abbiamo nel momento in cui ci viene a mancare», spiega Mattoni, «apprezziamo la salute quando ci ammaliamo o l’importanza di una relazione quando finisce».
    Imparare a sentirci grati per ciò che abbiamo è fondamentale: vari studi sperimentali hanno dimostrato che chi prova gratitudine è più felice del 25 per cento e ha atteggiamenti ottimistici.

 

  • Prestare orecchio ai sensi
    Il mondo digitale ci ha spinti a vivere relazioni sempre più virtuali.
    La conseguenza? «Lo spazio delle sensazioni si è ristretto e utilizziamo i nostri sensi in modo meccanico e abitudinario», scrive Mattoni.
    Per essere felici occorre riappropriarci dei nostri sensi: «Il contatto con il nostro corpo si può ottenere attraverso il silenzio, l’ascolto, la meditazione, lo yoga, il contatto con la natura».
    Un semplice esercizio consiste nel domandarsi semplicemente, in vari momenti della giornata, come stiamo in quel preciso istante: è un buon modo per fare caso alle sensazioni provenienti dal nostro corpo.

3. Nutrire corpo e mente e cercare di conoscersi

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  • Nutrire corpo e mente
    Assicuriamo equilibrio a entrambi: «Facciamolo mangiando il cibo giusto, concedendoci il giusto sonno e relax e tenendoci costantemente in esercizio», scrive Mattoni.
    «Una dieta alimentare equilibrata comporta il fatto di non mangiare troppo rispetto alle proprie necessità».
    I buoni nutrimenti mentali sono invece tutte le attività che ci rendono attivi e sollecitano curiosità e creatività: per esempio, buone letture, attività culturali interessanti o la meditazione.

 

  • Cercare di conoscersi
    Stare bene significa conoscere se stessi, ma senza lasciarci ossessionare dal punto di vista degli altri.
    Chiederci cosa pensano gli altri di noi fa parte del fatto che siamo esseri sociali. Tuttavia raramente abbiamo accesso a quello che gli altri pensano di noi.
    Così sprechiamo tempo in congetture inutili e ci allontaniamo dalla felicità.
    Come ha scritto il teologo olandese Henri Nouwen, «Talvolta vogliamo conoscere noi stessi come se fossimo meccanismi che possono essere montati o rimontati a volontà, ma commettiamo un errore quando pensiamo che potremo un giorno comprendere completamente noi stessi».
    Piuttosto sono la meditazione e il silenzio a consentirci una visione più serena di noi stessi.

4. Accettare il cambiamento e confrontarsi con gli altri

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  • Accettare il cambiamento
    Oggi non siamo quello che eravamo dieci anni fa.
    «Prendere coscienza dell’impermanenza della vita, cioè del fatto che tutto è in trasformazione e che nulla dura per sempre, significa anche fare i conti con il fatto che le proprie esperienze e la propria vita hanno un tempo limitato e saranno soggette a una fine», scrive Mattoni.
    Solo così c’è spazio per essere felici: se non accettiamo i cambiamenti ci condanniamo infatti all’immobilità e all’insoddisfazione.
    Il primo passo è l’accettazione di noi stessi.
    Alcune tradizioni orientali, ma anche la moderna psicologia, tendono a considerare l’accettazione come parente stretta del cambiamento proprio perché se non facciamo pace con la realtà dei fatti non saremo mai in grado di andare oltre.

 

  • Confrontarsi con gli altri
    «Le nostre esperienze e le interpretazioni degli eventi sono influenzate dalla prospettiva da cui le vediamo, cioè dalle “cornici” all’interno delle quali le “leggiamo”», afferma Mattoni.
    Quindi è fondamentale distinguere i fatti dalle nostre interpretazioni.
    Partiamo evitando il confronto eccessivo con gli altri o comunque smettendo di farlo con chi ha molto più di noi.
    Se paragonarci a chi sta meglio di noi genera insoddisfazione se non addirittura invidia, sapere che c’è qualcuno che sta peggio di noi può mitigare in modo significativo i nostri sentimenti di infelicità.
    Il denaro non fa la felicità? Falso. Ma solo entro certi limiti.
    Secondo uno studio dello psicologo Ed Diener dell’Università dell’Illinois (Usa), il denaro può aumentare il senso di soddisfazione per la propria vita.
    Basandosi su un campione di 136mila persone di 132 nazioni, raccolto tramite il Gallup world poll, indagine internazionale sulla felicità percepita nel mondo, il ricercatore ha chiesto agli intervistati di valutare la loro vita su una scala da 0 a 10 e di rispondere a domande che rivelassero le emozioni positive e negative sperimentate il giorno precedente.
    Oltre a questo, il ricercatore ha raccolto informazioni su reddito e oggetti di lusso di proprietà degli intervistati. Risultato: chi più ha, meglio sta. Ma fino a un certo punto, almeno secondo un altro studio condotto da Angus Deaton e Daniel Kahneman dell’Università di Princeton (Usa).
    A sentire questi ricercatori, quando il reddito aumenta, cresce la percezione del proprio stile di vita solo fino alla soglia dei 75mila dollari annui (60mila euro circa).
    Al di sopra, la felicità non sale. Anche perché la sensazione di benessere legata al possesso dei beni materiali è forte solo nel giorno del loro acquisto. Può dare soddisfazione, ma svanisce rapidamente.





5. Perseguire la libertà e coltivare i rapporti umani

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  • Perseguire la libertà
    Essere sereni significa potersi esprimere liberamente e non sentirsi dipendenti psicologicamente da qualcuno o da qualcosa.
    «Sfuggire all’infelicità presente vuol dire trovare un modo creativo per cambiare le risposte condizionate che affondano le radici nel passato», scrive Mattoni.
    Purtroppo troppo spesso, per paura o per pigrizia, continuiamo a fare ciò che abbiamo sempre fatto perché la troppa libertà di scelta ci spaventa.
    Spesso, di fronte a ciò che ci capita di negativo, tendiamo a giudicare, criticare e rimuginare.
    Questo però non risolve il problema, anzi ci fa stare peggio: infatti diventiamo rigidi e limitiamo la possibilità di adattarci al mondo.
    L’uso di strategie di pensiero flessibili favorisce la ricerca di soluzioni creative e può dunque rappresentare un potente antidoto contro esperienze dolorose e traumi.
    Le persone che aspirano a essere felici dovrebbero imparare a distinguere i pensieri utili da quelli dannosi.

 

  • Coltivare i rapporti umani
    Essere felici significa sentirci non isolati, ma legati agli altri esseri umani.
    Lo dicono anche i sociologi: un atteggiamento aperto verso gli altri ci rende più socievoli e ci dischiude maggiori opportunità nella vita.
    Tutti noi contiamo su un capitale sociale, ovvero l’insieme delle conoscenze utili per raggiungere obiettivi che da soli non potremmo raggiungere.
    Del resto, la nostra stessa identità è maturata attraverso la relazione con persone significative: coltivare i rapporti umani ci consente di costruire la nostra serenità nella società in cui viviamo.

 

  • È meglio puntare alla contentezza
    La ricerca della felicità? È destinata a fallire: «La felicità è una condizione straordinaria. Un individuo la percepisce solo nel momento in cui accade qualcosa di travolgente, di estremamente particolare, di incredibilmente affascinante».
    Per questo è inutile cercarla: meglio puntare a essere solo contenti. È questa la tesi sostenuta da Christina Berndt in La scienza della contentezza. Come raggiungerla e perché conviene più della felicità (Urra Feltrinelli).

    La contentezza rappresenta l’accettazione di tutto ciò che ci capita, anche gli aspetti sgradevoli dell’esistenza, e una maggiore attenzione alle cose belle: «Ogni giorno la vita offre accadimenti che si possono senz’altro definire gratificanti. Ne sono un esempio dettagli come il delizioso caffè della mattina, un piacevole incontro mentre si va al lavoro, le parole di conforto dei colleghi e un raggio di sole che fa capolino dalla finestra».

 






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