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Come si è formato il nostro sistema solare?

È tipico di noi esseri umani porre domande sulle nostre origini, ma questa tendenza alla curiosità non ci ha sempre portati nella direzione giusta.

La storia della ricerca per capire come si formò il nostro Sistema Solare è cosparsa di false partenze e tuttora non è completa.

Dalle ipotesi formulate dai Greci abbiamo fatto enormi passi avanti.

Ma abbiamo capito tutto? No, come dimostra la teoria di un grande pianeta ancora da scoprire!

 

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1. Galileo! Galileo!

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All’inizio i più grandi pensatori del mondo ritenevano che la Terra fosse al centro del creato, con il Sole, la Luna, i pianeti e le stelle a ruotarle attorno: è un’idea che risale all’antica Grecia e ad Aristotele ed è durata più di mille anni.

Solo nel Cinquecento, quando l’astronomo e matematico polacco Niccolò Copernico mise in dubbio questa idea, cominciò a profilarsi un cambiamento.

Copernico affermava che i pianeti, tra cui la Terra, sono in orbita attorno al Sole, ma era così preoccupato per l’inevitabile reazione da parte della Chiesa che non pubblicò i suoi risultati finché fu in vita.

Ci vollero decenni di prove sperimentali per confermare che viviamo effettivamente in un “Sistema Solare”, e a dare corpo a questa idea fu soprattutto il lavoro dell’astronomo italiano Galileo Galilei all’inizio del Seicento.

Ma come si poteva immaginare non fu affatto una passeggiata: Galilei ebbe contrasti con la Chiesa, che lo riabilitò ufficialmente solo nel 1992.

Dal punto di vista scientifico l’ultima conferma alla sua ipotesi era giunta con la sua osservazione che il pianeta Venere ha delle fasi, in cui cresce e cala esattamente come la Luna.

Ciò non sarebbe stato possibile se Venere e il Sole fossero stati in orbita attorno alla Terra, ma solo se erano i due pianeti a muoversi entrambi attorno a una sorgente di luce centrale.

Fu così che la Terra prese posto tra gli altri pianeti della famiglia del Sole. A quel punto, naturalmente, ci si cominciò a chiedere come si fosse formato un sistema del genere.

Negli anni ‘30 del Seicento, il filosofo francese René Descartes (Cartesio) fu tra i primi a formulare delle ipotesi: il suo punto di partenza era l’idea che in natura non possa esistere il vuoto.

Quindi, se una particella si sposta nello spazio, un’altra deve prendere il suo posto e riempire il vuoto, creando così una serie di “vortici”. Descartes credeva che i pianeti si fossero formati grazie alla condensazione della materia catturata da questi vortici.

Ci sarebbero voluti Sir Isaac Newton e le sue celebri ricerche sulla gravità per capire perché i pianeti orbitino attorno al Sole, ma questo non spiegava ancora da dove venissero il Sole e i corpi celesti.

 

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2. Una miriade di teorie

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A metà del Settecento il matematico francese Georges-Louis Leclerc (foto, sotto) ipotizzò che i pianeti si fossero formati a causa di una cometa che colpì il Sole e spinse verso l’esterno un’enorme quantità di materiale: nel corso del tempo, secondo Leclerc, la gravità fece compattare questo materiale, formando i mondi in orbita.

Alla fine dello stesso secolo Pierre-Simon Laplace, compatriota di Leclerc, mostrò che una cosa del genere non era possibile perché l’eventuale materia spinta all’esterno dall’impatto sarebbe stata attratta nuovamente dalla gravità del Sole.

Laplace stesso cominciò a sua volta a formulare una teoria alternativa. L’invenzione del telescopio aveva permesso agli astronomi di scoprire una serie di chiazze sfumate in cielo: le chiamarono nebulae (o “nebulose”), cioè “nuvole” o “nebbia” in latino.

Una stella giovane è circondata da una struttura di polvere e gas detta “disco protoplanetario”, nella quale si formano nuovi pianeti Laplace propose che il Sole si fosse formato da una di queste nubi che, collassando per la gravità, avrebbe cominciato a ruotare su sé stessa sempre più velocemente, come un pattinatore che raccoglie a sé le braccia.

Secondo Laplace, il Sole in accelerazione avrebbe scagliato via del materiale, formando così un disco piatto tutt’attorno. A quel punto, dopo che la gravità aveva raccolto questo materiale, si formarono i pianeti.

Giunti all’inizio del XX secolo, però, l’idea era stata quasi del tutto abbandonata. Il problema principale era che, se questa ipotesi fosse stata corretta, il Sole avrebbe dovuto ruotare a una velocità molto maggiore di quella che osserviamo, mentre i pianeti dovrebbero orbitargli attorno più lentamente.

Non riuscendo a uscire dall’impasse, Sir James Jeans e altri astronomi tentarono una spiegazione alternativa: nel 1917 Jeans ipotizzò che alla formazione del Sistema Solare avesse partecipato anche un’altra stella che, passando vicino al Sole, avrebbe strappato via con la sua intensa gravità una quantità significativa di materiale stellare dal quale si sarebbero formati i pianeti.

Ma la sua idea non durò a lungo. Nel giro di una dozzina di anni si arrivò alla conclusione che un simile incontro ravvicinato era estremamente improbabile, per via dell’enormità dello Spazio e che, se anche si fosse verificato, il Sole avrebbe riassorbito buona parte del materiale perso.

Nel corso dei decenni continuarono ad apparire nuove teorie senza che nessuna prevalesse sulle altre. Negli anni ‘40 l’astronomo britannico Fred Hoyle ipotizzò che il Sole avesse avuto un tempo una stella compagna molto più grande che era esplosa in una supernova.

Una parte dei frammenti risultanti sarebbero stati catturati dalla gravità solare e nel tempo si sarebbero riuniti fino a formare i pianeti. Ma anche questa teoria non reggeva, soprattutto perché non riusciva a spiegare il fatto che Mercurio e Marte avessero una massa così bassa.

Solo negli anni Settanta si arrivò finalmente a qualcosa di più sensato, quando gli astronomi tornarono alla teoria della nebulosa di Laplace.

Il problema principale di questa teoria – cioè che la rotazione reale del Sole è più lenta di quella prevista – si poteva eliminare se la resistenza provocata dai granelli di polvere della nube avesse contribuito a frenare il movimento.

Questa ipotesi ha ricevuto un’ulteriore spinta all’inizio degli anni ‘80, quando gli astronomi hanno osservato dischi piatti di polvere e altro materiale attorno a stelle giovani, i cosiddetti dischi protoplanetari o “proplyd”, che ci hanno permesso di osservare la formazione dei pianeti in corso in altre parti dello Spazio.

 

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3. Mondi alieni

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Oggi l’osservazione di altri Sistemi Solari è essenziale per capire come si formò il nostro.

Ma fino a metà degli anni ‘90 nessuno aveva mai trovato un pianeta in orbita attorno a un’altra stella simile al Sole.

Le cose sono cambiate nel 1995, con la scoperta di un pianeta attorno alla stella 51 Pegasi. Negli ultimi vent’anni sono stati individuati più di 3000 pianeti in altri Sistemi Solari, i cosiddetti “esopianeti”, ma fin dall’inizio era chiaro che questi mondi alieni non erano esattamente uguali al nostro.

Per esempio, il pianeta di 51 Pegasi, a cui nel frattempo è stato dato il nome Dimidium, impiega appena più di quattro giorni per percorrere un’orbita attorno alla sua stella e le è circa otto volte più vicino di quanto Mercurio sia al Sole.

Inoltre, Dimidium ha approssimativamente metà della massa di Giove, e quindi è un pianeta molto più grande di Mercurio.

Nell’ipotesi semplificata secondo cui i pianeti si formerebbero a partire dai frammenti di una stella neonata, sarebbe difficilissimo ottenere un mondo così gigantesco tanto vicino alla propria stella.

Una spiegazione più verosimile è che il pianeta si fosse formato molto più lontano dalla stella e poi, nel corso del tempo, le si fosse avvicinato: avremmo così una prova del fatto che le orbite planetarie non sono fisse, ma possono cambiare significativamente.

Rassicurati da queste scoperte, gli astronomi hanno cominciato a guardare con occhi nuovi il nostro stesso Sistema Solare. Nel 2005, una decina d’anni dopo la scoperta di Dimidium, un gruppo di astronomi ha proposto il modello di Nizza (dalla città francese dove fu formulato per la prima volta).

L’idea principale è che i pianeti giganti del nostro Sistema Solare – Giove, Saturno, Urano e Nettuno – fossero originariamente molto più vicini tra loro. Nel corso del tempo, Giove si avvicinò al Sole mentre gli altri tre pianeti si spostarono verso l’esterno; in alcuni scenari, Urano e Nettuno addirittura si scambiano di posto.

Lo spostamento di Giove verso il Sole avrebbe creato scompiglio tra molti corpi più piccoli, un po’ come un cane che corre attraverso un gruppo di piccioni. Molti di questi fuggitivi sarebbero finiti nel Sistema Solare interno, intensificando il numero di meteore che piovevano sui pianeti rocciosi e sulle loro lune.

Ci sono effettivamente prove di un aumento degli impatti sulla Luna fra 4,1 e 3,8 miliardi di anni fa (le tracce di eventuali impatti sulla Terra si sono erose da tempo).

Lo spostamento verso l’esterno di Nettuno, viceversa, avrebbe allontanato dal Sole alcuni corpi più piccoli, contribuendo così a spiegare la “fascia di Kuiper” e il “Disco diffuso”, due regioni ricche di oggetti piccoli all’estrema periferia del Sistema Solare.

 

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4. Un pianeta nascosto?

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Pur essendo un enorme passo avanti, il modello di Nizza originario era però tutt’altro che perfetto.

Usando simulazioni al computer per ricreare le interazioni gravitazionali tra i quattro pianeti giganti, gli astronomi ottenevano un Sistema Solare somigliante al nostro solo il 3 per cento delle volte; con una piccola modifica, però, riuscivano ad arrivare al 23 per cento.

E qual è questa modifica? L’aggiunta di un quinto pianeta gigante. Ma noi osserviamo solo quattro pianeti giganti e quindi, se vogliamo prendere questa spiegazione sul serio, dobbiamo capire che cosa può essere accaduto a quest’altro pianeta.

È possibile che sia stato espulso dal Sistema Solare durante la migrazione dei suoi vicini: un orfano lasciato a vagare nell’oscurità dello Spazio. Gli astronomi hanno già trovato alcuni esempi di questi cosiddetti pianeti interstellari, e quindi non è un’idea da prendere sotto gamba.

Ma c’è una spiegazione alternativa, ancora più allettante: che questo quinto pianeta gigante sia ancora qui, nel nostro Sistema Solare, in attesa di essere scoperto. L’entusiasmo per questo mondo possibile, battezzato “Pianeta Nove” (foto sotto), è una delle più grandi novità astronomiche degli ultimi anni.

Nel 2014, un gruppo di astronomi notò che vari piccoli oggetti in orbita attorno al Sole, oltre Nettuno, avevano orbite molto simili; poi, nel gennaio 2016, è stata annunciata la scoperta di ulteriori oggetti che si comportano nello stesso modo. La probabilità di avere in comune tutte queste caratteristiche per caso sarebbe appena lo 0,007 per cento.

La spiegazione principale è che ci sia un pianeta in più, con una massa almeno 10 volte quella della Terra, che si nasconde nelle tenebre e allinea oggetti piccoli con la propria gravità.

Se il Pianeta Nove esistesse davvero, il motivo per cui finora non lo abbiamo notato è semplicemente la sua distanza dal Sole: sarebbe in orbita a una distanza circa 1200 volte maggiore di quella della Terra, e quindi sarebbe almeno 600 volte più fioco del pianeta nano Plutone.

A meno di non sapere esattamente dove guardare, è facile che sfugga; attualmente sono in corso ricerche sistematiche. Queste ultime avventure astronomiche dimostrano che la storia della formazione del nostro Sistema Solare è ancora in corso.

Abbiamo fatto enormi passi avanti dai tempi degli antichi Greci, ma ci sono ancora molti capitoli da scrivere.

 

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5. La scoperta chiave e la cronologia del sistema solare

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  • La scoperta chiave
    Scienziato: Niccolò Copernico
    Data: 1543
    Scoperta: La Terra e gli altri pianeti sono in orbita attorno al Sole
    Sarebbe stato davvero difficile arrivare alle attuali scoperte sulla formazione del Sistema Solare se pensassimo ancora che tutto è in orbita attorno alla Terra.
    La scoperta di Copernico è giustamente acclamata come una delle più grandi rivoluzioni scientifiche della storia. Non fu però ispirata da osservazioni astronomiche, ma dall’eleganza matematica.
    L’antica idea del geocentrismo – cioè che nell’Universo tutto giri attorno alla Terra in circonferenze perfette – si scontrava con quello che si osservava nel cielo notturno: alcuni dei pianeti sembravano fare retromarcia, il che non è esattamente quel che ci si aspetta dai mondi che ruotano attorno alla Terra.
    L’antico sapiente greco Tolomeo introdusse gli “epicicli”, che erano cerchi più piccoli lungo i quali si muovevano i pianeti e che erano a loro volta in orbita attorno alla Terra.
    Ma era una forzatura, introdotta per poter mantenere la Terra al centro e farla combaciare con quello che si vedeva in cielo.
    Il genio di Copernico consistette nel rendersi conto che se invece si poneva al centro il Sole si poteva fare a meno degli epicicli: nel suo modello eliocentrico, se Marte sembra andare all’indietro, è perché la Terra lo sorpassa nella propria orbita attorno al Sole.

 

  • La cronologia del sistema solare
    Le nostre conoscenze sono progredite molto da quando per la prima volta gli scienziati ipotizzarono che non siamo al centro dell’Universo.
    - Niccolò Copernico (1473-1543): nato in Polonia, Copernico fu attivo in molte aree intellettuali, dall’economia alla politica e alla medicina, ma lo si ricorda soprattutto per le sue ricerche sulle orbite dei pianeti.
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    - 1543: viene pubblicato il De revolutionibus orbium coelestium (Sulle rivoluzioni delle sfere celesti) in cui Copernico descrive le sue idee eliocentriche: è uno dei libri più importanti mai scritti.
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    - Galileo Galilei (1564-1642): padre dell’astronomia moderna, Galilei fu il primo a puntare un telescopio verso il cielo, rivoluzionando quello che si pensava sulla nostra posizione nello spazio.
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    - 1796: Pierre-Simon Laplace propone il suo modello di sistema solare basato sulle nebulose, su cui gli astronomi torneranno più di 150 anni dopo.
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    - Pierre-Simon Laplace (1749-1827): non contento del suo lavoro prezioso sulla formazione delle stelle, il grande scienziato francese fu uno dei primi a immaginare il concetto di buco nero, una stella con una gravità così intensa da impedire a qualunque cosa di allontanarsene.
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    - Sir James Jeans (1877-1946): dall’astronomo britannico James Jeans prende nome la “massa di Jeans”, il punto critico oltre il quale una nube di gas subisce una contrazione gravitazionale irreversibile provocando la formazione di una stella.
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    - 1995: gli astronomi scoprono il primo pianeta in orbita attorno a un’altra stella simile al nostro sole, inaugurando l’era dell’astronomia esoplanetaria, durante la quale sono stati scoperti già più di 3000 nuovi mondi.
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    - 2005: viene pubblicata la prima versione del “modello di Nizza”, la descrizione attualmente più completa di come si formò il sistema solare, facendo uso dell’idea di migrazione planetaria.
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    - Mike Brown (1965-): Brown, che si considera l’uccisore di Plutone (per averne caldeggiato il declassamento a pianeta nano), è uno dei maggiori scopritori di oggetti oltre l’orbita di Nettuno ed è molto attivo nell’attuale caccia al nono pianeta.
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    - 2014: si osservano i primi indizi della possibile esistenza di un nono pianeta nel nostro sistema solare: alcuni oggetti piccoli e lontani hanno orbite molto simili, il che sarebbe molto improbabile se avvenisse per caso.
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Note

GLOSSARIO

  • - Esopianeta
    Qualsiasi pianeta in orbita attorno a una stella che non sia il nostro Sole. Il primo esopianeta in orbita attorno a una stella simile al Sole fu scoperto nel 1995.
  • - Migrazione
    L’idea che le orbite dei pianeti di un Sistema Solare possano spostarsi significativamente nel corso del tempo. Si ritiene che Giove sia migrato verso l’interno del nostro Sistema.
  • - Nebulosa o nebula
    Un’enorme nube di gas e polvere nello spazio interstellare. Alcune nebulose funzionano da fabbriche di stelle: nel corso di molti milioni di anni la gravità lentamente compatta la nube finché la temperatura e la pressione sono sufficienti per dar vita a un nuovo gruppo di stelle.
  • - Proplyd
    Abbreviazione di protoplanetary disc, cioè “disco protoplanetario”, l’anello piatto e scuro che si trova attorno a stelle di nuova formazione e che secondo gli astronomi darà luogo ai pianeti.
  • - Vortice
    Una massa in rotazione di un liquido o di aria, come i mulinelli e i turbini. Descartes riteneva che un meccanismo del genere fosse responsabile del fatto che i pianeti sono in orbita attorno al Sole.

 

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