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Cos’ha ucciso Napoleone?

Nel corso della storia Napoleone Bonaparte è stato più volte utilizzato dalle potenze straniere per umiliare i francesi.

Otto von Bismarck, primo cancelliere dell’impero tedesco, ad esempio, ci ha fatto marciare sotto le sue truppe dopo l’assedio di Parigi del 1870, così come Adolf Hitler, settant’anni dopo.

Il Führer nazista lo ha addirittura fatto rivestire di svastiche.

Per raccontare Napoleone Bonaparte o meglio, il mistero che avvolge la sua morte, bisogna partire da un monumento preciso: l’Arco di trionfo. Il suo punto più alto domina la capitale francese.

È un luogo d’osservazione straordinario, da raggiungere dopo aver salito 284 gradini. Metaforicamente, quasi una scalinata verso la gloria. Un emblema voluto da Napoleone nel 1806 che l’imperatore non avrà mai la fortuna di poter apprezzare.

Se la battaglia di Waterloo segna la fine delle sue conquiste, sono molti i dubbi che aleggiano ancora attorno alla morte dell’imperatore francese… Scopriamoli insieme.

 

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1. Puntino nell’oceano e lontano dalla Francia

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  • Puntino nell’oceano
    Quella di Waterloo, combattuta il 18 giugno 1815 fra le truppe francesi e gli eserciti britannico e prussiano, è l’ultima battaglia di Napoleone.
    Un conflitto rimasto nella storia per aver segnato la sua definitiva sconfitta. L’imperatore francese, piegato, spera di poter andare in prigione nella vicina Inghilterra.
    Non è così: viene mandato a Sant’Elena, un puntino in mezzo all’Atlantico, lontanissimo dall’Europa e dall’Inghilterra.
    Miglia e miglia di mare, dunque, lo separano dalla civiltà che conosce. Sant’Elena sarà la sua tomba: Napoleone lo capisce subito.
    Sant’Elena è un’isola di origine vulcanica, situata nell’oceano Atlantico, a circa 1.900 chilometri dalla costa dell’Angola, e fa parte del territorio britannico. Napoleone ha vissuto a Longwood House e Sane Valley, dove è stato inizialmente sepolto.
    Queste due località sono possedimenti francesi, ceduti dal Regno Unito nel 1858. Sant’Elena è stata scoperta dai portoghesi nel 1502. Completamente disabitata, a quel tempo era una delle più remote isole del mondo.

 

  • Lontano dalla Francia
    “Dopo la mia morte che non può essere lontana, voglio che apriate il mio corpo. Desidero che il mio cuore sia asportato, posto nello spirito divino e portato a Parma, alla mia cara Maria Luisa. Vi raccomando, soprattutto, di esaminare il mio stomaco, di farne un rapporto preciso e dettagliato che darete a mio figlio. Vi raccomando di non trascurare nulla al mio esame”.
    Sono le istruzioni che lo stesso Napoleone dà al suo medico personale, un corso dal nome italiano: Francesco Antommarchi.
    L’ex imperatore francese è sicuro che gli inglesi abbiano intenzione di eliminarlo. Anche se è in esilio a ben due mesi di navigazione dall’Europa, resta per loro un potenziale pericolo.
    “Muoio prematuramente – scrive nel suo testamento Napoleone – assassinato dall’oligarchia inglese e dal suo prezzolato sicario”.
    Sono accuse pesanti, non prive di fondamento: del resto, nel Vecchio continente tutte le case regnanti avrebbero da guadagnare dalla morte di un uomo così ingombrante.

 

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2. L’autopsia dell’imperatore

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Napoleone Bonaparte, il politico e militare che ha fondato il primo impero francese, si spegne, a soli 51 anni di età, il 5 maggio del 1821.

Muore in poco tempo, si dice per causa di un cancro allo stomaco. Per volere dello stesso imperatore, viene eseguita l’autopsia dei suoi resti.

Francesco Antommarchi e alcuni medici inglesi aprono la cavità toracica. Asportano il cuore, che viene sigillato in un vaso pieno di alcol. Poi lo stomaco: lo aprono perché tutti possano osservarlo.

I pareri, alla fine, sono discordanti. Ci sono quattro referti, tutti diversi. L’unica cosa di cui i medici sono certi è che Napoleone soffriva di un’ulcera allo stomaco. Antommarchi la definisce cancerosa.

Gli inglesi scrivono di parti cirrotiche degenerate in cancro. Una delle ipotesi sulla causa morte, dunque, è tumore allo stomaco. 

Patologia che giustificherebbe anche la mano costantemente poggiata lì dall’ex imperatore francese e riprodotta in numerosi dipinti. Alcuni elementi, tuttavia, fanno dubitare di questa versione dei fatti: il fegato molto ingrossato, anche se integro, innanzitutto.

Qualcuno pensa, per questo e altri motivi, che l’ex imperatore non sia morto per cause naturali, bensì avvelenato con l’arsenico, sostanza facile da trovare a Sant’Elena, presente in alte dosi sia nell’acqua che nei prodotti della terra.

Nella foto sotto, l'isola di Sant’Elena dove sono stati esiliati (Napoleone a parte) il re degli Zulu, Dinuzulu ka Cetshwayo, e più di cinquemila prigionieri boeri.

 

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3. Documenti storici e analisi dei capelli

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Nel 1955 vengono pubblicati i diari del cameriere di Napoleone, Louis Marchand, la persona che più di tutti gli è stata vicina negli anni dell’esilio e negli ultimi giorni della sua vita.

Sulla base di questi scritti viene aperta una vera e propria indagine. A portarla avanti è un medico svedese, Sten Forshufvud.

Leggendo quanto scritto dal cameriere di Napoleone, Forshufvud si fa l’idea che non tutto sia andato in maniera, per così dire, naturale.

Il cameriere, alla morte dell’imperatore, ha preso alcuni capelli e li ha donati ad alcuni amici come ricordo del grande dominatore francese.

Forshufvud, partendo proprio da quelli, fa realizzare alcuni esami nel centro di ricerche atomiche di Londra. Il metodo Hamilton-Smith, rendendo radioattivo il capello, rileva il contenuto di arsenico con estrema precisione.

È l’unico modo per ricostruire la vicenda dell’eventuale avvelenamento. Napoleone aveva le gambe ingrossate, una grossa pancia e un fegato affaticato.

I medici, a quel tempo, per curare questi acciacchi facevano ricorso al tartaro emetico e al calomelano, due medicamenti che, tra i vari effetti, avevano quello di cancellare le tracce di arsenico dal corpo umano.

I capelli dell’ex imperatore, dunque, sono l’unico reperto davvero utile alla ricostruzione storica. Forshufvud sa che negli ultimi giorni di vita a Napoleone sono stati somministrati, per l’appunto, tartaro emetico e calomelano.

Così, con pazienza e perseveranza, raccoglie il maggior numero di ciocche di capelli dell’ex imperatore provenienti da varie parti del mondo.

Il risultato dei test fatti in laboratorio sembra confermare l’ipotesi iniziale: potrebbe essere stato proprio un avvelenamento da arsenico a causare la morte di Napoleone Bonaparte. I capelli analizzati contengono 40 volte il livello di arsenico presente in condizioni normali.

Nella foto sotto, la maschera mortuaria realizzata dal medico che ha fatto l’autopsia, Carlo Francesco Antommarchi.

 

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4. Omicidio perfetto? Il nome dell’assassino e un secondo studio

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  • Omicidio perfetto?
    Sarebbe bastata una sola bustina di veleno per uccidere Napoleone. Una sola bustina, distribuita in sei anni.
    Un’assunzione lenta ma costante, di arsenico, alla fine letale. Perché non avvelenare subito l’ex imperatore e aspettare tanto tempo, è facile da spiegare.
    Sono tre i motivi fondamentali. Innanzitutto, sarebbe stata chiara a tutti la morte per omicidio, con conseguenze politiche imprevedibili.
    In Francia, inoltre, nonostante i Borbone avessero conquistato il potere, certamente in molti amavano ancora l’imperatore, per cui il suo omicidio avrebbe potuto scatenare una rivolta.
    Infine, in caso di morte istantanea per avvelenamento, l’artefice del delitto sarebbe stato subito individuato a Sant’Elena.
    Avvelenare lentamente Napoleone, inoltre, avrebbe avuto un ulteriore vantaggio per l’artefice del piano: indebolire l’ex imperatore, favorendo magari il suo ritorno in Francia.

 

  • Il nome dell’assassino
    Secondo l’indagine di Forshufvud una sola persona avrebbe potuto architettare tutto questo: Charles Tristan de Montholon, un aristocratico ufficiale dell’esercito che si era unito all’ex imperatore negli ultimi mesi.
    Napoleone lo considerava con disprezzo, al punto che quando, nel 1814, ha abdicato ed è andato in esilio all’Elba, De Montholon ha cercato il favore dei Borbone.
    Senza considerare che solo lui aveva accesso alla riserva di vino personale dell’ex imperatore in esilio.

 

  • Secondo studio
    L’Istituto di fisica nucleare di Pavia ha svolto ulteriori analisi su altri campioni di capelli prelevati da Napoleone fanciullo in Corsica, durante il suo esilio nell’isola d’Elba e a Sant’Elena il giorno della sua morte, avvenuta come detto il 5 maggio 1821 e quello successivo, il 6 maggio.
    Oltre ai capelli dell’ex imperatore francese, sono stati esaminati, per comparazione, anche quelli di dieci persone viventi. La ricerca ha rivelato alcune sorprese.
    La prima è che il livello di arsenico presente in tutti i capelli di due secoli fa, supera di ben due ordini di grandezza, quindi di cento volte, il valore medio riscontrato in quelli odierni.
    I capelli dell’ex imperatore presentavano un valore medio di arsenico attorno a dieci parti per milione, mentre i capelli dei nostri contemporanei raggiungevano un valore attorno al decimo di parte per milione.
    In altre parole, l’ambiente nel quale vivevano le persone, agli inizi del 1800, portava, evidentemente, all’ingestione non indotta di quantità di arsenico che oggi riterremmo pericolose.
    La seconda sorpresa è la differenza di concentrazione di arsenico tra il Napoleone ragazzo e quello degli ultimi giorni a Sant’Elena.
    In particolare, per i tossicologi che hanno partecipato allo studio, è evidente che non si possa parlare di avvelenamento in un unico momento, ma di costante assorbimento di arsenico.
    Nella foto sotto, il principale sospettato Charles Tristan de Montholon. La moglie Albina, pare con il suo consenso, è stata amante di Napoleone.

 

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5. La salma e il principale sospettato

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  • La salma
    Napoleone dopo la morte viene sepolto nella Valle dei Gerani, a Sant’Elena, come da sue volontà. Dopo 19 anni, nel 1840, si decide di portarlo a Parigi.
    Una delegazione francese è a Sant’Elena per prendere in consegna le spoglie mortali dell’ex imperatore.
    Tra i francesi, anche alcuni superstiti della piccola corte che si era sciolta vent’anni prima. Davanti a loro, la notte del 15 ottobre, sotto una pioggia battente, la bara viene disseppellita e riaperta.
    Quello che i testimoni vedono è molto diverso da quello che si aspettavano. Un corpo in perfetto stato di conservazione. Posizione diversa. Stivali rotti, senza speroni e niente calze.
    Medaglie e decorazioni discordanti. I vasi con cuore e stomaco non più agli angoli inferiori della cassa, ma tra le gambe.
    Sul volto e sul cranio, barba e capelli, che erano stati rasati nel 1821. Le gambe leggermente piegate, come se la bara fosse troppo corta.
    Mentre, originariamente, erano perfettamente distese. E soprattutto, non più tre casse, ma quattro. È possibile che il corpo sia rimasto intatto per così tanto tempo?
    Secondo alcuni è la normale consunzione di un corpo avvelenato con l’arsenico. Anche se, c’è addirittura chi crede che quel corpo non fosse realmente di Napoleone.
    I dubbi, dunque, restano: cosa ha ucciso l’imperatore? Un cancro allo stomaco? Un avvelenamento da arsenico? O cosa?

 

  • Principale sospettato
    Figura ambigua, Charles Tristan conte di Montholon, è stato compagno d’esilio di Napoleone a Sant’Elena.
    Secondo il ricercatore svedese, Sten Forshufvud, che ha fatto analizzare i capelli dell’imperatore per constatare se effettivamente sia stato assassinato con l’arsenico, è stato l’artefice dell’avvelenamento, visto che era l’unico ad avere accesso alla riserva di vino privata di Napoleone.
    È stato lui stesso, peraltro, a chiedere e ottenere di far parte, assieme alla famiglia, dei fedelissimi che avrebbero accompagnato l’imperatore sull’isola di Sant’Elena, in mezzo all’oceano Atlantico.
    Nella foto sotto, Hôtel National des Invalides. Ospita la tomba di Napoleone I. L’imperatore riposa lì dal 15 dicembre 1840.

 

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