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Cristina di Svezia: la regina più originale, libertina e disinvolta della storia

La sovrana Cristina di Svezia era una regina fuori dagli schemi.

Personaggio controverso, politica intrigante, amante libertina e coltissima intellettuale.

Era indipendente, colta, curiosa, spietata.

Cristina di Svezia nacque a Stoccolma nel 1626 dal re Gustavo II Adolfo, della dinastia Vasa, e dalla regina Maria Eleonora del Brandeburgo.

Non era bella, lo dicono i suoi numerosi ritratti e molti testimoni. Il viaggiatore inglese Edward Browne in una lettera del 1665 scrive:
«È piccola, grassa e un po’ storta; di solito indossa una giacca viola, la cravatta larga e una parrucca da uomo; è sempre allegra, ha un atteggiamento libero».

La regina parlava come un uomo e praticava gli sport più duri. Odiava il matrimonio e scandalizzò i sudditi con la sua disinvoltura sessuale. Per convertirsi al cattolicesimo rinunciò a regnare, ma prima portò a corte i più brillanti artisti e intellettuali del secolo.

Ma vediamo 5 curiosità sulla vita di Cristina di Svezia: la regina più originale, controversa e disinvolta di sempre. Una sovrana coltissima e fuori dagli schemi!

1. Cristina di Svezia

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Fuori dagli schemi. Sovrana controversa, politica intrigante, amante libertina e coltissima intellettuale.

Intrecciò pericolose relazioni eterosessuali e omosessuali che scandalizzarono i sudditi, ma nello stesso tempo fu un’osservante cattolica: una delle prime luterane ad abiurare la fede protestante per convertirsi al cattolicesimo.

Cristina di Svezia nacque a Stoccolma nel 1626 dal re Gustavo II Adolfo, della dinastia Vasa, e dalla regina Maria Eleonora del Brandeburgo. Fu educata dal potente Alto Cancelliere di Svezia Axel Oxenstierna.

Sin dalla nascita si presentò al mondo come una bambina fuori dall’ordinario: affetta da un’importante ipertrofia clitoridea che depistò persino le levatrici al parto, diede a tutti l’impressione di essere un maschio.

Si appurò tuttavia che così non era e di suo padre si racconta che espresse la volontà di allevarla comunque come tale: «Sarà abile perché ci ha ingannati tutti», avrebbe detto.

Unica figlia ed erede diretta al trono, quella “connotazione virile” rappresentò il suo punto di forza.

Era portata per l’equitazione e la scherma, si esprimeva con la veemenza verbale tipica degli uomini dell’epoca, non amava l’etichetta e tanto meno i vaporosi abiti femminili che le erano imposti a corte.

Non era bella, lo dicono i suoi numerosi ritratti e molti testimoni. Il viaggiatore inglese Edward Browne in una lettera del 1665 scrive: «È piccola, grassa e un po’ storta; di solito indossa una giacca viola, la cravatta larga e una parrucca da uomo; è sempre allegra, ha un atteggiamento libero».

Un altro avvenimento capitale ne descrive il carattere. Nel novembre 1657 Cristina era a Fontainebleau ospite di Luigi XIV re di Francia. Scopo della visita era scoprire se il futuro Roi Soleil l’avrebbe aiutata a conquistare il trono di Napoli al quale con notevole ingenuità puntava.

Quando capì che il progetto stava crollando, la stizza, o forse ragioni più concrete, la spinsero ad attribuire la responsabilità dello smacco al marchese Gian Rinaldo Monaldeschi, scudiero di corte.

Il 10 novembre la regina lo accusò di tradimento. L’uomo si gettò ai suoi piedi implorando il perdono tra i singhiozzi. Lei ascoltò impassibile, poi disse gelidamente: «Preparate quest’uomo a morire».

Ciò detto lasciò la galleria dei Cervi dove tuttora si conserva in una teca la cotta di ferro che Monaldeschi, presagendo il peggio, aveva inutilmente indossato. Furono necessari molti colpi per ucciderlo trapassandogli la gola da parte a parte.

2. Dormiva cinque ore per notte

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Incoronata regina a sei anni sotto il tutorato di Oxenstierna, a quattordici dirigeva già le cerimonie di corte e prendeva parte alle decisioni di stato.

A diciotto fu nominata anche capo del Senato, assumendo i pieni poteri. Fortemente dedita al lavoro, assetata di sapere, non dormiva più di cinque ore per notte.

Conversava correntemente in latino sin da piccola e oltre allo svedese, sua lingua madre, parlava perfettamente anche francese, lingua che predilesse, italiano, tedesco, spagnolo, greco, oltre ad avere una conoscenza basica di ebreo e arabo.

Collezionista di antichi manoscritti, quadri (ne contava circa 700, tra cui anche dei Raffaello, Tiziano e Rubens), studiò poesia e filosofia, richiamando a corte i maestri e studiosi più celebri del suo tempo.

Convinse anche René Descartes, già cagionevole di salute, a impartirle lezioni di filosofia alle cinque del mattino nella gelida Stoccolma, ma il maestro non resistette più di quattro mesi e morì nel febbraio del 1650 per una polmonite.

Si parlava della sua strabiliante memoria persino nelle altre corti europee. Grazie a lei, arrivarono a Stoccolma i più grandi musicisti dell’epoca e la più famosa cantante francese del XVII secolo, Anne Delabarre.

Il suo regno durò dal 1632 al 1654, anno dell’abdicazione: quando rinunciò al trono all’età di 28 anni, la corte e i sudditi restarono senza parole. Riuscì a far riconoscere come erede suo cugino Carlo Gustavo del Palatinato-Zweibrucken (nella foto sopra), che divenne re con il nome di Carlo X.

Finiva così la dinastia Vasa, ma nella dichiarazione di abdicazione si disponeva che avrebbe conservato i privilegi di sovrana.

L’episodio che allontanò per sempre Cristina dal trono fu l’ennesima richiesta dei dignitari di Stato di trovarsi un marito per dare al regno un erede. «Mi è impossibile sposarmi, esclamò. Non intendo spiegarne i motivi, si sappia che il matrimonio suscita in me una forte ripugnanza».

3. In cerca di libertà per l’Europa

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Partita dalla Svezia nel 1654 in cerca di una libertà di fatto mai trovata, Cristina si diresse prima ad Amburgo e poi a Bruxelles, dove alla vigilia di Natale si convertì al cattolicesimo.

A quasi un secolo dalla controriforma, questa conversione inaspettata fece il giro d’Europa. L’ex regina scrisse direttamente al papa, al quale confessò che l’unica causa della sua abdicazione era stata proprio la decisione di convertirsi.

Voleva trasferirsi a Roma e ricevere i sacramenti: comunione e cresima. Papa Alessandro VII (nella foto a sinistra) l’accolse a Roma nel dicembre 1655 in pompa magna.

La sua conversione al cattolicesimo viene spiegata da molti studiosi come il risultato di un’intima convinzione, mentre per altri si trattò di un’astuta mossa politica.

Di fatto, a Roma Cristina ricevette dalle mani dello stesso pontefice comunione e cresima e cambiò il suo nome in Cristina-Alexandra Maria.

Nella capitale abitò nei palazzi più prestigiosi: Palazzo Farnese fu la sua prima dimora e vi organizzò sontuose feste e concerti, sperperando molto denaro.

Presto però si annoiò e partì per la Francia, approdando a Parigi l’8 settembre 1656, dove fu accolta con il protocollo riservato ai sovrani nel pieno dei loro poteri.

Qui intrattenne relazioni con Mazarino allo scopo (fallito) di ordire un complotto ai danni del viceré di Napoli per impossessarsi del suo regno. Nel 1668, tentò di mettere le mani sul regno di Polonia con il beneplacito della Santa Sede, ma anche questo tentativo non ebbe un esito favorevole.

Rientrata a Roma, dopo la fase parigina, acquistò Palazzo Riario (oggi Corsini) per farne la sua residenza. Qui fondò la sua piccola corte, intrattenendo interessanti relazioni intellettuali e accogliendo i migliori artisti dell’epoca (Bernini, Scarlatti e Corelli).

Organizzò riunioni settimanali che nel 1674 portarono alla creazione dell’Accademia Reale, dove si conversava di arte, musica e scienze. L’Accademia fu il primo nucleo della futura Arcadia. I suoi preziosi volumi confluirono nella biblioteca vaticana.

4. Un cardinale per amante?

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A Roma le relazioni di Cristina con la Santa Sede passarono attraverso la complessa figura del cardinale Decio Azzolino (1623-1689), nella foto a sinistra, dirigente dello Squadrone volante, un gruppo di cardinali del Sacro Collegio della Chiesa cattolica romana voluto per mantenere la supremazia del papato rispetto alle corti europee.

Il cardinale le fu affiancato da papa Alessandro VII perché la inserisse nella società romana nel migliore dei modi.

Si racconta che i due entrassero in relazione sentimentale, non si sa se solo platonica o consumata. Certo è che furono uniti da un’amicizia profonda e leale.

In coppia giocarono un ruolo chiave in molte manovre politiche soprattutto in occasione dei conclavi dove si svolgevano le elezioni papali. Cristina e Decio Azzolino furono protagonisti di ben tre conclavi e nel 1673 lei lo nominò suo erede universale.

Alla sua morte, il 19 aprile 1689, il prelato si adoperò perché fosse solennemente inumata a San Pietro, un onore concesso solo a un’altra donna, la contessa Matilde di Canossa (Cristina è una delle poche donne che abbiano in San Pietro un fastoso mausoleo, opera di Carlo Fontana).

Appena un mese e mezzo più tardi, però, morì anche lui. Alla morte di Cristina, i “suoi” artisti fondano il movimento letterario del secolo. L’accademia dell’Arcadia fu fondata nel 1690 a Roma, un anno dopo la morte della regina Cristina.

Vi confluirono gli artisti e i letterati che avevano frequentato il circolo letterario reale con l’obiettivo di restaurare il classicismo. Non a caso fu scelto il nome di Arcadia, che corrispondeva a una mitica regione della Grecia, dove i poeti vivevano in semplicità.

Fu un autentico movimento letterario che si diffuse nel Settecento in tutta Italia. Ai suoi membri (detti “Arcadi”) fu attribuito il nome di “pastori”.



5. Il suo grande amore si chiamava Ebba ed era una contessa

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L’amore smodato per la libertà e le abitudini spesso sconvenienti per una regina giocarono un ruolo importante nell’abdicazione di Cristina, che riteneva il matrimonio qualcosa di aberrante:
«Il matrimonio genera una subordinazione, non posso decidere quando sarò in grado di vincere questa ripugnanza», diceva.

In un’altra occasione dichiarò: «Non sopporto l’idea di essere usata da un uomo nel modo in cui un contadino usa i suoi campi».

Fece della sua ambiguità in fatto di orientamento sessuale il suo stendardo di libertà.

Dal suo denso epistolario si viene a sapere però che nella sua vita fu uno solo il suo grande amore, quello verso la nobile dama di compagnia Ebba Sparre (nella foto), indicata da tutti come sua amica intima.

Ebba era la figlia del consigliere privato Lars Eriksson Sparre e a corte era conosciuta come “la bella contessa” per la sua straordinaria bellezza.

La regina Cristina la presentò scandalosamente all’ambasciatore inglese Whitelocke come “sua compagna di letto”: di lei non amava solo la bellezza, ma anche la mente illuminata.

Anche dopo l’abdicazione, le due continuarono ad intrattenere intensi rapporti epistolari. Dopo parecchi anni da Roma le inviava ancora lettere di questo tenore: «Ti appartengo, non potrai mai perdermi, cesserò di amarti solo alla mia morte».






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