Diritti della comunità LGBT: una battaglia ancora lunga!

Se in Finlandia, “solo” il 13 per cento delle coppie omosessuali ha paura a mostrarsi in pubblico mano nella mano con il proprio compagno, in Italia questa stessa preoccupazione raddoppia, salendo al 27 per cento.

L’indagine effettuata nel 2020 dalla European Union Agency for Fundamental Rights su oltre 140mila persone LGBT mostra che, nonostante negli ultimi anni ci sia stata una maggiore apertura verso l’inclusione sociale di persone omo-bisessuali o transgender, rimane ancora alto il livello di omotransfobia.

Infatti, se nel 2019 il 76 per cento dei cittadini dell’Unione europea si è detto convinto che le persone LGBT debbano avere gli stessi diritti degli eterosessuali (nel 2015 erano il 71 per cento), sempre nel 2019 il 43 per cento di chi ha un diverso orientamento sessuale o una diversa identità di genere ha subìto qualche forma di discriminazione (contro il 37 per cento del 2012).

L’Italia è in Europa tra i Paesi più arretrati per quanto riguarda l’uguaglianza delle persone LGBT. Dopo l’approvazione della legge sulle unioni civili del 2016, la situazione si è congelata.

Non sono stati fatti passi avanti e il tentativo di approvare una legge contro i crimini di omotransfobia, il DDL Zan di cui tanto si è parlato, è naufragato evidenziando discrepanze tra il giudizio politico e l’opinione pubblica.

Le piazze di Italia, lo scorso ottobre, si sono riempite per protestare contro il mancato voto del Senato a una legge che avrebbe dato una precisa connotazione ai reati perpetuati sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere; questa legge avrebbe oltretutto equiparato il nostro Paese alla quasi totalità dell’Europa occidentale, dove da più di un decennio esistono norme specifiche su questi temi.

Diritto di famiglia, del lavoro, inclusione sociale: c’è ancora parecchia strada da fare perché la legge sia uguale per tutti e ci sia un’effettiva parità con gli eterosessuali.

Tutto ciò vale ovunque, ma soprattutto nel nostro Paese, ancora molto arretrato, dove le persone LGBT sono vittime di bullismo e crimini d’odio.

1. In Europa c’è attenzione. Matrimoni e la legge contro l'odio

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L’Unione europea è sempre stata molto attenta ai temi del riconoscimento del diritto delle persone LGBT e anche l’attuale presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dato un’ulteriore spinta citando l’uguaglianza LGBT tra gli obiettivi comunitari fin dal suo primo discorso di insediamento nel 2020.

Tuttavia, tra i Paesi unitari ci sono molte differenze riguardo a questi temi. In Polonia, per esempio, non molto tempo fa, un terzo dei comuni aveva creato delle LGBT free zone, ovvero “zone libere da omosessuali”.

Un’azione fortemente discriminatoria che è stata contrasta dall’Unione con sanzioni e mancati finanziamenti. C’è anche la questione dei matrimoni omosessuali, celebrati in 23 Stati unitari su 28.

In Italia il mancato riconoscimento di questo atto ufficiale crea forti limitazioni ai diritti dei cittadini. Il fatto che nel nostro Paese persistano due istituti separati, ovvero il matrimonio e l’unione civile – riservata alle coppie omosessuali – fa sì che vengano a mancare tutta una serie di normative, come quella riguardante il diritto di famiglia che si applica ai figli.

Per questi, in assenza di una norma specifica, il riconoscimento da parte di genitori omogenere (due mamme o due papà) diventa un’impresa impossibile se non a costo di lunghe e costose battaglie in tribunale.

Anche in Italia, comunque, dal punto di vista culturale le cose stanno cambiando. Rispetto a 20-30 anni fa, le persone LGBT godono oggi di una maggiore visibilità: c’è più voglia di vivere liberamente la propria identità sessuale nella società, ma ciò determina anche una maggiore conflittualità con quella parte della popolazione che, anche se minoritaria, è fortemente discriminatoria.

In questo ambito si sente la vera mancanza di una legge per il riconoscimento specifico di reati di omotransfobia. Se venisse approvata tale legge, si avrebbe il duplice vantaggio di dissuadere le aggressioni e allo stesso tempo di promuovere una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui temi dell’orientamento sessuale e sull’identità di genere.

Nel nostro ordinamento giuridico esistono già leggi che puniscono alcuni crimini ritenuti socialmente più gravi, come quelli a sfondo razziale o per motivi religiosi o di nazionalità. Chi li commette non compie soltanto un’aggressione, ma anche un reato giudicato con aggravanti.

Ciò non è riconosciuto ai crimini verso le persone LGBT. Negli altri Paesi Ue, invece, una legge di questo tipo già esiste: il fatto che in Italia il DDL Zan non sia stato approvato fa sì che questo tipo di reato non sia percepito nella sua gravità tanto quanto il razzismo o altre forme di discriminazione e toglie ogni strumento di battaglia.

Non essendoci una legge precisa per i reati di omotransfobia, non ci sono nemmeno denunce specifiche e tali reati finiscono di conseguenza per essere accumunati a qualsiasi altra forma di aggressione. Da qui deriva anche la difficoltà di raccogliere dati oggetti quantitativi e qualitativi.

Per conoscere il numero di crimini di questo genere bisogna fare la conta dai fatti di cronaca riportati dai giornali od occorre estrapolarli dalle statistiche sociologiche. Va quindi considerato che i dati comunicati dalla stampa sono solo una parte di quelli reali e totali. Nella foto sotto, Alessandro Zan, promotore della proposta di legge, nota come Ddl Zan.

2. I giovani sono i più fragili

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I più vulnerabili ai crimini di odio e di discriminazione sessuale sono i giovani.

Un adulto, grazie al proprio vissuto e alle esperienze maturate, è meglio capace di far fronte agli attacchi omofobi.

Un adolescente, invece, subisce maggiormente gli effetti delle persecuzioni omofobe perché vive già di per sé una condizione di maggiore fragilità su cui insistono la poca esperienza, lo scoprirsi diverso dagli altri, il confronto con i pari, la paura del coming out in famiglia e altro ancora.

Tutte queste situazioni espongono i giovani e si capisce come mai le vittime di bullismo omofobico in questa fascia di età presentino i più alti tassi di suicidio, atti di autolesionismo, disturbi alimentari, depressione e isolamento sociale.

I fenomeni di cambiamento culturale e sociale hanno tempi molto lunghi che attraversano le generazioni. Per questi cambiamenti in Europa siamo a un punto di svolta, mentre in Italia abbiamo ancora una grossa resistenza da una parte della politica. Non solo: c’è anche molto ignoranza.

Secondo una ricerca svolta nel 2019 dalla Camera dei Deputati, un italiano su cinque (cioè il 20 per cento della popolazione) ritiene che l’omosessualità sia una malattia.

Se oggi l’80 per cento dei nostri connazionali ritiene invece che non lo sia, significa che le battaglie portate avanti a partire dagli anni ’70 hanno contribuito a una società più aperta e inclusiva.

Anche la globalizzazione ha avuto il suo peso: il confronto con nazioni più aperte stimola passi avanti. La comunicazione ha giocato un ruolo prioritario.

Il fatto che l’esistenza di coppie omosessuali non sia più nascosta nel cinema, nel teatro, sui giornali o in televisione ha contribuito a creare una mentalità più aperta, favorendo il confronto tra vecchie e nuove generazioni.

Non bisogna dimenticare però che i progressi sociali vanno sempre perseguiti e poi difesi.

3. Da dove nasce l’odio per gli omosessuali

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Ha radici molto lontane e tra i periodi più bui c’è quello del nazismo, in cui gli omosessuali furono perseguitati. L’omofobia è una forma d’odio per gli omosessuali.

Oggi è più corretto parlare di “omonegativismo”, un termine nuovo che include un giudizio sulla moralità degli omosessuali e nega loro visibilità sociale e politica.

Questo termine è usato per descrivere anche altre forme di odio più specifiche, come la transfobia (odio per chi è transgender) o la bifobia (odio per chi ha un orientamento bisessuale).

Sono la conseguenza di atteggiamenti diffusi: secondo l’ISTAT (2012), per il 41,4 per cento degli italiani non è accettabile che un insegnante di scuola elementare sia omosessuale, per il 28,1 per cento che lo sia un medico, per il 24,8 per cento un politico. Il 55,9 per cento dei cittadini concorda che “se gli omosessuali fossero più discreti sarebbero meglio accettati”.

All’origine di questo odio vi sono diverse fonti. Ragioni culturali o sociali, una religione fondamentalista, un basso livello di istruzione, pregiudizi e stereotipi. Il fenomeno non interessa una sola fascia della popolazione.

I recenti fatti di cronaca rilevano un crescente bullismo omofobico nelle scuole: è una prepotenza che chiama in causa la dimensione prettamente sessuale, cioè l’attacco non è rivolto alla persona in quanto tale, ma alla sua dimensione sessuale.

Ciò è vero soprattutto dove manca una corretta informazione su come si sviluppa l’orientamento sessuale e nasce una relazione affettiva. L’omosessualità è avvertita come una minaccia e ciò crea paura, ansia e avversione.

Le azioni che ne derivano hanno un piano fortemente emotivo e scarsamente supportato a livello cognitivo.

Vari studi psicologici hanno dimostrato che chi le commette spesso ha qualche forma di omosessualità latente e repressa, di norma legata a una rigida educazione familiare, da ignoranza sul sesso o da una severa impostazione religiosa.

Nella foto sotto, prigionieri del campo di Evensee, Austria, fotografati nel maggio del 1945.

4. In 73 paesi nel mondo le persone LGBT sono perseguitate

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Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, in 73 Paesi del mondo le persone LGBT sono perseguitate e in 13 di questi è prevista la pena di morte per chi ha rapporti omosessuali.

Inoltre, in 17 Paesi aderenti alle Nazioni Unite sono state adottate leggi contro la propaganda o la promozioni di comportamenti sessuali “non tradizionali”: sette Paesi africani (Egitto, Algeria, Libia, Tunisia e Marocco), 8 asiatici (tra cui Siria, Libano, Iraq e Giordania) e 2 europei (Lituania e Russia, dove dal 2013 è vietata la propaganda omosessuale nei confronti dei minori e non sono permessi raduni o manifestazioni come il Pride, la diffusione di articoli o di programmi radiotelevisivi né è concessa l’esposizione della bandiera arcobaleno).

Non è facile capire quali siano i fattori che rendono una società più inclusiva verso le persone LGBT. I Paesi con un regime politico più autoritario e repressivo (anche nei confronti delle donne in quanto tali) presentano forme più alte di omonegativismo.

Non è questione di ricchezza, ma è un fatto culturale e religioso. Anche in Europa, dove vi è una maggiore normalizzazione delle relazioni omossessuali e le persone con diversa identità di genere possono esprimersi più liberamente che in altri Paesi del mondo, vi possono essere grandi differenze sui diritti civili.

L’Italia ad esempio, nell’Unione europea, è tra i pochi Paesi che non riconosce i matrimoni omosessuali e non riconosce la completa genitorialità delle famiglie arcobaleno.

Nel 1969 in un locale di New York gli omosessuali hanno dato il via alla protesta! La rivolta di Stonewall del 1969 (foto sotto) è stata la prima rivendicazione del mondo omosessuale per i propri diritti.

Stonewall Inn era il più importante locale gay di New York e nella notte tra il 27 e il 28 giugno, a seguito di un rastrellamento delle forze dell’ordine che fece alcuni arresti, i frequentatori del locale iniziarono a protestare con lanci di bottiglie e sassi.

Questo fu il primo di una serie di scontri fra gruppi di omosessuali e la polizia di New York, che diedero il via ai successivi movimenti di liberazione gay. Per commemorare i moti di Stonewall, il 28 giugno è stato istituito il Gay Pride, la giornata dell’orgoglio day.





5. Così la UE punta all’uguaglianza delle persone LGBTQ+

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L’11 novembre 2020 l’Unione europea ha adottato la prima strategia sull’uguaglianza delle persone LGBTQ+. È un documento che riporta i 4 principali temi su cui gli Stati membri devono impegnarsi per garantire agli LGBTQ+ una maggiore sicurezza, uguali opportunità e piena partecipazione nella società.

Ecco di seguito i punti essenziali da attuare entro il 2025.

1. Lotta alla discriminazione.
Sarà sviluppata aumentando la protezione legale contro la discriminazione, in particolar modo sul lavoro, dove le persone LGBT subiscono gli attacchi e le discriminazioni maggiori.
Entro la fine del 2022 è prevista una relazione sull’applicazione della direttiva sulla parità in materia di occupazione e sarà presentato un quadro per contrastare il rischio di discriminazione insito nei sistemi di intelligenza artificiale (AI).

2. Garantire la sicurezza.
Al fine di rafforzare la tutela delle persone LGBT da aggressioni e violenza, è prevista l’estensione dell’elenco dei “crimini UE” per includere i crimini ispirati dall’odio e l’incitamento all’odio.

3. Protezione dei diritti delle famiglie arcobaleno.
E' prevista un’iniziativa legislativa sul riconoscimento reciproco della genitorialità e l’esame di possibili misure a sostegno del riconoscimento reciproco del partenariato tra persone dello stesso sesso tra gli Stati membri.
4. Uguaglianza LGBTQ+ nel mondo.
Saranno sostenute azioni per l’uguaglianza LGBT nell’ambito dello strumento di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale, dello strumento di assistenza preadesione e del fondo asilo di migrazione.








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