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L’evoluzione e la storia della vita

L'evoluzione della vita è qualcosa di affascinante. Di per se la vita è un fenomeno unitario. Tutte le forme nelle quali essa si è manifestata sulla Terra, dagli animali ai vegetali fino ai più piccoli organismi come batteri e virus, hanno una origine comune.

Nel corso degli ultimi 3.500 milioni di anni la vita si è incessantemente sviluppata e diversificata producendo la miriade di creature che oggi vediamo intorno a noi. L'attento studio dei fossili ci ha consentito di studiare e individuare tutte le forme che nella sua lunghissima storia, ha assunto la vita. Il suo mutare incessante nel corso del tempo, corrisponde al concetto di evoluzione.

Il concetto di evoluzione è ampiamente accettato e documentato, ma ancora incerti sono i meccanismi attraverso i quali l'evoluzione opera. E' comunque dimostrabile che le specie animali e vegetali affini possiedono strutture identiche o simili. Attraverso innumerevoli processi evolutivi, milioni di specie vegetali e animali si sono sviluppate da una comune origine.

Oggi cercheremo di approfondire un po' meglio questo interessante capitolo, di tutte le specie vissute sulla Terra, che è l'evoluzione degli organismi e il processo evolutivo.

1. La storia della vita

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Sulla base delle attuali conoscenze si ipotizza che la vita sia comparsa sulla Terra circa 3.500 milioni di anni fa grazie a un fenomeno isolato. Non sono ancora stati chiariti i meccanismi che determinarono la nascita della prima forma vitale ma, una volta comparsa, essa subì lenti e irreversibili processi evolutivi che originarono una varietà complessa e mutevole di specie vegetali e animali. Per gran parte della sua storia la vita ha avuto forme semplicissime.

Durante i primi 3.000 milioni di anni fu rappresentata esclusivamente da organismi unicellulari, talvolta riuniti in colonie che prendono nome di stromatoliti. Circa 600 milioni di anni fa si svilupparono forme più complesse, con una grande diffusione di organismi pluricellulari simili alle meduse. La successiva tappa corrispose, circa 570 milioni di anni fa, alla comparsa di animali dotati di gusci o di scheletri duri. Nei primi 3.000 milioni di anni la vita fu circoscritta negli ambienti marini e solo in tempi geologicamente recenti si manifestò con forme terrestri.

I primi vegetali terrestri comparvero 410 milioni di anni fa, i primi insetti 360 milioni di anni fa e i primi vertebrati terrestri circa 20 milioni di anni fa. Alcune forme di vita sono rimaste relativamente inalterate da lungo tempo, tanto da essere comunemente definite "fossili viventi". Un esempio è quello delle stromatoliti, che popolano la Shark Bay, nell'Australia Occidentale, rimaste pressoché identiche alle stromatoliti vissute milioni di anni fa. Un altro fossile vivente è il piccolo brachiopode "Lingula", rimasto immutato fin dalla sua comparsa sulla Terra, 550 milioni di anni fa.

La maggior parte delle forme di vita, tuttavia, compare e scompare in tempi relativamente brevi. Il più piccolo dinosauro, Compsognathus, lungo appena 40 cm, ci è noto attraverso 2 esemplari fossili, il primo dei quali rinvenuto a Solnhofen, in Germania. E' il solo rappresentante di una specie che esistette probabilmente per 1 milione di anni, con un numero di individui stimato in centinaia di migliaia.

2. L'evoluzione

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Al mistero dell'origine della vita si è tentato di dare spiegazione con concetti non scientifici basati sull'idea di creazione divina. Le prime intuizioni circa la possibile comune origine delle forme vitali risalgono ad alcuni autori Greci che, dall'osservazione di talune somiglianze morfologiche fra gli organismi viventi, avevano concepito l'idea di una loro possibile parentela senza però poterla dimostrare. Da allora furono compiuti pochi progressi nella comprensione dei rapporti fra gli organismi viventi fino alla pubblicazione, a metà del XVII secolo, dell'opera "Systema naturae" del naturalista svedese Carlo Linneo (1707-1778), che stabiliva il metodo per la classificazione sistematica dei vegetali e degli animali (in uso ancora oggi).

Il sistema linneiano pone ogni specie all'interno di un gruppo definito genere e costituito da specie simili. i generi rientrano a loro volta in una categoria più vasta definita sulla base di comuni strutture riscontrate fra i suoi appartenenti. Linneo considerava l'ordine riscontrabile nella natura quale espressione della "scala della creazione" divina e non di un processo evolutivo. I progressi compiuti dalle scienze geologiche fra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, rivelarono che la Terra era assai più antica di quanto si fosse fino ad allora ritenuto.

Lo studio dei fossili portò inoltre all'attenzione una serie di fenomeni difficili da spiegare. Gli organismi moderni non trovavano testimonianza fra i reperti fossili più antichi e gran parte degli organismi con le più antiche documentazioni  fossili aveva ormai cessato di esistere. Sembrava che gli organismi comparissero a un certo punto della storia della Terra, rimanessero in vita per un certo periodo e poi scomparissero. Il succedersi di sempre nuovi organismi nei lunghi tempi geologici, era in contrasto  con il concetto di creazione divina, che presupponeva, invece, la contemporanea presenza iniziale di tutte le forme di vita. La scomparsa delle singole specie appariva, inoltre, come un fenomeno diluito nel tempo, ma si erano individuati almeno 7 casi in cui essa sembrava avere interessato contemporaneamente un numero assai vasto di individui.

Verso la metà del XIX secolo innumerevoli prove biologiche (le somiglianze fra gli organismi) e paleontologiche (la complessità della storia della vita), indirizzavano, ormai, gli scienziati verso il concetto di evoluzione. Erasmus Darwin (1731-1802), nonno di Charles, scrisse riguardo alla possibilità che gli organismi viventi fossero accomunati da una stessa origine. I naturalisti francesi Etienne Geoffroy Saint-Hilaire (1772-1844) e George Cuvier (1769-1832) studiarono e documentarono strutture simili condivise da organismi diversi. Geoffroy si riteneva certo che le somiglianze fossero l'esito di un processo evolutivo. Nonostante il generale interesse, le teorie evoluzionistiche non furono tuttavia accettate perché in quell'epoca nessuno aveva ancora proposto un meccanismo plausibile che potesse spiegare compiutamente il fenomeno.

3. La selezione naturale

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Jean-Baptiste de Monet Lamarck (1744-1829) fu il primo biologo che propose una soluzione interessante, ipotizzando che gli organismi mutassero nel corso della loro vita in risposta e necessità e sollecitazioni esterne e che i loro mutamenti si trasmettessero alla prole. Intuì che l'effetto cumulativo di molti modesti cambiamenti attraverso più generazioni avesse determinato la nascita di nuove specie. Ma la soluzione tanto attesa del meccanismo evolutivo venne dall'opera dei naturalisti inglesi Charles Darwin (1809-1882) e Alfred Russel Wallace (1823-1913), che giunsero autonomamente a formulare la "teoria della selezione naturale".

Questa si basava  su una vasta raccolta di osservazioni scientifiche circa la competizione che si instaura fra gli organismi viventi per accedere alle risorse dell'ambiente: il loro successo, cioè la loro sopravvivenza, era legato alla varietà delle forme e alla trasmissione di tratti favorevoli da una generazione all'altra. Un esempio della teoria di Darwin è quello dell’evoluzione della giraffa. In origine gli antenati delle giraffe avevano il collo di varia lunghezza. Le giraffe con il collo lungo possono nutrirsi anche delle foglie poste più in alto se le foglie basse mancano. Questo vantaggio fa si che le giraffe hanno più probabilità di riprodursi trasmettendo ai figli il carattere “collo lungo”. Di generazione in generazione questo vantaggio si fissa nella popolazione.

L'accettazione della selezione naturale quale teoria scientificamente valida pose il concetto di evoluzione al centro della moderna biologia. La teoria fu successivamente integrata dai contributi delle scienze genetiche. Il nome di Charles Darwin è quello che più spesso viene associato alla teoria della selezione naturale, con il rischio di sminuire l'importanza del contributo che a essa fu apportato da Alfred Russel Wallace. Come Darwin, Wallace aveva trascorso lungo tempo in Asia e in Sudamerica dove aveva potuto svolgere approfondite ricerche. Il caso volle che Wallace sottoponesse per una revisione il manoscritto che raccoglieva gli esiti dei suoi studi proprio a Darwin, che fu sorpreso dalla corrispondenza concettuale con le conclusioni alle quali egli stesso era giunto. La teoria fu, infine, proposta alla Linnaean Society con la firma di entrambi. 

4. Processi evolutivi

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Il DNA (acido deossiribonucleico) è la sostanza chimica fondamentale della vita. E' una complessa molecola presente in tutti gli essere viventi, dei quali costituisce l'"impronta", il codice che li istruisce a costruire se stessi. Il DNA di ogni individuo, viene ereditato dai genitori: fra la struttura del DNA dei genitori e quella dei figli esistono quindi strette analogie. Considerando uno spettro di legami più ampio, gli organismi strettamente imparentati mostrano maggiori analogie nei propri DNA rispetto a organismi legati da parentela più lontana.

Confrontando il grado di somiglianza dei rispettivi DNA possiamo stabilire la parentela che lega 2 organismi. E' quindi possibile ricostruire i legami esistenti fra organismi diversi. I fossili forniscono preziosi riscontri alla Teoria evoluzionistica, in quanto consentono di ricostruire il progresso delle forme di vita attraverso i mutamenti ch'esse hanno subito nel tempo. L'esempio classico proviene dalle rocce giurassiche della Germania meridionale. Quando pubblicò "L'origine delle specie", Darwin sapeva che una delle questioni più delicate della sua teoria, era l'apparente mancanza di forme transizionali nelle testimonianze fossili.

Nel 1861 alcuni minatori portarono alla luce, nei pressi di Solnhofen (in Germania), il primo esemplare di Archaeopteryx. Il reperto fu descritto come un piccolo dinosauro per la struttura scheletrica, ma presentava la particolarità di avere chiare impronte di piume che ne ricoprivano il corpo. Era dunque un anello di collegamento fra i dinosauri e gli uccelli, 2 gruppi che fino a quel momento erano stati ritenuti privi di reciproci legami. Le somiglianze nella conformazione fisica e nelle sequenze del DNA e i mutamenti riscontrabili nei reperti fossili, possono essere integrati solo in una prospettiva evolutiva.



5. I meccanismi dell'evoluzione

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Il meccanismo che più plausibilmente regolerebbe i mutamenti evolutivi è quello della selezione naturale proposta da Darwin e Wallace. La teoria è basata su 3 fondamentali osservazioni. Ogni generazione produce una prole più numerosa di quanta possa sopravvivere fino all'età adulta e ciò determina la competizione per la conquista delle risorse disponibili.  Ogni individuo ha una conformazione diversa dagli altri, anche i figli di una stessa famiglia mostrano lievi differenze; casualmente alcune variazioni all'interno di una popolazione risultano più adatte all'ambiente dominante e garantiscono migliori possibilità di sopravvivenza fino all'età adulta. Infine, i tratti favorevoli dei genitori vengono trasmessi ai figli.

La lotta per la sopravvivenza, la selezione degli individui più adatti e la trasmissione genetica dei tratti favorevoli, consentono a una specie di mutare nel tempo per adattarsi alle differenti sollecitazioni dell'ambiente. Sono stati proposti altri meccanismi, ma la selezione naturale appare il mezzo più plausibile attraverso il quale procede l'evoluzione. In passato si riteneva che l'evoluzione in senso darwiniano fosse un processo graduale che interessasse un'intera specie. Il modello, definito gradualismo, prevedeva che un'intera specie evolvesse gradualmente in una specie nuova.

Il concetto dominò fino agli anni '70 quando Stephen Jay Gould, professore di Harvard, e il collega paleontologo Niles Eldredge ipotizzarono che l'evoluzione fosse progredita a "strappi", con brevi periodi di intenso cambiamento alternati a lunghi periodi di mutamenti limitati o nulli. Il loro modello prende il nome di "punctuated equilibrium". Per gran parte degli anni '70 e dei primi anni '80, il dibattito su queste 2 ipotesi fu intenso e controverso. La "teoria del gradualismo" trovava sostegno soprattutto in ambio genetico e biochimico, quella del "punctuated equilibrium" appariva invece meglio testimoniata dai reperti fossili, fra i quali le specie nuove compaiono "d'improvviso" e persistono per un certo tempo senza subire mutamenti fino a estinguersi.

Oggi è generalmente condiviso il parere che l'evoluzione segua entrambi questi modi di procedere. Il "punctuated equilibrium" sarebbe il ritmo evolutivo proprio delle nuove specie che evolvono in popolazioni numericamente modeste, isolate dai loro progenitori.






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