Gustav Mahler: una vita in bilico tra grazie e disgrazie

C’è l’attore comico di successo che si strugge dal desiderio di interpretare Amleto.

C’è lo scrittore di gialli che vuol diventare un grande romanziere senza etichette.

E c’è Gustav Mahler (1860-1911), osannato dai suoi contemporanei in Europa e in America come il più straordinario direttore d’orchestra di tutti i tempi, ma poco considerato come compositore, con sua grande frustrazione.

Solo post mortem le sue nove (o dieci) sinfonie sono state rivalutate come capolavori della musica. Di sé Mahler disse: «La mia epoca deve ancora venire».

Durante l’infanzia vide morire sei dei suoi fratelli e da adulto sua figlia ancora bambina. Era cagionevole di salute e incline alla malinconia. Mahler visse solo 51 anni, alternativamente sfolgoranti e funesti. Non fu mai felice!

L’eterno iato fra realizzazioni e desideri umani è uno dei punti di vista da cui esaminare la vicenda terrena di Mahler; un altro è la sfortuna che bersaglia certe persone, quasi a scotto dei doni che la sorte ha loro elargito.

1. Delicato di salute, di origini ebraiche e direttore d’orchestra a 20 anni

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La vita di Mahler è stata relativamente breve – 51 anni – e funestata da malattie e lutti: di salute cagionevole fin da piccolo, durante l’infanzia vide morire sei dei suoi tredici fratellini e sorelline.

Poi, in età adulta, perse una figlia per difterite – e sua moglie lo accusò di avere attirato la sventura sulla famiglia componendo, poco prima, i funesti Canti dei bambini morti.

A 41 anni fu quasi ucciso da un’emorragia cerebrale e a 47 anni contrasse un’infiammazione al cuore che lo portò a una fine prematura. Le grandi gioie della sua vita furono un’altra figlia e il fatto di avere una moglie straordinariamente bella e affascinante.

Mahler vide la luce il 7 luglio 1860 a Kalište, una cittadina della Boemia, nel territorio dell’Impero austro-ungarico. La sua famiglia era di lingua tedesca e di origine ebraica, ma pochissimo interessata alla religione.

Tanto che il piccolo Gustav fu mandato a studiare in una scuola cattolica, dove cantò nel coro e scoprì la passione per la musica. Ci si buttò anima e corpo. Bruciando i tempi, a 18 anni si diplomò al Conservatorio di Vienna.

Già a 20 ottenne la prima carica di direttore d’orchestra, sia pure in un paesino insignificante, Bad Hall, il cui teatro aveva in repertorio soltanto operette.

Fu comunque l’inizio, da qui partì la scalata a incarichi sempre più prestigiosi, nei teatri di Lubiana, Praga, Lipsia, Budapest, fino a diventare nel 1897, a 37 anni, direttore a Vienna della Imperial Regia Opera di Corte, il massimo a cui si potesse aspirare in Austria.

Per salire su questo podio dovette convertirsi al cattolicesimo, ma lo fece soltanto pro-forma e non frequentò mai alcuna chiesa, se non nel giorno del matrimonio.

Nonostante la salute malferma, Gustav Mahler lavorò senza risparmiarsi: già il primo anno all’Opera di Vienna fece il botto dirigendo centonove rappresentazioni e andò avanti così per un decennio.

Per tenere il ritmo fu quasi obbligato ad allargare il repertorio, che fino ad allora lì, come nel resto d’Europa (per pigrizia, per moda, per soddisfare nel modo più semplice i gusti momentanei del pubblico), tendeva a limitarsi a poche proposte; a Vienna era quasi monopolizzato da Lohengrin, Manon e Cavalleria rusticana.

Mahler andò a pescare a piene mani in tutto il repertorio classico e contemporaneo, allargando a dismisura gli orizzonti del pubblico, ma soprattutto meravigliò ed entusiasmò i viennesi con una rivoluzione scenica che in breve tempo fece scuola nel mondo.

Nella foto sotto, la casa di Mahler a Lipsia, dove compose la sua Sinfonia n. 1.

2. Rivoluziona l’opera lirica e varca l’Atlantico

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Oggi diamo per scontato che l’opera lirica sia non solo musica e canto, ma anche un bello spettacolo armoniosamente congegnato e recitato; in realtà, non è stato così finché Mahler non ci mise mano.

Prima di lui non c’era una vera e propria recitazione. Ecco come racconta la novità il più recente dei suoi biografi, Robert Seethaler:
«Prima della sua gestione, i cantanti e le cantanti rimanevano in piedi sulla ribalta, rigidi e impassibili. Ora dovevano imparare a considerarsi parte di un vasto insieme, e integrarsi di conseguenza.
Il nuovo direttore pretendeva né più né meno che facessero muovere il corpo e il personaggio (così come lo interpretavano) e iniziassero a recitare».

La rivoluzione si estese a tutto lo spazio teatrale: «Mahler cacciò la claque, oscurò la sala con il pubblico e posizionò l’intera orchestra più in basso, per migliorare la vista del palcoscenico. Per la prima volta le opere venivano raccontate in modo da poterle seguire».

Il riscontro presso il pubblico di Vienna fu straordinario: «Per strada e nei caffè si litigava per il programma operistico, si discuteva sul tocco e il suono dell’orchestra. Le rappresentazioni andavano esaurite e nei giorni delle prime giovani uomini facevano a botte per accaparrarsi gli ultimi biglietti».

La fama di Mahler si diffuse dall’Europa all’America. Il suo modo di allestire le opere fu rapidamente imitato ovunque, ma il pubblico all’estero reclamava l’ideatore della rivoluzione e non solo i suoi epigoni.

Così Gustav Mahler varcò l’Atlantico e dal 1908 al 1911 visse anni di trionfi come direttore d’orchestra a New York. L’espatrio giunse opportuno: a Vienna l’aria si era guastata e si cominciavano a sentire voci antisemite; Mahler fu molestato solo marginalmente ma colse la palla al balzo e se ne andò.

Nella foto sotto, Gustav Mahler con sua figlia Anna Mahler e primo violino Teodoro Spira a bordo del Kaiser Wilhelm II, in viaggio per l'America, 1909.

3. Apprezzato sì e no

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Notizie spiacevoli gli arrivarono anche da un altro fronte: i contemporanei lo osannavano come direttore d’orchestra, ma lo snobbavano come compositore. Ciò lo fece soffrire.

Attenzione: le lamentele di Mahler erano esagerate. Alle sue sinfonie non è mancato il successo, anzi alcune, in particolare l’ottava, sono state dei trionfi, ma non hanno goduto di quella continuità di consenso di pubblico e di critica a cui l’autore riteneva di poter aspirare.

Fin da ragazzo Gustav aveva scritto dei Lieder, cioè canzoni per voce e pianoforte, poi via via negli anni la sua creatività aveva cercato sfide sempre più ambiziose, fino alle sinfonie; ne compose nove, come Beethoven, anzi dieci contandone anche una incompiuta, che fu recuperata e integrata dopo la sua morte.

Anche nelle sinfonie fu rivoluzionario, introdusse molte novità, andando a cercarle nei più vari ambiti, compresa la tradizione della musica popolare; secondo i critici meno benevoli, la creatività di Mahler produsse sperimentazioni non ben risolte e, comunque, il pubblico dell’epoca non vi si appassionò.

La sua celebrazione come compositore dovette attendere la seconda metà del XX secolo, quando ormai lui non c’era più da un pezzo.

Il suo smodato desiderio di creare e di fare si legava anche all’aspirazione di esprimere attraverso la musica “tutto”: le sue sinfonie hanno infatti ambizioni filosofiche, sul senso della vita e del mondo.

4. Una moglie giovane e bella

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Mahler frequentava i personaggi della cultura più in vista del suo tempo anche al di fuori della scena musicale, da Freud a Gropius e a Klimt.

E queste frequentazioni lo avevano portato a conoscere la donna della sua vita, Alma Schindler (1879-1964).

Quella di Alma è una figura singolare. Dotata di talento e creatività, compose pure lei una ventina di Lieder e pubblicò libri autobiografici.

Conobbe molti esponenti del mondo culturale viennese e con diversi di loro ebbe relazioni sentimentali, fino a sposarne tre: Mahler, l’architetto Walter Gropius e lo scrittore Franz Werfel.

Nella foto sotto, Gustav Mahler (in piedi) frequentava personaggi in vista del mondo della cultura e dell’arte: come Max Reinhardt, Carl Moll e Alfred Roller in questa foto del 1903.

Alma sembra aver fatto suoi, in versione femminile, i principi della filosofia libertina di Casanova e avere anticipato lo schema delle groupie degli anni ’60 e ’70 del XX secolo, come Jenny Fabian e Pamela Des Barres, che cercavano non solo le menti ma anche i corpi dei musicisti rock per poi scriverne libri.

Alma era agevolata dall’essere molto bella; Mahler, che a sua volta era un uomo piacevole, l’aveva sposata nel 1902, quando lui aveva 42 anni e lei appena 23.

All’inizio la differenza di età non aveva dato problemi, la coppia era stata allietata dalla nascita di due figlie, ma col tempo il rapporto si era logorato: Gustav era geloso di questa moglie tanto più giovane e così esuberante e desiderata, perciò l’aveva convinta a interrompere le sue molte frequentazioni culturali e persino a non comporre più musica.

Il risultato era stato l’opposto di quanto il musicista si proponeva: cioè Alma si era trovata un amante nell’architetto Gropius.

Allora Mahler si rivolse a Sigmund Freud, il celebre padre della psicoanalisi, che gli spiegò che la moglie si sentiva soffocata dall’espressione artistica repressa e dalla vita sociale sparita. Gustav provò a rimediare, dicendo a Alma di ricominciare a comporre, ma ormai era tardi, la loro relazione era irrimediabilmente compromessa.

La malattia al cuore pose fine alla vicenda terrena di Gustav Mahler il 18 maggio 1911 a Vienna. Questa, per lo meno, è la ricostruzione dei fatti da parte di Alma, i cui libri sono stati (per lungo tempo) l’unica fonte di notizie sulla vita privata del marito.

La più recente critica storica ha però cominciato a farne la tara, rilevando nella testimonianza della donna alcune manipolazioni e bugie.

D’altra parte, questo vale per ogni autobiografia: l’io narrante ha sempre tutte le ragioni del mondo. E può darsi che quanto è avvenuto fra Alma e Gustav sia indecifrabile dall’esterno come per ogni coppia.





5. Dieci sinfonie in ventidue anni

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Nel 1889, anno in viene costruita la Torre Eiffel, nascono Charlie Chaplin e Adolf Hitler e arriva a tavola la pizza Margherita, il ventinovenne Gustav Mahler mise in scena la sua sinfonia n. 1, Il Titano, che ebbe un clamoroso insuccesso; sotto choc, la abbreviò e la modificò, ma le repliche furono ugualmente infauste.

Lasciò passare ben sei anni prima di rappresentare la n. 2, Resurrezione, che ebbe un buon riscontro; non andarono male neanche la n. 3 e la n. 4, tutte “sinfonie vocali”, non solo strumentali, con parti cantate tratte da Lieder composti in gioventù.

Con le n. 5, 6 e 7 si tornò alla pura strumentalità; la 5 contiene l’Adagietto che Luchino Visconti utilizzerà nel film Morte a Venezia.

La sinfonia n. 8, detta Dei mille perché allestita con mille fra strumentisti e cantanti a Monaco nel 1910, fu il maggiore trionfo di Mahler, mentre la 9 è considerata oggi un capolavoro della musica di tutti i tempi. La 10 (1911) rimase incompiuta.

Mahler ha dunque avuto riscontri di pubblico e di critica altalenanti, ma nel complesso sembra esagerare nel sentirsi incompreso dai suoi contemporanei.








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