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Il cane, un lupo molto docile: scopriamo le origini della specie

Il cane è l’animale che più facilmente capita di incontrare, vedere, toccare. E’ intorno a noi, nelle nostre case, ovunque e da millenni.

Sia che la nostra famiglia ne abbia uno o più sia che non l’abbia, il cane è comunque una presenza assai diffusa nella nostra società ed è praticamente impossibile non averci a che fare, per scelta o per caso.

Eppure, solo da poco la scienza ha iniziato a studiare seriamente i cani, scoprendo cose fondamentali per capire chi sia e come ragioni il nostro fantastico e irrinunciabile compagno di vita!

Ciò nonostante, o forse proprio per questo, per l’abitudine a vederlo da sempre, è un animale che, in realtà, conosciamo spesso solo superficialmente.

Sappiamo molte cose di “lui”, è vero, ma di solito sono conoscenze generiche: abbaia, fa la “guardia”, in genere ama le coccole; a volte ringhia oppure cerca di mordere, altre volte ci salva la vita… già, ma “chi è” davvero questa creatura?

E come mai è parte integrante della nostra società e della vita di tantissimi di noi più di qualsiasi altro essere vivente non umano?

Cerchiamo di scoprirlo insieme. Poiché sapere “chi è” il cane è il primo passo necessario per tentare di capire come ragiona e perché.

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1. Le prime ipotesi. Konrad Lorenz pensava che...

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Prima dell’avvento della genetica, cosa che risale a pochi decenni fa, le uniche fonti disponibili per ipotizzare l’origine del cane erano i ritrovamenti archeologici e... la somiglianza con altre specie simili.

Fu proprio sulla base di queste congetture che Konrad Lorenz, il famoso studioso padre della scienza che analizza il comportamento degli animali, l’etologia, ipotizzò che alcune razze di cani discendessero dallo sciacallo e altre dall’incrocio delle prime con il lupo.

Questa ipotesi ha circolato almeno fino al 1975, quando lo stesso Lorenz ammise di aver probabilmente commesso un errore e di ritenere, al momento della sua correzione di rotta, che i cani fossero tutti discendenti dal lupo, per la precisione la sottospecie del lupo grigio diffusa dal Medio Oriente all’Asia, il Canis lupus pallipes.

Di nuovo, però, si trattava di una conclusione basata su decenni di osservazioni e riflessioni, non su prove scientifiche, perché mancavano gli strumenti per trovarle.

Che l’intuizione di Lorenz fosse sostanzialmente corretta è stato dimostrato soltanto in anni più recenti, proprio grazie all’analisi del Dna, cioè di quella minuscola componente che è alla base di ogni forma di vita sulla Terra.

Cane e lupo sono interfertili: il primo è una sottospecie del secondo. A riprova della strettissima parentela tra il lupo e il cane, il fatto che queste due specie siano interfertili, cioè possono accoppiarsi, e lo fanno tuttora in molte zone del mondo Italia inclusa, e che i loro figli sono a loro volta in grado di riprodursi.

Una particolarità assai interessante. Infatti, la stessa cosa non avviene quando due specie sono molto simili ma non al punto da essere geneticamente quasi “sovrapponibili”.

Per esempio, tra noi e gli scimpanzé vi è solo un misero 1 per cento circa di differenza nei geni eppure... non potremmo mai riprodurci. Quella minima differenza conta moltissimo, quindi.

Cavalli e asini possono accoppiarsi e avere figli, invece, ma questi ultimi sono sterili. Cani e lupi, al contrario, hanno successo riproduttivo completo. In altre parole, da questo e da molti altri punti di vista le due specie sono praticamente identiche.

Anzi, il cane è considerato ormai dalla stragrande maggioranza degli scienziati una sottospecie del lupo, tanto che la sua denominazione ufficiale è cambiata da anni: da Canis familiaris, cioè cane domestico, a Canis lupus familiaris.

Insomma, nel nostro salotto... c’è un lupo! O meglio, la sua versione addomesticata e mutata, spesso in modo incredibile, sia nella morfologia sia nella taglia. Ma sempre lupo rimane...

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2. Le prove scientifiche: il DNA ci ha svelato le origini del cane

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Uno studio condotto nel 1997 da un’équipe guidata da Robert Wayne all’Università della California di Los Angeles ha dato conferma scientifica dell’intuizione di Lorenz.

Analizzando il Dna mitocondriale (cioè quello trasmesso dalla madre ai figli) di 140 cani di 67 razze e quello di 162 lupi provenienti da 27 diverse località distribuite fra Europa, Asia e Nord America, 5 coyote (Canis latrans), 2 sciacalli dorati (Canis aureus), 2 sciacalli dalla gualdrappa (Canis mesomelas) e 8 sciacalli del Siemen (Canis siemensis), il risultato è stato che tutti i cani avevano il Dna del lupo quale componente preponderante, al punto che vi è maggior vicinanza genetica tra le due specie che tra il lupo e gli altri Canidi selvatici.

Conclusione: il cane discende dal lupo e solo dal lupo. Già, ma quale? E quanto tempo fa è avvenuta la mutazione della specie? In sostanza: da quanto tempo il cane è comparso sulla Terra? E, parallelamente, trattandosi di un animale divenuto domestico, da quanto tempo dura la nostra convivenza con lui? Oggi, nuove scoperte forniscono risposte affascinanti.

Come e quando avvenne la domesticazione del cane? Assodato geneticamente che il progenitore diretto del cane è il lupo (Canis lupus lupus), oggi si ritiene che la domesticazione sia avvenuta attraverso un processo “naturale”: i lupi meno timorosi avrebbero cominciato a seguire gruppi di cacciatori nomadi, spostandosi con loro alla ricerca di nuove prede e cibandosi dei tanti rifiuti e avanzi lasciati dagli uomini ai bordi degli accampamenti.

Allo stesso tempo, gli uomini avrebbero cominciato ad apprezzare la presenza dei lupi, avvicinandoli e integrandoli progressivamente nella comunità umana, nutrendoli, avendone cura e facendosi affiancare nelle attività di sorveglianza e di caccia.

Quando si verificò questo processo? Fino a qualche tempo fa si riteneva che la domesticazione del cane fosse avvenuta circa 17mila anni fa. Scoperte recenti hanno, però, gettato nuova luce sull’argomento, permettendo di retrodatare l’intero processo.

Nel 2012 a Předmostí, in Repubblica Ceca, furono rinvenuti scheletri di canidi risalenti a 27mila anni fa: in particolare tre di questi, secondo gli studiosi, appartenevano a cani veri e propri ed erano caratterizzati da ossa e musi più corti e dal palato più ampio rispetto a quello dei lupi. 

Gli scheletri di cani ritrovati nella Grotta di Razboinichya, nei Monti Altaj in Siberia, in particolare resti di mandibole e denti perfettamente conservati, datano a 29mila anni fa. Ancora più antichi, risalenti a 32mila anni fa, sono gli scheletri di cane trovati nella Grotta di Goyet, in Belgio.

Tutte queste scoperte dimostrano, quindi, che la domesticazione cominciò molto presto e che i primi cani domestici affiancarono l’uomo moderno già negli anni della sua “sovrapposizione” all’uomo di Neanderthal.

Non solo: le particolari tombe ritrovate in Siberia dimostrano che i cani erano tenuti in altissima considerazione e sepolti secondo rituali ben precisi.

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3. La genetica della domesticazione

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Ma come mai alcuni antichi lupi si sarebbero avvicinati gradualmente agli esseri umani fino a mutare addirittura la loro morfologia, oltre a mitigare i comportamenti dei predatori che erano, e trasformarsi in cani?

Probabilmente, la causa è genetica: nel Dna di questi progenitori del cane doveva essere presente un gene particolare, quello che spinge a esplorare le novità e contrasta la paura innata di ciò che è ignoto, tipica di quasi tutti gli animali selvatici.

La prova? Negli anni Cinquanta del secolo scorso un genetista russo, Dimitry Belyayev, iniziò a selezionare le volpi argentate a scopi commerciali, per la produzione di pellicce. Ma il suo vero obiettivo era un altro: dimostrare che genetica e comportamento sono legati.

Dunque, per vent’anni Belyayev fece riprodurre tra loro solo le volpi meno “selvatiche”, cioè meno timorose. Il risultato? Volpi che abbaiano, che seguono chi le nutre, cercano le coccole, hanno occhi di colore diverso, pelliccia a macchie, a volte orecchie semierette e doppio ciclo riproduttivo annuale. Esattamente come i cani.

Belyayev è riuscito a dimostrare la sua teoria e, senza saperlo, è andato ben oltre: ha scoperto che il “gene della domesticazione” muta anche la morfologia, non solo il comportamento. Lo stesso, probabilmente, avvenne nel corso di migliaia di anni ai lupi che non avevano paura dell’uomo.

Anche l’alimentazione svela tracce della domesticazione anche nella sua ciotola! In un recente studio apparso sulla rivista scientifica Nature, un gruppo di ricercatori dell’Università di Uppsala, in Svezia, ha pubblicato i risultati ottenuti dal risequenziamento e dal confronto dell’intero genoma del cane e del lupo.

Gli studiosi hanno individuato 3,8 milioni di varianti genetiche e isolato 36 regioni genetiche che sembrano essere state sottoposte a una lunga selezione nel corso del processo di domesticazione del cane.

Diciannove di queste regioni contengono geni importanti per le funzioni cerebrali, dieci riguardano i geni che presiedono al metabolismo dei grassi e altre, in particolare, degli amidi.

Questa mutazione genetica intervenne per favorire il progressivo cambiamento nell’alimentazione dei cani che, convivendo sempre più con l’uomo e nutrendosi di quanto la nostra specie offriva loro, passavano da una dieta esclusivamente carnivora a un regime alimentare più variegato, comprendente anche cibi ricchi di amido che il lupo non consumava, ovviamente, e per i quali il suo stomaco non è predisposto.

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4. Altre prove dagli scavi

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Come accennato, in Siberia sono state ritrovate sepolture rituali di grossi cani ancora molto simili al lupo, adagiati nelle loro tombe con tutti gli onori: collari di denti di cervo, ossa di grandi erbivori e corna di ungulati sono gli oggetti ritrovati indosso e intorno agli scheletri.

Uno di questi cani aveva persino una sorta di “pallina” in bocca, un manufatto sferico accuratamente lavorato. Stiamo parlando di tribù di cacciatori di 7-9mila anni fa.

Una cultura antichissima che riservava, evidentemente, una grande importanza al cane, tanto da ritenerlo degno di una sepoltura del tutto simile a quelle ritrovate negli stessi luoghi e dedicate agli esseri umani.

Anche in queste tombe, infatti, erano presenti manufatti e ornamenti simili a quelli ritrovati nelle sepolture dei cani. Inoltre, uno dei crani di questi cani ha rivelato una ferita precedente di molto alla morte: una frattura cranica che venne curata con successo, tanto che l’animale visse diversi anni ancora prima di morire e venire sepolto con tutti gli onori.

Tutto ciò presuppone una lunghissima convivenza di queste popolazioni primitive con i loro cani, secoli durante i quali si sviluppò un rapporto profondo di amicizia e affetto e, di conseguenza, anche competenze relative all’allevamento, la selezione, la cura. Una cinofilia dell’Età della Pietra.

Ultimo ma fondamentale dettaglio: l’analisi del Dna sui resti di questi antichi cani da caccia siberiani ha rivelato la loro discendenza da una specie di lupo estinto. Forse il lupo del Taymir. Ma sarà lui il “nonno” dei cani?

Il 21 maggio del 2015, un team di ricercatori svedesi ha pubblicato sulla rivista scientifica Current Biology un interessante studio nato da una scoperta all’apparenza poco significativa: una mandibola di lupo ritrovata in Siberia e datata 34.900 anni fa.

L’analisi genetica ha svelato che si tratta di un animale leggermente diverso dal lupo euroasiatico, di un predatore sociale estinto da migliaia di anni, denominato “lupo del Taymir” dal nome della regione dove è stato trovato il reperto, ma i cui geni sono presenti in percentuali significative in alcune razze di cani, il Siberian Husky e il Groenlandese in particolare.

Due delle razze più antiche in termini di selezione, allevate da millenni dalle popolazioni di cacciatori seminomadi della Siberia prima e dell’Artico poi. Due razze che rappresentano, inoltre, l’incarnazione stessa dei cani definiti “di tipo Spitz”, sostanzialmente i lupoidi più lupoidi. Gli stessi geni sono stati riscontrati anche nel lupo grigio euroasiatico di oggi.

In base a queste scoperte, ora alcuni ricercatori ritengono che l’evoluzione del cane possa aver seguito un percorso differente rispetto a quanto ipotizzato, cioè che sia partita circa 27mila anni fa da un antenato comune del lupo euroasiatico e del cane, e che sia proseguita su strade diverse fino a oggi.

Con il nostro determinante contributo, ovviamente di molto antecedente alla nascita delle comunità umane stanziali. Il cane, con ogni probabilità, è stato nostro compagno di vita per molte migliaia di anni in più rispetto a quanto stimato finora. Quasi il doppio. E questo ha altre, incredibili implicazioni: noi e i cani ci siamo evoluti insieme.

Nella foto sotto, la mandibola del lupo del Taymir ritrovata in Siberia è datata a oltre 30mila anni fa: appartiene a un lupo estinto i cui geni sono presenti nei cani e nel lupo grigi.

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5. Evoluzione comune e l’intesa uomo-cane

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Vi siete chiesti come mai sia stato il cane l’unico essere vivente a divenire parte integrante del nostro mondo, ovunque sul Pianeta, e della nostra vita, compresa la sua componente emotiva, quindi la più intima e sensibile della nostra personalità?

Avete mai riflettuto sul perché il cane abbia l’innata capacità di decifrare il nostro linguaggio del corpo, fin nei più minimi dettagli, e persino di apprendere perfettamente e senza alcun addestramento specifico il significato di molte parole che pronunciamo in sua presenza, senza necessariamente rivolgerci a lui?

Perché esiste questa incredibile sintonia spontanea tra buona parte della nostra specie e i cani? Come mai questo non avviene mai a livelli tanto profondi con altri esseri viventi? La risposta, stupefacente, potrebbe essere la “co-evoluzione”. Una convivenza lunga quasi 30mila anni avrebbe dato i suoi frutti.

Dallo studio del genoma umano, cioè dell’insieme dei geni che costituiscono la nostra specie, e di quello canino pare che alcuni geni si siano evoluti in parallelo, segno di una probabile pressione selettiva comune.

In altre parole, abbiamo condiviso il medesimo ambiente, la stessa vita, gli stessi rischi, le stesse sconfitte e le medesime vittorie per migliaia di generazioni, perciò la nostra risposta evolutiva, a livello mentale ed emotivo, è stata plasmata da identici fattori.

Come avremmo potuto, noi e i cani, non essere in naturale sintonia? Siamo il prodotto della stessa cultura, della medesima storia, di un percorso che ci ha condotti, insieme, dalle caverne allo spazio. Nella parte più profonda e reale del nostro essere “umani”, noi siamo anche cani. E ancora più nel profondo, come predatori sociali che insieme uccidono per nutrirsi e insieme difendono strenuamente il branco e il territorio, siamo anche lupi.

Se noi e il misterioso lupo preistorico dal quale viene il cane non ci fossimo incontrati tanto tempo fa, quando eravamo soltanto creature votate alla sopravvivenza, cacciatori e prede allo stesso tempo, e se non avessimo stretto questo patto plurimillenario, oggi non saremmo altro che banali scimmie evolute. Teniamolo a mente, ogni volta che accarezziamo un cane.

Il rapporto tra uomo e cane potrebbe essere stato favorito da un nostro particolare anatomico: la sclera dell’occhio. Nella nostra specie, a differenza degli altri Primati, la parte bianca dell’occhio è molto più grande e ciò permette di capire in che direzione sta guardando un uomo anche se è lontano da noi. I bambini imparano a seguire lo sguardo altrui già tra i nove e i quindici mesi, è un comportamento innato.

Michael Tomasello, ricercatore del Max Planck Institute per l’Antropologia Evolutiva di Lipsia, lo ha confermato confrontando le capacità visive di un gruppo di bambini e di Primati. Ognuno di loro veniva posto di fronte a un ricercatore che in un primo tempo alzava la testa verso il soffitto e in un secondo momento muoveva solo gli occhi verso l’alto.

I Primati alzavano a loro volta la testa solo nel primo caso: non erano in grado di seguire il solo movimento degli occhi. Ebbene, la scienza ha scoperto che, come i bambini, anche i cani sono capaci di seguire lo sguardo dell’uomo, focalizzandosi sul medesimo punto. È per questo, per esempio, che il binomio di caccia uomo-cane funziona così bene.

Gli studiosi ancora non sono stati in grado di stabilire quando questo cambiamento anatomico sia realmente avvenuto: se si riuscisse a dimostrare che la mutazione intervenne proprio in coincidenza con la domesticazione, questo avrebbe senza dubbio favorito e accelerato la costruzione dell’amicizia tra uomo e cane, rendendo più facile la comunicazione reciproca.

La sclera bianca sarebbe stata, in conclusione, un ulteriore fattore che permise la rapida affermazione dell’uomo moderno grazie agli enormi vantaggi derivanti dalla collaborazione con il cane. Forse è vero, dopotutto, che Dio sta nei dettagli...
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Curiosità: Il significato dei baci
Quando un cane ci bacia nella zona intorno alle labbra non fa altro che riproporre il comportamento che il cucciolo di lupo adotta per ottenere cibo dall’adulto, che lo rigurgita a comando.
Anche i lupi cresciuti con gli esseri umani esibiscono il medesimo comportamento ma né il cane né il suo progenitore si attendono effettivamente di essere nutriti.
Semplicemente, e meravigliosamente, ci stanno comunicando la loro dipendenza da noi, il loro affetto, il loro essere “cuccioli” nei nostri confronti. Un atteggiamento di assoluta pacificazione.

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