Il capriolo, un amico delle nostre foreste

Il capriolo è un piccolo ungulato abbastanza diffuso in Europa e in Asia. In Italia è il cervide più piccolo distinguendosi da daino e cervo per le dimensioni minori e i palchi (presenti solo nei maschi) nettamente più piccoli.

Spesso vive da solo o in piccoli branchi durante particolari periodo dell’anno, ma condivide con i suoi cugini una particolarità: d’inverno le nuove appendici che spuntano sono ricoperte da una morbida peluria.

Fino all’Ottocento la specie era abbastanza diffusa su tutto il territorio. La caccia eccessiva, però, insieme all’invasione da parte dell’uomo dei suoi ambienti e la distruzione dell’habitat, ne hanno diminuito drasticamente i numeri.

Solo negli ultimi anni le popolazioni di questo ungulato sono in aumento in tutto il territorio!

1. Palchi di velluto

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Tra gli ungulati delle nostre regioni, il capriolo è uno dei più piccoli. Il suo muso, dai lineamenti dolci, è nero, con il mento bianco.

Il mantello cambia di colorazione durante l’anno: in estate, infatti, è rosso mattone, talvolta particolarmente carico, mentre in inverno diventa più folto e grigio, per mimetizzarsi meglio con la lettiera di foglie.

In media, i giovani vanno incontro alla muta con circa 15 giorni di anticipo rispetto agli anziani, probabilmente per cause ormonali.

Le femmine, lievemente più piccole dei maschi, sono prive di palchi, e hanno un collo più sottile e snello, meno muscoloso.

I palchi dei maschi sono costituiti da una singola punta (tipo pugnale) molto piccola nei giovani, ma già dall’anno successivo assumono l’aspetto classico, con un asse principale (detto stanga) robusto e nodoso, una punta rivolta anteriormente (oculare) e una biforcazione in cima (costituita da vertice e stocco).

Più l’animale è avanti con l’età, più i palchi presentano una scolpitura simile a piccole perle, in particolare verso la base, divenendo particolarmente affascinanti.

Come altri cervidi, anche il capriolo perde i palchi una volta all’anno: il periodo più propizio per trovarli al suolo va da ottobre a dicembre, e i primi ad andare incontro a questo processo sono i maschi adulti più prestanti e vecchi.

I mesi successivi, dunque, anche i maschi sono privi di palchi, ma è molto semplice distinguerli dalle femmine: sul posteriore, infatti, il capriolo ha una grande macchia bianca a forma di fagiolo (specchio anale) particolarmente vistosa da lontano.

Nelle femmine, al centro è presente una “falsa coda”, un ciuffo di peli rivolto verso il basso, che invece manca totalmente nei maschi.

Lo specchio anale è anche utile per distinguere da lontano caprioli, cervi e daini: i secondi infatti hanno una grande macchia giallastra, che arriva fin sulle cosce, mentre i terzi normalmente hanno una macchia bianca con un’evidente coda nera al centro.

2. LO SPETTACOLO DELLA RICRESCITA

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Successivamente, i palchi cominciano a ricrescere, regalandoci la fase più bella in cui osservare questa specie: quella in velluto.

Queste strutture, infatti, sono ricoperte da un tessuto morbido e vellutato, molto irrorato di vasi sanguigni, che favorisce una crescita velocissima, così che già in marzo, strofinandosi contro rami e cespugli, gli individui più anziani cominciano a ripulire il palco stesso.

I giovani, avendo iniziato più tardi, potrebbero arrivare a fine pulitura addirittura a metà maggio.

Ci sono diverse segnalazioni di individui con palchi anomali: il più strano è il “parruccato”, con una grande proliferazione di tessuto osseo sulla testa, tipo elmetto, che spesso purtroppo va a ricoprire anche gli occhi, impedendo all’animale una vita normale. Tali anomalie sono a volte legate a problemi genetici, altre invece a traumi subiti.

Anche il capriolo, come altri ungulati è adattato alla corsa e i suoi arti sono sviluppati a questo scopo. Può infatti saltare barriere di 2 metri di altezza e anche 7/8 di lunghezza.

L’impronta degli zoccoli di un adulto si distingue da quella del cervo e del del camoscio per forma e dimensione. Dimensione dell’impronta di circa 4÷5 cm x 3 (le sue sono le più piccole impronte tra tutti gli ungulati selvatici dell’Europa occidentale).

Gli zoccoli sono piuttosto appuntiti e sottili. Come nel cervo particolarmente sviluppati sono il senso dell’udito e dell’odorato. L’apparato digestivo è quello tipico dei ruminanti.

Il capriolo necessita tuttavia di una pastura più ricca di sostanze nutritive del cervo e, data la mole ridotta, non può accumulare grosse scorte di grasso sotto la pelle.

3. ITALICO O EUROPEO?

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In Italia era storicamente presente il capriolo italico (Capreolus capreolus italicus), che purtroppo si è estinto in gran parte del suo antico areale a causa di bracconaggio, incroci con individui introdotti da altre zone e isolamento genetico.

Attualmente ne sopravvivono pochi nuclei isolati in Toscana Meridionale (provincia di Siena e Grosseto), Lazio (tenuta presidenziale di Castelporziano), Puglia (Gargano) e Basilicata (Pollino), oltre ad altri reintrodotti in Lazio (Monti della Tolfa), Campania (Cilento) e Calabria (Aspromonte).

Tutti gli altri caprioli presenti in Italia sono invece stati introdotti nei decenni scorsi, principalmente a scopo venatorio, a partire da popolazioni dell’Europa Centro-Orientale, per esempio tedesche, che si distinguono dal capriolo italico esclusivamente dal Dna.

Attualmente risultano estremamente diffusi e facili da incontrare, in particolare nelle aree di pianura, nei boschi in prossimità di grandi fiumi, in ambiente collinare e in montagna, fino a superare il limite degli alberi.

L’attività del capriolo è strettamente sincronizzata con l'alba e il tramonto, ma a differenza del cervo la sua attività si protrae maggiormente al mattino ed inizia prima alla sera.

Durante questi periodi esce sovente allo scoperto in pascoli, prati o radure. Le ore diurne le trascorre invece in gran parte al riparo, nascosto nei boschi. L’attività notturna è sovente interrotta da fasi di riposo.

La sopravvivenza del capriolo italico, anche se per il momento in crescita, è messa a rischio da diverse minacce:
- Il numero limitato delle popolazioni e il loro isolamento geografico aumenta il rischio di accoppiamento tra consanguinei con il conseguente indebolimento genetico.
- La convivenza con altre specie di ungulati sia selvatici che domestici (dove è in uso l’allevamento del bestiame allo stato brado) crea possibili competizioni spaziali e alimentari.
- I cani randagi spesso predano caprioli sia adulti che giovani.
- L’ibridazione con il capriolo europeo, dove condividono lo stesso areale, rischia di far sparire questa sottospecie, inquinando il patrimonio genetico.

4. TIMIDO E SCHIVO

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Normalmente il capriolo ha un’attività crepuscolare e notturna, divenendo più statico nelle ore centrali della giornata, durante le quali rimane spesso sdraiato a terra.

Gli orari migliori in cui poterlo osservare in attività sono sicuramente alba e tramonto, quando dal folto del bosco si sposta nelle aree aperte limitrofe per pascolare.

In inverno, usualmente, i caprioli si radunano in gruppi più o meno numerosi (anche 15 individui) che comprendono maschi, femmine e giovani dell’anno, che ancora si accompagnano alle loro mamme.

In questo modo gli animali riescono a diminuire la probabilità di essere predati quando la vegetazione spoglia non li nasconde, e a concentrarsi nelle poche zone propizie a superare i rigori invernali.

Come gli altri ungulati anche il capriolo ha pochi nemici naturali. Nelle Dolomiti possiamo citare l’aquila reale e la volpe, la quale può talvolta attaccare i piccoli, e non bisogna dimenticare la presenza della lince. Ai fattori naturali vanno poi aggiunti quelli legati all’uomo come l’attività venatoria oppure la presenza di cani vaganti o randagi.

Il capriolo ha un comportamento territoriale e gli individui risiedono stabilmente in superfici ben definite le quali sono generalmente di dimensioni maggiori nei maschi che non nelle femmine. Il suo comportamento è differente nel periodo primaverile-estivo da quello autunnale-invernale.

In inverno tende a raggrupparsi senza distinzione di sesso, in particolare nelle zone agricole mentre nelle zone boschive si osservano sovente gruppi di piccole dimensioni (famiglie).

Nella primavera-estate gli animali sono più individualisti e si osservano principalmente gruppi composti dalla femmina con i piccoli o, durante il periodo degli amori, dal maschio con la femmina.





5. LA STAGIONE DEGLI AMORI

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Con l’arrivo della primavera, i caprioli ritornano a condurre la propria vita solitaria, in vista dei corteggiamenti che possono cominciare a fine giugno e continuare fino ad agosto, a seconda della località.

I maschi possono scontrarsi a colpi di palchi, ma più comunemente fanno solo delle parate intimidatorie per scacciare gli avversari; investono invece molta energia nell’inseguire la femmina in estro, fino all’accoppiamento.

Grazie alla diapausa cui va incontro l’embrione (un periodo in cui non si sviluppa e rimane in attesa della bella stagione) la nascita avverrà molti mesi dopo, ovvero il maggio successivo!

In media le femmine danno alla luce un singolo piccolo, più raramente due. Nei primi giorni di vita rimane immobile accovacciato nell’erba alta, mentre la mamma va a pascolare e torna periodicamente ad allattarlo.

Il cucciolo, dal mantello maculato, è totalmente inodore, per sfuggire ai predatori, e non tenta minimamente la fuga, confidando nel proprio mimetismo.

Per questo motivo è estremamente importante non lasciare cani liberi (che potrebbero ferire o uccidere i piccoli) né toccare questi animali qualora se ne trovi uno.

Molto spesso i centri recupero ricevono piccoli di capriolo raccolti da chi pensa siano in difficoltà, quando in realtà stanno semplicemente attendendo immobili il ritorno della madre.

La reintroduzione in natura di questi poveri piccoli è difficile, perché sentendo il nostro odore le femmine non li riaccettano: ricordate di non toccarli assolutamente e allontanatevi il prima possibile!

Viceversa, l’incontro con i caprioli adulti è sempre memorabile. A volte ci si accorge di loro solo quando già stanno andando via, altre invece ci segnalano la propria presenza con un richiamo di allarme, una sorta di abbaio rauco.

In ogni caso, una mattina d’inverno col binocolo sul bordo di un campo, a guardare i caprioli in velluto che, tranquilli e a distanza, pascolano nella brina, è un’esperienza indimenticabile.

 








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