Un malessere fa parte di noi eppure lo percepiamo come estraneo, nemico, qualcosa da eliminare subito.
Agendo così però rischiamo di non cogliere il messaggio che porta con sé.
Normalmente siamo abituati a concepire la salute come assenza di sintomi e di dolore, un vivere senza problemi fisici, ma forse guardando con più attenzione possiamo dire che questo è un modo un po’ limitato di pensare.
Il punto, infatti, è che stare bene è una condizione preziosa che spesso tendiamo a dare per scontata e di cui ci accorgiamo solo quando viene meno perché percepiamo che qualcosa non va, che non ci muoviamo più come prima, che quel dolore prima latente e intermittente non ci lascia, che quella patologia inizia a condizionare le nostre scelte quotidiane.
E quel qualcosa che arriva all’improvviso, o almeno così crediamo, che altera il nostro equilibrio psicofisico e interrompe il consolidato fluire degli eventi non ci piace, ci ostacola e ci rovina ogni piano.
Cosa fare? Ignorarlo e andare avanti? Resistere, stringere i denti e sperare che passi? Imbottirsi di farmaci per farlo sparire al più presto e agire così ogni volta che si ripresenta?
Questo è quello che fa la maggior parte delle persone, troppo pressata dagli impegni, tesa a non mollare la presa, a non cedere il passo a niente e nessuno. Ma queste non sono le mosse giuste per affrontare la situazione. L’operazione da compiere è cogliere il messaggio della malattia e superarla scoprendo qualcosa in più su di noi.
Psiche e corpo non sono due entità separate che agiscono una di nascosto dall’altra, anzi; esprimono la stessa realtà su piani diversi: la prima agisce a livello più sottile e mentale e il secondo a livello più materiale.
Evitiamo perciò di cadere in interpretazioni superficiali ritenendo che la malattia psicosomatica sia immaginaria o un’ottima scusa da utilizzare all’occorrenza, che esistano disturbi in qualche modo influenzati dalla psiche ma che siano solo alcuni e per lo più imputabili allo stress, e che se accusiamo un sintomo allora “significa che…”. Niente di tutto questo!
La malattia psicosomatica è una malattia: i sintomi e i disagi sono reali e come tali devono essere trattati.
Alla luce di quanto già detto è possibile rintracciare tratti e atmosfere esistenziali comuni a quasi tutti gli individui che soffrono di quel preciso disturbo, ma occorre tenere ben presente che uno stesso sintomo può avere un senso completamente diverso, a volte addirittura opposto, per una persona rispetto a un’altra.
Oggi prenderemo in esame i disturbi più comuni e frequenti. Ognuno sarà descritto nelle sua manifestazioni fisiche (come si presenta, sintomi e cause) e nel suo significato psicosomatico.
Inoltre proponiamo uno spunto di riflessione rispetto a chi è più esposto a contrarre quel tipo di disturbo e le indicazioni per curarlo, che spaziano da semplici esercizi pratici e comunicativi ad altri che puntano a consolidare la componente emotiva; non mancano, poi, i trattamenti che arrivano dalla natura.
Ognuno di questi approcci, a modo proprio, tratta, in sinergia perfetta con gli altri, le esigenze del proprio corpo e i bisogni dell’anima.
I nostri disaggi rivelano chi siamo.. Imparando a decifrare il linguaggio segreto del nostro corpo scopriremo molto dei nostri desideri inespressi e delle nostre emozioni.
1. CEFALEA
CEFALEA
COS’È
È un dolore localizzato al capo che può avere cause vascolari, biochimiche (ormonali, alimentari e da stress), genetiche, osteomuscolari e psicoemotive. In minima percentuale può essere dovuta a sinusite, otite, mal di denti, traumi, infezioni. Le tipologie più frequenti sono tre:
1. la cefalea tensiva, dovuta alla contrattura dei muscoli della nuca e del cuoio capelluto e caratterizzata da un dolore lieve-moderato percepito come un peso o una fascia stretta intorno alla testa;
2. l’emicrania, causata da alterazioni vascolari, caratterizzata da un dolore medio-grave, pulsante, che colpisce solo un lato della testa, da un’ipersensibilità a suoni e luci e, a volte, anche da nausea e vomito. Se è del tipo con aura compaiono disturbi visivi;
3. la cefalea a grappolo, riconoscibile per il dolore intenso e profondo, localizzato intorno all’occhio (con lacrimazione e ostruzione nasale) che si manifesta con attacchi ravvicinati, spesso a ore fisse, intervallati da periodi anche prolungati di completo benessere.
LA SVOLTA
Ogni cefalea ha in sé un seme evolutivo e la possibilità di crescita: la testa che fa male è voce di un livello di coscienza e di un modo di pensare che sono già vecchi rispetto a un nuovo modo di essere che chiede di essere preso in considerazione e non allontanato.
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Impara a riconoscere le diverse tipologie
• Cefalea muscolo-tensiva - Quando i pensieri diventano troppi, e troppo pesanti, è il collo che deve reggere tutto il peso.
Ecco perché questo è il tipico disturbo di chi “ha la testa sulle spalle”, di chi è molto affidabile, di chi tende a farsi carico delle responsabilità e aderisce a uno stile di vita che lo vuole disponibile e in grado di sopportare tutto e tutti.
• Emicrania - A livello fisico insorge prima con una costrizione delle arterie, mentre portano il sangue al cervello, e poi con una loro dilatazione.
A livello simbolico, rappresenta l’estremo tentativo di difendersi dall’emergere di un conflitto inconscio o di pulsioni ed emozioni molto intense che inevitabilmente verranno spinte verso l’alto.
È tipica di chi comprime una parte di sé sconosciuta o inaccettata fino al punto in cui la tensione interna, troppo alta, deve essere scaricata.
• Cefalea a grappolo - Gli attacchi si susseguono l’uno all’altro a brevi intervalli e in specifici momenti della giornata.
Il dolore è violento e lancinante, localizzato intorno all’occhio e allo zigomo, e indica la sofferenza e il pianto trattenuto per qualcosa che non viene espresso o per un cambiamento ostacolato da circostanze esterne o resistenze.
Colpisce principalmente chi, anche nei periodi di completo benessere, presta poca attenzione a sé e al proprio mondo interiore.
• Cefalea da week-end - È tipica di chi è guidato da una mente tiranna che occupa gli spazi e i tempi dell’anima, del corpo e dello spirito, di chi usa la testa costantemente al lavoro e non riesce a cambiare né ritmo né approccio. Il dolore è conseguenza della frenata forzata che il cervello fa per adeguarsi all’inattività del fine settimana.
LA CURIOSITÀ
Chi soffre di cefalea non è una persona fredda e razionale, anzi... è la sua natura molto emotiva e passionale ad averla portata, probabilmente già in adolescenza, a sviluppare lo strumento mentale come modo principale per difendersi e, contemporaneamente affrontare, la realtà.
CHI È IL CEFALALGICO
• È ambizioso e tende all’autoaffermazione.
• Teme le critiche.
• Si addossa un eccessivo carico di lavoro e responsabilità, cosa che lo rende perennemente teso e irritabile.
• Preferisce vivere secondo un piano prestabilito.
• Non sa essere spontaneo e disinvolto.
• Non riesce a distendersi, rilassarsi e lasciarsi andare neppure in un giorno di vacanza o in una serata di svago.
• Dietro a un’apparente spontaneità, ha una sessualità controllata e/o inibita.
• Ha avuto genitori eccessivamente tesi all’autoaffermazione che lo inducevano ad avere lo stesso atteggiamento, oppure uno dei due genitori ha sofferto di depressione.
• Ha almeno un familiare stretto che soffre di una forma di cefalea.
COSA PUOI FARE: PICCOLE PAUSE E DIVERTIMENTO
Dopo aver appurato la natura della propria cefalea... via libera ad atteggiamenti creativi: vedere da soli un film sentimentale e di intensa carica emozionale aiuta a vivere ciò che si prova liberamente e senza timore di alcun giudizio.
• Se la cefalea è tensiva: effettuare sedute di fisiocinesiterapia in un ambiente avvolgente e rilassante.
• In caso di emicrania o cefalea a grappolo: un percorso di psicoterapia (senza tecniche di immaginazione) stimola a esternare ciò che di solito non ci si permette di far venire alla luce, come rabbia, contrarietà e passione.
• Per la cefalea da week-end: in settimana, durante il lavoro, prevedere tante piccole pause in modo da “familiarizzare” con il tempo libero tipico del sabato e della domenica.
IL SIGNIFICATO PSICOSOMATICO
Quando la coscienza, la vigilanza e l’analisi cercano di prendere il sopravvento, sbilanciando fortemente l’equilibrio, ecco che compare la cefalea.
E i sintomi tendono a sottolineare proprio questa dimensione: la testa è pesante per il sovraccarico di pensieri e di preoccupazioni, il dolore pulsante è il segnale di contenuti inconsci e istintuali, e le fitte simulano il “pianto del cervello” che non riesce a liberarsi dell’eccessiva razionalità
Il dolore di metà testa costringe a portare l’attenzione sulla parte di sé che soffre e chiede di vivere, il dolore occipitale posteriore evoca l’eccessivo peso delle responsabilità e quello frontale l’eccessivo ricorso alla razionalità. L’approccio di tipo mentale tipico del cefalalgico chiama in campo la difesa dalle emozioni e dai sentimenti e il tentativo di risolvere ogni cosa sempre e solo con la logica.
2. MAL DI GOLA - FARINGITE E LARINGITE
A) FARINGITE - Tra un sì e un no la vita si blocca
COS’È
È l’infiammazione della mucosa faringea e può essere acuta o cronica. La prima forma si presenta con dolore alla gola, febbre, malessere generale e, a volte, tosse irritativa, è più spesso virale e si associa al raffreddore. La forma cronica ha sintomi meno intensi ed è causata da fumo e alcol, da polveri o gas, da vernici o colle.
IL SIGNIFICATO PSICOSOMATICO - Di qui non passa nulla
Ciò che passa per la faringe, aria o cibo, accede ai polmoni e allo stomaco ed entra a far parte di noi.
La faringite esprime un blocco, un rifiuto o il tentativo di non far passare ciò che, a livello simbolico, rappresenta atmosfere o relazioni percepite come minacciose ed estranee. È una difesa dell’identità, come testimoniato dal frequente ingrossamento delle tonsille che producono anticorpi.
I sintomi, la tosse per espellere violentemente, il dolore durante la deglutizione come rifiuto di portare dentro, il gonfiore della mucosa come parziale ostacolo al passaggio e il rossore come reazione alla situazione, mettono ben in evidenza l’atteggiamento indeciso della persona che tenta di non “far passare” nulla.
Se recidiva indica la difficoltà a trovare la soluzione ai problemi e a far tesoro delle esperienze, ma anche una perenne indecisione tra il sì e il no...
COSA PUOI FARE: DIRE DI NO E CLIMA RILASSATO
1. Quando qualcosa o qualcuno non piace bisogna essere capaci di rifiutare e dire no. Riuscire a farlo, meglio sarebbe a parole, libera la faringe dal “compito” di infiammarsi quando una situazione disturba.
2. Una tisana a base di timo, tiglio ed eucalipto, addolcita con del miele, è il rimedio verde per eccellenza. Da sorseggiare lentamente, prestando attenzione al percorso che essa compie dalla bocca allo stomaco, passando dalla gola.
3. Mettersi comodi in poltrona, con una luce soffusa, diffondendo nell’aria un incenso o un olio essenziale, musica di sottofondo e lasciarsi avvolgere completamente, osservando come questo clima entra in noi in modo delicato e piacevole.
CHI È PIÙ A RISCHIO
Chi ha un forte senso del dovere e una radicata insicurezza in sé, che rende difficile trovare e stabilire parametri interiori di giudizio sulla realtà; chi fa cose controvoglia e si fa carico di numerosi impegni pur sapendo che saranno causa di grande fatica e privi di soddisfazione.
B) LARINGITE - La voce del silenzio
COS’È
È l’infiammazione della laringe. Infezioni virali e da raffreddamento sono le cause principali delle forme acute, mentre fumo di tabacco, uso scorretto e/o eccessivo della voce e forte inquinamento dell’aria di quelle croniche.
I sintomi sono: tosse secca, dolore alla deglutizione, voce afona o rauca (disfonia) e, nelle forme acute, febbre e malessere generale.
IL SIGNIFICATO PSICOSOMATICO - L’indecisione nell’esprimere se stessi
• L’abbassamento della voce è il sintomo principale di questo disturbo e ciò che aiuta a comprenderne il significato simbolico. La laringite insorge in un momento in cui la persona sta vivendo in modo alterato la capacità di comunicare, soprattutto a livello verbale.
• Può colpire chi, sottoposto a una continua vita di relazione e a un forte stress delle corde vocali, “eccede” sia a livello comunicativo sia nella disponibilità all’incontro con gli altri. La laringite, in caso di “sovraesposizione” relazionale, segnala il bisogno di mettere a riposo la voce e di fare un po’ di silenzio intorno e dentro di sé.
• Se il disturbo insorge per un “difetto comunicativo” segnala che il problema è connesso a una conflittualità tra dire e non dire: la persona non sa se manifestare o trattenere qualcosa che ha dentro, come rabbia, contrarietà, senso di ingiustizia o dolore e la mancanza di voce le arriva in soccorso suggerendole di non parlare e di non esporsi, forse per timore delle conseguenze che potrebbero avere le parole.
• Come malattia da raffreddamento legata al periodo autunnale e invernale, evoca il bisogno di ridurre l’intensità degli scambi sociali, per rallentare i ritmi vitali e favorire una consapevole chiusura in se stessi.
COSA PUOI FARE: DEFINIRE SENTIMENTI E LIMITI
I rimedi vengono individuati in base alla causa.
• Se l’origine è imputabile a un conflitto interiore che porta a trattenere quello che si ha da dire è fondamentale chiarire a se stessi ciò che realmente si pensa e che si vuole esprimere per riappropriarsi della capacità di prendere decisioni e della forza per affermarsi nel mondo.
• Se la laringite è dovuta a un abuso della funzione comunicativa, e quindi della voce, è indispensabile imparare a conoscere e rispettare i propri limiti in ambito relazionale per recuperare la dimensione del silenzio, stando da soli, nella propria intimità.
CHI È PIÙ A RISCHIO
Chi tende a dissipare le proprie energie nella vita di relazione a cui non riesce a sottrarsi, neppure temporaneamente; chi per professione utilizza la voce come strumento principale; chi, indeciso o insicuro, non riesce a esprimere completamente il proprio pensiero e vive di “non detto”.
3. IPERTENSIONE E IPOTENSIONE
A) IPERTENSIONE - Il bisogno di “gestire” le emozioni
COS’È
È l’aumento anomalo della pressione con cui il cuore pompa il sangue nell’aorta e di conseguenza in tutto l’organismo.
La pressione arteriosa si valuta considerando il valore sistolico (la “massima” che in un adulto sano può variare dai 115 ai 140 mm di mercurio) e quello diastolico (la “minima” tra i 70 e gli 85-90).
Stress, ansia, stile di vita e alimentazione giocano un ruolo determinante nell’insorgenza del disturbo che si manifesta con improvvisi sbalzi o picchi (valore sistolico oltre i 160) che provocano cefalea, disturbi visivi e senso di stordimento.
CHI È PIÙ A RISCHIO
Chi tende a un attivismo continuo; chi reagisce con l’azione alle difficoltà della vita e ai problemi psicologici; chi è legato ad aspetti pragmatici e concreti dell’agire; chi nasconde le proprie emozioni; chi assume un atteggiamento compulsivo e se sente di voler, o dover, fare qualcosa, deve farla subito e concluderla bene; chi vive in modalità “tutto o niente”.
IL SIGNIFICATO PSICOSOMATICO - Un mondo emotivo ipercontrollato
Molti ipertesi hanno la caratteristica comune di essere stati forzati in un processo in cui gli eventi, o le persone, hanno chiesto loro in modo implicito di avere un’età maggiore della propria, costringendoli a essere “più presenti”, ad avere più coscienza e vigilanza.
Nasce da qui il timore di lasciarsi andare, di commuoversi e di contattare l’interiorità, favorendo per contro un approccio “maschile” alla realtà, l’attività alla passività e la gestione di una forte carica vitale, superiore alla media.
COSA PUOI FARE: CONCEDERE SPAZIO ALLE EMOZIONI
Per riportare la pressione al giusto valore la persona dovrebbe imparare a lasciarsi andare un po’ di più alle emozioni e all’espressione dei sentimenti, delegare più spesso una parte delle responsabilità e degli oneri, concedersi momenti di passività e di relax fini a se stessi. L’impegno consiste nel rendersi consapevolmente disponibili a queste situazioni.
B) IPOTENSIONE - La fuga dalla realtà
COS’È
È la diminuzione della pressione arteriosa riferita perlopiù ai valori massimi (sistolici).
CHI SOFFRE DI PRESSIONE BASSA si sente al confine tra l’esserci e il non esserci, tra lo stato di coscienza e quello di incoscienza. L’ipoteso resiste a fatica, o non resiste, al flusso degli eventi della vita per come gli si presentano, tende a sottrarsi, ha la propensione a lasciar accadere le cose invece che intervenire su di esse.
LA CURIOSITÀ
Lo schema simbolico è simile a quello dell’anemia con la differenza che questa però si configura più come resa energetica e come malessere profondo e radicato, mentre l’ipotensione è un disagio che si collega allo stile con cui viene affrontata la vita.
4. GASTRITE
GASTRITE - La difficoltà ad accettare la realtà
COS’È
Si tratta di un’infiammazione della mucosa dello stomaco causata da tutto ciò che aumenta l’acidità gastrica o diminuisce le barriere protettive, come stress o ingestione di agenti corrosivi, tossici e farmacologici.
I sintomi sono forte dolore o bruciore nella parte alta e centrale dell’addome che si irradia al petto quando è coinvolto anche l’esofago, nausea e vomito.
Nelle forme croniche è presente senso di pesantezza, bruciore, gonfiore addominale, digestione laboriosa con eruttazione.
IL SIGNIFICATO PSICOSOMATICO - Vivere situazioni indigeste che non si riesce a “mandare giù”
La gastrite esprime il desiderio di portare dentro, di incontrare qualcuno o qualcosa di cui si ha voglia ma che, allo stesso tempo, contiene elementi sentiti come pericolosi e inaccettabili.
Non riuscire a risolvere questo conflitto è fonte di frustrazione che dà origine a rabbia e aggressività.
E i sintomi parlano chiaro: il bruciore è il fuoco interiore che arde inespresso; i crampi esprimono il disagio per non riuscire a manifestare se stessi, la nausea è un rifiuto della situazione, il vomito è un rigetto, l’inappetenza è l’indisponibilità ad accettare più di quello che già si è accolto, la digestione laboriosa esprime la difficoltà nell’accettare il cibo-ambiente o cibo-situazione che sono fonte di problemi.
E se quel cibo-emozione addirittura “torna su”? Ecco il reflusso con acidità.
COSA PUOI FARE: RINFORZARE L’AUTOSTIMA
Agire sulla fiducia in se stessi favorisce la possibilità di concedersi il permesso di dire di no e di gettare le basi della propria indipendenza.
CHI È PIÙ A RISCHIO
Chi manifesta forme di dipendenza dal partner o alla famiglia di origine e ha un’autostima suscettibile del giudizio esterno; chi prova un fastidioso senso di colpa pronto a innescarsi ogni volta che cerca di affermarsi; chi ha un atteggiamento ansioso a volte manifesto e a volte mascherato, e una certa tendenza a bloccarsi nei momenti cruciali di trasformazione.
ULCERA PEPTICA: LA RABBIA CHE DIVORA
È la perdita di sostanza della mucosa della parte alta dell’apparato digerente. Insorge quando il succo gastrico diviene troppo acido ed erode la mucosa.
I sintomi sono un dolore a crampo e un senso di bruciore nella zona alta e centrale dell’addome, più intenso a digiuno, difficoltà digestiva e nausea.
È un disturbo tipico di chi, convinto di non poter ottenere in alcun modo la “dose” di nutrimento affettivo e negandosi questo bisogno, tenta di rendersi il più possibile autonomo e indipendente, in modo da non dover chiedere niente per non restare poi deluso.
Ma è un atteggiamento che genera l’effetto contrario, aumentando la necessità di dipendere. Il consiglio è adottare un regime alimentare corretto e dare il via a un profondo cambiamento psichico ed emotivo, imparando a chiedere agli altri e a essere meno severi con se stessi.
5. DISTURBI INTESTINALI - COLITE E COLON IRRITABILE
A) COLITE - Il desiderio di essere sempre “puliti”
COS’È
È il classico “mal di pancia” accompagnato da scariche diarroiche e dolori, in cui non sempre è presente una vera e propria infiammazione del colon.
Le cause possono essere: stress, stati d’ansia, spaventi improvvisi, infezioni batteriche, virali oppure da parassiti.
IL SIGNIFICATO PSICOSOMATICO - Sottrarsi a una situazione vissuta come pericolosa ed essere più leggeri per poter scappare
Questo disturbo rende evidente come nel corpo “il basso” (l’intestino) può farsi carico di ciò che “l’alto” (la psiche) non riesce a contenere o a elaborare.
Le feci nella colite rappresentano i pensieri sporchi e ciò di cui vergognarsi, come fantasie sessuali, atteggiamenti aggressivi, propositi contrari alla morale, perché i “bassi istinti” non solo non devono essere visti all’esterno, ma devono anche essere spinti giù in basso ed eliminati, in modo da non “vederli”... del tutto.
Il colitico vuole sentirsi pulito, fuori e dentro, e i rituali e le abitudini a cui si sottopone (in particolare igienici) hanno il carattere inconscio di veri e propri riti di purificazione.
Il caos e l’inevitabilità delle pulsioni viscerali riescono così a scaricarsi, permettendo di mantenere un seppur precario equilibrio psicofisico.
E tra le cose negate alla coscienza c’è anche la paura di singoli eventi oppure un cronico stato di allerta.
COSA PUOI FARE: MAGGIORE CONSAPEVOLEZZA E LIBERTÀ
È importante diventare coscienti delle proprie emozioni negate e delle parti che non si accettano di sé, riuscendo via via a esprimerle in forme adulte e sane. È importante arrivare a viversi in maniera meno moralistica e con atteggiamento più libero.
CHI È PIÙ A RISCHIO
Chi è ossessionato dalla pulizia e dall’ordine; l’ostinato e chi è sempre puntuale; chi ha un grande controllo e rigore morale; chi inibisce la propria aggressività e sessualità; chi ha bisogno e richiede molto affetto e dipendenza; chi ha un atteggiamento passivo, ed è molto sensibile e introverso; chi ha scarsa capacità di autonomia e adattamento; chi, conformista e indeciso, ha scarsi rapporti sociali.
B) COLON IRRITABILE - Vivere tra due estremi
COS’È
È una forma di colite senza la componente infiammatoria, che si manifesta con un’alterata motilità intestinale.
Periodi di diarrea possono alternarsi con periodi di stipsi, accompagnati talvolta da dolori ad- dominali all’atto della defecazione.
Le cause sono diverse e a queste possono contribuire, oltre agli squilibri alimentari e della microflora intestinale, anche fattori di ordine psicologico e di stress prolungato.
IL SIGNIFICATO PSICOSOMATICO - L’estrema sensibilità a ciò che altera l’equilibrio
Il cuore del disturbo è non riuscire a considerare se stessi come un insieme di parti buone e altre cattive.
E così l’alternanza tra stipsi e diarrea è in parallelismo con l’alternanza nella percezione di se stessi per cui in alcuni periodi positivi la persona mostra i propri aspetti più creativi e ottimistici, mentre in altri l’autostima diventa bassissima.
La persona vive anche l’alternanza di fasi di ansia e di depressione, abbastanza lievi, ma sufficienti a impedire una vita serena e un’azione determinata nella realtà.
COSA PUOI FARE: SMETTERE DI PARLARE DI TE
Per recuperare la propria autonomia e ritrovare la fiducia in se stessi non bisogna parlare sempre di sé, né lamentarsi di continuo; non va chiesta l’approvazione degli altri.