Importanti popoli del passato2

Importanti popoli del passato: che fine hanno fatto?

Fenici, Celti, Unni, Vichinghi imperversano in tutti i libri di scuola ma, esaurita in poche pagine la loro storia, sembra che di loro non se ne sia saputo più nulla: che fine hanno fatto in realtà?

I ricercatori hanno scovato le loro tracce nei geni e nell’aspetto di alcune popolazioni moderne, oppure tra i nomi geografici che si sono tramandati dall’antichità.

Per esempio, fra gli abitanti della punta nord-occidentale della Sicilia si trovano ancora caratteristiche genetiche riconducibili ai Fenici.

Qui, sull’isola di San Pantaleo era stata fondata Mozia, una delle principali colonie fenicie del Mediterraneo Occidentale.

In altri casi è stata la linguistica a darci importanti notizie di popoli scomparsi: la maggior parte dei nomi geografici dell’Italia Settentrionale, per esempio, ha origine nella lingua dei Celti.

Come il termine Alpi, che deriva da una parola celtica che designava i pascoli estivi.

Oggi, nelle schede che seguono, abbiamo riassunto qual è stato il destino di alcuni popoli storici molto importanti (Vichinghi e Celti, Moicani e Aztechi, Fenici e Macedoni, Unni e Vandali).

1. Vichinghi e Celti

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Vichinghi
Per incontrare un vichingo nel XXI secolo basta fare un viaggio in Norvegia, Danimarca, Svezia oppure in Islanda.
Qui infatti vivono i discendenti diretti dei “guerrieri di Odino”. Da mille anni a questa parte, poco è cambiato dal punto di vista genetico: infatti, in queste regioni, specialmente nella fascia settentrionale, la fusione con altre popolazioni è stata scarsa.
In Islanda è ancora possibile ascoltare la lingua vichinga (il “norreno”), poiché l’islandese, la sua diretta discendente, ne ha conservato le caratteristiche con poche variazioni.
Alcuni studi britannici, inoltre, hanno mostrato che buona parte della popolazione della regione centro-orientale dell’Inghilterra (la zona d’insediamento vichinga chiamata Danelaw) ha tratti genetici simili a quelli degli abitanti della Danimarca.
In Italia, i pronipoti dei Vichinghi (i Normanni, provenienti dalla Francia) arrivarono nel Meridione verso il Mille. Nel 1130 Ruggero II fu incoronato re di Sicilia. La presenza dei Normanni ha lasciato tracce nei capelli biondi e negli occhi azzurri di molti siciliani.

Celti
Fra il VI e il V secolo a.C. i Celti, di origine indoeuropea, occupavano in Europa quasi tutti i territori compresi tra le coste dell’Atlantico del nord e i Carpazi (nella penisola balcanica) e tra le sponde settentrionali del Mediterraneo e le grandi pianure della Germania del nord.
I loro discendenti vivono oggi in Bretagna (Francia), in Irlanda, nel Galles, in Scozia e sull’Isola di Man (Inghilterra) e parlano ancora le lingue celtiche.
Questa etnia è ancora capace di accendere passioni politiche (come la richiesta di autonomia e indipendenza) e artistiche (che si rivelano nella musica, nella scultura e nell’arte di incidere i metalli).
Ma la lingua tradizionale arretra di fronte all’avanzare dell’inglese e del francese: in Cornovaglia, per esempio, le parlate celtiche sono scomparse all’inizio del ’900.
Qualche goccia del sangue dei Celti scorre anche in Italia. Secondo uno studio dell’Università di Torino alcune tracce genetiche riconducibili a questo popolo si ritrovano nelle regioni nord-occidentali.
Qui però si fuse ben presto con i più antichi popoli Veneti e Liguri ai quali sono riconducibili le principali caratteristiche genetiche di chi vive nell’Italia Settentrionale.

2. Moicani e Aztechi

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Moicani
Alla metà del XVII secolo, la tribù indiana dei Moicani (Mahican in lingua pellerossa) era stanziata sulle rive del fiume Hudson e sull’odierna isola di Manhattan, sulla costa orientale dei moderni Usa.
Allargò poi il territorio spingendosi fino ai grandi laghi. Agricoltori, cacciatori e pescatori, i Moicani vivevano in fiorenti villaggi cinti da palizzate, descritti dai primi esploratori.  
A metà del ’700 parteciparono a fianco degli inglesi, in qualità di guide e truppe ausiliarie, ai conflitti contro i francesi. Combatterono poi insieme ai ribelli nella guerra di liberazione che, nel 1776, rese l’America indipendente dall’Inghilterra.
Alla fine del XVIII secolo, pochissimi Moicani sopravvivevano ancora nei loro territori, in parte perché sterminati dalle malattie portate dagli europei e dalle guerre con i bianchi, in parte perché la loro zona d’origine fu completamente occupata dal nuovo Stato americano.
La maggior parte di loro dovette vendere per cifre irrisorie le proprie terre e migrare a ovest, nel Wyoming, dove si fusero con gli indiani Delaware, e nello Stato del Wisconsin.
Qui fondarono Red Springs, città che ospita alcune migliaia dei loro discendenti. Con la cittadinanza statunitense, gli ultimi Moicani mantengono vive le tradizioni degli antenati nelle danze e nel modo di vestire.

Aztechi
Se nel Messico dei nostri giorni si togliessero gli indios “purosangue”, si perderebbero i due quinti della popolazione; e se si dovesse togliere anche chi ha un po’ di sangue indio nelle vene, la popolazione sarebbe ridotta a un ventesimo.
La civiltà azteca fu annientata tra il 1519 e il 1521 da un manipolo di soldati spagnoli agguerriti e ben armati, guidati da Hernán Cortés.
Ciò che resta della loro cultura è in gran parte il risultato della fusione fra le antiche pratiche e gli insegnamenti dei monaci cattolici del XVI secolo, che seguirono i soldati spagnoli.
L ’aspetto fisico azteco è però ancora riconoscibile nei messicani di bassa statura, carnagione rossiccia, capelli neri e lisci.
Nei dintorni della città di Cuernavaca, a sud di Città del Messico, i diretti discendenti degli Aztechi coltivano ancora le terre in riva al lago con le medesime tecniche dei loro antenati, usando solamente una zappa con la lama ricurva e senza avvalersi dell’aratro né di sistemi di irrigazione.
Parlano ancora il nahuatl, la lingua degli Aztechi e, come i loro antenati, si spostano su canoe spinte da lunghe pertiche nel labirinto di canali che si snoda tra i “giardini galleggianti”, piccoli isolotti di terra su cui fu costruita anche Tenochtitlán, oggi Città del Messico.

3. Fenici e Macedoni

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Fenici
Cercare tracce dei Fenici oggi significa fare il giro del Mediterraneo, dal Libano alla Sardegna, da Israele alla Tunisia, dove l’antico popolo fondò una colonia il cui nome voleva dire “Città nuova”: Kart-hadasht in fenicio, Cartagine per noi.
Si hanno notizie sui Fenici a partire dal 1200 a.C.: il loro nome, coniato dai Greci, significava “Rosso scuro” e si riferiva al colore della loro pelle abbronzata e della porpora che usavano per tingere le stoffe.
Partirono alla conquista del Mediterraneo dalle città-Stato portuali, situate nell’odierno Libano, e furono mercanti eccezionali, benché accusati anche di pirateria.
L ’alfabeto, costituito da 22 segni, è un’invenzione fenicia e fu creato per comunicare con i clienti stranieri. Fu la prima vera scrittura commerciale universale, facile da capire e da imparare.
Prima della guerra del 1982, Beirut (l’antica Beruta) era ancora il più fiorente centro commerciale del Medio Oriente.
La sua popolazione è il prodotto di un incredibile miscuglio, ma nei villaggi dei dintorni si incontrano ancora uomini di origine fenicia riconoscibili per il naso aquilino, la fronte bassa, gli occhi un poco obliqui e la bassa statura.

Macedoni
Alessandro Magno fondò il più grande impero multietnico dell’umanità. Alla sua morte, avvenuta a Babilonia nel 323 a.C., migliaia di coloni greci si trasferirono in Oriente, fra l’Afghanistan e l’Iran Settentrionale, dove fondarono nuove città.
Col passare del tempo, fra i popoli delle regioni asiatiche che ospitavano colonie greche si diffuse la convinzione che alcuni dei loro antenati fossero i soldati del grande sovrano macedone.
Nel Kafiristan, una regione a nord del Pakistan, si narrano ancora storie di popolazioni dai capelli biondi e dagli occhi azzurri (così erano i Macedoni) che sarebbero gli eredi dei soldati lasciati di guarnigione da Alessandro Magno.
Anche nell’Afghanistan Settentrionale alcune tribù sostengono di discendere da quegli antichi guerrieri: molte di loro, nella lunga guerra contro i sovietici, combatterono con l’insegna delle falangi macedoni, una bandiera rossa.
Gli unici sicuri discendenti diretti dei guerrieri macedoni sono però gli abitanti dell’odierna Macedonia (regione della Grecia settentrionale, con capitale Salonicco), e delle zone meridionali del Fyrom, della Bulgaria e della Serbia.

4. Gli Unni

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Sono forse gli allevatori di cavalli delle pianure ungheresi e i cavalieri cosacchi del Volga i discendenti degli Unni.

Questa popolazione, che non ha lasciato documenti scritti, irruppe in Europa all’improvviso, verso la metà del V secolo d.C.

Gli Unni erano originari dell’Asia nord-orientale, imparentati con le popolazioni nomadi delle steppe asiatiche che l’Impero cinese chiamava Hung-no, da cui il loro nome.

Nel II secolo d.C. si stabilirono nella regione compresa tra il Volga e il Don (nell’attuale Russia) da dove sottomisero le principali tribù germaniche della zona, per poi scatenare una guerra di conquista contro l’Occidente.

Con la morte improvvisa del loro re Attila, gli Unni rinunciarono però a espandersi verso ovest e si stanziarono in Macedonia e in Bulgaria, dove si arruolarono come mercenari nell’esercito di Costantinopoli e si fusero con la popolazione locale.

Le loro tracce si perdono qui. Attila invece è rimasto nell’immaginario europeo.

Le raccolte poetiche dell’Edda, che riuniscono i racconti della mitologia scandinava, lo dipingono crudele, violento, rapace e ingannatore.

La leggenda germanica dei Nibelunghi, di origine ostrogota, lo descrive invece nobile e ospitale. Per gli ungheresi, infine, Attila è un eroe nazionale: il primo grande sovrano della loro storia.



5. I Vandali

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Sotto la pressione degli Unni provenienti da est, i Vandali irruppero nell’Impero romano nell’inverno del 406, attraversando il fiume Reno ghiacciato.

Da qui si spinsero prima in Spagna Meridionale e poi, nel 429, invasero e saccheggiarono, sotto la guida di re Genserico, tutta l’Africa Settentrionale (sant’Agostino morì proprio a Ippona, nell’odierna Algeria, assediata dai Vandali).

Conquistata la provincia romana, e sterminata parte degli abitanti, vi fondarono un regno che comprendeva le attuali Algeria e Tunisia.

Caso unico fra i Germani, i Vandali furono anche marinai, e la loro flotta da guerra cominciò a scorrazzare nel Mediterraneo, arrivando a saccheggiare così selvaggiamente Roma (nel 455) che l’uso del termine “vandalo” per indicare un devastatore nacque proprio allora.

Nel 534 il loro regno fu conquistato dai Bizantini, e da allora dei Vandali non si seppe più nulla. Sicuramente molti furono uccisi, altri furono venduti come schiavi.

Alcuni si arruolarono nell’esercito bizantino come mercenari, combattendo in Italia ma anche nelle lontane province della Siria e della Mesopotamia, contro i Parti.

La traccia della loro presenza sopravvive nel sud della Spagna, in Andalusia, regione che deve il suo nome all’espressione araba al-Andalus: la “terra dei Vandali”.






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