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La Luna: cosa succederebbe se usassimo i suoi enormi giacimenti minerari?

Le nostre esplorazioni della Luna nei decenni passati ci hanno rivelato le sue straordinarie potenzialità come fonte di risorse naturali.

Innanzitutto acqua in abbondanza – il suo polo sud è coperto di ghiaccio – essenziale per la fondazione di basi lunari e di colonie.

Ci sono poi minerali delle terre rare come neodimio e lantanio (che servono nella fabbricazione di componenti tecnologiche tra cui microfoni, smartphone, batterie e lenti per telecamere), nonché molti altri materiali utili come silicone, titanio e alluminio.

Ma, cosa più importante di tutte, si pensa che la superficie lunare abbia una concentrazione relativamente elevata di un raro isotopo dell’elio, chiamato elio-3, che potrebbe alimentare futuri reattori a fusione nucleare.

Varie aziende stanno già sviluppando tecnologie per lo sfruttamento minerario della Luna.  Ma quali saranno le conseguenze di tutto questo? Cosa sarebbe successo se fossimo andati lassù e ci fossimo messi a scavare? Scopriamolo insieme.

 

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1. Potrebbe esserci una “corsa all’oro” lunare

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La “corsa alla Luna” sta per riprendere vigore, ma questa volta non riguarderà solo USA e URSS come negli anni Sessanta: ora saranno coinvolti vari paesi, tra cui Cina e India, nonché compagnie private come SpaceX in America e SpacelL in Israele.

Ciascuno di loro ha interesse sia a trovare una modalità per installarsi a lungo termine sul nostro satellite naturale sia a stabilire se gli scavi minerari lassù siano un’impresa economicamente vantaggiosa.

Quel che sorprende è che per ora le leggi internazionali non regolamentano quasi per nulla queste attività.

Il cosiddetto Trattato sulla Luna, aperto alla firma di qualunque paese nel 1979, esiste per tentare di tutelare il satellite collocandolo tra le “eredità comuni a tutta l'Umanità”, ma pur essendo diventato ufficialmente attivo nel 1984 nessuno dei paesi con programmi spaziali lo ha mai firmato: a spiccare particolarmente è l’assenza di Stati Uniti, Gran Bretagna, Russia, Cina e Giappone.

Ciò è dovuto soprattutto al fatto che “eredità comune” implica anche possesso comune ed equa distribuzione delle risorse.

In altre parole i ricavi delle vendite di qualunque risorsa estratta sulla Luna non andrebbero al paese o alla compagnia che hanno eseguito l’estrazione, ma dovrebbero essere equamente distribuiti all’intero Pianeta. E i paesi disposti a cedere il loro profitto per il bene comune, a quanto pare, sono ben pochi.

Il Trattato richiede anche la formazione di un organo internazionale che regolamenti lo sfruttamento del satellite: senza questa regolamentazione, potrebbe prevalere la linea del “chi prima arriva prende tutto”, che scatenerebbe una sorta di “corsa all’oro” tra i paesi e le compagnie che possono permettersi i viaggi necessari.

 

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2. Potremmo arrivare prima su Marte

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Tutto quel che serve per fabbricare carburante per i razzi è l'acqua.

Con il processo chiamato elettrolisi le molecole d'acqua vengono spaccate in idrogeno e ossigeno, che insieme si possono usare come carburante.

E, se vogliamo mandare una missione su Marte, di carburante ce ne vorrà tantissimo.

Fabbricare il carburante sulla Terra potrebbe sembrare la soluzione più ovvia, ma a quel punto bisognerebbe lanciarlo nello Spazio. Per vincere il potentissimo campo gravitazionale del nostro Pianeta, un razzo deve raggiungere una velocità di undici chilometri al secondo, operazione veramente costosa.

Ma la Luna ha appena un sesto della gravità della Terra: fabbricare e lanciare il carburante da lì costerebbe molto meno.

Nel 2017 alcuni studenti che partecipavano alla Caltech Space Challenge hanno proposto il progetto per una stazione di lancio e rifornimento per missioni spaziali ubicata sulla Luna, partendo dall'idea di estrarre ghiaccio dalla calotta polare e lanciarlo in una "pompa di benzina" orbitale che lo trasformerebbe in carburante fatto di idrogeno e ossigeno da usare per navi spaziali a lunga distanza, come quelle pensate per raggiungere Marte negli anni Trenta del Ventunesimo secolo.

Tuttavia Robert Zubrin, presidente della compagnia spaziale Pioneer Astronautics e sostenitore di vecchia data dell'esplorazione di Marte, ritiene questa idea troppo tortuosa e in ultima analisi più costosa delle alternative: "I costi di propulsione per andare a prendere il carburante sulla Luna", avverte, "sarebbero di fatto maggiori di quelli necessari per volare direttamente verso Marte".

 

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3. Potremmo perdere una preziosa risorsa scientifica

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Dal punto di vista scientifico, la Luna è come una capsula del tempo.

Non avendo un’atmosfera, non ha nemmeno agenti che possano erodere la sua superficie, la cui distesa punteggiata di crateri rappresenta 4,5 miliardi di anni di storia astronomica.

Sulla Terra non possediamo un simile tesoro di memori geologica: è stato divorato dall'erosione e dal “riciclaggio" costante della superficie a causa del movimento delle placche tettoniche.

Aprire operazioni minerarie sulla Luna finirebbe per sortire lo stesso effetto? Ancora prima delle miniere vere e proprie, la semplice installazione di una base mineraria implicherebbe la distruzione di ampie porzioni di suolo lunare (la regolite) per far posto agli edifici o estrarre il materiale da costruzione per gli edifici stessi.

E ciascuna di quelle rocce che andrebbero distrutte potrebbe contenere informazioni geologiche fondamentali su come la Luna e, per estensione, la Terra si sono formate.

E non verrebbe messa a repentaglio solo conoscenza scientifica, ma anche i siti di allunaggio dell'inizio dell’era spaziale, come quelli delle missioni Apollo, che possiedono un intrinseco significato culturale.

"Non appena i viaggi sulla Luna diventeranno più frequenti", dice Alice Gorman, esperta di archeologia spaziale della Flinders University in Australia, "quei siti rischieranno di sparire".

Persino se non li danneggiassimo direttamente, la polvere sollevata dall'atterraggio delle navi spaziali potrebbe eroderli o ricoprirli cancellando per esempio le famosissime impronte lasciate dagli astronauti.

Ogni società ha un suo modo per relazionarsi alla Luna, e l'inizio delle operazioni minerarie influirebbe anche si questo. "Non sono del parere che le cose debbano rimanere sempre come sono ora", conclude Gorman, "ma dobbiamo riflettere bene prima di agire, e prendere solo decisioni informate".

 

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4. La Luna potrebbe dichiarare le propria indipendenza

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Nel 1967 il Trattato sullo Spazio Extra-Atmosferico entrò a far parte della legislazione internazionale proibendo a tutti gli Stati della Terra di reclamare diritti territoriali su qualunque corpo celeste.

È per questo che né gli Stati Uniti né l’Unione Sovietica hanno potuto reclamare la sovranità sulla Luna quando vi sono atterrati.

Ma che cosa accadrebbe se un giorno gli ipotetici coloni lunari si mettessero insieme e decidessero di dichiarare la propria indipendenza?

Christopher Newman, esperto di leggi sullo Spazio dell’Università della Northumbria, la trova una eventualità improbabile. “La Luna è vicina alla Terra e strettamente collegata a essa",fa notare.

“Più che lo scenario di una colonia lunare che voglia stabilire una propria identità, trovo verosimile un trasferimento lassù degli Stati nazionali terrestri".

E, per quanto questo possa sembrare in contraddizione con il principio di non proprietà stabilito dal Trattato sullo Spazio Extra- Atmosferico, la cosa potrebbe comunque avvenire, in un modo molto ovvio: tutti gli Stati coinvolti vorrebbero costruire le proprie infrastrutture, e verosimilmente le concentrerebbero in luoghi specifici.

“Certo, nessuno potrebbe reclamare la sovranità sulle regioni in senso geografico’’, dice Newman, “ma si creerebbero lo stesso delle zone di influenza effettiva’’. In ogni caso, se gli scavi minerari iniziassero e avessero successo,la situazione potrebbe cambiare completamente.

Con l’espansione delle attività, le zone dei vari stati potrebbero cominciare a fondersi tra loro e i vecchi confini nazionali potrebbero sembrare via via meno importanti.

Potrebbe svilupparsi una nuova cultura lunare, distinta da quelle terrestri, e una volta che i coloni arrivassero a decidere che hanno più cose in comune tra loro che con qualunque paese del pianeta madre, l’indipendenza potrebbe diventare un’opzione abbastanza plausibile.

 

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5. Potremmo riuscire a invertire il cambiamento climatico

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C'è una cosa che la Luna possiede in abbondanza sconfinata: la polvere. Che è una fonte altrettanto sconfinata di fastidio.

Essendo altamente abrasiva, rovina le superfici e danneggia i boccaporti sigillati. È scura e appiccicosa e ricopre qualunque cosa venga spostata all'esterno.

Ed è anche tossica e pericolosa per la salute degli astronauti che dovessero inalarne troppa.

"La polvere è uno dei maggiori problemi ancora insoluti in vista di un nostro ritorno sulla Luna", dice Corman. Eppure questa sostanza onnipervasiva potrebbe anche avere un impiego straordinario: salvare il nostro Pianeta dal cambiamento climatico.

Nel 2007 Curtis Struck, astrofisico dell'Università Statale dello lowa, ha infatti studiato la possibilità di utilizzarla per schermare la Terra dai raggi solari.

Questa sorta di "occhiali da sole" sistemati in orbita sarebbero una misura estrema per combattere il riscaldamento globale, ma ridurrebbero effettivamente il quantitativo di energia che il Pianeta riceve.

Secondo Struck questi "occhiali" potrebbero essere composti da nubi di polvere raccolta nelle miniere sulla Luna e depositata in punti strategici dell'orbita terrestre.

Certo, ci sarebbero anche lati negativi: Struck spiega che queste nubi rifrangerebbero la luce solare e renderebbero le notti più luminose, ancora di più delle normali notti di luna piena.

"L'Umanità ha già provocato cambiamenti che hanno avuto un impatto negativo sull'ambiente terrestre", scrive nel finale del suo articolo. "Con i metodi descritti potremmo invece migliorarlo". In ogni caso, l'idea delle nubi di polvere rimarrebbe nel novero delle "soluzioni disperate".

 

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