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La musica e i suoi superpoteri

La musica è sempre con noi. Da quando la mamma ci canticchiava la ninna nanna in poi, non c’è momento triste o felice della vita che trascorra in silenzio.

C’è musica ai matrimoni e ai funerali, una festa non è una festa senza un sottofondo musicale e l’adolescenza non sarebbe la stessa senza una colonna sonora d’accompagnamento, al punto che basta risentire una canzone di allora per riviverne le emozioni.

Due neuroscienziati del Mit di Boston hanno scovato la “stanza della musica” nel solco della corteccia uditiva, un’area vicina all’orecchio che si accende solo per le note a prescindere da ritmo, volume, melodia, ma non elabora altri tipi di suoni.

La scoperta che le sequenze di note abbiano una “strada privilegiata” di accesso alla mente conferma l’ipotesi che per il nostro cervello la musica è ancora più importante del linguaggio: le parole sono venute dopo.

Ascoltare una melodia non è solo piacevole. Secondo la scienza, le note potenziano la memoria e ci rendono più creativi, ma anche più sani. Può abbassare la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca. E ridurre il tasso di colesterolo nel sangue.

(Nella foto sopra, i partecipanti all’Open’er music Festival di Gdynia (Polonia) danzano in silenzio: ognuno può scegliere che musica ascoltare in cuffia).

Ma quali sono i superpoteri della musica? Scopriamolo insieme.

 

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1. Concentrarsi

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Ascoltare 20 minuti al giorno di buona musica potrebbe allora renderci più intelligenti?

Il cosiddetto “effetto Mozart”, in realtà, non esiste: nel 1993 due fisici scoprirono, mediante uno studio condotto su 36 persone, che ascoltare la Sonata K448 migliorerebbe le abilità visuo-spaziali del cervello, ma altri scienziati negli anni successivi non sono riusciti a riprodurre gli stessi risultati.

Ora, però, Irma Järvelä dell’Università di Helsinki ha evidenzato che un’altra opera di Mozart, il Concerto per violino n° 3 K216, provoca un incremento dell’attività dei geni coinvolti nei processi di memoria e apprendimento e anche nella produzione e nel trasporto di dopamina (il neurotrasmettitore del piacere, il che spiega perché la musica fa bene all’umore), inoltre vi sarebbe un calo di attività nei geni associati alla degenerazione delle cellule del cervello.

Mentre Simone Ritter dell’olandese Radboud University ha scoperto che ascoltare una musica allegra e vivace ci rende fantasiosi. Più intelligenti forse no, dunque, ma più creativi e meno smemorati probabilmente sì.

La musica è una sorta di ricostituente cerebrale, insomma, e se gli adolescenti non ci rinunciano neppure mentre studiano non bisogna arrabbiarsi: aumenta la concentrazione!

Oltre all’attenzione razionale e concentrata sul compito da svolgere c’è infatti quella inconsapevole, sempre accesa per reagire all’istante (per esempio, se sentiamo un rumore strano nella stanza accanto); ma se ciò che facciamo non ci piace granché (come i compiti di scuola) basta che l’attenzione inconsapevole percepisca un soffio di vento per distrarsi.

Ascoltare un buon disco, meglio se solo strumentale, “copre” allora le fonti di distrazione, come hanno dimostrato gli studi condotti all’Università Fu Jen di Taiwan e all’Università di Oxford.

Ma bisogna scegliere i brani giusti: se le canzoni non piacciono o al contrario fanno venir troppa voglia di ballare, addio concentrazione.

 

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2. Mente diversa e risuonare insieme

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  • Mente diversa
    Se dall’ascolto, poi, si passa alla pratica i “superpoteri” delle note sul cervello diventano evidenti.
    Imparare a suonare uno strumento fin da piccoli migliora le funzioni cerebrali ed è dimostrato che le lezioni di musica fanno salire i voti (soprattutto in matematica) dei bambini delle elementari che, stando a una recente ricerca su Frontiers in Neuroscience, diventano pure più bravi nel ragionamento e, risultato quasi miracoloso, a organizzarsi e pianificare i compiti.
    Succede perché la musica plasma letteralmente il cervello.
    C’è qualche differenza fra chi suona uno strumento e chi canta, ma il concetto è che l’allenamento continuo per potenziare specifiche abilità musicali cambia il cervello, che riserva un maggior numero di neuroni al controllo di quelle abilità.
    E' stato dimostrato in violinisti, pianisti, cantanti d’opera. I musicisti hanno per questo cervelli più efficienti, una memoria migliore e sono più protetti dal declino cognitivo legato all’età.
    Un cervello diverso spiega anche perché non tutti abbiano gli stessi gusti musicali: è stato ipotizzato che siano le differenze individuali nelle connessioni fra aree cerebrali corticali e profonde (ma anche nella distribuzione dei recettori per la dopamina) a motivare la reazione emotiva a melodie differenti.

 

  • Risuonare insieme
    Ciò non toglie che qualsiasi musica si ascolti abbia il potere di metterci in connessione profonda con chi ci sta accanto, anche quando uno dei due ama Eminem e l’altro Chopin.
    Merito del fatto che le note “sincronizzano” i cervelli di chi le ascolta, favorendo l’empatia: è vero fra mamma e bambino, come ha sottolineato Laura Cirelli dell’Università di Toronto.
    «Pure le reazioni indicative dello stato d’animo (come sudorazione o diametro della pupille, ndr) si “allineano”, nei neonati che ascoltano ninne nanne assieme alla mamma o nei bimbi più grandi di fronte alle canzoncine dell’asilo. La musica porta le persone a “risuonare” assieme, ad avvicinarsi e cooperare, fin dall’infanzia», dice Cirelli.
    Ed è vero persino in ufficio: si collabora di più se c’è musica in sottofondo secondo uno studio condotto all’Università di Stanford.
    Un concerto live potrebbe risolvere perfino i problemi di integrazione sociale in contesti complicati, visto che arabi e americani dopo aver ascoltato musica assieme mostrano maggior comprensione gli uni verso gli altri.
    Lo ha scoperto Jake Harwood dell’Università dell’Arizona che, tra l’altro, suggerisce ai genitori di adolescenti di accendere la radio e ascoltarla con i figli: «Condividere la musica migliora le relazioni, sforzatevi di trovare hit che piacciano a tutta la famiglia e la comunicazione ci guadagnerà». In fondo, è solo un altro modo per parlare.

 

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3. Quando è una cura

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E può diventare una terapia: le note potenziano gli effetti dei medicinali per abbassare la pressione, come ha dimostrato poche settimane fa uno studio brasiliano, forse perché stimolano il sistema nervoso autonomo e i farmaci si assorbono meglio.

E se alla musica pop si preferiscono Mozart o Bach, ai benefici si aggiunge pure una riduzione della frequenza cardiaca e del colesterolo nel sangue.

Ma l’elenco è lungo: ascoltare musica prima, durante e dopo un’operazione toglie l’ansia che precede gli interventi chirurgici e riduce il dolore postoperatorio, secondo una ricerca pubblicata su The Lancet.

Effetti analgesici e anti-ansia sono stati osservati perfino in pazienti oncologici, che grazie alla musica si sentono meno stanchi mentre fanno chemio e radioterapia; mentre in chi ha avuto un ictus la musica accelera il recupero e migliora umore e qualità di vita.

Potrebbe addirittura essere impiegata come farmaco anti-rigetto: come dimostrerebbe una ricerca condotta per ora solo sui topi, ma visti i tanti superpoteri delle note non stupirebbe troppo se il risultato venisse confermato anche nell’uomo.

Va detto che in queste ricerche si parla quasi sempre di musicoterapia, non basta insomma premere il tasto play sull’iPod. Questo tipo di terapia implica la presenza di un esperto che sceglie quali tipi di musica utilizzare.

E funziona solo se c’è un buon rapporto fra terapeuta e paziente. Oggi si usa con successo in moltissimi campi, nelle scuole per esempio per l’inserimento di bambini con disturbi dell’apprendimento o autismo.

E se ciò che abbiamo elencato finora non bastasse, la scoperta del cardiologo Waseem Shami della Texas Tech University dimostra una volta per tutte che la musica può davvero trasformare in superuomini.

Perché dà la carica come niente altro: tenere le cuffie durante un allenamento consente di correre di più (non a caso non si può ascoltare musica durante le maratone, anche quelle amatoriali).

Una sorta di “doping” che parte dal cervello: le canzoni ben ritmate e ricche di toni bassi, infatti, ci fanno sentire potenti, in grado di sbaragliare ogni avversario, come ha verificato Dennis Hsu della Northwestern University.

E migliorano la performance, qualsiasi essa sia: «Se dovete affrontare un primo appuntamento, un colloquio di lavoro o l’incontro con una persona importante», sostiene Hsu, «provate a caricarvi ascoltando We will rock you dei Queen».

 

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4. Ogni genere musicale ha sul cervello un effetto diverso

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  • HEAVY METAL
    Negli anni ’80 si temeva che potesse compromettere lo sviluppo psicologico dei ragazzi, uno studio della Humboldt State University su circa 400 fan dell’hard rock ormai cresciuti ha dimostrato che non è così, anzi favorisce un forte senso di identità personale.
    E un’indagine dell’Università del Queensland aggiunge che questa musica fa bene agli arrabbiati, perché è un modo per incanalare le emozioni negative.

 

  • JAZZ
    È perfetto per sincronizzare cervello e cuore e rilassarsi: ricercatori dell’Università del Nevada a Reno hanno dimostrato che i pezzi jazz, che spesso hanno un ritmo simile a quello cardiaco (dai 60 ai 75 battiti al minuto), portano il cervello a produrre onde alfa, tipiche di quando siamo svegli ma molto rilassati.

 

  • RAP E HIP-HOP
    Secondo alcuni studiosi dell’Università di Cambridge è utile a chi è depresso: le canzoni raccontano spesso la storia di chi supera ostacoli, anche contro ogni previsione, e dell’amore per macchine fiammanti o vite di lusso.
    Ebbene, queste immagini positive fanno bene a chi è giù di morale perché aiutano a cercare un obiettivo e perseguirlo.

 

  • POP 
    È l’ideale per migliorare la performance fisica e sentire meno la stanchezza, come ha dimostrato uno studio dell’Università di Ghent, in Belgio.
    Il pop moderno è però il genere musicale che, rispetto a tutti gli altri, stimola meno la creatività.

 

  • CLASSICA 
    È il tipo di musica sul quale esiste il maggior numero di studi ed è il più efficace nel dare effetti positivi a tutto l’organismo.
    Secondo Sam Gosling e Jason Rentfrow dell’Università del Texas, che hanno messo a punto il test Stomp (Short Test Of Music Preferences) per misurare i gusti musicali, chi la ama è aperto alle esperienze ed è intelligente (ha in media un alto QI).

 

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5. Otto ricerche curiose sulla musica

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  1. LA MELODIA PUÒ ESSERE LETTERALMENTE “TOCCANTE”
    Quando ascoltiamo un brano che ci fa pensare a qualcosa di sexy, percepiamo un contatto sulla nostra pelle come più sensuale e intenso.
    Perfino se a toccarci è un freddo robot: lo ha dimostrato uno studio del tedesco Max Planck Institut a Lipsia, secondo cui la musica influenza il tatto, forse perché per elaborare la musica il cervello usa anche aree deputate al tatto e al movimento.
  2. NELLE CANZONI SI PARLA SPESSO DI TEMPO... METEOROLOGICO
    Il meteo è fra i temi più citati secondo uno studio dell’Università di Southampton: oltre 900 cantanti hanno scritto di sole, pioggia e simili (senza contare i 30 artisti che il meteo ce l’hanno nel nome, come i Wet Wet Wet).
    Bob Dylan è l’autore che più spesso ha cantato il meteo, seguito da John Lennon e Paul McCartney: chi può dimenticare Blowing in the wind o Here comes the sun?
  3. LA MUSICA CHE EMOZIONA DILATA LE PUPILLE
    Alcuni ricercatori dell’Università di Innsbruck hanno scoperto che tanto più siamo emotivamente coinvolti in un brano, quanto più le pupille si dilatano.
    Basta quindi guardare qualcuno negli occhi per capire se una canzone gli piace o gli ricorda qualcosa di bello.
  4. SE IL CHIRURGO HA LE CUFFIE L’INTERVENTO RIESCE MEGLIO
    Chi opera si sente più a suo agio e si focalizza meglio su quel che deve fare se ascolta musica in cuffia: uno studio dell’Università del Texas ha dimostrato che, per esempio, il tempo necessario a richiudere la ferita si riduce fino al 10 per cento.
    Il 49 per cento dei chirurghi sceglie il rock mentre il 43 per cento la musica classica.
  5. COLONNE SONORE INQUIETANTI FANNO TEMERE GLI SQUALI
    Le melodie spaventose creano un pregiudizio negativo involontario ma inevitabile, stando a una ricerca dell’Istituto di Oceanografia dell’Università di San Diego, che può fomentare timore e odio verso gli squali compromettendone la salvaguardia.
    Del resto chi riuscirebbe ad ascoltare il tema musicale del film Lo squalo di Steven Spielberg senza rabbrividire?
  6. LA MUSICA PUÒ DIVENTARE UN’ARMA ANTI-CRIMINE
    Nel 2003 in alcune stazioni della metropolitana di Londra si cominciò a diffondere musica classica: dopo un anno e mezzo, gli atti di vandalismo erano scesi del 37%, le rapine e gli scippi del 33%, le aggressioni allo staff del 25%.
    Se c’è musica, infatti, viene spontaneo pensare che qualcuno si stia prendendo cura del posto e questo è un ottimo deterrente alle azioni violente.
  7. C’È CHI È DEL TUTTO INSENSIBILE ALLE NOTE
    Si chiama anedonia musicale: pare colpisca il 3-5% delle persone.
    Uno studio dell’Università di Barcellona condotto con la risonanza magnetica ha scoperto che questi individui hanno meno connessioni fra le regioni del cervello in cui si elaborano i suoni e quelle della gratificazione.
  8. IL CERVELLO (DA SOLO) PUÒ SUONARE UNO STRUMENTO
    Si chiama Encefalofono ed è stato brevettato da Thomas Deuel dell’Università di Washington: si suona con la mente.
    Le onde cerebrali sono infatti trasformate in note e un sintetizzatore aiuta poi a creare melodie: in questo modo chi non può muoversi per colpa di malattie può esprimersi e comunicare con la musica.

 

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