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L’olfatto: come scoprire le malattie grazie agli odori

Immaginate un mondo in cui, se qualcosa non va nella vostra salute, non sono necessari lunghi, tediosi e invasivi esami medici.

Un mondo in cui è il vostro smartphone o un altro apparecchio tascabile ad avvertirvi quando qualcosa in voi non va, ancora prima che si manifesti qualunque sintomo, facendovi guadagnare tempo prezioso.

O addirittura che questo avviso vi arrivi da sensori impiantati direttamente nel vostro corpo. Ebbene, questo futuro potrebbe non essere poi tanto lontano.

Molte delle tecnologie per renderlo concreto esistono già e sono letteralmente sotto il nostro naso, poiché si basano su una risorsa che l’Umanità possiede fin dagli albori della sua storia: il senso dell’olfatto.

Secondo alcuni scienziati, infatti, la svolta cruciale nella cura delle malattie verrà dal mondo invisibile degli odori.

Entro pochi anni avremo a disposizione un apparecchio tascabile capace di avvertire l’odore di malattie come il cancro o la malaria ancora prima che si manifestino i loro sintomi.

 

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1. UN ODORE CHE CAMBIA

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Ciascuno di noi è costantemente avvolto da una nube composta da centinaia di sostanze chimiche volatili, emesse dalla pelle, dal respiro e potenzialmente persino dai batteri intestinali.

Ogni singolo odore è formato da un complesso cocktail di componenti: potete immaginarlo come una ricetta di cucina con tanti ingredienti diversi.

La maggior parte di questi odori è troppo tenue perché gli esseri umani riescano a coglierli, ma per gli animali noi siamo letteralmente delle nubi odorose semoventi, e ai loro sensi è subito evidente quando il nostro odore è diverso dal solito.

Una cosa estremamente interessante, perché gli scienziati sospettano che quando non siamo in salute anche il nostro odore cambia. È possibile, quindi, che ogni singola malattia possieda un suo odore specifico.

“Se potessimo isolare queste ‘firme chimiche’ e imitare le capacità olfattive degli animali”, dice James Logan, dirigente della Scuola di Igiene e Medicina Tropicale di Londra, “saremmo in grado di formulare diagnosi molto precoci e forse di salvare tante vite”.

Ed è proprio questo che i suoi colleghi stanno tentando di realizzare con una malattia che miete ancora oggi un gran numero di vittime: la malaria.

La ricerca è iniziata dalle zanzare, creature decisamente impopolari ma con una caratteristica importante: un senso dell’olfatto assai sofisticato che usano per cacciare le loro prede, ossia noi.

Ed è proprio questa loro efficienza che le rende una minaccia per l’uomo in quelle parti del mondo in cui esse veicolano il Plasmodium (nella fotto sotto), il parassita della malaria.

Da tempo la lotta contro la malaria è in fase di stallo, in parte perché molte persone infette non sanno di esserlo e diventano a loro volta veicoli di contagio quando le zanzare le pungono di nuovo e poi passano il parassita ad altri.

Ma forse anche per un’altra ragione: il team di Logan ha, infatti, scoperto che, quando un essere umano viene punto da una zanzara portatrice di malaria, comincia a produrre una sostanza chimica che cambia il suo odore e lo rende più attraente di prima alle altre zanzare: “In pratica il parassita della malaria manipola il corpo umano per aumentare le proprie probabilità di propagazione”.

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Come se ciò non bastasse, il Plasmodium aumenta anche le capacità olfattive delle zanzare in cui è presente, per permettere loro di localizzare meglio gli esseri umani.

I ricercatori hanno quindi cercato di identificare quali sostanze chimiche attirano le zanzare: hanno raccolto campioni odorosi dai piedi di bambini malarici e li hanno scomposti chimicamente, poi hanno collegato minuscoli elettrodi alle antenne delle zanzare (i loro organi olfattivi) ed esposto gli insetti ai vari componenti, per misurare la risposta elettrica dei recettori olfattivi stessi.

Le “colpevoli” sono risultate principalmente sostanze chimiche chiamate aldeidi, che si possono anche sintetizzare in laboratorio. Ma su questo torneremo dopo. La domanda è diventata dunque: come trasformare le zanzare in uno strumento diagnostico?

“Sarebbe meraviglioso se potessimo mettere una zanzara al guinzaglio e farla girare tra la gente a caccia di individui infettati dalla malaria”, dice Logan. “Purtroppo non è possibile. Ma esiste un altro animale con cui invece possiamo farlo, ed è il migliore e più collaborativo ‘sensore’ che potessimo mai trovare: il cane”.

 

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2. RISULTATI DI LABORATORIO

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Il naso di un cane possiede trecento milioni di recettori. Il nostro appena cinque milioni.

Si sa che i cani possono venire addestrati a individuare le sostanze illegali negli aeroporti: allo stesso modo, spiega Steve Lindsay, del Dipartimento di bioscienze dell’Università di Durham, li si può abituare a identificare l’odore della malaria.

Il team di ricerca ha collaborato con colleghi del Gambia per raccogliere campioni di odore da bambini in età scolare, a cui è stato chiesto di portare per un po’ di tempo calzini di nylon e di sottoporsi a esami del sangue per identificare chi fosse già infetto.

Trenta bambini su centosettantacinque sono risultati positivi al test per la malaria, ma nessuno di loro manifestava sintomi.

I calzini sono poi stati presentati a due cani addestrati della Medical Detection Dogs (MDD), un’organizzazione benefica britannica: gli animali hanno saputo identificare la presenza della malaria nell’80 per cento dei bambini infetti e la sua assenza nel 91 per cento dei bambini sani.

“È nostra opinione che l’odore della malaria sia così intenso che un cane può coglierlo persino in mezzo a una folla”, dice Lindsay. “Stiamo valutando l’ipotesi di mettere al lavoro i cani nei porti d’ingresso di vari Paesi per poter identificare i portatori della malattia”.

Questi ultimi, una volta individuati, verrebbero trattati in modo da non diffondere l’infezione. “Se funzionasse avremmo a nostra disposizione un test rapido, non invasivo e poco costoso per mantenere le comunità libere dalla malaria. Forse sarebbe persino possibile debellarla completamente”.

Oltre che la malaria i cani hanno dimostrato di saper individuare il cancro e ora vengono testati su varie altre malattie, ma non rappresentano la risposta perfetta a tutte le nostre preoccupazioni mediche.

Tanto per cominciare, non potrebbero essere collocati in tutte le sale operatorie d’emergenza. Inoltre un cane può concentrarsi su uno specifico compito solo per un certo periodo prima di perdere la concentrazione, mentre una macchina potrebbe continuare a lavorare per un tempo indefinito.

Ed è qui che entrano in scena le versioni sintetiche dell’odore di malaria create da Logan. Queste sostanze si possono usare per sviluppare un apparecchio che faccia quel che già fanno i cani: in altre parole, per costruire un naso artificiale.

A quel punto la malaria diventerebbe solo la punta dell’iceberg: “Sappiamo già che anche altre malattie hanno odori specifici”, spiega Logan, “e, se possiamo farci aiutare dagli animali per individuarli, è concepibile che si possano sviluppare apparecchi in grado di riconoscere ciascuno di essi”.

Nella foto sotto, questa diligente cagnolina sta imparando a distinguere gli odori di varie malattie

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3. IL PRIMO E-NOSE

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In futuro il “naso artificiale” potrebbe essere un semplice adesivo da portare sulla pelle come un cerotto, o una sorta di orologio da polso che cambia colore quando registra determinate sostanze nel nostro sudore, o ancora un apparecchio simile a uno smartwatch.

In alternativa potremmo avere dei “nasi portatili”, degli “e-nose” programmati per individuare l’odore di una determinata malattia.

Krishna Persaud, esperto di chemiorecezione dell’Università di Manchester, ha già ideato un e-nose delle dimensioni di un telefono cellulare della prima generazione, uno strumento che rappresenta un passo verso una dimensione finora quasi fantascientifica.

Secondo il suo creatore, non abbiamo ancora sviluppato qualcosa di simile al tricorder del dottor McCoy di Star Trek, ma “in questo momento nel mondo sono già in fase di progettazione e realizzazione nuovi strumenti che trasformeranno la medicina del futuro”.

L’e-nose attuale possiede un sensore che registra i segnali chimici, che l’apparecchio poi processa per produrre una “impronta digitale” chimica. Quando il sensore viene raggiunto da un odore, quest’ultimo modifica il segnale elettrico.

Un modello di questi sensori utilizza un piccolo cristallo di quarzo che oscilla a una frequenza che dipende dalla sua massa: le molecole odorose che toccano il sensore cambiano la massa del cristallo, provocando di conseguenza un cambiamento nella carica elettrica, che viene registrato.

Persaud e il suo team, peraltro, stanno sviluppando uno strumento ancora più avveniristico che riproduce meglio le capacità di un naso animale: impiegando la biologia molecolare hanno sintetizzato proteine presenti nel muco nasale animale che hanno la capacità di fissare le molecole degli odori e veicolarle fino ai recettori olfattivi.

Il risultato è un naso bioelettronico ad altissima sensibilità, in grado persino di registrare le trasformazioni chimiche che si verificano in noi quando ci ammaliamo.

Nella foto sotto, il dottor McCoy di Star Trek diagnosticava i problemi dei pazienti con il suo tricorder. Noi non abbiamo ancora strumenti del genere, ma ci siamo sempre più vicini.

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4. UN “NANO-NASO”

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E c’è uno scienziato che progetta di spingersi ancora oltre e installare un naso nei nostri telefoni.

Andreas Mershin, direttore del Gruppo di Ricerca Label-Free presso il Massachusetts Institute of Technology, fa notare che già viviamo a contatto con i nostri smartphone ventiquattr’ore su ventiquattro, dunque avrebbe perfettamente senso usarli per tenere d’occhio la nostra salute.

La sua intenzione è creare un microscopico naso artificiale intelligente e sensibile quanto quello di un cane, che tenga costantemente sotto controllo il nostro odore dal nostro telefono.

Un “nano-naso” che potrebbe arrivare addirittura a salvarci la vita: “Un giorno potrebbe diventare qualcosa che si impianta direttamente all’interno del corpo” dice Mershin, “così non correremmo nemmeno il rischio di perderlo”.

Le informazioni per portare avanti questo progetto sono state ricavate dalla Medical Detection Dogs. Il team di Mershin ha già realizzato un apparecchio più sensibile del naso di un cane. Purtroppo questa macchina ha anche un difetto fondamentale: non possiede un cervello.

“Quando abbiamo attribuito l’efficacia dei cani nello scovare le malattie solo al loro ottimo olfatto abbiamo commesso un grosso errore”, spiega Mershin.

“Un cane può imparare dai campioni di laboratorio a riconoscere l’odore di un particolare tipo di cancro e poi, senza ulteriore addestramento, imparare da solo a riconoscerne altri tipi, persino se tra il primo e i secondi non ci sono molecole in comune. In altre parole i cani sanno comprendere cose al di là delle sole sostanze volatili che annusano. Ed è qualcosa che una macchina non può fare”.

La chiave, a suo parere, è l’addestramento del cane stesso: “Il mio obiettivo è fare in modo che il telefono sia il cane e il proprietario sia l’addestratore. Il telefono deve essere in grado di memorizzare gli odori normali del suo proprietario e reagire quando avverte un cambiamento. In tal modo potrebbe, per esempio, avvertirci con un messaggio del tipo ‘Forse dovresti vedere un dermatologo, qualcosa in te ha un odore strano’ se un neo si sta trasformando in un tumore maligno”.

L’e-nose ha di fatto la potenzialità di diventare il miglior strumento diagnostico mai sviluppato finora, e secondo Mershin potrebbe ribaltare il concetto stesso di responsabilità nella cura della salute: “Se cominciassimo a comprendere da soli gli odori del nostro corpo, saremmo noi stessi a tenerci controllati, e andare dal medico diventerebbe l’ultima risorsa”.

Nella foto sotto, Andreas Mershin con il prototipo dell’apparecchio che sta sviluppando, alloggiabile in uno smartphone e capace di captare l’odore del cancro.





5. IL TEST DELL’ODORE: CINQUE MALATTIE RICONOSCIBILI “A NASO”

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Joy Milne è una “super-annusatrice”, ossia fa parte di una categoria di individui dotati di un senso dell’olfatto superiore alla media, spesso assai ricercati nel campo della produzione di vini e profumi.

A Joy, invece, è capitato più volte di avvertire un odore insolito su suo marito Les: all’inizio ha pensato che forse l’uomo non si faceva la doccia abbastanza di frequente, ma dodici anni dopo all’uomo è stato diagnosticato il morbo di Parkinson.

Joy, tuttavia, ha fatto il collegamento tra le due cose solo dopo aver sentito quello stesso odore su altre persone incontrate nel gruppo di supporto per i malati di Parkinson.

Da allora collabora con ricercatori dell’Università di Manchester per identificare le sostanze chimiche alla base di quello che al suo naso sembra né più né meno che l’odore caratteristico del morbo di Parkinson.

Studi come questo potrebbero, infatti, condurre a nuovi metodi di diagnosi precoce. Ecco che cosa dice Joy di alcune malattie comuni:

1. MORBO DI PARKINSON
Ha un odore muschiato, che tende a diventare più aspro forse a causa di una proliferazione fuori dalla norma dei batteri nel sebo (la sostanza oleosa prodotta dalla nostra pelle, che nei malati di Parkinson raggiunge proporzioni anomale).

2. MORBO DI ALZHEIMER
Ha un odore meno intenso, simile a quello del pane di segale. La pelle dei malati emana un leggero odore di lievito, che tuttavia può aumentare con il progredire della malattia.

3. TUBERCOLOSI
Ha un odore simile alla birra stantia, che si sente nel respiro e aumenta con il progredire della malattia. La pelle dei malati, invece, emana un odore di “salmastro e cartone bagnato”.

4. DIABETE
Ha un odore dolce, una sorta di combinazione di limone e ananas, che varia nel corso della giornata riflettendo lei fluttuazioni dei livelli del glucosio e dipende anche da quanto bene la malattia viene tenuta sotto controllo.
5. CANCRO
Odora di muffa o di funghi. Vari tipi di cancro hanno odori specifici, e pare sia possibile persino capire dall’odore se un paziente in terapia sta guarendo.

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