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Medio Oriente: terra di guerra

“Il Medio Oriente è la regione più tormentata del mondo”. lo sentiamo ripetere talmente spesso, che ci pare sia così da sempre.

Dall’Iran allo Yemen, dalla Siria all’Egitto, dall’Iraq fino alla Palestina e a Israele, questa parte del Pianeta è considerata la più instabile della storia, una “zona sismica” della geopolitica.

Le ragioni sono molte e intricatissime. Eppure, come fanno i geologi quando studiano i movimenti della crosta terrestre, ci si può districare cercando alcune “faglie” storiche: zone di frizione lungo le quali nel tempo si sono accumulate tensioni alla radice di crisi e fratture.

Linee di frattura politiche, religiose ma anche geografiche e ambientali mai sanate.

 

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1. Un’idea occidentale

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In Medio Oriente, negli ultimi 6mila anni sono nati: l’agricoltura stanziale, l’aratro, la prima vera città (Uruk, in Iraq), i grandi imperi (accadico, assiro-babilonese, hittita, egizio, persiano...), la religione di Stato, la scrittura cuneiforme dei Sumeri e l’alfabeto dei Fenici, le leggi scritte e le fedi monoteiste (ebraismo, cristianesimo e Islam, senza dimenticare lo zoroastrismo persiano).

Ma anche il carro da guerra, l’imperialismo, i conflitti religiosi e le ingerenze coloniali. E pensare che l’idea di “Medio Oriente” ha solo cent’anni o poco più.

«La distinzione tra “Vicino”, “Medio” ed “Estremo” Oriente nasce alla fine dell’Ottocento, quando l’Europa delle potenze coloniali dominava il mondo», spiega lo storico e islamista Massimo Campanini, autore di Storia del Medio Oriente contemporaneo (il Mulino)

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«Il “Vicino Oriente” è l’ambito più ristretto (contenuto nel Medio Oriente, ndr) e comprende le terre che vanno dall’Egitto all’Iraq (asse ovest-est) e dalla Turchia allo Yemen (asse nord-sud). Il “Medio Oriente” ingloba anche il mondo iranico, protendendosi a est verso l’Asia Centrale e a ovest oltre l’Egitto, fino alla Libia e al Nord Africa».

Fra il 3500 a.C. e il 500 a.C., il Vicino Oriente è lo scenario in cui si sviluppa la civiltà urbana. Ed è qui che incontriamo le “faglie” più antiche, quelle geografiche e ambientali.

«La discontinuità ambientale del Vicino Oriente è importante da un punto di vista storico perché comporta il contatto ravvicinato tra zone con potenzialità e vocazioni diverse», spiega Mario Liverani, il più autorevole storico italiano del Vicino Oriente antico, nel suo libro Antico Oriente. Storia, società, economia (Laterza).

La Mesopotamia, la pianeggiante “terra fra i due fiumi” (Tigri ed Eufrate), era ideale per l’agricoltura, l’allevamento e lo sviluppo di grandi città e società complesse, ma non aveva legname né risorse minerarie. Le zone montagnose e gli altopiani semiaridi di Anatolia e Iran, o l’antica Fenicia (Libano), erano invece coperti di foreste e ricchi di minerali.

La competizione per le risorse fu da subito uno dei motori della storia mediorientale.

Nell'immagine sotto, VII secolo a.C. Bassorilievo assiro a Ninive (Iraq): i nemici sconfitti si arrendono al re dell’Elam (Iran).

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2. Crocevia del mondo

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Liverani spiega i rapporti tra popoli nel Vicino Oriente antico ricorrendo a due concetti-chiave: “interfaccia” e “frontiera”.

«L’interfaccia è la saldatura tra due zone diverse: attraverso di essa passano, in entrambe le direzioni, esperienze e prodotti, uomini e tecnologie».

Sono le aree dei commerci, che migliaia di anni fa significavano scambi di prodotti agricoli, oro e argento. Ma soprattutto di stagno e rame: fino alla rivoluzione del ferro (fine II millennio a.C.), con questi due metalli si otteneva il bronzo delle armi.

Controllare le “interfacce” del Medio Oriente ancora oggi significa governare un “crocevia globale”. Per secoli qui si sono incrociate le rotte dei mercanti che da nord a sud collegavano i porti del Mediterraneo a quelli del Golfo Persico e del Mar Rosso.

Qui si scambiavano spezie del Sud-est Asiatico, incenso dello Yemen, schiavi africani ed europei; sulle strade imperiali della Persia (attuale Iran) viaggiavano le carovane con le pietre dure e le stoffe che dall’India e dalla Cina raggiungevano l’Europa.

Oggi, lo Stretto di Ormuz (tra Golfo Persico e oceano Indiano) è il passaggio obbligato per le petroliere provenienti dalla Penisola Arabica e dall’Iraq. E il Canale di Suez dal 1870 è la scorciatoia più comoda tra Europa e Asia: il 10% di tutto il commercio mondiale passa ancora da qui.

«La “frontiera” ha invece caratteri storico-culturali, più di immagine che di realtà», spiega ancora Liverani. «È la zona ai margini di un nucleo culturale, oltre la quale – a parere dei membri di una comunità – c’è il vuoto oppure il diverso (in genere considerato inferiore), ovvero un territorio appetibile per lo sfruttamento».

È lungo questo tipo di frontiera che corrono le “faglie” più insidiose, cioè quelle che riguardano l’identità dei popoli e le ideologie.

Come quella inventata dai Greci, che durante le Guerre Persiane (V secolo a.C.) furono i primi a parlare di “scontro di civiltà” tra Oriente e Occidente. Storiografi, tragediografi e retori greci scavarono un solco ideologico tra l’idea “barbarica” dei re persiani divinizzati e la democrazia ateniese.

Anche se poi Alessandro Magno (356-323 a.C.) finì per adottare uno stile di governo di tipo orientale, tramandato al mondo ellenistico e a quello romano.

Nell'immagine sotto, Alessandro Magno sconfigge Dario III, re persiano, nella battaglia di Isso (attuale Turchia) nel 399 a.C.

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3. Religioni inquiete

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Con il tramonto dell’Impero romano, che includeva gran parte del Medio Oriente, il successo del monoteismo attivò nuove “faglie” culturali.

Prima (tra il III e il V secolo) con il braccio di ferro tra pagani e giudeo-cristiani.

Poi, nel VII secolo, quando Maometto fondò l’Islam, portando un elemento nuovo nello scenario mediorientale: l’espansionismo musulmano. In un paio di secoli, dall’Arabia al Nord Africa fino alla Persia si formarono i califfati del cosiddetto “impero islamico”.

Un impero senza imperatore e con molti centri: La Mecca, Damasco, Baghdad, il Cairo, ma anche Cordova (Spagna) e Palermo. E con una città santa condivisa (o contesa, come durante le Crociate medievali) con ebrei e cristiani: Gerusalemme.

Anche se all’interno dell’Islam si era aperta la “faglia” tra sunniti e sciiti, fu un regno musulmano a garantire la stabilità. L’Impero ottomano ha compattato per almeno quattrocento anni, dal XVI al XIX secolo, popoli e territori del Medio Oriente.

Il dominio turco, durato fino alla Prima guerra mondiale, è stato il maggiore fattore di stabilizzazione nella storia della regione. Nell'immagine sotto, Goffredo di Buglione conquista Gerusalemme (1099).

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Il conflitto tra sciiti e sunniti ha origini politiche e non religiose. Sorse dopo la morte di Maometto (nel 632) con il problema della sua successione. Si creò una frattura tra chi sosteneva Ali (genero di Muhammad) e chi in seguito fondò il califfato degli Omayyadi.

I primi saranno chiamati sciiti (dall’arabo shi’a, “fazione”), i secondi sunniti (da Sunna, la raccolta di insegnamenti del Profeta). Oggi l’80% dei musulmani nel mondo sono sunniti, il 20% sciiti. La comunità musulmana è stata governata soprattutto da califfati sunniti.

Ciò ha rafforzato negli sciiti la sensazione di essere emarginati, anche se in realtà sono esistiti grandi regni sciiti in Egitto (X-XII secolo) e in Persia (Iran). La politicizzazione dello sciismo
coincide però con il pensiero di Khomeini.

Nel 1979 fu lui la guida della rivoluzione che portò alla nascita del più grande Paese sciita, la Repubblica islamica dell’Iran. Lo scontro attuale tra sciiti e sunniti, alimentato anche dalle potenze occidentali, strumentalizza le divisioni religiose, ma è legato all’egemonia regionale e al controllo delle risorse.

4. Confini artificiali

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Quando, a inizio Novecento, le potenze coloniali presero il posto degli ottomani, l’instabilità tornò a regnare.

Inglesi e francesi rimescolarono le carte senza tenere conto delle faglie storiche e creandone in compenso altre.

Prima l’accordo di spartizione anglo-francese negoziato nel 1916 dai diplomatici Mike Sykes e François Georges-Picot e poi la divisione degli ex territori ottomani in “mandati”, portarono alla formazione di Stati artificiali.

Un esempio è la “Grande Siria”, un’entità geografica e linguistico-culturale che il colonialismo francese divise in Libano e Siria.

L’Iraq fu invece il risultato della fusione di ben tre province ottomane disomogenee in termini etnici e religiosi: sunniti, sciiti e curdi furono uniti forzosamente sotto una stessa bandiera e le loro rivalità, inesistenti o a bassa intensità in epoca ottomana, esplosero.

La transizione allo Stato moderno avrebbe dovuto comportare un rinnovamento delle istituzioni politiche, delle strutture economiche e sociali e delle ideologie nelle società mediorientali.

In realtà la nascita degli Stati post-coloniali è stata monopolizzata da élite rapaci, manovrate dalle potenze occidentali, oppure da monarchie che si sentono chiamate a guidare i popoli arabi e islamici su base religiosa, come in Arabia Saudita.

Del resto la posta in gioco nella regione, dagli anni ’20 a oggi, non è mai stata la stabilità o la democrazia, bensì il controllo sui pozzi petroliferi. Nella foto sotto, 1980, L’artiglieria irachena impegnata nel conflitto con l’Iran, durato fino al 1988.

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- Il fattore P
Il petrolio è il primo fattore di tensione in Medio Oriente, a cominciare dai giacimenti dell’Iran. A fine ’800 se li contendevano Regno Unito e Germania: la spuntarono i britannici nel 1901, con l’Anglo-Persian Oil Company (poi BP).
Quando, negli anni ’30, si cominciarono a sfruttare i ricchissimi giacimenti della Penisola Arabica, i britannici erano ancora padroni del campo, ma due delle compagnie petrolifere più potenti del mondo erano americane: Exxon e Mobil.
A colpi di “commissioni” (nel 1934, solo un dollaro per ogni tonnellata di greggio) e appoggio militare, prevalsero loro e nel 1945 Franklin D. Roosevelt firmò il patto alla base dei rapporti privilegiati tra Usa e Arabia Saudita.
Nel 1979 la rivoluzione khomeinista tolse all’Occidente i pozzi iraniani e, dagli anni ’90, la fine della Guerra Fredda e le due Guerre del Golfo hanno spostato le pedine sullo scacchiere petrolifero: la Russia nella casella della Siria e gli Usa, il Regno Unito e la Turchia in quella dell’Iraq.

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5. Effetto domino

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- Effetto domino

Negli ultimi decenni le “faglie” mediorientali si sono moltiplicate. Nel 1917, con la Dichiarazione Balfour, i britannici garantirono il loro appoggio alla nascita di uno Stato ebraico.
Ma nel 1948 la fondazione di Israele aprì la strada a cinque guerre arabo-israeliane, alla questione palestinese e all’occupazione israeliana dei territori di Cisgiordania e Striscia di Gaza.
Intanto, nel 1956, nazionalizzando il Canale di Suez il generale egiziano Nasser aveva stroncato le ultime ambizioni coloniali anglo-francesi.
Nel Medio Oriente c’è stato, nei decenni del secondo dopo-guerra, un temporaneo trionfo di ideologie “laiche”, come il panarabismo, il nazionalismo e il socialismo. Ma erano idee importate dall’Europa, dunque “aliene” e, in più, reprimevano l’Islam. 
Il passaggio all’indipendenza post-coloniale ha visto quasi ovunque l’intervento dei militari nella politica, nella società e nell’economia. E il potere esecutivo ha di solito prevaricato quello legislativo e giudiziario, provocando uno sbilanciamento antidemocratico.
Lo Stato ha fagocitato la società civile, sottoponendola a un rigido controllo e imbavagliandone le forze più innovative». Così, tra ingerenze esterne e divisioni interne, il Medio Oriente è precipitato in una spirale di instabilità di cui non si vede la fine.
Nella foto sotto, 1979, Hebron, Striscia di Gaza: un rivoltoso palestinese lancia sassi contro un gruppo di soldati israeliani.
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- 5.000 anni in Medio Oriente

IV millennio a.C.: I Sumeri fondano la città di Uruk (Iraq).
II millennio - VI sec. a.C.: Varie fasi dell’Impero assiro-babilonese in Mesopotamia.
1274 a.C.: Battaglia di Qadesh (Siria) tra Impero egizio e Impero ittita.
550-331 a.C.: Impero persiano degli Achemenidi.
VII-IX sec.: Espansione islamica.
1095-1272: Crociate e regni cristiani.
XIV secolo -1922: Impero turco- ottomano.
1916: Accordo Sykes-Picot.
1948: Nascita dello Stato di Israele e inizio del conflitto arabo-israeliano.
1956: Crisi di Suez..
1979: Rivoluzione islamica in Iran.
1980-1988: Guerra Iran - Iraq.
1990-1991: Prima Guerra del Golfo.
2003-2011: Seconda Guerra del Golfo.

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