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Nella testa di un cane

Per alcuni è dignitoso e indipendente. Per altri troppo attaccato al padrone.

Per molte persone (sette milioni in Italia) il cane è semplicemente parte della famiglia: “gli manca solo la parola”.

Lo riteniamo un amico paziente e fedele, quasi un familiare.

Per una volta, tuttavia, proviamo a metterci noi nella mente del cane: come ci vede davvero il nostro migliore amico? Chi siamo per Dago, Fido o Juno?

Ce lo dicono le ultime ricerche. Guardandogli dentro. Scopriamole insieme!

 

1. Il miglior amico dell'uomo

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Per alcuni è dignitoso e indipendente. Per altri troppo attaccato al padrone.

Per molte persone (sette milioni in Italia) il cane è semplicemente parte della famiglia: "gli manca solo la parola".

Per una volta, tuttavia, proviamo a metterci noi nella mente del cane: come ci vede davvero il nostro migliore amico? Chi siamo per Dago, Fido o Juno?

Di una cosa la scienza ormai è certa: il cane non è un automa; al contrario, ci capisce, soffre con noi, legge il nostro stato d’animo.

Una recentissima ricerca ungherese ha svelato per esempio, sottoponendo alcuni esemplari a risonanza magnetica funzionale, che una considerevole parte del cervello canino serve a interpretare le parole umane e a capire il modo in cui le pronunciamo.

Il 13% delle aree auditive del cane è dedicato infatti a comprendere ciò che dice l’uomo, mentre il 39% serve a interpretare le voci di altri cani.

A livello cerebrale, quindi, Fido non “vede” più l’uomo come un altro animale, ma lo considera un essere degno di particolare attenzione, perché parte del suo nucleo familiare.

Di una famiglia allargata, però, e ciò costituisce una vera novità nella storia della vita sulla Terra. Il suo (e nostro) è un nucleo familiare fatto di due specie differenti. Per il cane, l’uomo non è un capo del gruppo o addirittura un altro cane del branco, come pensano molti.

Per riconoscersi, non ci annusa il posteriore, come fa con il cane del vicino, né controlla la presenza di altri uomini nel territorio, ma soltanto quella di probabili concorrenti della propria specie.

L’attenzione sessuale, com’è evidente, non è rivolta a noi, ma alla cagnetta (o al cagnetto) in fondo alla strada. Ciò nonostante, il suo rapporto con l’uomo è molto speciale: vive con noi in simbiosi.

Questa è infatti la particolarità del cane rispetto ad altri animali domestici o addomesticati. Se per il gatto siamo solo fornitori di cibo e rifugio, per Fido siamo amici, collaboratori, un aiuto o qualcuno da aiutare.

2. Amici e nemici ma anche alleati geniali

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È una simbiosi, la nostra, dalla storia lunghissima, ancora in parte avvolta dal mistero, nonostante gli anni di studio e il senso comune che ritiene il cane un animale senza segreti.

Non c’è una teoria che ci dica come siano andate le cose. I dati archeologici dimostrano che il processo di trasformazione del lupo in cane è avvenuto circa 12-14.000 anni fa.

Per la genetica, invece, il processo è partito molto prima, forse addirittura 30.000 anni fa. Tutto potrebbe essere cominciato quando gli uomini vivevano di caccia e raccolta.

Un confronto tra due specie cacciatrici, il lupo e l’uomo. Entrambi efficaci cacciatori, entrambi dominatori nel proprio ecosistema.

Destinati perciò a incontrarsi: la genetica ha accertato infatti che, al contrario di quello che riteneva Konrad Lorenz nel suo E l’uomo incontrò il cane, contributi da parte di altre specie come sciacallo o coyote non ci sono stati.

In qualche caso invece il confronto uomo-lupo divenne comprensione e collaborazione: alcuni animali “decisero” infatti che era meglio diventare amici della specie dominante. 

Un compito non difficile, per un predatore intelligente come il lupo. La specie ha poi trasmesso ai suoi discendenti cani le proprie caratteristiche.

E nel corso della storia gli allevatori umani non hanno fatto altro che usare le diverse capacità del lupo selezionando le circa 340 razze canine attuali, sviluppate dapprima empiricamente, poi in modo sempre più scientifico.

Nei cani sono perciò presenti, enfatizzati, i comportamenti del lupo. Anche nelle razze più antiche come il basenji del Congo l’uomo ha selezionato i tratti più utili.

Come risultato della selezione artificiale, le razze odierne sono specializzate: i retriever riportano la selvaggina, i cani da salvataggio aiutano le persone in pericolo, i cani pastori conducono il bestiame...

3. Perché proprio lui?

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Secondo Mark Bekoff, etologo statunitense e studioso del rapporto uomo/cane, il grande cambiamento è avvenuto quando l’animale è stato addomesticato.

«C’è stata quella che i biologi chiamano coevoluzione: le azioni e le scelte di una specie modificavano quelle dell’altra».

La domesticazione ha trasformato Fido perfino dal punto di vista genetico. A partire dalla struttura del cranio e del corpo: rispetto al lupo, i primi cani avevano la testa più corta e larga, il corpo meno snello e i denti differenti.

I veri cambiamenti sono avvenuti però a livello mentale, perché, si è scoperto, alle modifiche fisiche si accompagnano sempre quelle del comportamento.

L’uomo ha conosciuto molte altre specie di cacciatori: leoni, sciacalli, coyote, iene e licaoni. Perché soltanto il lupo è entrato in famiglia?

Perché ha una serie di caratteristiche comportamentali che hanno facilitato l’interazione con noi: è molto sociale e ha attività cooperative nella caccia e nell’allevamento dei piccoli.

E poi ha una struttura gerarchica familiare molto organizzata e strutturata, dato che forma legami affettivi di coppia. Preadattamenti evolutivi che hanno aiutato il passaggio alla vita domestica.

Alcuni etologi pensano addirittura che i lupi si siano “addomesticati” da soli. Quelli che potevano entrare in contatto con i nostri antenati erano i meno paurosi, i meno aggressivi, quelli con una minor “distanza di fuga” e con i cuccioli facili da adottare.

La trasformazione da predatore a collaboratore ha portato a grandi cambiamenti nel rapporto tra uomo e cane: quest’ultimo ha iniziato a capire gesti, parole, ordini e situazioni.

Quando per esempio indichiamo qualcosa, il cane guarda verso l’oggetto indicato: a differenza di altri animali, che invece vedono l’uomo o il dito e non capiscono il gesto.

Fido comprende anche le nostre espressioni facciali e, come abbiamo visto, la valenza emozionale delle parole.

4. Vicini da cuccioli

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Non è solo la lunga storia canina a determinare il comportamento.

Un altro aspetto importante sono i cosiddetti periodi sensibili: momenti, durante la crescita del cucciolo, in cui deve essere esposto ad altri cani e all’uomo.

Se allora il cagnolino non vede nessuno, il legame si forma in maniera più difficile.

Se gli animali di un canile rimangono a lungo senza incontrare gli uomini, insomma, hanno più difficoltà ad adattarsi ai futuri padroni.

Durante la crescita, infatti, i cani apprendono molto di noi: che la mano è qualcosa che dà carezze e cibo, che certi gesti sono minacciosi o amichevoli.

Imparano anche a leggere le espressioni dell’uomo: sanno che alcuni nostri movimenti, anche solo accennati, significano “Usciamo” o “Lasciami stare”.

Per tutta la vita essi ci osservano con estrema attenzione e imparano a decodificare i nostri gesti. Leggono il nostro comportamento anche meglio degli umani. 

Sono, questo è certo, molto più bravi loro a capire noi, che noi loro. In questo senso il periodo della crescita è centrale: alcuni ricercatori pensano sia anche più importante dell’evoluzione nel determinare il legame tra uomo e cane.

E notano che il lupo, addomesticato da piccolo, non è molto diverso dal cane nel capire gesti e parole. I lupi, anche se cresciuti dagli uomini, sono però meno bravi a formare un legame specifico col padrone, e non lo vedono come compagno.

All’Università di Budapest si è dimostrato che, posto davanti a un problema senza soluzione, il cane si volge al padrone per aiuto. Il lupo cerca di risolverlo da solo (a volte distruggendo l’intero apparato sperimentale).



5. Vive le differenze

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La comunicazione fra le nostre specie funziona bene nonostante le diversità; l’uomo vive in un mondo a colori.

Il cane è invece una specie olfattiva; il paesaggio, per lui, è molto più piatto e monotono, ma gli odori lo guidano quasi ovunque.

Fortunatamente usiamo entrambi segnali posturali e vocali.

Uno dei segni più importanti è lo sguardo: a differenza di tutti gli altri animali, il cane non considera gli occhi puntati una minaccia, ma un segnale di appartenenza allo stesso gruppo familiare.

Un rapporto di questo tipo tra uomo e cane, complesso, articolato e secolare, ha fatto sorgere domande quasi filosofiche.

Alcuni studiosi, come Mark Bekoff, ritengono che i cani si rendano conto che noi siamo esseri pensanti (è quella che gli psicologi definiscono una “teoria della mente”, che si pensava propria solo dell’uomo e di alcune scimmie antropo- morfe).

Altri sono cauti, e pensano che capacità di comprensione e risposta agli stimoli bastino a spiegare perché sono così sensibili ai gesti e alle emozioni.

Dopo decenni di ricerche scientifiche, l’idea che abbiamo del cane è così diventata diversa da quella di un robottino di carne e ossa che ci segue senza pensare.

Il cane ha una mente complessa ed elastica, e migliaia di anni di evoluzione e amore da parte dell’uomo l’hanno trasformato nel più perfetto compagno per la nostra specie.






Note

UNA VOLPE PACIFICA

Quando iniziò il suo esperimento, nel 1959, il genetista sovietico Dmitri Belyaev voleva studiare le modifiche avvenute durante la domesticazione del lupo. Usò però la volpe argentata, una volpe comune ma con il pelo grigio argento.

A ogni generazione sceglieva solo gli animali più docili; in qualche decina d’anni Belyaev riuscì ad avere volpi tranquille, che non mordevano più. I geni per la docilità erano però accompagnati da altri con effetti differenti.

Le volpi “domestiche” non avevano più un colore uniforme, ma il pelo era bianco e nero, a chiazze irregolari; la coda era bassa e le orecchie ricadevano. Tratti molto simili ai cani.

Un esperimento storico che ha mostrato quanto è facile per l’uomo “creare” un animale domestico.

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