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Papa Francesco, l’uomo più popolare del mondo

L’abbraccio ai bambini che gli strappano dal capo la papalina, le udienze agli ammalati, il battesimo ai figli delle coppie di fatto nella Cappella Sistina, un austero appartamento in cui vivere. Francesco è il papa dei gesti, della normalità e della semplicità.

Il Santo Padre ha seminato tanti di questi gesti nei primi due anni del suo pontificato: gesti che hanno la forza di un messaggio, capace di entrare dritto nel cuore e restare nella memoria dei credenti.

A cominciare da quel mercoledì 13 marzo 2013, quando lascia i panni del cardinale Jorge Mario Bergoglio per diventare papa Francesco I e chiede aiuto e misericordia urbi et orbi.

Poi sceglie il nome del santo d’Assisi come simbolo di vita ispirata alla rinuncia e alla pace. È il primo papa Francesco, così come è anche il primo della Compagnia di Gesù e il primo extraeuropeo (l’unico precedente è il siriano Gregorio III, nell’VIII secolo).

Ecco la vera storia di Jorge Mario Bergoglio, dall’infanzia a Buenos Aires al suo rivoluzionario pontificato: un’intera vita al servizio dei più deboli e degli emarginati.

1. Figlio di emigrati italiani

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Jorge Mario nasce il 17 dicembre 1936 nel popolare quartiere di Flores, nel cuore di Buenos Aires, figlio di un immigrato piemontese, Mario José Bergoglio, ferroviere, di origini astigiane, e Régina Maria Sivori, casalinga, nata in Argentina, ma figlia di italiani provenienti dalla Liguria.

Il piccolo Jorge cresce con due fratelli, Alberto e Oscar, e due sorelle, Marta Regina e Maria Elena, quest’ultima ancora in vita.

Rispetta gli insegnamenti morali e religiosi che gli vengono impartiti dai genitori e dalla nonna Rosa, fondamentale nella sua educazione.

La vocazione arriva quando compie 17 anni, durante una confessione alla festa di San Matteo, nella chiesa di San José, nel quartiere di Flores.

È il momento dell’incontro con la misericordia di Dio, dice papa Francesco, che dichiara di aver ricevuto una rivelazione divina decisiva nel fargli scegliere l’ordine dei Gesuiti.

A proposito di quel periodo, un’ormai ultrasettantenne signora Amalia racconta di essere stata la fidanzatina di Jorge. Ma fu proprio la vocazione a indurre il futuro papa alla rottura del fidanzamento.

Jorge studia al Colegio salesiano Wilfrid Barón de Ramos Mejía nel 1949, prima di entrare nella scuola industriale ENET (Escuela Nacional de Educación Técnica), dove ottiene un diploma di tecnico chimico.

Nel 1957 si ammala di una polmonite piuttosto insidiosa, in seguito alla quale subisce l’asportazione di una parte del polmone destro.

Le cause non sono chiare: potrebbe essere stata causata da una tubercolosi, contratta nei quartieri malfamati dove Bergoglio lavorava e mal curata, o dal tabagismo.

Sempre nel 1957 entra in seminario e nel ’58 nel noviziato della compagnia di Gesù.

2. Da novizio a cardinale

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Insegna letteratura al collegio di Santa Fe (Colegio de la Inmaculada) e in uno di Buenos Aires (Colegio del Salvador), studia teologia al teologato di San Miguel dal 1967 al 1970.

Il 13 dicembre 1969 è ordinato prete dall’arcivescovo di Cordoba, Ramón José Castellano.

Dopo un breve periodo trascorso in Spagna, nel 1972 viene nominato maestro dei novizi del Colegio Máximo San José, un’istituzione gesuita di San Miguel.

A 36 anni diventa Provinciale dei gesuiti d’Argentina, carica che mantiene per sei anni, coincidenti con la dittatura in Argentina di Jorge Rafael Videla.

Le vocazioni scarseggiano e i gesuiti impegnati socialmente sono esposti al giudizio della dittatura militare. Nel 1980 diventa rettore della facoltà di teologia e filosofia dell’ex Colegio Maximo.

Si batte contro la corruzione politica e il suo impegno per le classi più disagiate si fa sempre più forte. Nel 1986, essendo considerato “scomodo” dai piani più alti del potere per la sua lotta contro la corruzione, viene relegato a Cordoba, dove fa il confessore e il prete.

Giovanni Paolo II entra nella sua vita nel maggio del 1992 quando lo nomina vescovo ausiliario di Buenos Aires.

Nel ’98, Bergoglio subentra ad Antonio Quarracino come arcivescovo di Buenos Aires e inizia a manifestare le caratteristiche del suo “stile”: per esempio, rifiuta di alloggiare nell’arcivescovado e affitta un appartamentino vicino alla cattedrale.

Nel 2001, a Roma, Giovanni Paolo II lo nomina cardinale. In occasione delle celebrazioni della sua elezione cardinalizia, non invita i suoi compatrioti di prendervi parte ma distribuisce ai poveri di Buenos Aires il denaro che sarebbe servito a pagare i biglietti aerei.

Il giovedì santo si reca all’ospedale Francisco Muniz e lava i piedi ai malati di Aids. Ormai la sua vicinanza ai deboli è il segno della sua forza spirituale. Nel frattempo, al conclave romano del 2005, viene considerato tra i papabili.

Ma sarà Ratzinger a diventare papa, forse anche a causa di qualche problema di salute di Bergoglio. A lui toccherà nel 2013, quando la storia lo incorona 266esimo vescovo di Roma.

3. Sempre dalla parte dei deboli

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Bergoglio non è diventato “Francesco” solo quando è stato eletto papa. Anche prima, come abbiamo visto, aveva in sé l’animo del santo d’Assisi.

La sua è una storia che si incrocia da sempre con quella degli emarginati, per esempio i desaparecidos in Argentina, persone strappate alle famiglie, torturate e uccise.

Persone che, in alcuni casi, Bergoglio ha sottratto alla morte, esponendosi in prima persona, nascondendole o intercedendo in loro favore.

Il filo rosso che lega Jorge di ieri al pontefice di oggi passa attraverso la disperazione dei bisognosi e l’austerità del suo modo di vivere che, in segno di rispetto verso chi non possiede nulla, si spoglia di qualunque bene superfluo.

Così papa Francesco sostituisce le tradizionali scarpe rosse papali con le sue vecchie e comode scarpe nere e preferisce le utilitarie alle berline di rappresentanza.

Così sceglie di risiedere in un appartamento spartano a Casa Santa Marta e così fa dell’umiltà del santo patrono italiano, Francesco d’Assisi, la propria personale arma d’innovazione alla base del “codice di normalità” introdotto in Vaticano.

Racconta, per esempio, l’argentina Elisabetta Piqué (vaticanista, corrispondente nel nostro Paese dal 1999 e autrice di Francesco. Vita e rivoluzione, un libro che racconta la storia di Bergoglio fino al conclave del 2013), che nel recente raduno degli scout in Vaticano, un vescovo, monsignor Giulietti, responsabile del servizio pastorale della gioventù, si è vestito da scout, scatenando l’imbarazzo dei prelati: è stato proprio Francesco a dargli il lasciapassare con un sorriso complice.

Durante l’incontro con Abu Mazen, presidente dell’autorità palestinese, e l’ex presidente israeliano Shimon Peres, invece, il papa si sarebbe allontanato dai capi di stato per salutarla: «Gesti che non ci si aspetta da un pontefice, ma che in realtà sono “normali”», dice Piqué.

4. Molti favorevoli, pochi contrari e verso gli altri mondi

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Ma quanto è forte la “resistenza” al pontificato di Bergoglio in Vaticano e fuori?

La resistenza esiste, ma è minima e non inficia il lavoro del Santo Padre, ed è lo stesso papa, a questo proposito, ad affermare che “è meglio una Chiesa che sbaglia, ma aperta, dove ci siano punti di vista diversi, che una Chiesa chiusa. La Chiesa, dice il pontefice, è come una madre, che non abbandona mai la famiglia, anche quando essa è avvilita e ferita, ed è anche e soprattutto un ente morale che deve sapere diventare “un ospedale da campo”, pronto a soccorrere chi non ce la fa o a tendere la mano a chi ha sbagliato, dando voce a chi non ce l’ha».

È questo spirito a orientare i viaggi pastorali del papa in Corea, Cuba, Sri Lanka, Medio Oriente e persino a Lampedusa, terra di sbarchi ed esempio di accoglienza.

Il grande progetto di Papa Francesco è quello di una chiesa pulita e umile che lotta contro le esclusioni sociali e si batte per le emergenze umanitarie; che passa attraverso lo smantellamento della pedofilia; che raggiunge le periferie dimenticate; che affronta la corruzione del potere e le mafie a viso aperto.

La Chiesa di Francesco chiede la conversione di chi si è macchiato di peccati gravi e offre il perdono; supera i confini della Chiesa cattolica romana diventando ecumenica, rappresenta un fronte pacifico dal quale avviare un dialogo interreligioso e tende la mano anche all’Islam.

La sua celebre frase “è vero che non si può reagire violentemente, ma se il dottor Gasbarri (l’organizzatore delle visite papali), che è un mio amico, dice una parolaccia contro mia madre, lo aspetta un pugno! Non si può insultare la fede altrui”, rivela in tutto il suo candore la vocazione alla pace e alla tolleranza.

In fin dei conti, Francesco è ancora Jorge.



5. I gesti più eclatanti del suo Pontificato e le donne della sua vita

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  • I gesti più eclatanti del suo Pontificato
    - 13 marzo 2013: la sera dell’elezione, nel momento della vestizione, Papa Francesco respinge la croce pettorale d’oro offerta dal cerimoniere monsignor Guido Marini, preferendole quella di ferro che aveva da vescovo. La stessa sera si presenta sulla Loggia delle Benedizioni con il solo abito talare bianco, rifiutando la mantella di velluto rosso, bordata di ermellino.
    - 14 marzo 2013: rifiuta di andare ad abitare nell’appartamento papale al Palazzo Apostolico, preferendo restare a Casa Santa Marta. Si sposta semplicemente dall’appartamento numero 207 al 201.
    - 14 marzo 2013: decide di non usare la berlina con targa SCV1, propria del Pontefice, ma preferisce muoversi a bordo di un’utilitaria, una Ford Focus azzurro metallizzato.
    - 19 marzo 2013: Messa di insediamento nella basilica di San Pietro. Il Papa rimane in piedi davanti all’altare centrale. Fa sostituire il trono usato per le udienze nella sala Clementina con un un semplice seggio.
    - Giugno 2013: comunica che non farà vacanze e non si trasferirà neanche nelle residenza di Castel Gandolfo. Rimarrà in Vaticano a lavorare.
    - 22 luglio 2013: partenza per Rio de Janeiro per la Giornata Mondiale della Gioventù. Decide di portare un solo bagaglio a mano: una borsa contenente l’indispensabile, che trasporta da sé a bordo del volo Alitalia.
    - 26 maggio 2014: in viaggio in Terrasanta si raccoglie in preghiera di fronte al muro che separa Israele dai territori sotto il controllo dell’Autorità palestinese.
    - 8 giugno 2014: nello storico incontro con il presidente israeliano Shimon Peres, quello palestinese Abu Mazen e il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, li invita a sedersi gli uni vicini agli altri e a pregare insieme.
    - 8 febbraio 2015: prima di raggiungere la parrocchia di San Michele a Pietralata, alla periferia romana, fa fermare la Ford Focus nel campo nomadi di Ponte Mammolo.
    - 25 marzo 2015: Raggiunge nella Cappella Sistina i 150 senzatetto invitati dalla Elemosineria Pontificia a visitare i Musei Vaticani. Dice: «Questa è la casa di tutti, è casa vostra. Le porte sono sempre aperte per tutti».
  • Ecco le donne della sua vita:
    La prima donna e forse la più importante è la nonna Rosa Vassalli. Papa Francesco la ricorda spesso. Con lei ha iniziato a pregare (e non a caso porta con sé le sue preghiere), lei lo ha sostenuto e confortato nella scelta di diventare prete.
    C’è poi la sorella più giovane, Maria Elena, con cui è sempre stato protettivo, e ancora Alicia Oliveira, l’amica magistrato che ha aiutato quando, perseguitata dal regime di Videla, era costretta alla clandestinità.








Note

LA SUA GIORNATA COMINCIA ALLE 4.45
... e continua tra preghiera, lavoro, incontri con le autorità e con la gente comune no a sera. Poche pause: qualche passeggiata, se può. Per fortuna alle 22 è già a letto.

Ore 4.45: suona la sveglia.

Ore 5.00: inizia l’ora di meditazione e le preghiere personali.

Ore 7.00: si reca nella cappella di Casa Santa Marta per celebrare la messa: vi assiste una cinquantina di fedeli di varie parrocchie romane che vengono salutati uno per uno.

Ore 8.00: consuma la colazione nel refettorio, insieme agli altri prelati. Siede a un tavolo laterale a sinistra dell’ingresso con i due segretari. Normalmente prende un bicchiere di succo d’arancia e un caffè.

Ore 9.00: si ritira nel suo studio, dove riceve i rappresentanti delle nunziature del mondo, legge la rassegna stampa, esamina i documenti che gli vengono sottoposti e ove possibile seleziona un numero di lettere che arrivano dai fedeli.

Tra le 10 e le 11: segue le udienze private in calendario. Esse si svolgono di solito in Vaticano, al Palazzo apostolico, anche se alcune volte il papa riceve in udienza privata a Santa Marta, come nel caso di Shimon Peres e Abu Mazen.

Ore 10.30 del mercoledì: udienza generale in Piazza San Pietro.

12.30: se non ha impegni ufficiali, fa una passeggiata accompagnato dalla gendarmeria vaticana.

13.00: si reca alla mensa di Casa Santa Marta per pranzare con gli altri prelati. Il primo piatto viene servito a tavola, il secondo è self service. A servire sono normalmente due suore in abito viola, accompagnate da camerieri.
Ogni tavolo è dotato di un cesto di frutta, dove non mancano mai banane e kiwi, oltre alla frutta di stagione. In tavola ci sono anche una bottiglia di acqua gasata, una naturale e due di vino (uno rosso e l’altro bianco: di solito si tratta di vini da tavola del Monferrato).
Il primo piatto è di solito una pasta asciutta o una zuppa (al Papa piacciono particolarmente). Per secondo, ci sono cotolette, scaloppine, merluzzo in bianco o altre alternative non particolarmente elaborate.
Il Pontefice ama soprattutto il pollo e non dimentica mai di servirsi di verdure e apprezza molto i dolci. Per finire beve il caffè.

Ore 14.30: si ritira nel suo appartamento per una breve siesta di circa trenta minuti.

Dalle 15 in avanti: il papa dedica uno spazio alla preghiera, poi si concentra sulle attività ufficiali in calendario: incontri, lettere, chiamate. Una serie di pause dedicate al Santo Rosario intervallano il suo lavoro.

Ore 19.00: adorazione del Santissimo Sacramento.

Ore 20.00: sempre nella mensa di Casa Santa Marta viene servita la cena. Papa Francesco non ama mangiare molto di sera. Di solito si limita a prendere un tè o della frutta.

Ore 21.00: il papa si ritira nelle sue stanze in preghiera.

Ore 21.30-22.00: cerca di riposare. Non ama addormentarsi tardi.

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