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Pettirosso: un passeriforme incredibilmente forte e determinato

Il pettirosso (Erithacus rubecula) è un piccolo e diffuso passeriforme insettivoro, facilmente riconoscibile per la forma paffuta e l’evidente piumaggio del petto color rosso arancio.

Questa caratteristica è anche riportata nel suo binomio scientifico rubecula, da ruber – rosso, dal naturalista Carlo Linneo, che per primo ne ha descritto la specie nel 1758, classificandolo nella famiglia Turdidae, la stessa di tordo e merlo.

Di recente, la sua sistematica è stata aggiornata, inserendolo nei Muscicapidae: condivide infatti caratteristiche fisiche e comportamentali con il pigliamosche (Muscicapa striata), l’usignolo (Luscinia megarhynchos), la balia (Ficedula spp.) e il codirossone (Monticola saxatilis).

La vita del pettirosso è una vita straordinaria. Può sembrare timido e gracile, ha invece in sé un’incredibile forza e determinazione, che lo portano a essere tra i principali protagonisti della vita alata del nostro ambiente arboreo e arbustivo. Scopriamolo insieme.

1. Quel canto che arriva dal nord

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In Europa Occidentale il pettirosso è nidificante ovunque.

La popolazione meridionale è per lo più stanziale, mentre quelle delle regioni più settentrionali, in particolare dalla Scandinavia alla Russia, migrano a sud in gran numero all’arrivo delle prime perturbazioni autunnali, verso territori con clima più temperato, alcuni fino ai Paesi dell’Africa mediterranea.

È infatti una specie molto sensibile ai cambiamenti di temperatura, tanto da essere il primo uccello a migrare ai primi freddi, per poi tornare al suo quartiere riproduttivo già alla fine dell’inverno.

Appena arrivato nelle aree di svernamento, annuncia la sua presenza con un inconfondibile canto flautato e tremolante, dando una nota di calore alle gelide giornate invernali.

Ha così ispirato anche l’opera n. 22 “Grande polonaise brillante”, del compositore polacco Fryderyk Chopin, in cui si può percepire la cadenza del suo gorgheggio. In realtà, con il canto avvisa la presenza nel suo territorio, così da tenere alla larga altri pettirossi, i quali, a meno di violenti scontri, ne stanno a distanza di sicurezza.

Il pettirosso è tra i primi passeriformi a iniziare la stagione riproduttiva: il maschio richiama la femmina già dal mese di febbraio. Formata la coppia, è solo la femmina a costruire il nido.

Molto abile a intrecciarlo esternamente con muschi, licheni e foglie, lo fodera all’interno anche con soffici e calde piume. Ogni luogo tranquillo è buono per deporre le uova, generalmente da 4 a 6, con due covate nella stessa stagione riproduttiva.

Il pulcino alla nascita pesa appena un grammo, ma in soli 10 giorni, con una crescita sorprendente, eguaglia il peso di un adulto di quasi 18 grammi. Mentre la femmina cova la seconda nidiata, è poi compito del maschio seguire i precedenti giovani durante i primi voli.

2. Se vedo rosso mi arrabbio

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Si attribuisce al filosofo Zenodoto, primo direttore della biblioteca di Alessandria d’Egitto, la frase ”un cespuglio non potrà mai ospitare due pettirossi”.

Lo scritto, che sostiene che non possono coesistere pacificamente nello stesso luogo due individui e che illustra il comportamento territoriale del passeriforme, è il risultato di un’osservazione naturalistica di 2.000 anni fa.

Dall’aspetto inoffensivo e dal peso di soli 20 grammi, il pettirosso è però capace di grande aggressività verso i suoi simili, pretendenti lo stesso territorio. Non nasconde mai la sua presenza, e il suo persistente canto e la macchia rossa ne sono testimonianza.

Si è visto che attacca con violenza anche un semplice batuffolo rosso legato al ramo di un albero. Se l’intruso non desiste, è pronto a uno scontro fisico con poderose beccate e colpi con le zampe, sia a terra sia a mezz’aria.

I duelli sono talmente violenti che possono anche essere mortali per uno dei due. Durante il primo anno di vita, i giovani non presentano ancora la macchia rossa sul petto: in tal modo non vengono attaccati dagli adulti, che non li percepiscono come rivali.

Hanno così il tempo di imparare la prima e antica regola del pettirosso: un cespuglio, un pettirosso. 

Il pettirosso è tra i passeriformi più attivi e frenetici, sia nella ricerca del cibo sia nella difesa del territorio. Si sposta a terra con rapidi saltelli, e può rimanere a mezz’aria per alcuni secondi battendo vorticosamente le ali.

Oltre ad avere uno sviluppato apparato muscolare, ha un cuore capace di resistere a forti accelerazioni cardiache e di superare i 600 battiti al minuto. Un vero record, se si pensa che un piccione durante il volo arriva a non più di 300 battiti.

Per la sua irrefrenabile attività, il pettirosso ha però una vita breve, in media 2-3 anni, anche se a volte può raggiungere gli 8-10 anni di età. Rispetto ad altri passeriformi simili per forma e dimensioni, gli occhi del pettirosso sono più grandi e ben evidenti ai lati del capo.

Grazie a questa caratteristica, percepisce una maggiore quantità di luce e riesce perciò a essere il primo a cacciare e cantare, ancor prima del sorgere del sole.

Nelle aree urbane e nei parchi cittadini con la presenza di illuminazione artificiale e discreta visibilità, il pettirosso è in grado di muoversi anche in piena notte.

3. Confidente, forse troppo

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Per l’evidente macchia rossa e le reazioni di difesa territoriale, il pettirosso è tra i passeriformi più visibili e avvicinabili nei nostri parchi e giardini.

Con l’arrivo dell’inverno e delle popolazioni del Nord Europa, si nota come molti esemplari mostrino una confidenza ancor più accentuata nei nostri riguardi.

Per un pettirosso scandinavo, tedesco o proveniente dalla steppa russa, dove il rispetto della fauna selvatica è maggiore che da noi, è infatti normale avvicinarsi a un uomo senza temere troppo per la propria incolumità.

Il pettirosso è un grande cacciatore di insetti, lumache e piccoli vermi, che cattura a terra individuandoli da un posatoio o zampettando tra erba e foglie.

Per facilitarsi il compito, spesso segue i mammiferi domestici e selvatici al pascolo, che con il movimento spostano e rendono visibili le sue piccole prede.

È per questo motivo che può succedere di osservare un pettirosso muoversi indifferente tra le gambe di chi lavora in un orto o in un giardino, attento a individuare gli animali che si muovono sul terreno.

Ma la sua estrema sicurezza lo porta spesso a cadere facile preda di agili rapaci, come lo sparviere (Accipiter nisus), e ancor più di gatti domestici, efficaci e comuni predatori di molti giardini.

4. Mangiatoia per uno

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Osservando attentamente un giardino durante l’inverno, è facile trovare un pettirosso che lo ha scelto come regno personale per tutta la stagione.

Per favorirne la permanenza, occorre mettergli a disposizione una piccola dispensa di cibo.

La classica mangiatoia a casetta, posta in cima a un palo a circa 1,5 m da terra, è la più facile da realizzare e da trovare in commercio.

Più importante della forma, è la posizione dove viene installata: deve essere vicino a una siepe o a un albero. In tal modo, il pettirosso può controllare da un posatoio sicuro se il tragitto verso la mangiatoia è libero da pericoli e predatori.

Il massimo gradimento è per il formaggio morbido o per del semplice grasso animale, alimenti ricchi di energia e proteine. Ma anche preparazioni a base di uvetta e frutta secca, come il panettone natalizio, fanno felice il nostro ospite.

Con questa mangiatoia viene attirata anche tutta la rappresentanza ornitica del giardino: cinciallegra (Parus major), cinciarella (Parus caeruleus), fringuello (Fringilla coelebs) e merlo (Turdus merula).

Anche se il pettirosso difenderà la sua mangiatoia da altri simili, e in estremi di spavalderia, anche da tutte le altre specie.



5. Operazione pettirosso

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Ogni autunno, al diminuire delle ore di luce e con l’arrivo delle correnti di aria fredda, i pettirossi volano a decine di migliaia dalle latitudini più settentrionali verso il Sud Europa, dove cercano temperature più miti e maggiore disponibilità di cibo.

Gli stormi che arrivano in Italia, per non volare a quote troppo elevate, percorrono le valli e i valichi che tagliano trasversalmente la nostra catena alpina.

Gli uccelli che attraversano le Prealpi lombarde tra le province di Brescia e Bergamo si trovano a volare lungo un letale collo di bottiglia, fatto di appostamenti di caccia alle quote più alte, e trappole e reti di cattura più a valle, tra boschi e cespugli.

In quest’area geografica è molto diffusa la caccia ai migratori, che per numero di cacciatori e quantità di appostamenti fissi, tra i più numerosi in Italia, dà poche possibilità di vita ai malcapitati uccelli che passano di qui durante il viaggio verso sud.

Sotto i colpi di migliaia di fucili, qui sono abbattute anche specie protette quali pettirossi, cince, codibugnoli e pispole.

Ma ancor più pericolose sono le micidiali trappole: reti e archetti che vengono nascosti dai bracconieri tra i cespugli di queste valli e che uccidono in maniera indiscriminata migliaia di piccoli passeriformi, di cui il pettirosso è la specie più rappresentativa.

Quest’attività illegale è talmente diffusa, che da più di venti anni il Corpo forestale dello Stato la contrasta con uno speciale nucleo antibracconaggio, che lavora in collaborazione con la vigilanza venatoria del WWF Lombardia e i volontari del CABS, il Comitato europeo contro l’uccellagione.

Attivo dalla Spagna all’isola di Cipro fin dal 1975, è un gruppo di volontari che contrasta il bracconaggio e divulga i danni che questo produce. Per avere un quadro completo su questa attività illegale in Italia e in Europa, visitate il sito www.komitee.de/it/start e sostenete la loro opera.






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