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Pietro il Grande e San Pietroburgo

Pietro I il Grande è stato zar delle Russie tra il 1672 ed il 1725.

Alla morte della madre, avvenuta nel 1694, mise mano ad una serie di riforme determinanti per la Russia, che divenne per suo merito una grande potenza.

Pietro I, fu il gigante della Russia moderna, colui che strappò il suo paese dalla zolla asiatica e lo aprì all'Europa.

La sua storia iniziò nel 1725, al capezzale dello zar morente: la storia della seconda vita di Pietro, la vita che proseguì dopo la morte attraverso il mito e le sue continue metamorfosi, passando per fasi di successo e momenti di crisi, ma sempre rimasta centrale nella memoria russa sotto tutti i regimi, da Caterina IIStalin, da  Gorbachev a Putin.

Nessun altro sovrano russo fu raffigurato tanto spesso e così a lungo come Pietro. Riprodotta in centianaia e centinaia di quadri, monete, medaglie, statue, busti, e recentemente in cartelloni pubblicitari,la sua figura si trasformò nell'icona stessa della Russia. 

E questa icona ha attraversato i secoli, immutabile, senza essere calpestata, come capitò invece ad altri protagonisti della storia russa. Le statue di Pietro non furono mai abbatture sotto nessun regime. 

Persino quando, per decreto di Lenin, furono tolte dalla Russia pre-bolscevica tutre le effigi zariste, il monumento equestre nella piazza del Senato fu risparmiato.

1672: Pietro nasce a Mosca. Alla morte del fratello Ivan, nel 1696, diviene l'unico sovrano.
1703: Fonda San Pietroburgo capitale dell'impero. Prosegue la guerra contro la Svezia.
1709: Grande vittoria a Poltava, nell'Ucraina centrale, contro gli svedesi di Carlo XII. Inizia la supremazia russa nel Baltico.
1717: Sventa una congiura ordita dal boiaro Kikin. Degli oppositori fa parte suo figlio Aleksei:vengono tutti condannati a morte.
1724: Dopo avere nel 1721 firmato la pace con la Svezia, con una serie di guerre contro gli imperi persiano e turco conquista il litorale occidentale e meridionale del Caspio.
1725: Muore a San Pietroburgo. Gli succede la seconda moglie Caterina I, imperatrice, dal 1724.

1. Pietro il ....Gigante e Pietro il ...Selvaggio

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Gigantismo e barbarie sembrano andare sotto braccio con un sovrano che alternava eroismo a crudeltà spinta al limite del sadismo, arbitrio incontenibile del potere a volontà di modernizzare il paese.

Giunto al comando nel 1689 spodestando la reggente Sofia, sua sorella, il nuovo zar fu un gigante della politica che cambiò le regole con forza demiurgica, spinto all'azione dal suo stesso temperamento, privo di scrupoli religiosi, pronto a rompere le tradizioni che potevano essergli d'ostacolo.

Con piglio da despota illuminato, realizzò una sequela ininterrotta di riforme, con cui ribaltò ogni aspetto della società russa per renderla simile a quelle europee. Sulle rive della Neva e sulle sponde del Baltico giocò le carte vincenti.

Li fondò la nuova capitale provocatoriamente costruita in un territorio di recente (e all'epoca ancora incerta) conquista.

San Pietroburgo doveva essere la finestra della Russia verso l'Europa, una finestra attraverso la quale la Russia doveva mostrarsi e imporsi all'Europa, e non viceversa.

Aprì le porte a un numero molto ampio di occidentali di varia provenienza e qualità: oltre agli architetti italiani, tecnici delle costruzioni navali olandesi, gesuiti e luterani esperti nell'educazione della nobiltà, uomini d'armi ed eruditi poliglotti tedeschi.  

Creò dal nulla industrie tessili e navali, prendendo a modello quelle europee. Aprì scuole e università per dotare il paese di competenze all'altezza degli obiettivi. Abbassò il potere della Chiesa ortodossa e legò la nobiltà al servizio dello Stato.

Soprattutto attrezzò il suo paese di quella forza militare di cui mancava, facendo costruire la prima marina militare russa. La guerra fu la conseguenza di tali scelte.

E fu guerra per la conquista dei mari caldi, a partire dal Baltico, dove lo zar inflisse terribili  sconfitte alla Svezia e dopo la battaglia della Poltava impose la supremazia della Russia. Con lui il grande impero uscì dal suo bozzolo orientale e prese il volo verso l'Europa.

La Russia era definitivamente entrata nel sistema delle relazioni internazionali.

Dietro al signore assoluto di uno dei massimi paesi del mondo, si nascondeva una personaliti bizzarra e selvaggia. Pietro presenziò alle torture inflitte al figlio primogenito Aleksej Petrovic, accusato di alto tradimento, e ne accettò la condanna a morte.

Sposò in seconde nozze una contadina analfabeta della Livonia, Marta Skravonskaja, incoronata imperatrice nel 1724 con il nome di Caterina I. Con lei visse in semplici casupole più spesso che nei palazzi reali di Mosca e San Pietroburgo.

Vestiva come un capomastro e si circondava di nani, di storpi, di mostri, non rinunciando a perdersi con loro in omeriche bevute e in volgari festini sessuali. Le sue imprese militari tanto quanto il lato privato della sua vita fornirono infinito materiale per l'invenzione del mito.

2. Gli inizi sul Baltico furono disastrosi

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L'esercito russo di Pietro fu quasi subito sconfitto a Narva dal sovrano svedese Carlo XII, nel novembre del 1700.

Per salvarsi dal rischio di un disastro militare, Pietro ordinò una mobilitazione di massa che permise di radunare 200.000 uomini. Li affidò a esperti militari stranieri.

Questi introdussero fra l'altro il fucile a pietra focaia, la baionetta e l'utilizzo strategico dell'artiglieria. Una nuova minaccia arrivò quando i Cosacchi del Don si allearono agli Svedesi, che si erano lanciati in una spedizione attraverso la Russia.

La catastrofe fu scongiurata dalla vittoria russa a Poltava, nel giugno del 1709, che sarebbe rimasta nella memoria nazionate russa.

A quel punto Pietro sfruttò l'onda del successo. 0ccupò la Finlandia e saccheggiò le coste della Svezia, con cui concluse le ostilità con il trattato di Nystad del 1721.

A sud aveva conquistato la piazzaforte turca di Azov, nel 1696, con un'operazione pianificata per assicurare alla Russia il controllo della costa del Mar Nero.

Aveva a tale scopo predisposto un'imponente flotta sul Don, costruita sotto la direzione di ingegneri austriaci, veneziani e olandesi. I Turchi, tuttavia, riconquistarono Azov net 1711.

Più fortunata risultò l'imponente espansione verso l'Asia, dove mercanti russi avevano avviato un ricco commercio di seta e di pellicce. Pietro spostò le frontiere della Russia sino alla penisola della Kamchatka e alle isole Curili.

Con lui la Russia arrivò ai confini della Cina e del Giappone. In Asia centrale occupò Derbent e Baku e obbligò la Persia alla cessione delle province affacciate sul litorate meridionate del Mar Caspio.

Sorse allora quel gigantesco impero euroasiatico che nel corso del Settecento si estenderà dalla Polonia e dal Baltico al mar Nero, alla Siberia, all'Alaska, all'Asia centrale.

3. La vita dopo la morte

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Lo zar ebbe solenni esequie il 10 marzo 1725 nella cattedrale dei Santi Pietro e Paolo e fu in quella circostanza che l'arcivescovo di Pskov inneggiò a lui chiamandolo "il Grande".

Il corpo di Pierro il Grande non era ancora sepolto che il suo mito cominciò a vivere. Subito dopo la morte i Russi fecero a gara per raccogliere oggetti che lo ricordavano.

Ognuno di essi celebrava un tratto di quella vita, presto divenuta leggendaria. L'uniforme indossata alla battaglia della Poltava eru il pezzo di maggior valore.

E poi gli stivali neri, grandi come i piedi di quel gigante che li aveva calzati,la spada, il bastone d'oro, la sella, gli speroni, persino i calzini e la cuffia da notte.

Simili a reliquie di un nascente culto nazionale, lo zar consegnava ai Russi altri cimeli, come gli attrezzi dei tanti mestieri cui si era appassionato: arnesi chirurgici, strumenti per la navigazione, il martello, il tornio e la pialla dello "zat falegname", la scrivania su cui aveva posato i gomiti quando sorvegliava i cantieri della citti nuova.

Il suo corpo fu imbalsamato, ma cosi maldestramente che dopo 40 giorni dovette essere sepolto. Andò meglio al suo cagnolino e al cavallo che aveva montato alla Poltava, che, imbalsamati pur essi, rimasero esposti al pubblico per vari mesi.

Nessun altro sovrano russo fu raffigurato tanto spesso e così a lungo come Pietro. Riprodotta in centianaia e centinaia di quadri, monete, medaglie, statue, busti, e recentemente in cartelloni pubblicitari,la sua figura si trasformò nell'icona stessa della Russia.

E questa icona ha attraversato i secoli, immutabile, senza essere calpestata, come capitò invece ad altri protagonisti della storia russa. Le statue di Pietro non furono mai abbatture sotto nessun regime.

Persino quando, per decreto di Lenin, furono tolte dalla Russia pre-bolscevica tutre le effigi zariste, il monumento equestre nella piazza del Senato fu risparmiato.

4. Il Cavaliere di bronzo

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L'ammirazione per Pietro divenne nel XVIII secolo una vera e propria venerazione, una specie di culto civile in cui si riconobbe la Russia.

La zarina Caterina II capì che per legittimare il potere doveva legarlo alla figura del suo predecessore, al quale per altro la sua politica si richiamava sotto molti aspetti. 

Commissionò allo scultore francese Etienne Maurice Falconet una grandiosa statua equestre in bronzo che fu posata su un blocco di pietra volutamente lasciato grezzo.

I contemporanei lo chiamarono "pietra tonante". A molti ricordava lo scoglio da cui Pietro scrutava il golfo di Finlandia, l'orizzonte delle sue conquiste sui mari.

Fu il primo monumento pubblico nella storia della Russia. Incoronato di alloro,lo zar indossa una cappa e monta un cavallo che si impenna e che sotto gli zoccoli calpesta un serpente.

Chiara l'allusione al drago schiacciato da San Giorgio, a suggerire l'audacia del sovrano. La mano destra si alza a indicare la Fortezza dei Santi Pietro e Paolo e simbolicamente il futuro della Russia. 

Il Cavaliere di Bronzo (cosi i pietroburghesi chiamavano il monumento equestre), durante l'assedio nazista che per 29 mesi, tra il settembre l941 e il gennaio 1944, imprigionò la città di San Pietroburgo in una trappola di morte, restò al proprio posto, protetto da sacchetti di sabbia e da una staccionata di legno.

Stette lì a compiere il suo dovere perchè circolava voce che se il Cavaliere fosse stato rimosso, la città sarebbe caduta.



5. San Pietroburbo: la città dai tanti nomi

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La cura per le forme nella cultura russa è una ossessione radicata. Trapela anche nelle variazioni dei toponimi. 

La Königsberg di Kant è oggi Kaliningrad

Ekaterinburg, capoluogo industriale degli Urali, fondata nel 1723, la città dove nel 1918 fu sterminata dai bolscevichi la famiglia dell'ultimo zar, sotto l'URSS era Sverdlovsk, dal nome del compagno di lotta di Lenin. E ancora oggi in qualche guida può capitare di trovare il toponimo sovietico, soppresso nel 1991.

La città di Pietro è l'esempio più clamoroso del gusto che provano i Russi per le forme. San Pietroburgo fu fondata nel 1703 sul Mar Baltico, quasi al culmine del golfo di Finlandia, nel delta di un emissario del lago Ladoga, la Neva, che qui si divide in numerosi bracci.

Lo zar Pietro il Grande, che cacciò gli svedesi dal delta del fiume, voleva così creare una nuova città che rappresentasse una sorta di "finestra sull'Europa", per occidentalizzare rapidamente il Paese.

ll nome originale di Sankt Piter burkh era stato dato in lingua olandese dallo stesso zar, perchè Pietro aveva studiato in incognito in Olanda e ne ammirava la cultura, la tecnologia, lo stile di vita.

Il nome fu poi cambiato in quello russo, ma di ascendenza tedesca, di Sankt-Peterburg. Allo scoppio della Prima guerra mondiale, nel 1914, quel toponimo apparve troppo germanofilo e perciò fu cambiato in Pietrogrado, di matrice slava.

Alla morte di Lenin, nel 1924, la città cambiò nuovamente nome e divenne Leningrado, per celebrare l'eroe della rivoluzione bolscevica. Proprio a San Pietroburgo-Pietrogrado-Leningrado la Rivotuzione aveva fatto le sue prime prove. 

Nett'ottobre det 1917 l'incrociatore Aurora alla rada di fronte atta città, aveva sparato iI colpo che diede inizio all'assalto del Patazzo d'lnverno.

Dopo la fine dell'URSS, nel 1991 il toponimo originale di San Pietroburgo fu ripristinato a seguito di un referendum popolare (54% favorevoli).

Tuttavia, per ricordare l'assedio tedesco del 1941-1944, ogni 9 maggio, la data della resa della Germania nella Seconda guerra mondiale, la città torna per un solo giorno a chiamarsi Leningrado.






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