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Quirkology: la scienza che spiega la vita quotidiana

Fate un test. Dovete comprare una calcolatrice e al negozio il commesso vi mostra un modello adatto alle vostre esigenze: costa 20 euro.

Poi vi informa che il giorno dopo la stessa calcolatrice sarà scontata e costerà solo 5 euro. La comprate subito o tornate il giorno seguente?

Immaginate ora che vi serva un bel televisore ultrapiatto. Vi recate al negozio e il commesso ve ne mostra uno: 999 euro. Anche in questo caso, vi si dice che il giorno dopo lo stesso modello costerà 984 euro. Lo comprate subito o rimandate l’acquisto?

Se pensate di approfittare della promozione per la calcolatrice, ma di acquistare subito il televisore perché il risparmio è minimo, non avete realizzato che in realtà lo sconto è identico. Tranquilli: oltre il 70 per cento delle persone ragiona così.

Se avete deciso di tornare al negozio il giorno dopo per la calcolatrice e di comprare subito il televisore, la vostra mente è incapace di elaborare un pensiero razionale tenendo conto del risparmio ma, al contrario, vede solo la percentuale sull’intera somma.

La cifra che si risparmia, infatti, equivale al 75% del prezzo della calcolatrice, ma solo all’1,5% di quello della TV. Spiega perché Richard Wiseman, docente di psicologia della University of Hertfordshire (Regno Unito), che ha studiato un nuovo tipo di scienza applicata al quotidiano: la quirkology.

Lo studioso ha raccolto centinaia di studi di psicologia che spiegano i comportamenti umani quotidiani: sembrano banali, mentre sono importanti per capire la mente umana.

Perché si legge l’oroscopo sapendo che non può predire il futuro? Perché si è onesti una volta sì e una no? E perché si sorride agli altri senza essere felici?

Una nuova scienza dal nome bizzarro, la quirkology, spiega come funziona la mente, partendo dalle banalità della vita di tutti i giorni. Vediamo qualche esempio.

1. È sempre vero ciò che ricordate e perché credete all’oroscopo?

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  • È sempre vero ciò che ricordate?
    Gli inganni quotidiani non dipendono sempre dagli altri, ma spesso proprio da noi.
    Lo ha dimostrato Kimberley Wade della Victoria University di Wellington (Nuova Zelanda) che ha fatto vedere ai volontari di un esperimento alcune immagini da lei modificate, che li ritraevano da bambini in mongolfiera.
    Nessuno c’era mai salito, eppure quasi tutti avevano affermato che era successo davvero. Erano stati indotti a rammentare eventi che non si erano mai verificati.
    «La nostra memoria è molto più malleabile di quanto crediamo. Quando una figura autorevole afferma che noi abbiamo vissuto un certo avvenimento, siamo in difficoltà a negarlo e iniziamo ad “adeguare” i nostri ricordi con l’immaginazione. Dopo un po’ diventa impossibile distinguere la realtà dalla fantasia e finiamo per credere alla menzogna», commenta Richard Wiseman.
  • Perché credete all’oroscopo?
    Se leggete la pagina dell’oroscopo, siete tra quei 13 milioni di italiani che cercano di decifrare il destino con l’aiuto delle stelle.
    Perché quelle poche righe dedicate al nostro segno zodiacale sembrano riferite proprio a noi? «Si chiama “effetto Barnum”», spiega Richard Wiseman, autore di Quirkology. «Prende il nome dallo showman americano Phineas Taylor Barnum, famoso per aver detto che un buon circo deve avere qualcosa per chiunque».
    In sostanza, i profili astrologici vengono formulati con indicazioni talmente generiche che chiunque può riconoscervisi, come ha verificato Susan Blackmore intervistando oltre 6mila persone.
    Quasi la metà di esse si era riconosciuta in profili elaborati a casaccio o, addirittura, di serial killer e delinquenti.
    «C’è anche il cosiddetto effetto adulatorio. Molti di noi sono inclini a dare credito a chi ci mette in buona luce e dunque ad appoggiare asserzioni che ci definiscono positivamente» conclude Wiseman.

2. Sapete scovare un bugiardo?

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Provate a fare questo esperimento: disegnatevi con il dito indice una “Q” maiuscola sulla fronte.

Come l’avete disegnata? Come se foste voi a leggerla, quindi con la barretta verso destra, o piuttosto verso sinistra, come se doveste farla leggere a chi avete di fronte?

Se l’avete resa leggibile a chi vi sta di fronte, possedete la dote dell’“automonitoraggio”, mentre se l’avete disegnata al contrario ne siete sprovvisti. 

Questo piccolo test, secondo Wiseman, svela se siete “bravi” bugiardi:
«Gli individui con un buon automonitoraggio si preoccupano di come gli altri li vedono. Sono felici di essere al centro dell’attenzione, adattano con facilità il proprio comportamento alla situazione in cui si trovano e sono abili nel manipolare l’opinione altrui. Di conseguenza, sono bravi bugiardi. Le persone con scarso automonitoraggio appaiono invece sempre uguali in circostanze differenti. La loro condotta è guidata soprattutto dai loro valori ed emozioni interiori, e sono meno consapevoli dell’impatto che hanno su chi li circonda. Nella vita tendono anche a mentire meno e dunque non sono abili nell’inganno».

Ma come si fa a smascherare i bugiardi? Ogni giorno ci capita d’imbatterci in persone che stanno mentendo e anche noi diciamo qualche bugia. Anche per questo aspetto della vita quotidiana la quirkology ha delle spiegazioni.

Richard Wiseman ha intervistato il comico Leslie Nielsen e gli ha chiesto qual è il suo cibo preferito. Nielsen ha fatto due affermazioni, una delle quali è falsa. Vediamo come riuscire a individuarla.

Ecco la prima: «Il mio cibo preferito è il ketchup. Riesco a metterlo dappertutto, forse è legato a un ricordo di quando ero bambino, quando mia madre mi preparò uno spuntino a base di burro e ketchup. Ne vado matto e se sono di buonumore, mi fa sentire ancora meglio».

Ed ecco la seconda: «Il mio cibo preferito è sicuramente la panna acida. La metti sul guacamole e in altri piatti, ha un sapore insolito, con un tenore di grassi non eccessivo, un aspetto a cui sto molto attento, ha un gusto nuovo».

Che cosa piace davvero all’attore? La risposta giusta è il ketchup e a rivelarlo sono i meccanismi di smascheramento della menzogna, come li chiama il ricercatore.

Per esempio, il cosiddetto “distanziamento psicologico”:
«Quando Leslie è sincero, usa più verbi alla prima persona singolare rispetto a quando mente. Inoltre, descrive in modo particolareggiato l’esperienza infantile associata al ketchup, arricchendola con le sue emozioni (verbi come sentire, ricordare, andarne matto). La bugia è invece espressa in modo più oggettivo: come si consuma la panna acida, il sapore inconsueto, il basso tenore di grassi. Si avverte una distanza emotiva», dice Wiseman.

In controtendenza rispetto alle teorie secondo le quali si smaschera chi mente soprattutto grazie al linguaggio del corpo, l’autore precisa:
«I segni più affidabili si trovano nella voce del vostro interlocutore e nelle sue scelte linguistiche inconsce: la mancanza di dettagli fondamentali nelle sue descrizioni, un maggior numero di pause e tentennamenti, il distanziamento dall’imbroglio mediante l’assenza di riferimenti personali come i verbi alla prima persona singolare e le esternazioni emotive, la memoria prodigiosa di cui il bugiardo sembra dotato per le informazioni banali che i sinceri invece dimenticano».

Per dimostrare che nello smascherare un bugiardo l’udito conta di più della vista, l’intervista di Wiseman a Nielsen fu trasmessa per radio, TV e trascritta su un giornale. I telespettatori non riconobbero la bugia, mentre il 64% dei lettori sì. I migliori furono gli ascoltatori radiofonici: oltre il 70% di loro indovinò la verità.

3. Il nome incide sul destino?

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I ricercatori americani Arthur Hartman, Robert Nicolay e Jesse Hurley si sono chiesti se il nome di battesimo influenzi il comportamento e la personalità e hanno scoperto che chi ha nomi poco diffusi è più soggetto a soffrire di disturbi psicologici rispetto a chi ha un nome normale.

Altre ricerche hanno dimostrato che gli insegnanti danno voti migliori a chi possiede un nome più comune, altre ancora (quelle dello psichiatra William Murphy) hanno rilevato che chi ha un cognome che rimanda a un concetto negativo (Brutto, Basso, Grasso) soffre di complessi di inferiorità.

Di parere opposto è invece lo psicologo Richard Zweigenhaft, secondo il quale chi ha un nome insolito ha molte più probabilità di avere successo nella vita.

Anche le iniziali del nome influenzano le scelte: il ricercatore Brett Pelham ha notato che durante le elezioni presidenziali americane del 2000, le persone il cui cognome iniziava per B erano più inclini a fare donazioni a Bush, mentre quelle che avevano il cognome che iniziava con la G sostenevano Gore. 

Si tratta di un sistema di “attrazione inconscia” che ci influenza più di quanto possiamo sospettare. Durante un esperimento all’Università di New York, invece, alcuni volontari dovevano usare una serie di parole per comporre frasi di senso compiuto.

Chi aveva a disposizione parole che richiamavano la vecchiaia (canuto, rugoso, anziano) aveva impiegato più tempo a raggiungere l’ascensore per andarsene: «Quella manciata di parole aveva “aggiunto” anni alla loro vita, inducendoli a camminare come anziani», ipotizzano gli autori.

4. Perché sorridete, se siete infelici e siete sempre onesti?

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  • Perché sorridete, se siete infelici?
    La maggior parte delle persone non sorride perché è realmente felice, ma per convincere gli altri di esserlo.
    I ricercatori della Cornell University (Usa), hanno monitorato gruppi di amici che giocavano a bowling.
    Solo il 4% di chi aveva fatto strike aveva sorriso per il colpo perfetto. La percentuale cresceva quando i giocatori si rivolgevano agli amici: quasi il 45% esibiva un sorriso stampato in faccia.
    Negli Stati Uniti lo chiamano “Pan American smile”, facendo riferimento al nome dalla compagnia aerea che vantava per tradizione hostess sempre sorridenti.
    Wiseman e altri ricercatori hanno studiato il sorriso prendendo spunto da quello della Gioconda di Leonardo. Guardando solo la bocca e poi solo gli occhi, l’espressione di Monna Lisa cambia.
    Lo spiega la neuroscienziata Margaret Livingstone:
    «L’occhio umano vede in due modi diversi. Quando guardiamo direttamente qualcosa, la luce cade sulla porzione centrale della retina, detta fovea, abilissima nel distinguere oggetti relativamente luminosi, per esempio quelli esposti alla luce solare. Quando scorgiamo qualcosa con la coda dell’occhio, la luce cade invece sulla regione periferica della retina, che è più adatta a cogliere gli oggetti nella semioscurità. Leonardo usa le due parti della retina per ingannare l’occhio sfruttando le ombre degli zigomi per rendere la bocca più scura rispetto al resto della faccia. Di conseguenza, il sorriso è più palese quando lo spettatore guarda gli occhi della Gioconda, perché lo percepisce con la visione periferica. Quando guardiamo direttamente la bocca, vediamo meglio la zona buia del dipinto con la fovea, perciò il sorriso pare molto meno pronunciato».
  • Siete sempre onesti?
    Siete davanti al bancomat e prima di cominciare l’operazione di prelievo esce dallo sportello una banconota da 10 euro. La prendete o la restituite alla banca?
    Altro esempio. Siete da McDonald’s. Il commesso batte lo scontrino e vi restituisce 10 euro in più. Che ne fate?
    Ancora: il calzolaio vi rende 10 euro in più. I risultati della ricerca, condotta su migliaia di persone, danno un esito preciso: si tende a essere disonesti nei confronti di soggetti ritenuti più “fortunati” di noi (la banca e McDonald’s, ma non l’artigiano al quale la maggior parte di noi renderebbe il denaro in sovrappiù).
    Si chiama psicologia della somiglianza: aiutiamo chi è più simile a noi.





5. Che musica ascoltate facendo la spesa e siete nati con o senza camicia?

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  • Che musica ascoltate facendo la spesa?
    Charles Areni e David Kim della Texas Tech University (Usa) hanno messo alla prova un gruppo di avventori al supermercato.
    Alcuni hanno fatto la spesa ascoltando musica pop, altri musica classica.
    Alla cassa, la quantità di merce acquistata dai due gruppi era simile, ma i secondi avevano comprato prodotti più costosi. «Del tutto a loro insaputa, la musica classica li aveva fatti sentire più “sofisticati”, spingendoli a preferire prodotti molto più cari», spiega Wiseman.
  • Siete nati con o senza camicia?
    Sfortuna e fortuna dipendono dal caso oppure la scienza può dare una spiegazione?
    Per scoprirlo Wiseman ha condotto un esperimento: ha chiesto a un gruppo di persone se si ritenessero fortunate o sfortunate e le ha divise in due gruppi in base alla loro percezione.
    Ha poi dato ai due gruppi un giornale identico, chiedendo di sfogliarlo e di contare il numero di foto che vi comparivano. In una pagina c’era scritto a caratteri cubitali: “Vinci cento sterline dicendo al ricercatore che hai visto questo messaggio”.
    A fine lettura, solo quelli che si consideravano fortunati avevano letto la dicitura, mentre agli altri era sfuggita. Il destino, quindi, non c’entra: «Risultati come questo evidenziano che siamo in gran parte responsabili dell’andamento positivo e negativo della nostra vita. I “fortunati” sono ottimisti, entusiasti e aperti a nuove esperienze. Gli “sfortunati” sono invece piuttosto chiusi, ansiosi e poco inclini ad afferrare eventuali opportunità», spiega l’autore.
    Secondo lo psicologo svedese Jayanti Chotai, c’è poi anche una stretta relazione tra il giorno in cui nasciamo e la nostra personalità. Chi è nato nei mesi estivi ha un carattere più incline a correre rischi e si considera più “fortunato” rispetto a chi è nato nei restanti mesi.
    Quindi, potrebbe essere anche una questione di temperatura: «I bambini nati in inverno restano più vicini a chi li accudisce. Sono dunque meno avventurosi e per questo meno aperti alle occasioni “fortunate” della vita», dice Wiseman.








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