Relazioni tossiche: come riconoscere che l’“amore” non è amore ma veleno

Abbiamo un partner che non ci dà gioia e sostegno e anzi non perde occasione per criticarci, farci sentire delle nullità e isolarci?

Stiamo probabilmente vivendo una relazione tossica. Interromperla è l’unica soluzione, ma per evitare di ricadere in qualcosa di simile in futuro sarà bene interrogarsi a fondo su sé stessi.

A livello fisico si definisce tossico ciò che è dannoso alla salute, intossica il corpo e impone di disintossicarlo. Lo stesso avviene nelle relazioni.

Può infatti capitare che un rapporto di coppia, anziché essere fonte di positività e di benessere, degeneri in una conflittualità logorante e in un continuo stress.

Insomma, che un partner “avveleni” l’altro emotivamente e lo faccia stare male. Al contrario di una relazione sana, in cui due persone sono complementari, in posizione di parità e ciascuna con la propria autonomia, la relazione tossica vede uno dei due partner (di solito un uomo narcisista) prevaricare sull’altro, umiliandolo e privandolo dell’indipendenza e della libertà di scelta.

Nei casi più gravi si può arrivare alla violenza fisica, ma generalmente la violenza esercitata sulla vittima è sottile, volta a minarne l’autostima. Ne risulta una relazione logorante, che anziché far crescere la persona, finisce per distruggerla.

1. Perché non si chiude il rapporto?

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Viene da domandarsi perché, quando ci si accorge di vivere una relazione tossica, si preferisca mantenerla in vita soffrendo anziché chiuderla. La relazione tossica è tale sin dall’inizio.

Non ci si rende conto subito di essersi innamorati di una persona possessiva ed egoista. La vittima è quasi sempre la donna, che non solo subisce, ma si convince di dover subire, di non valere e di non farcela da sola e, quindi, di doversi appoggiare all’uomo.

Da qui l’imperativo di doverlo sempre ascoltare, senza poter avere idee proprie né prendere iniziative. Una donna di questo genere non si accorge che il suo uomo è uno sfruttatore egoista, possessivo e narcisista. In poche parole, un dominatore che vuole sottometterla.

Il brutto è che incredibilmente alcune relazioni di questo tipo continuano così per tutta la vita. Si ipotizza che all’origine dell’inclinazione a legami tossici vi siano carenze affettive o trascorsi infantili di rifiuto e abbandono, che fanno sì che la persona sviluppi una dipendenza affettiva tale da accettare situazioni umilianti. Raramente il partner passivo è l’uomo.

Le relazioni tossiche possono instaurarsi anche in famiglia o fra amici. Può trattarsi di un figlio che prevarica i genitori o di un amico invadente di cui si è succubi per bisogno.

Attenzione anche all’amicizia fra donne e alle cosiddette “amiche del cuore” alle quali tendiamo a confidare tutto, magari senza accorgerci di quanto potere abbiano su di noi.

2. Sintomi allarmanti e comunicazione manipolatoria

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I sintomi della relazione tossica sono l’infelicità nel rapporto di coppia, la mancanza di supporto e di rispetto, le frequenti emozioni di rabbia e tristezza, l’ansia e lo stress cronici, la rassegnazione, l’invidia verso le coppie felici, l’involuzione della propria crescita e il crollo dell’autostima.

In poche parole, ci si sente male con il partner e lo si subisce. A questo possono aggiungersi gelosia, comportamenti di controllo, rancori e frustrazioni.

Anziché costruttiva, la relazione diventa distruttiva. Anziché essere supportati dal partner, come sarebbe naturale in una relazione sana, si viene denigrati e umiliati, se non addirittura sabotati nelle proprie iniziative.

E mentre l’amore è aiuto gratuito all’altro e gioia per la sua affermazione in qualsiasi campo, la relazione tossica degenera in una competizione in cui il partner prevaricatore sembra godere dei fallimenti dell’altro. Diventa tossica anche la comunicazione, che grazie a una subdola manipolazione psicologica mina l’autostima della persona.

Queste strategie vengono usate in modo sottile e mirato secondo ciò che vuole ottenere il partner prevaricatore che per esempio può sminuire le amiche della partner in modo da non farla uscire con loro, oppure convincerla di essere incapace e quindi dissuaderla dall’iscriversi all’università.

Il partner lega la vittima facendole perdere amicizie e opportunità di crescita e consolidandone così lo stato di dipendenza.

3. Responsabilità e i due tentativi di risanamento

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Se si è rimasti intrappolati in una relazione tossica, il primo passo da fare è interrogarsi sulle proprie responsabilità.

Bisogna comprendere il motivo per cui ci si è cacciati in quella situazione e se non è la prima volta che succede, ci si deve rendere conto del perché ci si metta sempre in relazioni disfunzionali con lo stesso tipo di persona.

In fin dei conti, permettendo a un altro di trattarci male siamo i primi a mancare di rispetto verso noi stessi. Ci si deve rendere conto di avere una bassissima autostima e poi lavorare per rinforzarsi e convincersi del proprio valore.

Spesso purtroppo, sia il carnefice sia la vittima hanno bisogno della relazione tossica: il primo per affermarsi e la seconda perché inconsapevolmente preferisce star male piuttosto che sforzarsi di lavorare su se stessa per cambiare.

Senza contare il ricatto del sostentamento economico, in genere da parte dell’uomo. Ma il ricatto principale è venire convinti di non valere nulla, secondo il motto “senza di me non sei nessuno”.

Risanare una relazione tossica è difficile. Si può tentare un cambiamento riappropriandosi dei propri spazi e aumentando l’autostima. Si deve cominciare con piccoli passi, per esempio uscendo con un’amica anche se a lui non piace, oppure mettendosi il vestito che si vuole anche se lui ne preferirebbe un altro.

Il cambiamento richiede tempo e dev’essere graduale. È importante che la donna si dedichi ad attività extrafamiliari come il volontariato, lo sport, l’università, un lavoro che le dia soddisfazione. Il punto è vedere se il partner l’accetta oppure se si spaventa e si ingelosisce.

Il secondo tentativo è intraprendere una terapia di coppia (sempre che lui ci stia), che riequilibri i partner.

L’uomo deve capire che la donna non si allontana da lui, ma si avvicina valorizzata e che pertanto deve lasciarla libera di rafforzarsi e responsabilizzarsi.

4. Il boicottaggio delle cure e contatto zero

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Spesso invece la vittima viene dissuasa dall’andare in terapia con frasi del tipo: «Ma perché vai dallo psicologo? Ti prende solo dei soldi. Non vedi come sei cambiata?».

Oppure si tenta di sminuire la terapia insinuando dei dubbi. Gli psicologi raccomandano ai propri pazienti di non raccontare mai ciò che fanno durante le sedute, poiché dall’altra parte si prendono le contromisure per andare contro lo psicologo e boicottare la terapia reinterpretandola in modo distorto e fazioso.

Lo psicologo rende infatti la persona consapevole, la fa maturare e interrompe il circolo vizioso dello sfruttamento, rompendo i piani di chi sfrutta e togliendogli potere.

Falliti i tentativi di salvare la relazione, non resta che troncarla. Prima di chiudere il rapporto si deve essere convinti di poterlo fare e la maggior parte delle persone non lo è, tanto che per convincersi deve andare in terapia.

Per non rischiare di ricadere nella relazione tossica andrà troncato ogni contatto con il partner (incontri, telefonate, messaggi, interazioni sui social).

In tal modo verrà meno la tentazione di riallacciare un rapporto divenuto palesemente logoro e tossico, che con una dolorosa ma saggia decisione si è deciso di interrompere. Il consiglio degli esperti è di lavorare sull’autostima, investendo nella propria crescita personale e professionale e allacciando nuovi contatti e amicizie.





5. Le relazioni tossiche possono nascere anche all’interno delle squadre sportive

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Lo sport è spesso considerato un terreno fertile per la formazione di legami forti e positivi tra i membri della squadra.

Tuttavia, come in molte altre sfere della vita, le relazioni tossiche possono farsi strada anche all'interno di un gruppo sportivo, minando la fiducia, la cooperazione e la performance complessiva.

Le relazioni tossiche possono assumere diverse forme all'interno di una squadra. Ciò può includere il comportamento dominante di alcuni membri, la manipolazione psicologica, la competizione eccessiva, la mancanza di comunicazione aperta e rispetto reciproco, e l'invidia o la gelosia tra compagni di squadra. Questi problemi possono avere gravi conseguenze, sia per la squadra che per gli atleti coinvolti.

Invidie, competizione e aggressività possono generare relazioni tossiche anche in una squadra sportiva analogamente a quanto avviene in famiglia. Ne derivano tensioni e contrasti. 

Ecco 5 consigli per affrontare e risolvere la situazione:

- Capire perché si è creata quella situazione in squadra e perché si sta male.
- Reagire chiedendosi se si possa migliorare.
- Rendersi conto del proprio valore all’interno del gruppo e nel proprio ruolo, accettando che altri possano essere migliori di noi.
- Cercare eventualmente altri sbocchi altrove.
- Risolversi ad andarsene dalla squadra prima di essere messi da parte, ma solo dopo aver trovato una valida alternativa.








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