Da nord a sud i mesi del lockdown e quelli successivi sono stati una celebrazione della nostra gratitudine verso gli “angeli” e gli “eroi” di questa pandemia, ovvero medici, infermieri e forze dell’ordine, ma anche professionisti che hanno continuato a lavorare per assicurarci i beni di prima necessità.
Flash mob di fronte agli ospedali, cartelloni di ringraziamento, manifestazioni e tante iniziative si sono susseguite con un obiettivo: far sentire l’abbraccio e la riconoscenza di questa Italia stremata dal coronavirus.
Esprimere gratitudine a chi, in vario modo, ci fa del bene non è solo un segno di buona educazione, ma migliora l’umore, la salute, i rapporti interpersonali e persino quello che abbiamo con noi stessi. Lo dice la scienza!
1. Come Pollyanna
Spesso è quando siamo confrontati con il pericolo che avvertiamo il bisogno di dire grazie. Dovremmo però imparare a farlo sempre.
È questo l’insegnamento del celebre personaggio di Pollyanna, creato nel 1913 dalla fantasia di Eleanor Porter, che impara dal padre il “gioco della felicità”: in pratica, si sforza ogni giorno di trovare qualcosa per cui essere soddisfatta e grata.
L’esempio è citato da Camillo Regalia e Giorgia Paleari in Saper dire grazie (Il Mulino): «La gratitudine», scrivono gli autori, «è il coronamento di uno stato di contentezza, il compimento di un momento felice che non è interamente dovuto a noi».
Proprio da qui nasce il grazie: dal riconoscimento che da soli non bastiamo. «Essere grati significa anche riconoscere la propria finitezza e i propri limiti e ammettere che la nostra felicità e la nostra vita non sono solo in mano nostra, ma dipendono anche dagli altri e dalle circostanze in cui veniamo a trovarci», proseguono.
Così dire grazie riduce il nostro egocentrismo e ci permette di costruire legami interpersonali saldi: «Ci consente di andare fino in fondo a noi stessi, guardarci dentro con radicale sincerità e portare il resto del mondo con noi», aggiunge il formatore Oscar Di Montigny in libreria con il suo recente Gratitudine. La rivoluzione necessaria (Mondadori).
Nel corso di uno studio del 2008 Sara Algoe e Jonathan Haidt dell’Università della Virginia (USA) avevano intervistato alcuni soggetti che affermavano di aver provato gratitudine per qualcuno, annotando alcune frasi emblematiche con cui questi descrivevano come si era trasformato il rapporto dopo aver detto loro grazie.
Tra queste, ad esempio: «Sono passato dal non conoscerlo ad avere un nuovo amico», «L’affetto per il mio amico si è rinnovato e rinvigorito», «Ci siamo avvicinati; ho pensato che fosse più dolce e l’ho frequentata di più».
Insomma, la gratitudine ci spinge alla fratellanza. E la fratellanza a sua volta stimola a intraprendere azioni positive verso gli altri creando un meccanismo virtuoso.
Già nel 1771 Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti d’America, spiegava in una lettera al futuro cognato Robert Skipwith come provare gratitudine nutra il desiderio di essere a nostra volta caritatevoli.
Non è forse un caso che negli USA si celebri ancora oggi il Giorno del ringraziamento: una festa che si tiene il quarto giovedì di novembre, in cui si è invitati a dire grazie a Dio per ciò che l’anno che sta per concludersi ha dato di buono.
2. La cultura cristiana
La cultura cristiana insegna il potere del grazie. Basta pensare al Cantico delle Creature di San Francesco (1224).
«Tessendo le lodi di Dio», scrivono ancora Regalia e Paleari, il santo «gli dice la propria meraviglia e riconoscenza per gli elementi naturali del creato. Così, con l’umiltà tipica di chi è grato, Francesco riconosce tutti, viventi e non viventi, come propri fratelli e sorelle».
Intesa in questo modo la gratitudine è quindi, prima di tutto, apprezzamento di ciò che ci è dato dalla vita: un concetto che percorre molte tradizioni religiose e arriva sino al mondo contemporaneo.
Un esempio è la mindfulness, una pratica che trae origine dalla meditazione buddista e che si propone di migliorare il benessere psicologico delle persone: «Nella mindfulness si invita a porre attenzione su quanto di bello c’è in noi, attorno a noi e nella nostra vita e a esserne grati», spiega Giuseppe Coppolino, formatore mindfulness (www.giuseppecoppolino.com) e autore dell’ebook Meditare è semplice (se sai come farlo!).
Anche questa è una strada per la serenità: «Così impariamo ad accettare la vita e noi stessi senza giudicarci continuamente». La gratitudine e l’apprezzamento sono anche la via per riconnetterci agli altri e per amarli.
«Tutti sappiamo amare e rispettare, così come sappiamo farci amare o rispettare», scrive Di Montigny; «e tutti, in fondo, sappiamo che è molto più raro e difficile provare gratitudine per qualcosa o qualcuno, o donarsi all’altro al punto da indurlo a esserci grato».
Il sentimento di gratitudine è infatti una delle espressioni più evidenti della capacità di amare, come spiegava la psicoanalista austriaca Melanie Klein: «È un fattore essenziale per apprezzare la bontà degli altri e la propria». Solo quando siamo capaci di apprezzare e amare noi stessi, e quindi ringraziare la vita per ciò che siamo, riusciamo ad aprirci all’altro e ad amarlo.
Ma è vero anche il contrario: «Amando gli altri con i loro difetti impariamo ad apprezzare anche i nostri», aggiunge Coppolino. Vivere serenamente implica infatti la capacità di accettare i lati oscuri di noi e della vita: in fondo è lo stesso poverello di Assisi che nel Cantico ringrazia Dio persino per la morte, ricordando come chi vive nel suo nome la sa cogliere come un dono.
3. Un antidoto all’invidia
Peraltro è sempre più dimostrato come ringraziare abbia reali benefici sul benessere psichico.
In uno studio del 2011 condotto all’Università della California Davis (USA) gli psicologi Robert A. Emmons e Anjali Mishra spiegavano, sulla base della letteratura disponibile, che la gratitudine ci rende più abili ad affrontare i problemi in situazioni di stress, mitiga invidia e risentimento e migliora la percezione degli altri. Inoltre riduce i rimpianti consentendoci invece di soffermarci sugli esiti favorevoli delle nostre scelte piuttosto che su quelli spiacevoli.
In fondo già nel 2003 lo stesso Emmons assieme al collega Michael E. McCullough dell’Università di Miami, nel corso di uno studio pubblicato dal Journal of Personality and Social Psychology, aveva chiesto a diversi gruppi di studenti di annotare settimanalmente gli eventi recentemente capitati loro.
Ad alcuni era stato chiesto di prendere nota di quelli che li avevano fatti sentire grati, ad altri di quelli che avevano suscitato contrarietà e ad altri ancora di quelli che non avevano suscitato in loro particolari emozioni.
Dopo dieci settimane, le persone che avevano descritto gli episodi di gratitudine risultarono più ottimisti e sereni.
Non è quindi un caso che la gratitudine sia considerata dagli psicologi tra i principali character strengths, ovvero quei tratti caratteriali che costituiscono dei punti di forza per chi li possiede.
4. La spontaneità, prima di tutto
La gratitudine fa bene, quindi, ma a un patto: che sia spontanea.
Dire grazie è troppo spesso un semplice atto di buona educazione, eppure è solo quando l’apprezzamento viene dal cuore che ne traiamo beneficio.
«È un po’ quel che capita con il perdono», dice Coppolino. «La società ci impone di perdonare, ma non è così che ci liberiamo di un peso».
Anche per il ringraziamento funziona così: «Una grazie motivato da intima gratitudine», scrivono Regalia e Paleari, «è più impegnativo e difficile da esprimere innanzitutto perché implica il riconoscimento della propria finitezza e dipendenza».
Ma è solo quando accettiamo di aver bisogno degli altri che facciamo pace con noi stessi e incominciamo a vivere davvero.
Curiosità: Con la gratitudine si superano meglio i trapianti!
Uno studio rumeno del 2015, condotto su 113 partecipanti da Bogdan Tudor Tulbure dell’Università dell’Ovest di Timisoara, aveva rilevato una correlazione tra tendenza a esprimere gratitudine e minore rischio di depressione.
Non mancano inoltre gli studi che mostrano una buona qualità del sonno nelle persone grate, così come una minore tendenza ad ammalarsi grazie a un funzionamento migliore del sistema immunitario: non a caso pare che le persone che ricevono un trapianto d’organo superino meglio l’intervento se sanno essere grate.
A illustrarlo è stato lo psicologo Robert A. Emmons che nel 2007 dimostrò, sulla base di un’indagine condotta su 12 pazienti, come tenere un diario della gratitudine abbia un ruolo protettivo sulla salute di questi soggetti così fragili, nei quali un corretto funzionamento del sistema immunitario è fondamentale, con i farmaci, a evitare il rigetto.
5. Impariamo a essere grati in 4 passi
Un primo passo per stare bene, psicologicamente e fisicamente, consiste nell’esprimere in modo spontaneo la nostra gratitudine verso le persone importanti della nostra vita, ma anche per la vita stessa e quello che ci offre ogni giorno. Occorre però imparare a farlo.
Secondo gli psicologi possiamo seguire quattro step.
1. Accorgiamoci di ciò di cui sentirci grati.
Troppo spesso diamo per scontate la presenza e le azioni positive di chi ci ama: partner, genitori, figli, amici.
L’abitudine è la peggiore nemica della gratitudine. Osserviamo attorno a noi: esistono molte cose e persone per cui sentirci grati.
2. Scriviamo mentalmente.
Focalizziamoci sulle persone a cui sentiamo di dover dire grazie, motivandolo con qualche frase come se stessimo scrivendo un biglietto di ringraziamento.
Così ci concentriamo sulle persone, sul nostro rapporto con loro e su ciò che hanno fatto per noi.
3. Esprimiamo a voce alta la nostra gratitudine.
Quelle frasi non teniamole per noi: doniamole alle persone a cui sono destinate. Non solo: impariamo a ringraziarle anche a voce, evitando le formalità.
Aspettiamoci che l’altra persona possa accettare il nostro ringraziamento senza però ringraziarci a sua volta: dobbiamo imparare infatti che il grazie è un atto di generosità che non implica nulla in cambio.
4. Ricordiamoci di ringraziare anche la vita.
Anche gli eventi della vita, gli incontri e i bei momenti che capitano per puro caso sono un dono di cui essere grati. «All’inizio delle pratiche di mindfulness chiedo spesso di esprimere un grazie spontaneo anche a noi stessi e al nostro corpo», spiega il formatore Giuseppe Coppolino.