Il cane è uno di famiglia: com’è cambiato il suo ruolo nell’Italia di oggi

Ognuno di noi ricorda quando, la sera, usciva con il suo cane per l’ultima passeggiata prima di andare a dormire.

Intorno solo il silenzio, le strade deserte e la luce malinconica dei lampioni a rendere tutto ancora più cupo.

Erano le notti tragiche del lockdown, quelle che ci vedevano tra i pochi che potevano abbandonare la segregazione per uscire con il nostro amico, entro un breve raggio da casa certo ma quelle boccate d’aria ritempravano anche lo spirito, nonostante l’angoscia pervadesse le strade quasi fisicamente, tanto era percepibile.

 

Chi ancora non aveva compreso fino in fondo quanto un cane potesse dare forza e speranza, l’ha colto di certo durante quelle passeggiate: a fare da contraltare alla nostra ansia, infatti, c’era, potente, la capacità del nostro amico di essere comunque se stesso e di trasmetterci quel coraggio di andare avanti un passo alla volta, caparbiamente, giorno dopo giorno e notte dopo notte, fino alla rinascita che appare imminente e tangibile, ora.

Uno di famiglia, questo è il nostro cane. E con un ruolo di grande importanza: dimostrarci che, se siamo insieme a lui, siamo molto più forti. Come un branco, giusto? In realtà, però, i cani hanno conquistato già da tempo quel posto in famiglia, almeno per molti di noi.

Salvo per pochi ignobili individui che hanno adottato un cane durante le più drammatiche fasi della pandemia per poi disfarsene, questo evento traumatico ha reso ancora più evidente che i nostri amici non sono sostituibili, anzi… meritano ancora di più!

 

1. Condividere la gioia. Una vacanza senza il cane? Proprio no!

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Per quanto non manchino, purtroppo, i rituali abbandoni di cani, e anche altri animali, da parte di persone inqualificabili che se ne liberano per andare in ferie senza problemi (ma quali?), da anni ormai milioni di famiglie italiane partono per le vacanze portando sempre con sé il loro amico con la coda.

Lo dimostra il fatto che dal Nord al Sud del nostro Paese sono sempre più numerose le strutture alberghiere e di accoglienza in generale che non solo “accettano” i cani ma hanno anche investito in spazi e personale specializzato nel prendersene cura.

Poi, ci sono persino hotel dedicati esclusivamente ai cinofili, così come villaggi, case-vacanza e spiagge studiate per soddisfare le necessità dei cani e dei loro partner umani.

La foto sotto è palesemente uno stereotipo... però fino a un certo punto.

 

Sì, perché anno dopo anno cresce sempre più evidente in molti di noi la consapevolezza che il cane non sia affatto un “complemento” della nostra famiglia ma una parte integrante e fondamentale di essa, una componente che, se manca, lascia un vuoto incolmabile, se non prendendo un altro cane!

In effetti, chi entra in questo ordine di idee si rende conto che ci sono davvero momenti in cui la nostra vita assume un “sapore” molto più intenso e soddisfacente se la condividiamo con i cani.

E non è tutto: in realtà, alcuni momenti di gioia sono tali proprio perché c’è un cane insieme a noi e non sarebbero tali senza. Il ruolo dei nostri amici, dunque, sta cambiando e crescendo ulteriormente, molto più in fretta tra l’altro di quanto le analisi sociologiche o statistiche riescano a comprenderlo.

Oggi, per tanti di noi, non è nemmeno concepibile l’idea di vivere senza un cane accanto, tanto la sua presenza è intessuta al nostro modo di vivere e di percepirci nel vasto mondo.

Ecco perché, mentre la società tenta di recepire le istanze più che legittime, e si badi bene politicamente trasversali, di chi spinge per un reale riconoscimento dei diritti degli animali da parte della legge italiana, tanti di noi questi diritti li hanno già riconosciuti ai propri cani, nei fatti.

Tra questi, il primo è proprio quello di non essere abbandonato, mai, e neppure lasciato a casa quando il resto della famiglia parte per godersi un po’ di tempo libero insieme. Andare in vacanza senza il cane? Proprio no!

 

2. La notte vicini vicini. Archiviati i dubbi, ecco la sorpresa

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Fino a qualche anno fa, lasciare che il cane dormisse nel nostro stesso letto veniva elencato tra gli errori più gravi in assoluto da parte degli esperti, perché tale scelta avrebbe automaticamente convinto il nostro amico di rivestire un ruolo “dominante” all’interno della “rigida scala gerarchica che il cane ha ereditato dal lupo”...

Solo che poi la “rigida scala gerarchica” si è rivelata per buona parte un’errata interpretazione del comportamento del lupo, peraltro osservato in cattività e non in natura.

Per di più, il cane è sì una sottospecie del lupo ma rappresenta nella maggior parte dei casi una forma immatura del suo progenitore. Sotto alcuni aspetti, un eterno cucciolo. Salvo casi particolari, quindi, l’equivoco di tipo gerarchico non è molto probabile.

E d’altra parte, indipendentemente da qualsiasi valutazione di tipo etologico, da sempre milioni di cani passano la notte dormendo serenamente accanto ai loro umani (che spesso, invece, dormono meno comodamente proprio per via del cane... ma questa è una scelta personale) senza per questo trasformarsi in automatico nel presunto “capobranco” della casa.

 

La cosa più sorprendente, però, è emersa da un sondaggio effettuato qualche tempo fa dal Canisius College di Buffalo, negli Stati Uniti. Su un campione di 962 donne adulte, il 57% ha dichiarato che preferisce dormire con il cane piuttosto che con il gatto o con il proprio partner maschio!

Questo perché, secondo le intervistate, il cane non le disturba in alcun modo nel sonno e trasmette un senso di serenità e sicurezza, tanto che queste donne dormono più a lungo e meglio delle altre, sempre secondo la ricerca.

A parte la caduta di autostima che la cosa suscita automaticamente nei bipedi maschi, il dato è significativo di quanto il legame con il cane possa essere persino più profondo per una donna rispetto a un uomo: l’inclinazione materna, probabilmente, va ad aggiungere un ulteriore carico di soddisfazione emotiva dall’accudimento del cane e dal vegliare reciprocamente sul rispettivo sonno.

Attendiamo ora un’indagine altrettanto scientificamente fondata anche sul fronte maschile. Riteniamo altamente probabile che anche in tal caso la percentuale di uomini felici di dormire con un cane vicino sarà comunque significativa, magari adottando letti più ampi della media per poter ospitare comodamente anche la compagna...

 

3. In caso di separazione il giudice valuta l’affidamento

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I matrimoni durano meno di un tempo, a quanto pare, e separazioni e divorzi sono sempre più frequenti, almeno nel mondo occidentale.

Tra gli aspetti più devastanti, emotivamente parlando, di questi eventi ci sono ovviamente le diatribe che spesso insorgono sull’affìdamento e il mantenimento degli eventuali figli.

Ma da qualche tempo, anche in Italia, i giudici sono chiamati a esprimersi con uguale attenzione anche a proposito dei pet di una coppia che decida di separarsi.

Questo perché la giurisprudenza riconosce sempre di più il ruolo effettivo di membro di una famiglia che tanti di noi attribuiscono al proprio partner a quattro zampe e il conseguente carico emotivo che un allontanamento comporta.

In pratica, la sofferenza per la mancanza del contatto quotidiano con il proprio cane o gatto è paragonabile a quella derivante dalla mancanza del rapporto constante con un figlio.

E non c’è proprio nulla di cui stupirsi, per chi come noi ama realmente il proprio cane o gatto. Ecco allora che il giudice deve esaminare i fatti a capire come agire al meglio, cosa tutt'altro che semplice, ammettiamolo.

 

Spesso la decisione è di lasciare il cane a chi rimane nella casa di famiglia, per evitare cambiamenti di ambiente e di abitudini che potrebbero danneggiare la serenità dell’animale.

Ma garantendo all’altro ex coniuge il diritto sia di visita sia di passare del tempo esclusivo con il proprio amico.

Non c’è molta differenza rispetto a quanto accade con i figli... e se ai non pochi “antropocentrici” che ancora circolano questa equiparazione scoccia, per noi che sappiamo cosa significhi dover rinunciare alla compagnia di un amico unico e fantastico come può essere un cane, o un gatto se è per questo, e lo scopriamo purtroppo quando muoiono, la cosa invece fila eccome!

Il dolore di quell’assenza è violento e persistente, lo sappiamo, perché si tratta di affetti veri, profondi e non sostituibili. Un cane o un gatto non sono figli, certamente: sono qualcosa di diverso ma di altrettanto importante, sotto diversi aspetti.

Non a caso quando parliamo di loro usiamo spesso la parola “amore”. Dunque, che un giudice decida anche in questo caso è logico. Unico neo: non sappiamo cosa provino i nostri amici in questo frangente.

Speriamo però che la loro capacità di adattarsi li aiuti ad affrontare al meglio una circostanza come questa.

 

4. Cure più accessibili. Progressi importanti ma ancora carenze

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Amare un membro della propria famiglia significa anche prendersi cura di lui se si ammala o se invecchia e perde parte delle sue capacità.

Lo facciamo da tempo, ovviamente, grazie ai veterinari. Ma non sempre, purtroppo, siamo in grado di coprire le spese che queste cure comportano.

A volte perché si tratta di terapie particolarmente lunghe e all’avanguardia che giocoforza comportano costi elevati, in altri casi, invece, perché la normativa fiscale italiana ama “spremere” chi ha animali da compagnia attraverso una tassazione iniqua del 22% non solo su mangimi e accessori ma anche sulle cure veterinarie.

Come se si trattasse di un lusso, visto che l’aliquota è identica a quella per diamanti o supercar...

Di recente, per fortuna, il governo ha sopperito almeno a una grave ingiustizia che per decenni ha colpito i nostri amici: l’obbligo per i veterinari di prescrivere solo farmaci specifici per curare cani e gatti pur essendo disponibili farmaci analoghi e adeguati ma molto meno costosi perché destinati a noi umani, quindi gravati da Iva inferiore.

 

Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha infatti firmato da qualche tempo la legge che ha abolito tale assurdo vincolo, permettendo così a noi di risparmiare sulle cure dei nostri amici.

Ma c'é ancora molta strada da fare, su questo fronte. Per esempio, chi si trova in stato di indigenza non gode di alcun sostegno statale per quanto concerne le spese per la salute dei suoi animali, ecco perché spesso questi cani e gatti finiscono per morire quando, invece, avrebbero potuto essere curati.

Oppure, in caso di malattie molto gravi come tumori o simili, la diagnostica ha costi davvero elevati anche per chi ha un tenore di vita normale, costringendo le famiglie e scegliere tra lo svuotare il conto in banca (o ricorrere a un prestito) oppure non condurre esami che potrebbero invece salvare la vita al loro amico.

Un dilemma capace di spezzare il cuore. Perché non esistono ancora concetti come “sanità pubblica” per i nostri cani e gatti?

Metà delle famiglie italiane comprende anche animali al proprio interno e chiunque si battesse seriamente per ottenere un simile risultato, che ci qualificherebbe come paese tra i più evoluti al mondo, potrebbe vincere le elezioni.

Un suggerimento che diamo ai nostri politicanti, che degli animali si ricordano solo in campagna elettorale!

 





5. Benessere allargato. Tra recupero e divertimento

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A proposito di cure, un progresso non indifferente è stato conquistato dai nostri amici sul fronte del benessere con la nascita, in diverse zone d’Italia, di cliniche specializzate nel recupero osteoarticolare attraverso il nuoto, dunque dotate di piscine studiate specificamente e anche di personale specializzato nelle pratiche riabilitative.

Un tempo, in caso di problemi piuttosto comuni come displasia dell’anca, lesioni dei legamenti e simili, esisteva soltanto la via chirurgica con conseguenti lunghi periodi di immobilità forzata del cane, cosa notoriamente assai difficile da sopportare per una creatura fatta per muoversi.

Per fortuna, oggi le cose possono anche essere affrontate diversamente e in modo ben più piacevole per tutti. Cani afflitti da displasia possono combattere il problema rafforzando la muscolatura locale attraverso sedute di nuoto mirate, sotto la direzione di specialisti.

L’aumento della massa muscolare circostante l’articolazione interessata dal problema “comprime” il tutto e rimedia spesso in modo notevole al guaio. Lo stesso vale per il recupero di lesioni ai legamenti.

 

La cosa funziona ancora meglio in versione preventiva, ma l’efficacia è notevole anche come approccio risolutivo. E il bello è che il cane in genere si diverte parecchio a nuotare, se poi può farlo anche in compagnia del suo umano, la cosa assume un aspetto del tutto inatteso per quella che, a tutti gli effetti, è una pratica medica.

Il fatto che vi siano veterinari e specialisti di ortopedia alternativa come gli osteopati disposti a investire somme ingenti per creare strutture adeguate a questo tipo di pratiche la dice lunga, poi, sulla disponibilità di noi bipedi a scegliere approcci che siano piacevoli e poco invasivi per aiutare i nostri cani in difficoltà, pagando il relativo costo.

È l’ennesima dimostrazione che, sempre più spesso, ci immedesimiamo nei nostri cani, ci identifichiamo nel loro stato d’animo e facciamo tutto ciò che è in nostro potere per ridurre al minimo sofferenza, noia, angoscia e preoccupazione dei nostri amici.

Lo facciamo perché tra noi e loro esiste un livello di empatia sempre più profondo e immediato. Empatia è una parola bellissima ma, forse, un po’ troppo elaborata o sofisticata per descrivere ciò che proviamo per i nostri cani. La definizione alternativa la conoscete benissimo, però: comincia per “A”...

 








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