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5 grandi giocatori di scacchi di tutti i tempi

Le notizie sull’origine degli scacchi sono incerte e avvolte nella leggenda.

La maggior parte degli storici sembra tuttavia d’accordo nell’ammettere che un gioco simile agli scacchi, il Chaturanga, sia comparso nel nord dell’India verso il IV secolo della nostra era e abbia raggiunto l’antica Persia nel VI secolo, come appare da vari manoscritti che hanno documentato la presenza in Persia di un gioco chiamato Chatrang (il nome persiano del Chaturanga) intorno all’anno 555.  

Il Chatrang era diventato estremamente popolare in Persia, dove i giocatori erano diventati più forti degli Indiani, anche perché i Persiani non usavano i dadi, come avveniva nel Chaturanga, ma si affidavano unicamente alla propria abilità. Il nome stesso degli scacchi proviene dall’antico persiano, dove “Shah mat” significa il “re è morto”.

Negli anni tra il 638 e il 651 le truppe islamiche del califfo Omar avevano conquistato l’impero persiano e ne avevano assorbito in parte la cultura, originando quella grande civiltà che si era poi irradiata dal Medio Oriente.

Gli Arabi avevano introdotto la figura del Visir (l’Alfiere) e avevano dato un notevole contributo allo sviluppo dello Shatranj (il nome arabo del Chatrang), grazie ad alcuni sovrani mussulmani appassionati del gioco, come il califfo Haroun-al-Rachid, che aveva offerto un gioco degli scacchi a Carlomagno, e per la comparsa dei primi libri di scacchi.

Nell’anno 842 Al-Adli aveva scritto il “Libro degli Scacchi” (Kitab ash-shatranj), in cui erano stati raccolti numerosi finali, e nel 847 Haroun-al-Rachid aveva organizzato il primo match della storia, in cui il persiano Ar-Razi aveva avuto la meglio su Al-Adli.

In seguito, gli Arabi avevano portato il gioco nell’Africa del Nord e nel Sud dell’Europa, in  Spagna e in Sicilia, intorno all’anno 1000.
Dopo questa breve storia sulle origini degli scacchi, vediamo 5 tra i più grandi giocatori di tutti i tempi.

P.S. A chi è interessato all’argomento, consigliamo la lettura del libro “I grandi giocatori di scacchi” di Ivano E. Pollini. Buona lettura.

1. François Danican Philidor

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François-André Danican Philidor (Dreux, 1726 - Londra, 1795),  il più forte giocatore del Settecento, era un musicista e un compositore (Le Maréchal-Ferrant, Tom Jones), i cui lavori sono ancora oggi rappresentati nei teatri d’opera.

Il suo busto adorna il teatro dell’Opera di Parigi e nel libro di Rousseau, Les Confessions, Philidor è ampiamente citato in riferimento agli scacchi e alla musica.

Philidor aveva cominciato a studiare scacchi nel 1740 con Legal de Kermur (1702 - 1792), il miglior giocatore di Francia dell’epoca.  A partire dall’anno 1775 Philidor era solito soggiornare a Londra da febbraio fino a giugno.

Nei locali del distinto club Parsloe presentava le sue nuove teorie del gioco davanti a un pubblico attento.  Il suo trattato, l’Analyse du Jeu des Echecs, nelle edizioni del 1749 e 1777, si distingueva dagli altri manuali soprattutto per le precise analisi dei finali e per le annotazioni sulle aperture e il centro partita di alcune partite modello.

Nel 1783 Philidor aveva giocato a Londra tre partite alla cieca simultaneamente, un’impresa considerata all’epoca come stupefacente. Il Caffé Old Slaughter era un altro importante centro scacchistico della metropoli inglese, frequentato da Joseph Bertin che aveva pubblicato nel 1735 il suo libro The noble game of Chess.

Due anni dopo, era stata pubblicata a Parigi un’altra importante opera di scacchi, gli Essay sur le jeu des Echecs, il capolavoro di Philip Stamma, che portava l’interesse sui problemi di scacchi fino allora non molto considerati. Durante questi soggiorni Philidor aveva misurato le sue forze con quelle dei maestri inglesi o degli emigrati che vivevano nella capitale.

Philidor era famoso per l’abilità con cui muoveva i pedoni. Era talmente superiore ai suoi avversari che fino alla fine della sua vita aveva quasi sempre giocato partite a handicap. La sua celebre frase: “Les pions sont l’ame deséchecs”, condensava l’essenza della sua strategia.

Con questa frase Philidor aveva introdotto alcuni importanti concetti posizionali nella teoria del gioco, come la falange, cioè due pedoni vicini sulla stessa traversa, e il concetto di casa debole, una casa su cui i pedoni non avevano più il controllo. 

Anche se non era stato il primo giocatore a formulare regole generali, Philidor aveva però introdotto importanti principi posizionali. Era anche stato il primo teorico a tentare uno studio sistematico e scientifico dell’apertura e una formulazione, circa cento anni prima di Steinitz, di alcuni principi generali del gioco.

Aveva, per esempio, svelato l’immortale principio della coordinazione tra le forze: “i veri attacchi si realizzano grazie all’azione coordinata di molti pezzi”. Sotto questo aspetto Morphy era stato il suo miglior discepolo.

Aveva formulato altri importanti principi: “l’attacco non va mai avviato prima che l’azione guida dei pedoni, disposti a falange, possa sostenerlo” e ancora : “i pedoni, soprattutto quelli centrali, perdono parte della loro forza se vengono spinti sulla quinta traversa, dato che possono essere facilmente attaccati dai pedoni nemici avanzati sulla sesta traversa”.

Philidor aveva visto i disordini della Rivoluzione in Francia ed era fuggito in Olanda e Inghilterra, dove si guadagnava da vivere giocando a scacchi e scrivendo sull’aspetto scientifico del gioco, creando per sé una splendida reputazione con gli Scacchi come Euclide aveva ottenuto con la Geometria.

2. Louis Charles Mahé de la Bourdonnais

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Louis Charles Mahé de la Bourdonnais (Ile de la Reunion, 1795 - Londra, 1840), è stato il più grande giocatore francese di scacchi dell'Ottocento.

Era diventato un giocatore professionista a vent’ anni e, dopo aver battuto il suo  maestro Alexandre Deschapelles, era considerato in Francia un campione del mondo non ufficiale.

La Bourdonnais aveva anche fondato la rivista di scacchi, Le Palamède, di cui era stato direttore fino al 1839.

George Walker nella sua biografia di La Bourdonnais lo aveva descritto come un giocatore insaziabile, che dedicava tutti i giorni della settimana alla pratica e allo studio degli scacchi, giocava a qualsiasi ora del giorno e della notte, per qualsiasi prezzo da 1 a 100 franchi, con una velocità impressionante.

“Pranza in 10 minuti, con la scacchiera di fianco, e ricomincia a giocare appena terminato il pasto fino a mezzanotte, fumando sigari, bevendo punch o birra. Soprattutto dopo il pranzo, se vince, si abbandona a eccessi di gaiezza, mentre se perde la sua larga fronte, di stampo napoleonico, si copre di nuvole scure”.

Nel 1834 la Bourdonnais aveva sfidato l’irlandese Alexander MacDonnel, il campione del Westminster Club di Londra, e aveva vinto il match col punteggio di +44 =14 - 30.

Nel 1836 La Bourdonnais aveva perso un match con l’ungherese Joseph Szen (+12 =0 -13), ma ne aveva vinto uno con Pierre de Saint-Amant (+3 =0 -2).

3. Paul Morphy

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Paul Charles Morphy (New Orleans, 1837 - 1884), il leggendario giocatore americano è stato uno dei più famosi giocatori di tutti i tempi, il miglior giocatore della sua epoca e un Campione del mondo non ufficiale.

Nel giugno del 1849 i membri e gli amici  della famiglia del giudice Alonzo Morphy si erano riuniti per festeggiare il dodicesimo compleanno di Paul, il più giovane dei suoi figli.

Paul mostrava un grande talento per gli scacchi e lo zio Ernest Morphy, il miglior giocatore di New Orleans, si era occupato dell’educazione scacchistica del nipote e avevano insieme  studiato il trattato di Lewis del 1843, A series of Progressive Chess Lessons, una delle migliori opere teoriche dell’epoca.

Inoltre, la conoscenza di Paul del francese, dello spagnolo e del tedesco gli avevano consentito di conoscere anche  l’Analyse di Philidor, The Chess Player’s Chronicle e TheChess Handbook di Staunton e probabilmente la Deutsche Schachzeitung di Anderssen e l’Handbuch di Bilguer.

Morphy era un ragazzo prodigio e a 12 anni aveva la forza di un maestro, come aveva dimostrato sconfiggendo prima il Campione di New Orleans, Eugène Rousseau, e successivamente il maestro ungherese Johann Lowenthal allora in tournée negli Stati Uniti.

Nel 1857, a venti anni, aveva vinto il primo American Chess Congress e aveva sconfitto tutti i più forti giocatori degli Stati Uniti.

Dopo i suoi trionfi in America, Morphy era andato in Europa per sfidare Howard Staunton, ritenuto da molti il più forte giocatore del vecchio continente.

Al suo arrivo a Londra nel 1858, Morphy aveva subito visitato i principali Club della capitale, il Simpson’s Divan, il St. George Chess Club, la Philidorian Chess Room e il London Chess Club. Tutti gli altri giocatori erano stati battuti subendo una brutta sorte.

L’importanza storica di Morphy risiede nei seguenti aspetti:

  • I suoi successi, unici nel gioco di combinazione, hanno fortemente influenzato lo sviluppo del pensiero scacchistico. Morphy era solito sacrificare pezzi per rompere la struttura della posizione avversaria, anche senza ottenere un immediato vantaggio, e nelle sue partite si trovavano dei motivi nuovi, completamente sconosciuti fino a quel tempo.
    Gli avversari, che andavano in vantaggio di materiale, erano spesso disorientati nel vedere la loro posizione rovesciarsi completamente fino alla sconfitta. 
  • Inoltre Morphy è stato un pioniere del gioco di posizione moderno: il suo acuto senso della posizione gli aveva permesso di scoprire intuitivamente le leggi fondamentali della strategia scacchistica.
    Morphy era uno straordinario giocatore d’attacco, se la posizione lo consentiva, ma era soprattutto un giocatore di posizione.
    In molte partite aveva ottenuto la vittoria grazie al vantaggio di un pedone o alla debolezza di una casa oppure aveva ottenuto  la vittoria nella fase finale della partita. 

 

I suoi principi si possono riassumere nei seguenti punti:
a) all’inizio di partita i pezzi vanno sviluppati rapidamente e armoniosamente;
b) è sconsigliato di attaccare prima di aver terminato lo sviluppo o di aver ottenuto un vantaggio in tal senso;
c) per mettere a frutto un vantaggio di sviluppo si devono avere linee aperte e diagonali libere;
d) è importante distinguere tra pezzi attivi e passivi; e) i punti deboli della posizione avversaria vanno occupati, se possibile, con i pezzi leggeri.

Morphy non incorreva praticamente mai in sviste, malgrado che giocasse velocemente, e raramente pensava più di 5-10 minuti su una mossa, quando i suoi avversari ci mettevano delle ore. Oggi la sua tecnica di gioco è ricordata come una delle più brillanti nella storia degli scacchi.

4. Akiba  Rubinstein

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Akiba Rubinstein (Stawiski, 1882 - Anversa, 1961) è stato uno dei più importanti scacchisti del XX secolo.

La famiglia voleva che diventasse rabbino, ma nel 1903 Rubinstein aveva imparato a giocare a scacchi a scuola e aveva abbandonato gli studi di teologia per dedicarsi agli scacchi.

La sua carriera aveva raggiunto l'apice nel periodo tra il 1906 e il 1912, quando aveva vinto quasi tutti i più importanti tornei internazionali, tra cui: Lodz 1906, Ostenda 1907 (ex aequo con Spielmann) e Karlsbad 1907, Lodz, Pietroburgo e Vilnius nel 1909 e Varsavia nel 1910.

Nel 1912 aveva vinto 5 tornei in successione: San Sebastiano, Piestany, Breslavia, Varsavia e Vilnius, con una serie di vittorie consecutive nello stesso anno che resta tuttora un record insuperato.

Da molte parti si auspicava un match tra Rubinstein e Lasker col titolo in palio e nel 1914 si era anche avviata una trattativa, ma lo scoppio della prima guerra mondiale aveva mandato a monte tale progetto.

Dopo la guerra Rubinstein era ancora riuscito ad ottenere dei buoni risultati in importanti tornei, come la vittoria del torneo di Vienna 1922 davanti ad Alekhine e Reti, ma non era più in grado di ripetere gli straordinari exploit degli anni precedenti, anche a causa di una salute che diveniva sempre più malferma.

Fin da giovane aveva manifestato segni di disturbi mentali, come l’antrofobia e le allucinazioni, ma nei suoi anni d'oro il suo gioco era stato preciso e lucidissimo.

Alle Olimpiadi di Amburgo del 1930 aveva ancora dato prova del suo straordinario talento, realizzando 15 punti su 17 partite giocate (+13 =4) e aveva condotto la Polonia alla vittoria, ma nel 1932 aveva dovuto abbandonare il gioco attivo a causa della sua crescente schizofrenia.

Ogni maestro di alta classe ha nel proprio repertorio una partita che lo rappresenta nella storia degli scacchi. La partita Rubinstein-Rotlevi, dove è stata realizzata una delle più belle combinazioni mai viste sulla scacchiera, è stata denominata dai suoi contemporanei “l’immortale”di Rubinstein.

Oltre al suo contributo alla teoria delle aperture, Rubinstein viene ricordato per il suo notevole gioco di posizione, per lo stile brillante, e talvolta impetuoso, e per la perfezione dei suoi finali.



5. José Raul Capablanca

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José Raúl Capablanca y Graupera (Avana, 1888 - New York, 1942), uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi e Campione del mondo dal 1921 al 1927, era famoso per l’eccezionale velocità di gioco e la sua abilità nei finale.

Il piccolo José aveva appreso il gioco degli scacchi a quattro anni, osservando il padre giocare.

All’età otto anni il piccolo José aveva cominciato frequentare il club dell’Avana solo di domenica dietro consiglio medico.

In quella atmosfera Capablanca era diventato un forte giocatore e nel 1901, a dodici anni, aveva vinto un match informale col campione di Cuba Juan Corzo, diventando moralmente il campione di Cuba.  

Nel 1904 Capablanca aveva frequentato l’Università della Columbia a New York e nel 1905 aveva visitato il famoso Manhattan Chess Club. Qui aveva subito mostrato il suo notevole talento per gli scacchi, particolarmente nel quick e lightning chess, dimostrando di non aver rivali in questo tipo di gioco e di poter competere coi migliori al mondo.

Nel 1906 aveva infatti vinto un rapid transit tournament a cui aveva anche partecipato  Emanuel Lasker. Negli anni 1908-1909 Capablanca aveva fatto il suo  primo tour degli Stati Uniti  e aveva superando tutti i records nelle sessioni di simultanea.

Al suo ritorno a New York era stato organizzato un match di esibizione col Campione degli Stati Uniti Frank Marshall che il Cubano aveva vinto per 8 a 1. A questo successo Capablanca aveva aggiunto un nuovo exploit in Europa, paragonabile a quello di Pillsbury ad Hastings 1895, vincendo il Torneo Internazionale di San Sebastiano 1911.

Negli anni seguenti Capablanca  aveva giocato come mai in precedenza. Nel 1928 era arrivato secondo a Kissingen, dietro a Bogoljubov, ma primo a Berlino e Budapest, nel 1929 era stato primo a Ramsgate, Barcellona, Budapest e Hastings e secondo a Karlsbad, ma  la sua richiesta di rivincita non era stata accettata. 

Dal 1932 al 1934 Capablanca aveva scritto il manuale A primer of chess e aveva studiato le nuove aperture.  Nel 1938 l'emittente radiofonica olandese AVRO aveva organizzato un torneo tra gli otto migliori giocatori del mondo che era stato vinto dai giovani Keres e Fine.

Il risultato di Capablanca era stato un deludente settimo posto, ma durante il torneo aveva sofferto per l’alta pressione arteriosa e si erano manifestati i primi sintomi di sclerosi cerebrale.

Quattro anni dopo, la sera del 7 marzo 1942, mentre Capablanca si trovava al Manhattan Chess Club, si era sentito male ed era stato trasportato all'ospedale del Monte Sinai, dove era morto il mattino seguente per ictus cerebrale. I suoi resti riposano nel cimitero di Colon dell'Avana.  

In tutta la sua carriera Capablanca aveva giocato 582 partite ufficiali, perdendone soltanto 35. Escludendo gli anni della sua giovinezza, da quando Capablanca era diventato un affermato maestro, solo quattro giocatori (Marshall, Lasker, Alekhine e Spielmann) erano stati capaci di vincere più di una partita col Cubano.

Da uno studio fatto nel 2006 sulle partite dei Campioni del mondo con Crafty e Rybka, è risultato che Capablanca era stato il più accurato Campione del mondo.

Botvinnik lo aveva ritenuto il più grande di tutti i Campioni del mondo per il suo gioco intuitivo, Spassky lo considerava il miglior giocatore di tutti i tempi e Bobby Fischer lo aveva preso a modello e lo ammirava per la semplicità dello stile e la rapidità nel trovare la mossa giusta sulla scacchiera.






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