Vi avvisiamo subito: noi continueremo a chiamarlo Astro o Aster, anche se i botanici di professione adesso lo definiscono Symphyotrichum.
Un nome impronunciabile (“sinfiotricum”) e non scrivibile agevolmente, scaturito dalle ultime indagini genetiche e molecolari che stanno rivoluzionando la filogenesi (la storia delle origini), la tassonomia (la denominazione dei gruppi) e la nomenclatura (i nomi delle singole specie) botaniche.
Tant’è: il nostro astro o Aster alla latina rimane sempre la stessa pianta, facile da coltivare e di enorme soddisfazione per tutto il mese di settembre e inizio ottobre, proprio quando poche specie sono ancora prodighe di fiori. Non per niente viene anche chiamato “settembrino”, dall’epoca di fioritura.
La grazia degli astri fioriti li rende simbolo di spontaneità e gentilezza d’animo, mentre nel linguaggio dei fiori sono classicamente abbinati all’amore duraturo e alla profondità intellettuale: chi li regala auspica o omaggia una vita insieme a una persona – il destinatario – gentile e intelligente.
1. Nomi complicati
A onor del vero, il termine “settembrino” andrebbe riferito non a tutti gli Aster, bensì solo a due in particolare: Aster novae-angliae (ora Symphyotrichum novae-angliae o astro del New England) e A. novi-belgii (adesso S. novi-belgii o astro americano), entrambi originari del Nord America.
Il primo è una specie alta sino a 2 m, con piccole foglie intere e lanceolate che abbracciano il fusto (in termini tecnici “amplessicauli”), lunghe sino a 12 cm, di colore verde chiaro. La fioritura è costituita da numerosi capolini, portati all’apice del fusto, ciascuno di diametro compreso tra 3 e 5 cm; appare in agosto-settembre e i colori principali sono il rosa, il lavanda e il porpora.
Ogni capolino è caratterizzato da brattee involucrali (cioè le “foglie” esterne all’infiorescenza) vischiose e ricurve, facilmente apprezzabili al tatto. Questa specie (foto sotto) è largamente coltivata in Europa, soprattutto nei Paesi nordici, ma è presente allo stato spontaneo, come pianta inselvatichita, anche nell’Italia settentrionale, soprattutto in Friuli.
Tra le numerose varietà vi consigliamo ‘Barr’s Pink’, alto sino a 1 m, dai capo- lini rosa, grandi e semidoppi, sbocciati in settembre; ‘Mrs S.T. Wright’ che tocca gli 80-100 cm d’altezza, con “fiori” rosa chiaro nello stesso mese; e ‘Herbstschnee’, una varietà proveniente dalla Germania, di altezza intorno al metro, con capolini grandi di colore bianco che appaiono in agosto-settembre.
Aster novi-belgii (foto sotto) è una specie di dimensioni inferiori rispetto alla precedente, visto che raggiunge un’altezza massima di 1,2 m: deve la denominazione all’antico nome di New York, cioè New Belgium. Si copre di foglie lanceolate o lineari-lanceolate di colore verde.
I capolini sono di colore azzurro-violetto, ma esistono moltissime varietà coltivate, con fioritura in atto tra luglio e ottobre, che presentano altre tonalità di colore.
Qualche segnalazione meritevole: ‘Carnival’, alto 60 cm con “fiori” rosso porpora; ‘Orlando’, di 1,2 m d’altezza, dai “fiori” grossi di color rosa cremisi che si aprono a settembre-ottobre; e ‘Lye End Beauty’, dell’altezza di circa 1 m, i cui “fiori” di un bel color rosso ciliegia sbocciano ad agosto-settembre.
Anche questa specie, e il suo ibrido orticolo S. × versicolor, alto fino a 2 m e dai “fiori” blu-violetti, si può incontrare inselvatichito un po’ in tutta Italia, dal Piemonte alla Calabria.
Ha invece mantenuto il nome originario il classico Aster amellus, detto anche astro di Virgilio o amello, alto da 20 a 50 cm, dai “fiori” violetti con centro giallo, da luglio a settembre, perfetto da posizionare nel giardino roccioso o su muretti a secco, vista la sua propensione a vivere in terreni aridi e pietrosi.
Segnaliamo ‘Advance’, alto 60 cm, dai “fiori” blu-violetto in settembre; ‘Red Fire’ (o ‘Rotfeuer’), 60 cm, con “fiori” rossi da agosto a ottobre; ‘Queen Mary’, 75 cm, a “fiori” malva pallido in settembre-ottobre.
2. Come e dove usarli
Uno dei tanti pregi dei settembrini sta nel fatto di poterli collocare quasi dappertutto, visto che sopportano pressoché ogni tipo di situazione avversa.
Ci riferiamo però alla piena terra, perché la quasi totalità degli astri ha radici rizomatose ingombranti, adatte a vivere in giardino, e resistenti al caldo e al freddo. Solo le varietà nane si adattano bene alla coltivazione in vaso.
Sono particolarmente idonei a parchi e giardini del Nord Italia o alle zone collinari e montane del Centro-Sud, ma si possono piantare anche nei giardini mediterranei esposti alla calura estiva, e sopportano perfino i venti portati dal mare ricchi di salsedine, purché non manchino regolari irrigazioni al terreno.
In generale gli astri valorizzano gli sfondi delle aiuole, le bordure e i giardini rocciosi, perché offrono un notevole motivo d’interesse durante l’abbondante fioritura che inizia, per le varietà più precoci, in luglio, per terminare poi alla metà di ottobre per quelle più tardive.
Dunque utilizziamoli nei bordi misti di erbacee perenni, come piante da sfondo in aiuola contro un muro, in piccole aiuole con spazi di dimensioni ridotte, e ancora nei giardini rocciosi (almeno le varietà di taglia minore), senza dimenticare l’impiego come fiori recisi.
Da sempre, infatti, sono utilizzati anche come fiori da recidere in virtù della loro lunga durata: bisogna avere la pazienza di eliminare tutte le foglie dagli steli – cosa facile passando la mano dall’alto verso il basso, per staccarle alla base – per evitare marciumi dell’acqua, che va comunque cambiata ogni giorno, tagliando anche un pezzetto di 1-2 cm dalla base dello stelo reciso.
Se piace il mix con altre erbacee perenni, accostiamoli agli anemoni ibridi (noti con il nome di “anemoni giapponesi” o “anemoni autunna- li”) e all’Echinacea purpurea, entrambe piante a fioritura estiva tardiva, che in abbinamento agli astri vengono valoriz- zate in uno spettacolo strepitoso.
3. Per una lunga vita
I settembrini sono classificati come “erbacee perenni vivaci”, cioè in grado di sviluppare foglie e fusti in primavera, fiorire e disseminare in estate-autunno e, durante i mesi invernali, perdere completamente la parte aerea, che si secca e muore.
Dato che possiedono gemme portate sulle radici (botanicamente si chiamano “emicriptofite”), in primavera ridanno vita a un nuovo ciclo di vegetazione, perpetuandosi così per molti anni (anche più di 30 per i novae-angliae, mentre i novi-belgii possono sparire anche solo dopo 5 anni).
Per prolungare la vita dei novi-belgii, è importante dividere i cespi ogni 3-4 anni, altrimenti perdono vigoria e spariscono lentamente dall’aiuola.
La divisione dei cespi è sempre un’ottima occasione per ottenere numerose nuove piante: mettiamoci all’opera in autunno o alla fine dell’inverno (febbraio-marzo), estirpando l’intero cespo e separando tutti i germogli provvisti di radici.
Ripiantiamoli – da soli i più vigorosi, in gruppetti quelli più deboli –, dopo aver concimato e lavorato il terreno che dovrà ospitare i nuovi esemplari.
Nonostante la longevità a volte scarsa, fa piacere sapere – come riporta Ippolito Pizzetti – che il primo ad aver citato un astro (Aster amellus) è stato circa 2000 anni fa il grande poeta latino Virgilio, nelle Georgiche (IV, 271-80):
Vi è poi nei prati un fiore,
che i contadini chiamano amello,
erba che è facile trovare
perché dalla radice leva una selva di steli. Dentro è dorato, ma nei petali,
che si aprono numerosi tutt’intorno, luccica la porpora in mezzo
al viola cupo;
a volte se ne intrecciano collane
per ornare gli altari degli dei;
in bocca ha il gusto asprigno;
lo raccolgono i pastori nelle valli falciate lungo il corso sinuoso del Mella.
Fai cuocere in vino aromatico
le sue radici
e imbandiscile davanti alle porte
in canestri ripieni.
Amello per i Latini, che lo consumavano con gusto, poi aster attico nel Medioevo, nome con il quale arrivò in Inghilterra intorno al XIV secolo, per prendere possesso dei giardini inglesi.
Venne poi affiancato dagli astri americani a partire dal XVI secolo e oggi si annoverano circa 300 fra specie e varietà di astri, con i quali si possono realizzare macchie di colore a bassa manutenzione e alta resa.
4. Due talloni d’Achille
Pochissime le cure richieste dagli astri, anche perché i grandi nemici sono solo due: le lumache e l’oidio.
I molluschi sono ghiotti dei nuovi germogli primaverili, poi però abbandonano le piante già sviluppate a favore di altre più appetibili.
Proteggiamo le piantine giovani con scie di segatura o di cenere, cerchi di ghiaia fine, trappole caricate a birra oppure esche biologiche a base di fosfato ferrico (innocue per altri animali e uomini).
L’oidio o mal bianco colpisce tutta la vegetazione, ricoperta da una caratteristica patina biancastra farinosa che provoca, oltre a un effetto ornamentale negativo, anche un arresto della crescita.
Si previene mantenendo le piante alla giusta distanza fra loro, evitando di bagnare la vegetazione quando si annaffia, irrorando di frequente il sapone molle o il caolino soprattutto dopo una pioggia; si cura trattando con zolfo.
Rarissimamente, e solo su piante giovani che non vengono annaffiate a sufficienza, può comparire anche il ragnetto rosso, che fa scolorire il fogliame e lo avvolge con sottili ragnatele.
Si combatte irrorando prodotti agrari a base di lecitina di soia o sapone molle.
5. Come coltivarlo
- ESPOSIZIONE E TERRENO
Predilige esposizioni ampiamente soleggiate: a mezz’ombra fiorisce molto meno e, soprattutto, si ammala più facilmente di oidio. Il terreno deve essere fresco, leggero e fertile, anche calcareo o ghiaioso (particolarmente Aster amellus). Deve essere sempre molto ben drenato perché l’eccessiva umidità favorisce i mar- ciumi radicali. Tuttavia non deve essere mai troppo asciutto, specie in prossimità della fioritura che richiede molta acqua.
- PIANTAGIONE
Che si tratti di esemplari da vasetto appena acquistati, oppure di cespi divisi (dopo aver tagliato la parte aerea in disseccamento), la piantagione andrebbe effettuata fra ottobre e novembre, con la possibilità per le piante da vivaio di venire piantate anche in marzo-aprile, non oltre.
Piantiamo a una distanza di almeno 40-45 cm tra i soggetti: sviluppandosi, ogni singola pianta raggiunge un diametro di 60-80 cm.
Sul fondo della buca, oltre a 3 cm di ghiaia grossolana di drenaggio, è bene mettere una manciata di stallatico secco. Le varietà con altezze comprese tra 60-150 cm, sebbene abbiano un portamento eretto, richiedono sostegni per opporre maggiore resistenza a venti e piogge, altrimenti “si sdraiano” su altre piante o sul terreno.
I supporti (ottimi i rami di nocciolo oppure i tutori ad anello) vanno inseriti findalla primavera per sostenere la pianta durante lo sviluppo, indirizzando via via gli steli sui sostegni ed eventualmente legandoli con un laccio morbido.
- ACQUA E CONCIME
Quando, all’inizio della primavera, i cespi cominciano a produrre sottili fusti abbastanza ramificati, con piccole foglie glabre, bisogna sorvegliare la terra affinché non si asciughi per periodi prolungati, seppure brevi periodi di siccità siano ben tollerati.
Poiché l’astro teme i ristagni d’acqua, è prudente aspettare che il terreno si asciughi prima della successiva irrigazione. Attenzione a non bagnare le foglie, il che favorisce la comparsa del mal bianco.
Le annaffiature devono continuare con regolarità fino alla fioritura compresa. E per piante riccamente fiorite è necessario anche l’apporto di sostanza organica (stallatico, cornunghia o guano) in tardo autunno (novembre), mentre in primavera (aprile) basta una concimazione con un prodotto granulare a lenta cessione per piante fiorite da giardino.
- A FINE STAGIONE
Dopo la fioritura gli steli che hanno fiorito si dimezzano e poi si attende il freddo che fa seccare la parte aerea rimasta: è il momento di tagliarla a circa 15 cm dal suolo.
Tutti gli astri possiedono una grande resistenza al gelo invernale, sopportando temperature di oltre –20 C: non occorre predisporre alcuna protezione. Però in montagna, al momento dell’impianto bisogna curare molto bene il drenaggio del terreno, pena la morte delle piante.
- LA MOLTIPLICAZIONE
Come molte erbacee perenni, dopo 3-4 anni l’intensità della fioritura tende a diminuire, indicando la necessità di divi- dere le piante e, se possibile, trasferirle in una diversa posizione, perché il terreno risulterà impoverito.
Se i cespi devono tornare nella stessa posizione, bisogna riempire la buca d’impianto con nuovo terriccio da giardino mescolato a letame ben maturo o stallatico secco.
Si procede in novembre o in febbraio-marzo (meno consigliabile). La riproduzione per semina invece si effettua in primavera.
Quando le piantine raggiungono un’altezza di circa 10 cm, si trapiantano in contenitori singoli, per poi piantarle in giardino la primavera seguente.
I risultati sono però molto variabili, nel senso che possono scaturire fiori di colori pallidi o piante di altezza variabile. La moltiplicazione per divisione dei cespi rimane la più sicura.