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Dimmi che regali fai… e ti dirò chi sei

Il più odiato dai commessi: quello che arriva nei negozi il 24 dicembre, quasi a saracinesche abbassate.

L’insostenibile, per i comuni mortali: quello che a novembre già dice: “Io? Fatto tutto”.

O quello che ripropone ad altri senza vergogna il portafogli ricevuto dalla zia. Ognuno – nel fare regali per le innumerevoli circostanze che lo richiedono – ha un suo “stile”.

Che dice molto della nostra personalità, di come gestiamo i rapporti con gli altri e anche di come siamo bravi (o negati) a farci capire.

Non a caso, doni e donatori sono oggetto di studio per psicologi, antropologi ed economisti.

Sulla base delle loro ricerche, abbiamo selezionato 10 profili di donatori. Riconoscete qualche amico, parente o… voi stessi?

CURIOSITA’: Tutti i numeri di un albero ricco di sorprese

  • RITARDATARI: Il 18 dicembre 2016 aveva terminato gli acquisti natalizi solo il 34% degli intervistati, per un sondaggio Swg per Confesercenti.
  • BABBO NATALE: Se tutti i bambini del mondo dovessero ricevere un regalo da 75 euro, Babbo Natale dovrebbe spendere 139,781 miliardi.
  • GIRO DI AFFARI: L’anno scorso la spesa degli italiani per Natale, tra doni e cibo, è stata di oltre 10 miliardi (stima Codacons).
  • COSÌ FAN (QUASI) TUTTI: Almeno 10 i regali che il 40% degli italiani compra per parenti e amici, secondo un sondaggio Privalia.

 

1. L’egocentrico e il genio

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  • L’EGOCENTRICO
    Forse tra tutti è quello che più gode a fare i regali: ovvio, li fa a se stesso.
    Così ecco impacchettati per la moglie l’hi-fi, per il figlio di due anni il videogioco...
    Se volessimo trovargli un’attenuante, potremmo dire che attribuire agli altri i nostri gusti è un modo per trasformare lo stress da regalo nella gioiosa ricerca di qualcosa che vogliamo per noi.
    L’egocentrico ha imparato a dribblare lo stress da regalo scegliendo doni che è sicuro piaceranno ad almeno una persona: lui/lei.
    Appartiene alla categoria anche il bricoleur: l’aspirante artista che regala i suoi acquerelli, l’amica che si presenta col vasetto dipinto dalle sue mani d’oro. Anche qui il regalo esprime narcisisticamente la personalità del donatore.
    Fanno eccezione i regali self-made ma con affetto, come le sciarpe ai ferri delle nonne: il messaggio allora è “Non prendere freddo, mi sei caro”.
  • IL GENIO
    È quello che trova sempre il regalo azzeccato per tutti. Ma come fa?
    Semplice (per lui/lei): è empatico, anche nella scelta delle ciabatte per la zia o del gadget per il collega che va in pensione.
    Riesce a infilarsi nei panni dell’altro per immaginare i suoi desideri. Inoltre, sa calibrare la portata dei suoi doni per non mettere in imbarazzo i destinatari. C’è poi una questione di sesso: non ce ne vogliano i maschi, ma in genere le donne sono più brave nel scegliere il dono giusto.
    Lo ha verificato con un esperimento Monique M. H. Pollmann, dell’Università di Tilburg (Paesi Bassi): ha chiesto a uomini e donne di scegliere un dono, da una lista di oggetti, per un amico o un parente che aveva indicato le sue preferenze.
    E le donne hanno azzeccato più spesso le cose desiderate. Secondo Pollmann, ciò si spiega con un maggiore interesse verso gli altri.

2. Il volenteroso e il comunitario

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  • IL VOLENTEROSO
    Ci pensa, si sforza, cerca ovunque il regalo perfetto.
    Eppure, il suo dono tanto pensato, una volta consegnato, resta tristemente a prendere polvere.
    Un team guidato da Mary Steffel della University of Cincinnati (Usa) ha spiegato il perché: il volenteroso si sforza di trovare una strenna “personalizzata”, spiega Steffel, «con cui cerca di dimostrare che conosce bene l’altro».
    L’ironia è che noi – quando siamo dalla parte di chi scarta il pacchetto – piuttosto che “su misura” i regali li preferiamo versatili.
    Per verificarlo, Steffel ha chiesto a due gruppi di volontari di immaginarsi nei panni di chi regala o di chi riceve e di scegliere tra due possibilità: un buono per il negozio preferito (dell’altro o proprio) o uno spendibile ovunque.
    Risultato: i donatori sceglievano in genere il dono più mirato, i riceventi il buono più versatile.
    È per questo che il donatore ben intenzionato “toppa”, dice Steffel, «quando esagera con la personalizzazione: l’amico che adora il cocktail Margarita potrebbe non usare mai la macchina per farlo a casa e preferire un frullatore multiuso».
  • IL COMUNITARIO
    I regali li fa, ma solo perché è un obbligo sociale a cui è impossibile sottrarsi. Quando è impensabile farsi cogliere a mani vuote, la salvezza sono le collette.
    “Ci stai a fare un regalo tutti insieme?”: lui, sempre, mette i soldi e non ci pensa più. Né taccagno, né insensibile, il donatore per forza è semplicemente troppo oberato dagli impegni per trovare tempo per i regali.
    Al massimo si concentra su un dono, in genere quello per la persona amata.

3. Il disinteressato e il last minute

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  • IL DISINTERESSATO
    Anche lui non si sottrae ai cerimoniali.
    Ma è privo di idee, regala alla cieca, senza spremersi troppo le meningi: dal set di saponi alla scatola di praline, tutto va bene, basta che ci sia un fiocco. Si tratta di persone con poche competenze relazionali.
    Il disinteressato non è empatico e tende a focalizzare l’attenzione non sulla sostanza ma sull’effetto.
    Del resto non si dice: basta il pensiero? Anche questa è una strategia per dribblare lo stress da regalo.
  • IL LAST MINUTE
    Rimanda, rimanda e arriva trafelato quasi al 24 dicembre con ancora regali da fare.
    È incorreggibile, eppure con un massacrante tour de force riesce sempre a salvarsi. È il segreto dei procrastinatori: quelli che rimandano tutto.
    Il “donatore dell’ultimo minuto” appartiene in particolare alla categoria di ritardatari identificata da Diana De Lonzor, autrice di Never Be Late Again, come “quelli della scadenza”: si motivano nell’urgenza e dicono di dare il meglio di sé solo sotto pressione.
    Il ritardatario sfugge allo stress del regalo concentran­do tutte le sue risorse in un gesto finale, una sfida con se stesso che gli richiede sforzo ma che spesso garantisce un otti­mo risultato.
    Altri invece si bloccano per troppa scelta, come spie­ga Karen Pine, della University of Hert­fordshire (Gb), studiosa dei meccanismi del dono: solo all’ultimo, quando proprio sono costretti, prendono una decisione.

4. Il riciclatore e l’anticipatore

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  • IL RICICLATORE
    I regali, da lui, sono in transito. Sfidando le gaffe, reindirizza sciarpe, libri o set di candele appena rice­vuti ad altri destinatari.
    Tirchio e privo di tatto, lo stronchereste voi. Invece, ha un lato positivo.
    È spesso animato dal de­siderio di far arrivare il dono giusto alla persona più indicata. Cosa se ne fa di una bottiglia di pregiato rosso se non ha pala­to per i vini?
    Lo rifila al collega enofilo, in grado di apprezzarlo. E anche la ricerca scientifica giustifi­ca la pratica che gli anglosassoni chiama­no regifting.
    Uno studio delle università di Stanford, Harvard e London Business School ha analizzato anche il punto di vista del donatore originario del regalo poi riciclato: è emerso che si sente meno ferito se il dono non indovinato è passato ad altri invece che eliminato.
  • L’ANTICIPATORE
    Per lui il Natale è un progetto da mettere in cantiere con mesi d’anticipo: è trionfante quando annuncia con superiorità ad amici e colleghi: «I re­gali? Già fatti».
    L’organizzazione della missione­ regali prende il sopravvento sullo slancio altruistico: quello che la persona mette all’opera è solo il suo bi­sogno di perfezione.





5. L’esibizionista e il grinch

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  • L’ESIBIZIONISTA
    È un narciso, con un debole per i regali megalomani. I suoi regali trasmettono un unico messaggio: “Io posso”.
    Il desti­natario del dono, però, può anche non gradire la generosità del gesto: si innesca una sensazione di debito che può addirit­tura mettere in crisi la relazione tra i due.
  • IL GRINCH
    È il non­-donatore, dal nome del mostro anti­Natale ideato da Dr. Seuss. L’opposto della collega che ha sempre un maledetto pacchettino per tutti.
    Non fa regali, dicendo di essere an­ticonsumista o in bolletta. Un avaro ari­do di cuore?
    In fondo, gli dà ragione Joel Waldfogel, economista dell’Università del Minnesota (Usa). Nel saggio Scroogenomics: Why You Shouldn’t Buy Presents for the Holidays (“Scroogenomics” si deve a Ebenezer Scrooge, il taccagno del racconto Canto di Natale di Charles Di­ckens), afferma che dal punto di vista economico comprare cose per persone di cui non si conoscono le preferenze è un «modo terribile di allocare risorse»








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