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La guerra dei trent’anni: l’apocalisse che ha cambiato l’Europa

Nel cuore dell’Europa divisa tra protestanti e cattolici, si accese un conflitto destinato a insanguinare città, strade e campi, diventando la più terribile catastrofe della prima modernità: la Guerra dei Trent’anni, l’apocalisse che ha cambiato l’Europa. 

Ma, come sempre, lo scontro tra religioni copriva interessi di potere.

La maggior parte delle narrazioni moderne dipinge la Guerra dei Trent’anni come un conflitto di brutalità inaudita.

E’ una fama meritata? Scopriamolo insieme.

 

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1. Coinvolta anche la Valtellina

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È il 1555, da decenni ormai gli scontri tra Cattolici e Protestanti sono all’ordine del giorno nella Germania divisa in tanti principati.

La situazione si risolve con quella Pace di Augusta, voluta dall’Imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V, che ha come effetto il celebre cuius regio, eius religio, che sta a significare come il credo del principe dovesse diventare la religione dei suoi sudditi.

Questo provocò non pochi problemi, creando un flusso migratorio in cui le famiglie di una e dell’altra confessione raggiungevano il territorio del principe che condivideva la loro fede.

Si vennero così a formare due schieramenti contrapposti: nel 1608 l’Unione Protestante guidata da Federico IV, l’Elettore del Palatinato, e nel 1609 la Lega Cattolica, con a capo il duca Massimiliano di Baviera.

La tensione sociale non si placava, tanto che bastò la nomina di un principe cattolico intransigente, Ferdinando II d’Asburgo, su un trono tradizionalmente protestante come quello di Boemia, per scatenare la rivolta, iniziata con l’episodio della “defenestrazione di Praga”, del 23 maggio 1618, in cui nobili boemi scaraventarono (letteralmente) da una finestra del castello i due delegati imperiali, dando così origine alla guerra tra principi ribelli protestanti e truppe imperiali.

I nobili Boemi, nel 1619, offrirono il trono a Federico V, Elettore del Palatinato e capo dell’Unione Protestante, e questi, alla testa dell’esercito boemo, riuscì a respingere le truppe imperiali fino a Vienna.

Nel medesimo anno, però, Ferdinando II d’Asburgo divenne Imperatore del Sacro Romano Impero – che comprendeva gli stati di Boemia, Baviera, Sassonia, Brandeburgo, Palatinato, Franca Contea – e gli schieramenti diventarono sempre più netti: Baviera, Sassonia, Spagna e Seggio Pontificio uniti nella Lega Cattolica; Inghilterra e Olanda con l’Unione Protestante, vale a dire la coalizione dei principi ribelli.

Lega Cattolica e Unione Protestante si affrontarono nella Battaglia della Montagna Bianca, combattuta ad Ovest di Praga l’8 novembre 1620, in cui furono le forze cattoliche, guidate da Ferdinando II, ad avere la meglio: i principi protestanti ribelli non avevano ricevuto che un po’ di denaro e qualche volontario da quelle potenze protestanti che si erano impegnate a sostenerli, come Inghilterra e Olanda.

I ribelli superstiti, però, continuarono a dare battaglia nel Palatinato, dove vennero nuovamente sconfitti dall’esercito imperiale di fede cattolica guidato questa volta dal generale belga Tilly, nel 1623.

Negli anni seguenti, il conflitto assunse dimensioni spropositate, coinvolgendo un numero sempre maggiore di Stati.

Non era più una questione che interessava unicamente il Sacro Romano Impero, bensì l’intera Europa: gli Asburgo di Spagna e l’Austria si allearono in funzione antiprotestante e appoggiarono la Valtellina nella sua ribellione ai Grigioni protestanti, anche per ottenere una via di comunicazione tra le rispettiva nazioni, ma Francia, Venezia e Savoia riuscirono ad imporre la Pace di Monçon del 1626, in cui venne sancito che la Valtellina restava ai Grigioni, i quali però permettevano il culto cattolico.

Nel Sacro Romano Impero, invece, alla fine trionfarono pienamente i cattolici: la repressione verso i ribelli protestanti comportò crudeltà inaudite, nonché la spartizione dei territori tra i vincitori.

Questa ridistribuzione di terre mise in seria difficoltà la Danimarca, Paese protestante che aveva in quei principi ormai sconfitti e decaduti i suoi maggiori alleati nel Nord della Germania. Per prevenire le temute mosse cattoliche, Cristiano IV, re di Danimarca, invase i territori imperiali nel 1625, ma venne sconfitto dalle truppe del boemo Albrecht von Wallenstein, nel 1629.

Capitolata anche la Danimarca, l’Imperatore Ferdinando II poté attuare il suo piano di ricattolicizzazione dell’Impero, con l’Editto di Restituzione, emanato il 6 marzo 1629, in cui si intimava ai principi protestanti di restituire beni e territori da loro occupati negli ultimi 70 anni, dopo la Pace di Augusta del 1555.

Ma la guerra era ben lungi dall’essere conclusa. Il cardinale Richelieu, Primo ministro francese, preoccupato per il maggior peso assunto dall’Impero asburgico, si adoperò per creare un’alleanza in funzione anticattolica, a costo di doversi alleare – pur essendo lui cardinale e la Francia di fede cattolica – con potenze protestanti come Olanda, Svezia e alcuni principi imperiali che mal digerivano gli effetti dell’Editto di Restituzione, che li riguardava da vicino.

Spalleggiata dalla potente Francia di Luigi XIII e di Richelieu, la Svezia entrò baldanzosamente in gioco: il re Gustavo Adolfo II, alleatosi con l’Elettore di Sassonia, invase i territori imperiali, e riuscì ad arrivare a Praga, sconfiggendo l’esercito del temibile Conte di Tilly, colpevole di quel saccheggio di Magdeburgo utilizzato dalla propaganda svedese per raccogliere consensi tra i principi imperiali contro l’alleanza cattolica.

Seguirono scontri e battaglie che videro contrapposte le forze imperiali e spagnole contro quelle svedesi appoggiate dai principi protestanti. La situazione si risolse finalmente nel 1635, con la Pace di Praga, che sancì la sospensione dell’Editto di Restituzione, placando le rivendicazioni dei principi protestanti.

In Francia, Richelieu, approfittando della situazione favorevole, continuò la sua offensiva nei confronti dei territori imperiali: occupò l’Alsazia e la Lorena, arrivando a minacciare il ducato di Milano e i Paesi Bassi spagnoli.

L’imperatore contrattaccò, riuscendo ad arrivare fin quasi a Parigi, ma poi la rivolta della Catalogna, la secessione del Portogallo e la perdita di Brandeburgo e Baviera, finirono per indebolire le truppe imperiali e spagnole, favorendo così la riscossa di Francia e Svezia.

A quel punto, l’Impero capì che la pace era auspicabile: tuttavia, le trattative si protassero per anni, finché, nel 1648 Francia, Svezia e Impero firmarono la Pace di Westfalia, che pose fine a questa guerra sanguinosa che lasciava dietro di sé 5 milioni di morti.

Da questa ecatombe, chi trasse i maggiori vantaggi fu la Francia (cattolica ma alleata con i protestanti) che riuscì ad annettersi l’Alsazia e la Lorena, precedentemente degli Asburgo.

Nella foto sotto, mappa che illustra i territori coinvolti nel conflitto: gli Stati a maggioranza protestante (in rosa), i domini degli Asburgo di Spagna (in giallo) e d’Austria (in arancione).
I numeri corrispondono alle fasi della guerra:
1) 1620-1623, sconfitta della Boemia e del Palatinato;
2) 1625-1629: intervento e sconfitta della Danimarca;
3) 1630-1632: intervento della Svezia;
4) 1635-1643: intervento della Francia;
5) 1645-1648: campagne francesi e svedesi in Germania.

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2. La Guerra dei Trent’anni, un conflitto di brutalità inaudita

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La Guerra dei Trent’anni costò la vita a quasi 5 milioni di persone, dunque sì, la sua orrida fama è certamente meritata.

Di fatto la popolazione del Sacro Romano Impero, principale teatro del conflitto, non ritornò a livelli paragonabili a quelli prebellici per almeno 60 anni dopo la fine delle ostilità: con una combinazione di epidemie, carestie e violenza, la guerra gettò nella più dura tribolazione gli abitanti di vaste aree dell’Europa centrale.

I casi di atrocità perpetrate in quegli anni non si contano, ma il più emblematico è senz’altro il Sacco della città protestante di Magdeburgo, nell’attuale Nord-Est della Germania che ebbe luogo il 20 maggio 1631: un bagno di sangue che concluse un assedio di 7 settimane a opera delle forze cattoliche guidate dal 70enne conte di Tilly, che aveva chiesto ripetutamente alla città di arrendersi e ottenuto altrettanti rifiuti.

Quando infine le truppe cattoliche riuscirono a violare le mura, la vendetta fu terrificante: alla fine della giornata solo 200 dei 1.900 edifici della città erano rimasti senza danni e i caduti si contavano nell’ordine dei 25mila, circa quattro quinti dell’intera popolazione.

Molti morirono soffocati nelle cantine in cui si erano rifugiati per tentare di scampare ai cannoneggiamenti, ai saccheggi e agli scontri nelle strade, ma molti altri vennero massacrati dai vincitori. Più di ogni altro episodio, il Sacco di Magdeburgo simboleggia l’orgia di violenza incontrollata in cui la guerra era sprofondata.

Ma quali furono le vicende politiche che fecero da sfondo al conflitto? A differenza dell’Inghilterra, della Francia o della Spagna, il Sacro Romano Impero era governato da una monarchia mista in cui l’imperatore condivideva il potere con circa 60 principi, 140 tra conti e abati e una sessantina di città libere.

L’Impero era da lungo tempo sotto il dominio degli Asburgo: i loro principati ereditari comprendevano un terzo del territorio imperiale e l’imperatore veniva scelto nella famiglia fin dal 1438.

Nel XVII secolo, però, la dinastia entrò in un feroce conflitto interno, oltre a dover affrontare il rischio della bancarotta finanziaria. Ne nacque un vuoto politico che fu riempito dalla seconda più potente famiglia dell’Impero: i Wittelsbach. Ma i problemi non si fermavano qui: bisognava affrontare anche le conseguenze della Riforma protestante.

Nel 1555, dopo che la nuova concezione religiosa aveva aperto un’autentica voragine nella chiesa consolidata fino ad allora, l’autorità imperiale aveva ratificato un trattato di pace nel tentativo di allentare le tensioni crescenti tra cattolici e protestanti: la cosiddetta Pace di Augusta.

Uno dei punti principali del trattato era che un settimo del territorio imperiale sarebbe in ogni caso rimasto in mano a governanti cattolici, ma all’inizio del XVII secolo molti protestanti cominciarono a sostenere che questa riserva ecclesiastica li svantaggiasse politicamente, inoltre, frustrava i loro tentativi di diffondere la nuova fede.

Fu allora che i conti palatini, il ramo più antico della famiglia Wittelsbach, fecero la loro mossa: vedendo la possibilità di aumentare il proprio potere, radunarono un numero significativo di principi e città protestanti in un’alleanza militare chiamata Unione Protestante, guidata da Federico Wittelsbach-Simmern, elettore del Palatinato.

Per reazione, il duca Massimiliano di Baviera radunò gran parte dei principi cattolici in un’alleanza rivale, presto battezzata Lega Cattolica. Un certo numero di principi rimase fuori da entrambe le organizzazioni e nessuna delle due possedeva un esercito permanente, ma la situazione si era fatta decisamente più tesa.

Nella foto sotto, la “defenestrazione di Praga” del 1618.

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3. Lo scontro religioso, un alibi

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Gli Asburgo consideravano l’Unione Protestante una sfida esplicita alla loro autorità: decisi a difendere la fede cattolica, cominciarono a restringere l’assegnazione di incarichi nell’amministrazione e nell’esercito ai soli cattolici.

Per una trentina di nobili protestanti della Boemia, che già si sentivano gravemente messi da parte e che in qualche caso si videro portar via incarichi lucrosi, la nomina di Ferdinando II d’Asburgo, cattolico intransigente, sul trono di Boemia, fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Il 23 maggio 1618 invasero gli uffici del governo nel castello di Praga: molti membri del consiglio erano altro- ve in quel momento, ma i due che erano presenti furono scaraventati fuori da una finestra assieme al loro segretario.

Rimasero tutti e tre feriti ma sopravvissero, e il segretario, che miracolosamente era atterrato in piedi, si diede alla fuga e allertò le autorità a Vienna. Ma che impatto ebbero le personalità dei leader delle due fazioni, Ferdinando II e Federico V, nelle fasi iniziali della guerra?

Un impatto notevole, senza dubbio, soprattutto nel caso di Ferdinando II d’Asburgo, che venne incoronato imperatore nel 1619. Era un cattolico duro e puro, che fin da giovane si asteneva dall’alcol e, per tenere a bada gli impulsi carnali prima del matrimonio, indossava il cilicio sotto gli abiti.

Nell’ottica di questa sua intransigenza, il conflitto con i protestanti non appariva tanto una guerra civile quanto piuttosto una ribellione all’autorità: dunque i suoi avversari, in quanto rivoltosi, avevano perduto qualunque diritto e una volta sconfitti potevano essere lecitamente espropriati di tutti i loro beni.

Al fianco di Ferdinando si schierarono il Duca Massimiliano di Baviera e gran parte dei principi ecclesiastici. Anche la Sassonia, che pure era il più potente tra i principati protestanti, si schierò con lui per timore che l’Unione polarizzasse le politiche imperiali, e basta questo a dimostrare che le due parti non erano separate in maniera netta dalla linea della divisione religiosa. Si trattava piuttosto di un’occasione di scontro delle reciproche rivendicazioni.

La fazione boema, per suo conto, considerò formalmente deposti gli Asburgo ed elesse come sovrano Federico V del Palatinato, un uomo ambizioso e ostinato, profondamente convinto della giustezza della sua causa e animato da una fede incrollabile nella vittoria finale del protestantesimo.

Nella battaglia della Montagna Bianca (8 novembre 1620) il cattolicissimo Ferdinando mise in rotta la coalizione protestante e scatenò le sue truppe al saccheggio di Praga, capitale della Boemia, nella quale i soldati vittoriosi dilagarono, violando e depredando ogni casa.

Gli Asburgo lo considerarono un trionfo del progresso, ma per i cechi fu l’inizio di una vera epoca buia. In ogni caso, con essa Ferdinando si assicurò la vittoria più importante dell’intera guerra: il suo avversario, Federico, fuggì nella Repubblica Olandese lasciandogli campo libero.

Nella foto sotto, la battaglia della Montagna Bianca (1620) in un dipinto di Pieter Snayers.

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4. I frutti amari della guerra

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Ma per quale motivo le ostilità si trascinarono per trent’anni?

Uno dei motivi fu senz’altro il rifiuto da parte di Ferdinando di fare concessioni ai nemici sconfitti: entro pochi mesi dalla Battaglia della Montagna Bianca l’Imperatore aveva confiscato ai ribelli terreni pari a metà circa dell’intera Boemia, per redistribuirli ai suoi sostenitori, e avrebbe fatto la stessa cosa dopo ogni sua successiva vittoria.

Nessuna pietà per i vinti, nessuna inclinazione alla clemenza dei vincitori. Il vero problema furono però gli alleati che i conti palatini avevano al di fuori dell’Impero, che davanti al brutale opportunismo delle confische di Ferdinando cominciarono a intervenire nel conflitto: per prima la Danimarca, dal 1625 al 1629, poi la Svezia a partire del 1630 e infine la Francia nel 1635.

L’intervento più noto è sicuramente quello svedese, guidato dal re Gustavo Adolfo, una delle figure più carismatiche di tutto il XVII secolo, che le generazioni successive avrebbero celebrato – con una buona dose di esagerazione – come un brillante innovatore militare. Il teorico militare britannico B. H. Liddell Hart arrivò a definirlo “il fondatore della guerra moderna”.

Tale fama gli venne in buona parte dal suo successo nella Battaglia Breitenfeld del 1631, dove il suo esercito protestante inflisse ai cattolici la prima sconfitta significativa dall’inizio della guerra.

Fu senza dubbio una vittoria spettacolare, ma quando lo stesso Gustavo Adolfo rimase ucciso nella Battaglia di Lucerna, l’anno seguente, la Svezia si ritrovò impantanata in un conflitto che all’apparenza non aveva più alcuna possibilità di vincere.

Tanto l’Imperatore quanto la Svezia sostennero materialmente lo sforzo bellico, distribuendo ai rispettivi alleati tedeschi le terre che via via conquistavano, e questo andò ad aggiungere altre difficoltà nell’arrivare a una pace: nessuna delle due parti avrebbe avuto il potere di costringere i propri alleati a restituire quelle terre conquistate per poter giungere a un accordo e allo stesso tempo nessuna delle due era forte abbastanza da dettare termini unilaterali all’altra.

Con premesse del genere sul tavolo, la guerra non poteva che continuare. E quali furono, nel lungo periodo, gli effetti storici di questo immane conflitto? La Pace di Westfalia arrestò il pericolo che le questioni religiose polarizzassero la politica.

Si rimise mano anche alla costituzione imperiale, ad esempio dando ai calvinisti gli stessi diritti dei cattolici e dei luterani. Il cambiamento più importante, tuttavia, fu che i nuovi diritti vennero innestati così profondamente nella struttura legale dell’Impero che tutte le discussioni si spostarono in blocco dalle grandi questioni astratte ai problemi locali.

Divenne molto più difficile polarizzare l’opinione pubblica su linee religiose, come Federico il Grande ebbe a scoprire nella Guerra dei Sette Anni (1756-1763), quando ben pochi credettero al suo proclama che la definiva uno scontro tra cattolici e protestanti anziché tra Austria e Prussia.

Sotto altri aspetti, però, la Guerra dei Trent’anni fu un disastro che lasciò vaste aree dell’Impero desolate per decenni, punteggiate di fattorie date alle fiamme e villaggi rasi al suolo.

Alcune regioni, peraltro, si ripresero più in fretta di altre, come pure alcuni settori dell’economia: ad esempio la produzione di birra, in terre dove i vigneti erano stati devastati e il grano si coltivava più facilmente delle viti. Anche la diminuzione della popolazione creò nuove opportunità per i sopravvissuti: il prezzo della terra calò a picco e i salari aumentarono.

Ma l’impressione generale rimase improntata alla desolazione più totale, confermata da scrittori e poeti che parlavano di lacrime della madrepatria e di una terra un tempo fiorente e ora ridotta in cenere.

Nella memoria storica dei tedeschi e dei cechi la Guerra dei Trent’anni occupa un posto analogo a quello delle guerre civili in Gran Bretagna, Spagna e Stati Uniti e delle rivoluzioni in Francia e Russia: quello di un traumatico punto di svolta della storia nazionale.

In Germania divenne perlopiù sinonimo di umiliazione, poiché aprì le porte a due secoli in cui il paese si ritrovò preda di divisioni interne e impotente sul piano internazionale.

Nella foto sotto, le forze imperiali si preparano ad attaccare quelle protestanti nel 1620 nei pressi di Praga, in un dipinto dell’epoca.

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5. Calendario del conflitto tra cattolici e protestanti

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- 1555
La Pace di Augusta, voluta da Carlo V, conferisce uguale protezione legale ai cattolici e ai protestanti nel territorio del Sacro Romano Impero.
Nella foto sotto, l'imperatore Carlo V
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- 1608
Alcuni principi guidati da Federico IV, l’Elettore Palatino, danno vita all’Unione Protestante. Nel 1609 il duca di Baviera risponde con la creazione della Lega Cattolica.
Nella foto sotto, Federico IV Palatinato.
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- 1618
Nella cosiddetta “defenestrazione di Praga”, un gruppo di nobili boemi protestanti getta due membri del consiglio e un segretario da una finestra del Castello di Praga.
Nella foto sotto, la finestra del castello.
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- 1619
Ferdinando II diviene imperatore e riceve il sostegno di Baviera e Sassonia, oltre che assistenza finanziaria dalla Spagna e dal Seggio Pontificio.
Nella foto sotto, Ferdinando II d'Asburgo.
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- 1620
L’Inghilterra, la Repubblica Olandese e altri Stati inviano denaro e volontari solo ai protestanti, che vengono sconfitti nella Battaglia della Montagna Bianca.
Nella foto sotto, Federico V Palatinato.
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- 1623
Sconfitti i suoi avversari, l’Imperatore Ferdinando II ridistribuisce le loro terre e i loro titoli ai suoi sostenitori, come il Duca di Baviera.
Nella foto sotto, Massimiliano di Baviera.
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- 1625
La Danimarca si impegna in un’invasione, ma le forze imperiali guidate da Albrecht von Wallenstein la sconfiggono nel 1629.
Nella foto sotto, Cristiano IV di Danimarca.
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- 1629
Ferdinando II raggiunge la pace con la Danimarca ed emette l’Editto di Restituzione, un’interpretazione strettamente cattolica della Pace di Augusta.
Nella foto sotto, Albrecht von Wallenstein.
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- 1630
L’invasione svedese rinfocola il conflitto, ma re Gustavo Adolfo di Svezia non riesce e penetrare fin nel Sud della Germania.
Nella foto sotto, Gustavo Adolfo di Svezia.
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- 1631
Le truppe del Conte di Tilly saccheggiano Magdeburgo. Dopo la vittoria di Gustavo Adolfo a Breitenfeld i principi protestanti tedeschi si uniscono alla Svezia.
Nella foto sotto, il conte di Tilly.
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- 1635
Ferdinando II tenta di stipulare la pace con i principati protestanti. La Francia interviene contro i cattolici per evitare il collasso della Svezia.
Nella foto sotto, Richelieu.
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- 1643-48
Nel 1643 si instaurano colloqui di pace nelle città di Münster e Osnabrück. La Pace di Westfalia pone fine una volta per tutte alla guerra nel 1648.
Nella foto sotto, moneta commemorativa.
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