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Raccontarsi bugie: un’arma a doppio taglio

Nella vita esistono situazioni talmente frustranti da causare a chi le vive un disagio insopportabile e una ferita troppo profonda all’orgoglio.

Può trattarsi di obiettivi falliti, sogni infranti, confronti perdenti con altre persone e sensi di inadeguatezza di ogni genere.

In chi non ha la forza di guardare in faccia la realtà, scatta allora il meccanismo dell’autoinganno: il soggetto si costruisce una falsa realtà che addomestica quella vera, rendendola meno amara. In altre parole, si racconta a se stesso in modo distorto.

Mentire a noi stessi davanti a realtà che non ci piacciono per non soffrire ed evitare frustrazioni è un modo di proteggerci che si attiva nella nostra mente senza che ce ne accorgiamo. In realtà non ci giova e, col passare del tempo, può addirittura rovinarci!

 

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1. Agisce come un anestetico

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L’autoinganno è una strategia di adattamento che viene messa in atto quando la realtà che la persona percepisce risulta troppo diversa dalle aspettative e dalle rappresentazioni ideali che fa di se stessa.

Si tratta di un processo del tutto inconsapevole che può essere paragonato a un anestetico psicologico, volto a ridurre l’indesiderabilità di alcune situazioni o la propria indesiderabilità rispetto agli altri.

È molto importante differenziare fra bugia e autoinganno: la persona che mente è consapevole di non dire agli altri la verità, mentre chi si autoinganna si convince, senza rendersene assolutamente conto, che una realtà falsa sia vera.

La peculiarità dell’autoinganno quindi, è che l’ingannato e l’ingannatore sono la stessa persona. Il soggetto aggira in qualche modo un blocco emotivo, che spesso è legato a uno status della persona.

Facciamo l’esempio di una coppia che non riesce ad avere figli, i cui amici hanno tutti dei bambini e non fanno altro che parlarne: il disagio e la frustrazione di non averne porteranno la coppia senza figli a evitare quegli amici. In questo caso, guardare in faccia la realtà significa ammettere a se stessi che si rinuncia a quella compagnia per evitare di soffrire.

Diventa invece autoinganno nel momento in cui ci si racconta che quegli amici sono noiosi e che è più interessante starsene sul divano a guardare un film o frequentare gente nuova, in quanto quella giustificazione non è realistica.

Variazioni di “dosaggio”... Essendo l’autoinganno un anestetico psicologico, proprio come un farmaco può essere usato in diversi dosaggi. Vi sono persone che non lo usano affatto poiché sono in grado di sopportare la frustrazione, il dolore e il disagio legati alle situazioni in cui si trovano.

Sono persone mature che riescono a dirsi la verità, ad adattarsi alle situazioni e a uscirne. Chi invece presenta un certo grado di immaturità psicologica, per non soccombere alle situazioni che creano disagio o frustrazione ricorre inconsapevolmente all’autoinganno, in misura più o meno massiccia a seconda del suo grado di immaturità.

 

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2. Le forme più frequenti: Autoinganno deresponsabilizzante e dissonanza cognitiva

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- Le forme più frequenti: Autoinganno deresponsabilizzante

"Giustifica” gli insuccessi o il fatto di non riuscire a fare qualcosa. È alla base delle diete fallite o dell’iscrizione a una palestra che non si frequenta mai.
In quest’ultimo caso, ci si autoinganna raccontandosi che nella bella stagione è più salutare fare una passeggiata all’aperto anziché stare al chiuso.
In realtà si tratta di una forma di deresponsabilizzazione, poiché all’atto dell’iscrizione si sapeva che l’abbonamento sarebbe durato un anno, estate compresa.
Non si è in grado di frequentare assiduamente la palestra e per evitare il malessere che deriva dal fallimento, ci si racconta una bugia.
Ammettere a se stessi la propria mancanza di forza di volontà e determinazione presupporrebbe un successivo lavoro sui propri punti deboli, che non si intende affrontare.
A lungo termine quindi, l’autoinganno è negativo perché impedisce di migliorarsi.
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- Le forme più frequenti: Dissonanza cognitiva (conciliazione di due idee opposte ma allo stesso tempo compatibili)

Desidero tanto un iPhone ma non posso permettermelo. Come tenere insieme questi due aspetti contrastanti?
Le scelte razionali prevedono o l’acquisto di un telefono più modesto o una serie di sacrifici per risparmiare i soldi necessari per comprare l’iPhone.
Chi si autoinganna dice a se stesso che è meglio acquistare un cellulare non top di gamma perché tanto non si useranno mai tutte le funzioni dell’iPhone, oppure che un pagamento dilazionato non rappresenta una grande spesa (in realtà la spesa lievita).
Se la persona ragiona così in maniera autentica va bene, mentre si parla di dissonanza cognitiva nel momento in cui si desidera l’iPhone e si adottano quelle spiegazioni per uscire dall’impasse “Lo vorrei ma non posso permettermelo” oppure se la persona si racconta una bugia per giustificare un acquisto fuori dalla sua portata economica.

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3. Le forme più frequenti: Autoinganno consolatorio e mentire per rendersi più accettabili ai propri occhi

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- Le forme più frequenti: Autoinganno consolatorio

Si riassume nel dare la colpa agli altri o agli agenti esterni per giustificare situazioni negative di propria responsabilità, del tipo: “All’esame universitario, il professore mi ha chiesto proprio l’unico capitolo che non avevo letto”, oppure: “Il capufficio è cattivo perché non mi ha concesso le ferie”.
Spiegano gli esperti: «Proiettare la responsabilità sull’altro, cioè all’esterno, offre una protezione all’orgoglio e all’autostima e preserva l’immagine positiva che si ha di se stessi: è l’altro che è brutto e cattivo e che deve cambiare, mentre noi siamo soltanto vittime della situazione. Anche questo tipo di autoinganno immobilizza nei confronti del cambiamento e della crescita psicologica».
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- Le forme più frequenti: Mentire per rendersi più accettabili ai propri occhi

La persona si racconta una falsa verità per rendersi più apprezzabile sia ai propri occhi sia a quelli altrui.
Questo tipo di autoinganno parte dall’idea che il soggetto si fa di come viene visto e pensato dagli altri. Se, ad esempio, ipotizza che citando Shakespeare farà colpo su una persona colta, cercherà le relative citazioni su Google e le sciorinerà.
Si tratta soltanto di un’attribuzione. Fa star bene pensare che l’altro ci stimi di più se citiamo Shakespeare piuttosto che se abbiamo un Rolex al polso.
Qui, l’autoinganno ci toglie dalla classica scommessa delle relazioni umane, cioè dal mettersi in gioco presentandosi per quello che si è.
Ci si illude di andare sul sicuro usando degli stereotipi e, dato che nell’autoinganno nessuno si finge meno bello, si fa leva su qualcosa di accrescitivo.
Il guaio è che la nostra autostima va a dipendere da come ci vedono gli altri: un approccio sbagliatissimo, che rischia di diventare una dipendenza.

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4. Autoinganno sociale

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Esiste poi un autoinganno collettivo, spesso legato al marketing della bellezza e della forma fisica (oppure a marche e prodotti).

Il tipico caso sono i pantaloni della collezione dell’anno precedente: non solo quei pantaloni non si possono più mettere, ma vanno buttati, poiché l’autoinganno sociale sopravvaluta la desiderabilità della nuova collezione.

Un altro esempio sono le campagne sulla magrezza: si è belli se si è magri, come si vede sui cartelloni pubblicitari dove tutte le modelle sono snellissime.

Spiegano gli psicologi: «Ne consegue che per essere socialmente desiderabili tutti dobbiamo essere magri. In realtà, la persona è bella se si piace e se sta bene con se stessa; in caso contrario, si metterà all’opera per migliorarsi. Per il resto, si tratta di fondamentalismi dannosi».

Si cade nell’autoinganno anche nel caso delle dipendenze: alcol, droga, gioco... L’autoinganno sta alla base di alcune patologie vere e proprie, soprattutto delle dipendenze, prime fra tutte quelle da gioco d’azzardo, alcol e droga.

“Smetto di bere quando voglio”, “se decido che è l’ultima giocata, è l’ultima giocata” sono solo esempi di propositi con cui il soggetto si autoinganna, non essendo in grado di mantenerli.

Alla base delle dipendenze c’è sempre un’illusione di controllo (un autoinganno, appunto). Come, ad esempio, nel caso di un tizio, dipendente da gioco azzardo, si giocò – e perse – l’automobile.

Affermava che se in seguito avesse vinto, sarebbe stato in grado di recuperarla assieme a ciò che aveva perso. In realtà, il gioco d’azzardo è fatto in modo che il banco vinca sempre. Quel paziente ricorreva all’autoinganno per alleggerire il senso di colpa e vergogna che provava.

 

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5. A lungo andare il cervello scambia le bugie per verità

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A lungo andare, l’autoinganno diventa generalista e la persona finisce per essere completamente assorbita dai suoi racconti e dal falso personaggio che interpreta.

La falsa verità inizia a suonare più plausibile e veritiera rispetto alla realtà, e soprattutto più bella.

Il soggetto ci si rifugia e pian piano le verità ingannevoli che vengono reiterate si depositano e si consolidano nelle aree cerebrali della memoria, apparendo al cervello come se le avesse veramente vissute.  In questo modo le false realtà diventano parte dell’archivio dei ricordi.

È un complesso processo di elaborazione dei contenuti mnemonici legato in buona parte all’ippocampo, l’area cerebrale che elabora il vissuto delle emozioni e degli affetti. In parole semplici, è come se il cervello abbassasse la soglia di percezione della menzogna, “tarandosi” sui racconti non veritieri e convincendosene a sua volta.

Come detto, non si tratta di bugie deliberate, ma di un’autodifesa psicologica inconsapevole da parte di chi, ritenendosi inaccettabile rispetto agli altri, non riesce a far fronte alle situazioni.

I rimedi
Di solito, l’autoinganno emerge come parte di una costellazione di disturbi. Lavorare sul sintomo non basta. Le terapie più efficaci, di stampo dinamico e relazionale, vanno a lavorare sulle emozioni di base – paura, vergogna o imbarazzo – che l’autoinganno va a coprire rispetto a situazioni che la persona tenta di eludere autoingannandosi. Individuate le cause, si ricostruisce nel soggetto la capacità di gestire le situazioni e le relazioni in modo funzionale.

 

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