Sangue: il “fluido della vita” che fa funzionare il nostro corpo

Cinque litri di un liquido rosso che affascina e fa paura: tanto è il sangue che il nostro corpo ospita.

A esso sono connesse emozioni positive e negative: il suo colore è simbolo di passione, ma anche d’ira, calore, pericolo.

Ferirsi e vedere il sangue sgorgare fa sempre una certa impressione perché lo percepiamo come qualcosa di prezioso e pericoloso, dal momento che veicola infezioni e malattie.

Cinque litri sembrano tanti, ma così non è. Il più delle volte occorre una trasfusione rapida quando un trauma provoca un’emorragia uguale o superiore al 30-40 per cento della quantità totale.

Tutto dipende però dalle condizioni di salute della persona prima dell’incidente: ai soggetti più fragili sono sufficienti emorragie più lievi per rischiare la vita. Ovvio, il nostro corpo è in grado di rigenerarlo. Ma come? Quale organo produce il sangue?

Il nostro corpo è percorso da una complessa rete di “canali” dentro i quali scorre il sangue, formato da miliardi di cellule. Scopriamo insieme da dove ha origine questo liquido, che assolve un infinito numero di funzioni grazie alle quali noi viviamo.

Non solo: il sangue è sia un “farmaco” che può guarirci da traumi, lesioni, patologie, sia un organo che può ammalarsi come tutti gli altri!

1. Da dove “sgorga” il sangue. Globuli rossi e globuli bianchi. Le piastrine e la coagulazione

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Il nostro sangue è prodotto – nella sua parte più consistente – dentro le ossa, precisamente nel midollo.

Qui infatti sono generati i globuli rossi, alcune varietà di globuli bianchi e le piastrine.

Come mai le cellule staminali che danno origine al sangue si trovano in questo luogo così nascosto? Secondo uno studio pubblicato su Nature nel 2018, dipende dal fatto che questa collocazione protegge le staminali dai danni derivanti dai raggi ultravioletti del sole.

Gli studiosi sono arrivati a questa conclusione osservando come le stesse cellule dei pesci zebra (Danio rerio) siano danneggiate dai raggi Uv quando viene geneticamente rimosso lo strato di melanociti che le difende.

Le ossa umane sarebbero quindi uno schermo naturale che impedisce lo stesso danno derivante dalla luce solare.

Solo una parte del sangue è prodotta nel midollo osseo. E il resto? Nei linfonodi, ad esempio, avviene la proliferazione dei linfociti, una popolazione di globuli bianchi.

E la milza? Molti la associano al sangue e non è un errore: nella fase embrionale genera cellule in grado di dar vita al sangue, mentre dopo la nascita continua a produrre linfociti così come lo fa il fegato.

Quest’ultimo produce gran parte delle proteine che costituiscono la quota liquida del sangue, cioè il plasma.

Questa sostanza (curiosamente gialla, e non rossa) non è una semplice base in cui sono disciolti gli altri elementi del sangue, ma ha anche delle funzioni: ospita sostanze importanti per il funzionamento dell’organismo come albumina e immunoglobuline.

La produzione del sangue è dunque un meccanismo articolato – una sorta di catena di montaggio – che coinvolge molti tessuti e organi del nostro corpo.

Il sangue è un prodotto complesso costituito da moltissime componenti, delle quali le più note sono certamente i globuli rossi. La loro funzione è quella di trasportare l’ossigeno nei vari tessuti del corpo.

È una funzione di vitale importanza svolta da queste cellule del tutto atipiche: sono le uniche a non avere un nucleo. Ciò è permesso dal loro costituente principale, l’emoglobina, che si lega chimicamente all’ossigeno.

Ci sono poi i globuli bianchi, o leucociti, che hanno una funzione di difesa dell’organismo da microrganismi patogeni o corpi estranei: nel nostro corpo se ne distinguono molti sottogruppi, con funzioni precise.

E quando ci tagliamo? Tutti sappiamo che nel giro di pochi istanti il sangue coagula. Ciò è permesso, tra l’altro, dalle piastrine. Non sono cellule, ma frammenti di cellule più grandi, che hanno la funzione di attivatori del processo di coagulazione.

La loro attività deve avvenire in un preciso equilibrio: se lavorano poco, rischiamo le emorragie; se lavorano troppo, si possono generare coaguli e quindi trombi.

Quando facciamo un esame del sangue e sul referto leggiamo la parola “emocromo”, i dati sotto riportati non sono altro che la valutazione dello stato di salute di tutti questi componenti che costituiscono il nostro sangue.

2. A, B, AB, 0... È il “farmaco” più usato che tutti potremmo averne bisogno

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C’è però un altro aspetto che tutti conoscono, quando parliamo di questo magico fluido rosso: è il gruppo sanguigno, anch’esso desumibile da un normale esame del sangue.

Voi conoscete il vostro? La sua importanza è centrale dal momento che da esso dipende il buon esito di una trasfusione, che potrebbe essere necessaria durante interventi chirurgici o dopo un incidente.

Tutti sappiamo che esistono i gruppi A, B, AB e 0. Ce ne sono altri sessanta circa, ma normalmente si considerano solo questi quattro perché sono quelli la cui incompatibilità reciproca può essere causa di problemi importanti.

Ciò dipende dal fatto che sulla superficie dei globuli rossi possono esserci degli antigeni, responsabili di reazioni avverse quando avviene una trasfusione incompatibile.

Ma perché l’evoluzione ha creato queste differenze nel sangue degli esseri umani? Lo ha reso chiaro, tra le altre cose, proprio la pandemia da COVID-19. Si è visto, infatti, che nei soggetti di gruppo 0 l’infezione è, mediamente, meno frequente.

Le infezioni, infatti, tendono ad avere esito più o meno serio anche in funzione del gruppo sanguigno: ciascun gruppo sembra essere più protetto verso alcuni virus o batteri piuttosto che altri e ciò avrebbe un vantaggio evolutivo: se di fronte a un’epidemia c’è almeno un gruppo umano più protetto, la sopravvivenza delle popolazioni è assicurata.

Quel che è certo è che i portatori del gruppo 0 sono i soggetti più “generosi”, almeno potenzialmente: sono infatti detti “donatori universali”.

I loro globuli rossi sono sprovvisti di antigeni che potrebbero costituire un problema se venissero trasfusi in pazienti di gruppo A, B o AB, e quindi il loro sangue può essere utile a chiunque ne abbia bisogno. Tuttavia, questi donatori possono ricevere sangue solo da altri pazienti con gruppo 0.

Tutto al contrario di quel che capita a chi ha un sangue di gruppo AB: può ricevere trasfusioni di globuli rossi da tutti gli altri soggetti, ma può donarli solo al gruppo AB.

A complicare le cose, poi, c’è anche il fattore Rh: si tratta di un antigene che, qualora presente, accresce in ciascun soggetto il numero di persone che possono donargli il sangue, ma riduce quello dei potenziali riceventi.

Il sangue intero, ovvero così come esce dal nostro corpo, è in assoluto il “farmaco” più usato in ospedale. È infatti fondamentale in moltissime occasioni.

Nelle anemie croniche è in grado di prolungare la vita dei pazienti affetti; è necessario nelle anemie temporanee causate da chemioterapie, da tumori del sangue o da insufficienze midollari ed è inevitabile in presenza di emorragie gravi e durante le procedure ostetriche, negli interventi chirurgici e in particolare nei trapianti d’organo.

Tutto questo sangue trasfuso non si acquista: viene da persone che, senza alcun tornaconto pratico o economico, regalano parte del loro. Non c’è forse atto d’amore più profondo di quello di chi dà una parte di sé a un totale sconosciuto? In fondo, tutti potremmo averne bisogno, un giorno.

«Ogni tre secondi, da qualche parte nel mondo, una persona riceve il sangue di uno sconosciuto», scrive la giornalista Rose George in Breve storia del sangue, saggio che l’ha portata a toccare con mano la realtà dei centri, nel Regno Unito, dove avviene la donazione, lo stoccaggio, la lavorazione e la distribuzione di questo prezioso fluido.

«A livello globale, 13.282 centri sparsi in 172 Paesi raccolgono 110 milioni donazioni di sangue», aggiunge. Per un ferito o un trapiantato possono occorrere ingenti quantità, mentre un neonato può essere salvato con il sangue contenuto in un cucchiaino da tè.

3. Le donazioni in Italia. Motivazioni culturali

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Con più di due milioni di donazioni l’anno, l’Italia è oggi autosufficiente.

Questo non significa che la situazione sia uguale in tutto il Paese: regioni come la Lombardia hanno un numero di donazioni più che adeguato a coprire il fabbisogno locale, mentre il Sud dipende ancora in parte dalle donazioni di altre parti d'Italia.

Tutto ciò vale per il sangue intero: caso diverso è quello degli emoderivati, ovvero sostanze estratte dal sangue (come il plasma e i suoi componenti quali albumina, immunoglobuline e fattori della coagulazione), impiegati in caso di trombosi, patologie della coagulazione e in alcune malattie autoimmuni e patologie del fegato.

Per questi prodotti il nostro Paese dipende dall’estero.

L’invito a donare, quindi, è rivolto sempre e a tutti. Solo in alcuni casi non è possibile farlo: in presenza di infezioni (o di fattori di rischio che potrebbero esporre a infezioni) e in caso di patologie croniche, che pongono il soggetto donatore a rischio.

Di sicuro, le ragioni che spingono le persone a donare sono diverse. Da un lato c’è chi lo fa per astratto senso civico: «Quei 450 millilitri di sangue che, con regolare cadenza, i donatori cedono ai centri di raccolta», si legge sul portale di Fondazione Gimema, realtà che si dedica alla ricerca sulle malattie del sangue, «denotano il profilo del cittadino esemplare, mosso da spirito filantropico ed egualitario.

C’è del vero, ma solo parzialmente». In fondo ci sono altre ragioni come il desiderio di fare del bene a chi è malato, magari dopo aver visto persone care soffrire: quasi una sorta di dono in memoria di chi hanno amato.

Uno studio condotto nei centri Avis della Toscana da Fabio Dei, docente di Antropologia culturale all’Università di Pisa, ha rilevato che i donatori rumeni residenti in Italia sono motivati da due spinte diverse tra loro e tutt’altro che filantropiche: da un lato, i più anziani portano con sé il ricordo del regime del dittatore Ceausescu, che promuoveva in massa la donazione di sangue; dall’altro tendono a percepire, più che altro, i vantaggi pratici, come il giorno di ferie garantito dopo la donazione.

Al contrario, l’antropologo Jacob Copeman, in uno studio condotto in India, ha scoperto la straordinaria ricchezza valoriale connessa alla donazione degli emoderivati: «Negli indiani», spiegano gli esperti della Fondazione Gimema (Gruppo Italiano Malattie EMatologiche dell’Adulto), «sarebbe infatti radicata la convinzione che la donazione di sangue intero sia da “ignoranti e arretrati” in quanto “ruba il valore d’uso” di una sostanza che, se divisa, potrebbe salvare la vita a più di una persona».

E da noi? Lo stesso Dei spiega, in Il dono del sangue, che il termine “donazione” non è formalmente corretto per il sangue: nelle società occidentali infatti il dono prevede un contraccambio.

Con il sangue, non conoscendo l’identità del ricevente, questa pratica è priva di aspettative. Così la donazione è «una forma di altruismo assoluto, più vicino alla concezione cristiana della carità e della compassione».

Su questi punti, oltre che sul senso civico, si concentrano le campagne di sensibilizzazione alla donazione: un atto di generosità assoluta permesso dallo scambio di questo liquido rosso, caldo e pulsante come l’amore.

4. Anche il sangue si ammala. Ma potrà essere prodotto in laboratorio?

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Nelle malattie infettive, il sangue è il fluido che trasporta batteri e virus ai vari tessuti. Alcune patologie invece lo colpiscono proprio nei suoi componenti.

Come le malattie della coagulazione, la cui più nota è l’emofilia: condizione ereditaria, si manifesta in due forme (A e B), caratterizzate da un deficit di alcune proteine della coagulazione.

Chi ne è affetto ha una maggior tendenza alle emorragie. Esistono poi malattie della coagulazione conseguenti ad altre patologie, come leucemie e alcune malattie del fegato. Il COVID-19, è caratterizzato da fenomeni trombotici.

Altro capitolo riguarda la già citata leucemia, che si presenta in varie forme e, con linfomi e mielomi, è definita “malattia oncoematologica”: si tratta di veri e propri tumori, detti anche “liquidi”.

La loro prevalenza è cresciuta anche di conseguenza all’invecchiamento della popolazione. Le cause non sono ancora del tutto note, ma ci sono fattori genetici predisponenti, l’esposizione ad alcune infezioni virali, fattori ambientali quali l’esposizione a inquinanti e l’uso prolungato di alcuni farmaci, come i chemioterapici.

Il sangue potrà essere prodotto in laboratorio? Il sangue artificiale consentirebbe di superare il problema della carenza di donazioni e delle incompatibilità dei gruppi sanguigni.

Uno studio giapponese del 2019 aveva mostrato l’efficacia di un surrogato sintetico in grado di assolvere le sue due principali funzioni, cioè il trasporto e lo stoccaggio dell’ossigeno, grazie a un’emoglobina sintetica capace di legarsi a quest’ultimo.

Inserita in una soluzione di plasma e nanoparticelle in grado di riprodurre la funzione delle piastrine, il fluido funzionava nel 60 per cento dei casi.

Produrre in laboratorio quantità adeguate di sangue e di suoi componenti appare ancora complesso e costoso, dunque non applicabile alla pratica clinica.





5. Il sangue tra miti e leggende

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Per millenni il sangue è stato considerato uno dei quatto “umori” umani insieme a bile gialla, bile nera e flemma.

Sempre nell’antichità il sangue era distinto in due forme: quello rosso scuro delle mestruazioni, considerato impuro, e quello rosso chiaro delle ferite provocate durante combattimenti e nei riti sacrificali, considerato puro.

Era comune, peraltro, la credenza che il morso di alcuni animali trasformasse il sangue puro (sanguis) in cruor, sangue impuro.

Nel mondo pagano il sangue era poi connesso al sacrificio di animali alle divinità, pratica che giunge fino alla prima metà del Novecento, quando nelle campagne l’uccisione di un animale da cortile, come il maiale, prevedeva la fuoriuscita copiosa del sangue spesso raccolto per rendere più nutrienti i piatti, grazie al ferro contenuto.

Nel Cristianesimo il sangue è centrale: durante l’Eucaristia il vino è “sangue di Cristo” e a esso si ricollega anche la leggenda medievale del Santo Graal, la coppa introvabile contenente il sangue di Cristo, sgorgato dalla ferita aperta nel costato durante la Crocifissione.

In tutte le culture, infine, il sangue è anche simbolo di forza vitale. Non a caso il colore rosso ha acquisito lo stesso significato: la perdita di sangue causa indebolimento ed è temuta già da piccoli, quando ci spaventiamo alla vista di sole poche gocce.

 

Il sangue di San Gennaro si scioglie davvero? La Chiesa Cattolica non considera questo mistero un vero miracolo, ma un semplice prodigio. È possibile che il sangue umano possa coagularsi e liquefarsi in alcune circostanze?

In un celebre studio del 1991, pubblicato su Nature, studiosi del CICAP (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze) dimostrarono di aver realizzato una sostanza del colore del sangue utilizzando molisite (minerale presente sul Vesuvio), sale da cucina e carbonato di calcio, tutte sostanze facilmente disponibili all’epoca del confezionamento della reliquia napoletana.

Indagini successive dimostrarono però che l’ampolla contiene effettivamente sangue, come pure sostanze naturali sensibili a temperatura e movimenti, potenzialmente responsabili del fenomeno.

 

Curiosità: Perché il sangue sa di metallo?
Vi sarà capitato di notare che il sangue ha un odore (ma anche un sapore) decisamente “metallico”: l’emoglobina, infatti, contiene ferro e a contatto con i grassi della pelle tende a emettere sostanze volatili dall’odore intenso e, appunto, metallico. Sentiamo lo stesso odore quando, con le mani sudate, strofiniamo monete o altri oggetti che contengano parti di ferro.








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