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Vivremo (bene) fino a 100 anni

Soffiano su cento e più candeline, oggi in Italia, oltre 17 mila persone, in maggioranza donne.

Nel 2050 saranno 200 mila, secondo l’Istat, e saranno quasi 3,7 milioni nel mondo, come indica il rapporto pubblicato dal centro di ricerca demografica statunitense Pew.

I centenari sono la classe demografica che negli ultimi 30 anni è cresciuta di più. Merito dei progressi di medicina e farmacologia, delle pratiche di igiene e della varietà alimentare.

Ma il segreto della longevità è scritto nei nostri geni: basta saperlo leggere. In teoria non c’è un limite alla durata della vita, ma in pratica sì: alla natura non interessa che s’invecchi, ma che ci si riproduca.

1. Geni accesi o spenti e occhi puntati sui mitocondri

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  • Geni accesi o spenti
    Gli scienziati hanno capito che invecchiare è una condizione determinata dal nostro genoma, cioè dai geni contenuti nel Dna delle nostre cellule e quindi dalle istruzioni per fare funzionare l’organismo.
    Non è immutabile dalla nascita.
    I geni possono infatti essere “accesi” o “spenti” dall’epigenoma, cioè dai meccanismi molecolari che permettono alle istruzioni genetiche di essere lette, in risposta a stimoli che provengono dall’ambiente.
    Abbiamo infatti geni che si attivano quando mangiamo in abbondanza, risvegliando il metabolismo affinché dal pasto le cellule ricavino energia da usare subito. Una parte delle calorie è invece immagazzinata nel grasso.
    Così l’organismo è al massimo del vigore per la riproduzione e può costruirsi una riserva energetica per i periodi di scarsità di cibo e per difendersi dal freddo: una strategia che ha permesso la nostra sopravvivenza ed evoluzione.
    Ma c’è un rovescio della medaglia: dopo un pasto, specie se abbondante, il metabolismo energetico nelle cellule genera anche scorie tossiche, in particolare i radicali liberi, “gas di scarico” dei processi di combustione del motore cellulare che danneggiano le cellule e determinano l’invecchiamento.
  • Occhi puntati sui mitocondri
    La durata della vita dipende molto da quanto accade nei mitocondri, organelli contenuti nelle cellule e provvisti di un proprio Dna, detto mitocondriale.
    Sono piccole centrali energetiche che, combinando l’ossigeno con le sostanze nutrienti provenienti dai cibi, producono la molecola adenosina trifosfato (ATP), attraverso un processo biochimico chiamato fosforilazione ossidativa.
    L’ATP è la fonte di energia che l’organismo usa per molte delle sue funzioni, compresa la trasmissione degli impulsi nervosi e la contrazione muscolare.
    I mitocondri nelle cellule sono anche la principale fonte di radicali liberi, sottoprodotti della fosforilazione ossidativa che non è un processo perfetto.
    I radicali liberi danneggiano i mitocondri, che vivono poche settimane e sono continuamente sostituiti da mitocondri nuovi.
    Oggi sappiamo che i meccanismi di sostituzione dei mitocondri danneggiati, come per esempio l’autofagia (autodistruzione), possono incepparsi e i mitocondri difettosi possono permanere più a lungo nelle cellule, favorendo l’invecchiamento e, nei casi peggiori, anche gravi malattie.
    Ci sono farmaci immunosoppressori, come la rapamicina, che attivano l’autofagia dei mitocondri.
    Sulle cavie di laboratorio si è visto che questi farmaci, a dosaggi bassi, allungano la vita degli animali. In futuro si potrebbero quindi sviluppare farmaci pro-longevità anche per l’uomo

2. Strategie di difesa e vivi bene con la dieta mediterranea

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  • Strategie di difesa
    Si è scoperto che i mitocondri non troppo danneggiati mettono in moto, nei nuclei delle cellule, meccanismi di risposta allo stress che allungano la vita: è la cosiddetta risposta ormetica (dal verbo greco ormao, stimolare).
    È quello che succede nelle cellule dei centenari, i cui mitocondri non sono perfettamente funzionanti.
    Sono allo studio le sostanze che potrebbero attivare le risposte positive allo stress. Ma per difenderci e neutralizzare i radicali liberi abbiamo anche sistemi basati su enzimi antiossidanti.
    Sono i geni della longevità che ordinano agli enzimi di neutralizzare i radicali liberi: uno di questi geni si chiama Sirt1.
    Tuttavia, se i radicali liberi sono troppi, come succede quando eccediamo nei pasti, l’organismo non ce la fa più a contrastarli e subisce uno stress ossidativo.
    Intervengono allora dei geni che favoriscono il processo di invecchiamento e fanno morire le cellule intossicate in modo che ne nascano di nuove e che l’organismo sia in forma per la riproduzione.
    Uno di questi geni si chiama p66 ed è stato scoperto e studiato dal gruppo di ricerca guidato da Pier Giuseppe Pelicci, direttore della ricerca all’Istituto europeo di oncologia di Milano.
    La soppressione nei topi da laboratorio di p66, che regola il loro metabolismo e ha la medesima funzione anche nell’uomo, prolunga la loro esistenza del 30 per cento.
    Se i topi privati del gene vengono però trasferiti in uno stabulario all’aperto (a Bubonizi, in Russia) in condizioni di competizione per il cibo ed esposti al clima naturale, sopravvivono molto meno, mentre in quelle condizioni va meglio ai topi che mantengono il gene p66.
    È la prova che p66 è essenziale per sopravvivere e gestire al meglio le risorse energetiche in un ambiente ostile (bassa temperatura e scarsità di cibo), ma non in un ambiente protetto come in laboratorio.
  • Vivi bene con la dieta mediterranea
    Qual è il segreto per vivere bene dopo i 65 anni, migliorando i livelli di colesterolo e trigliceridi, riducendo lo stato infiammatorio dell’organismo e la perdita di massa ossea?
    Una dieta mediterranea ricca di cereali integrali, verdura, frutta, pesce azzurro e olio extravergine d’oliva, arricchita di latte e latticini leggeri e integrata con vitamina D, di cui gli anziani sono spesso carenti.
    È la conclusione del progetto di ricerca europeo NU-AGE (dall’inglese nutrition-ageing, nutrizione-invecchiamento).
    Nuove ricerche sembrano evidenziare nella dieta mediterranea alcune sostanze pro-infiammatorie di origine vegetale che stimolano nell’organismo una risposta positiva agli stress analoga a quella indotta dalla restrizione calorica.

3. Il valore del digiuno

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Valter Longo, professore di biogerontologia e direttore dell’Istituto sulla longevità all’University of Southern California, oltre che direttore del programma di oncologia e longevità all’Istituto FIRC di oncologia molecolare di Milano, ha studiato i meccanismi genetici che predispongono all’invecchiamento e ha messo a punto una “dieta mima digiuno” (DMD), testata anche su 71 soggetti sani.

La DMD “riprogramma” geneticamente l’organismo e lo ringiovanisce rinnovando le cellule.

Comporta 4-5 giorni di regime alimentare ipocalorico (750-1.100 calorie) a basso contenuto di proteine, basso livello di zuccheri, alto contenuto di grassi “buoni” mono e polinsaturi, da effettuare 2-3 volte l’anno sotto controllo medico.

«Con la DMD nell’organismo diminuiscono i livelli di proteine indici di infiammazione, molecole che favoriscono la crescita tumorale, colesterolo, zucchero a digiuno (soprattutto nei soggetti prediabetici), diminuisce la pressione sanguigna e si riducono i fattori di rischio per patologie cronico-degenerative come diabete, demenza, cardiopatia ischemica», afferma Longo.

«Gli effetti positivi sul metabolismo permangono quando si torna a mangiare normalmente, purché in modo sano. Inoltre, si può mangiare di più anche nella dieta di ogni giorno: basta selezionare verdure e legumi invece di pasta, pane, frutta e grassi animali», conclude lo scienziato.

Alcune molecole contenute negli alimenti possono spegnere i geni dell’invecchiamento e accendere quelli della longevità, perché “mimano il digiuno”: inducono il corpo a credere che non stia mangiando molto e quindi a non attivare i geni dell’invecchiamento, allungando la durata della vita.

Le stanno studiando, all’Istituto europeo di oncologia di Milano e sono contenute nei cosiddetti alimenti “Longevity” della dieta Smartfood:

  • Quercetina (in asparagi, capperi, cioccolato fondente almeno al 70 per cento, cipolle, lattuga)
  • Resveratrolo (nell’uva)
  • Curcumina (nella curcuma)
  • Antocianine (in arance rosse, cavoli cappuccio rossi, ciliegie, frutti di bosco, melanzane, patate viola, prugne nere, radicchio, uva nera)
  • Epigallocatechingallato (in tè verde e nero)
  • Fisetina (in cachi, fragole e mele)
  • Capsaicina (in paprika e peperoncino)
  • Vanno aggiunti gli alimenti “Protective” che prevengono aterosclerosi, tumori, diabete, obesità: aglio, cereali integrali, erbe aromatiche, frutta fresca e secca, legumi, olio extravergine di oliva e olio di semi, semi oleosi, verdura.

4. Nel 2035 un 60enne avrà un fisico da 30enne e le 7 cause dell’invecchiamento

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  • Nel 2035 un 60enne avrà un fisico da 30enne
    A dirlo è il biogerontologo inglese Aubrey De Grey, capo del progetto di ricerca SENS, che cerca terapie genetiche per riparare i danni provocati dalle principali cause di invecchiamento (leggi sotto le 7 cause dell’invecchiamento) e ha già teorizzato almeno una possibile cura per ogni danno.
    La strada giusta non è rallentare o impedire l’accumulo dei danni, perché sarebbe troppo complesso, bensì ripararli prima che raggiungano un livello patologico.
    In teoria, chi si sottoponesse periodicamente a queste terapie vivrebbe a tempo indefinito, riportando indietro il proprio orologio biologico ogni 20-30 anni.
    Ma questo ipotetico scenario ha destato molte perplessità tra gli scienziati.
    Secondo De Grey, le prime terapie potrebbero essere disponibili verso il 2035 e restituirebbero a un sessantenne un fisico da trentenne.
  • Le 7 cause dell’invecchiamento
    1) Rifiuti extracellulari: tra le cellule possono formarsi agglomerati di materia inutile, ma resistente, che può danneggiare i tessuti.
    Un esempio sono le placche di proteina amiloide e di detriti neuronali nel cervello di chi è affetto dal morbo di Alzheimer.
    2) Rifiuti intracellulari: come le placche di globuli bianchi malfunzionanti che si accumulano nelle arterie e sono responsabili dell’arteriosclerosi.
    3) Cellule morte: quelle che non sono rimpiazzate impoveriscono la struttura dei tessuti causando disfunzioni.
    4) Cellule dannose: quelle che si accumulano, come per esempio il grasso viscerale.
    5) Mutazioni nei cromosomi: sono responsabili dei tumori.
    6) Mutazioni dei mitocondri: i mitocondri sono le centrali energetiche delle cellule. Queste mutazioni causano malattie mitocondriali che colpiscono soprattutto muscoli e cervello.
    7) Legami extracellulari fra proteine: sono responsabili per esempio dell’irrigidimento delle pareti arteriose e del conseguente innalzamento della pressione sanguigna.





5. La più vecchia di sempre si chiamava Jeanne-Louise Calment: è nata prima della Tour Eiffel ed è morta quando è arrivato Google

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Quando Jeanne-Louise Calment venne al mondo, il 21 febbraio 1875 ad Arles, nel Sud della Francia, Alexandre Gustave Eiffel non aveva ancora costruito la sua celebre torre.

Quando la donna morì, il 4 agosto 1997, mancava poco più di un mese alla nascita del motore di ricerca Google.

122 anni e 164 giorni di storia dell’umanità sono passati davanti agli occhi della signora Calment, che detiene un record certificato: è la persona più longeva mai esistita.

Jeanne ricevette un’istruzione di base e condusse a lungo una vita attiva: cominciò a praticare la scherma a 85 anni e a 100 andava ancora in bicicletta. Mangiava quasi un chilo di cioccolato alla settimana. Fumò, anche se non accanitamente, fino a circa 118 anni.

Il 1° giugno 1885 partecipò con la sua famiglia ai funerali di Victor Hugo al Pantheon di Parigi, mentre a 13 anni, nel negozio del padre, un emporio che vendeva anche pennelli e colori, conobbe Vincent van Gogh. Dichiarò di averlo trovato “brutto, scortese e malato”, oltre che “sporco, mal vestito e sgradevole”.

Sposò il cugino di secondo grado Fernand-Nicolas Calment (1868- 1942), proprietario di un negozio ad Arles, che le permise di condurre una vita agiata senza lavorare, dedicandosi anche allo sport (tennis, pattinaggio a rotelle, nuoto, bicicletta) e alla musica, studiando il pianoforte e ascoltando molto l’opera.

Sopravvisse al marito, morto a 73 anni per aver mangiato un dessert di ciliegie conservate andate a male, alla loro figlia scomparsa a 36 anni nel 1924 per una polmonite e al nipote, deceduto a sua volta a 36 anni per un incidente di moto nel 1963.

Chi la conosceva diceva che era del tutto immune allo stress, nonostante la vita non le avesse risparmiato il dolore. Ai giornalisti dichiarò: «Se non puoi fare nulla per qualcosa, non preoccupartene».

Nel 1965, a 90 anni, priva di eredi, stipulò un contratto di vendita del suo appartamento en viager, una specie di nuda proprietà, con l’avvocato quarantasettenne André- François Raffray, che fece il peggior affare della sua vita: accettò di pagare una somma mensile sino alla morte della donna (il valore dell’appartamento equivaleva a 10 anni di pagamento).

Ma la morte colse prima lui, nel 1994, che dovette trasmettere l’obbligazione alla sua vedova.








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