8 menti italiane del Novecento tra le più illuminate e brillanti al mondo

L’Italia, patria di antiche meraviglie culturali e artistiche, è anche il luogo in cui si trovano alcune delle menti più illuminate e brillanti del mondo.

Questa nazione, con una storia che risale a migliaia di anni, ha una tradizione di eccellenza intellettuale che si riflette in numerosi campi, dall’arte e la letteratura alla scienza e la tecnologia.

Nel corso del Novecento, l’Italia ha visto emergere alcune delle menti più illuminate e brillanti al mondo: visionari dell’industria, scienziati e inventori che, grazie al loro genio, hanno guidato l’umanità del XX secolo verso un rapidissimo progresso.

Qui sotto una carrellata dei più importanti.

1. GUGLIELMO MARCONI ED ENRICO MATTEI

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- GUGLIELMO MARCONI. L’italiano che ha connesso il mondo
Con l’invenzione della radio, Guglielmo Marconi si è imposto quale autentico pioniere delle comunicazioni senza fili e come figura di spicco nella storia della tecnologia, tanto da meritarsi il premio Nobel per la Fisica nel 1909 (sebbene non fosse laureato).
Nato a Bologna nel 1874, dimostrò fin da giovane un notevole interesse per la scienza e l’elettricità, riuscendo già a vent’anni a mettere in pratica i primi esperimenti da autodidatta.
Il grande exploit avvenne nel 1901, quando riuscì a trasmettere segnali radio attraverso l’Atlantico, dimostrando la fattibilità delle comunicazioni intercontinentali senza fili.

La sua tecnologia ha contribuito in modo significativo al progresso tecnologico mondiale, non solo perché ha migliorato le nostre vite, ma soprattutto perché ha anche contribuito a salvarle.
Basti pensare all’utilità della radio per lanciare segnali di aiuto: il primo soccorso di successo con il sistema di Marconi venne eseguito in mare nel 1909 e permise di portare in salvo tutti i passeggeri e i membri dell’equipaggio del transatlantico Republic, che era stato speronato al largo dell’isola di Nantucket (Usa).
Non a caso, gli addetti alle comunicazioni radio sulle navi sono chiamati “marconisti”. Colpito da una crisi cardiaca, Guglielmo Marconi si spense a Roma nel 1937.

 

- ENRICO MATTEI. Imprenditore e visionario
Il 27 ottobre 1962 un misterioso incidente aereo nei pressi di Bascapè (Pavia) segnò la tragica fine di Enrico Mattei, fondatore dell’Eni.
Nato nel 1906 ad Acqualagna (Pesaro e Urbino), Mattei iniziò a lavorare nel settore delle vernici industriali finché non venne incaricato, nel 1945, di liquidare l’Agip (Azienda generale italiana petroli), costituita in precedenza dal governo fascista.
Ben consapevole di quanto il petrolio fosse una risorsa irrinunciabile, puntò a rifondarla e a creare un’impresa nazionale che consentisse al Paese di rispondere al proprio fabbisogno energetico: a tale scopo, nel 1953 fondò l’Eni, l’Ente nazionale idrocarburi.

In un’epoca in cui l’Italia era un piccolo produttore di greggio e gas, Mattei osò sfidare le potenti “sette sorelle” del petrolio (quasi tutte aziende statunitensi) stringendo accordi diretti con i Paesi del Medio Oriente, del Nord Africa e con l’Unione Sovietica.
Un simile approccio gli valse, naturalmente, varie inimicizie e attacchi mediatici: nel 1960, per esempio, il New York Times lo rimproverò di “aver rotto gli equilibri del mercato dei prodotti petroliferi” e di “aver compromesso futuri equilibri politici”.
Per tali ragioni, sono in molti a ritenere che la morte di Enrico Mattei non sia stata affatto la conseguenza di un incidente.

2. CORRADINO D’ASCANIO. Il “volo” della Vespa

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Quando era solo un bambino sognava di spiccare il volo come le rondini.
Una volta cresciuto avrebbe coronato quel sogno grazie alle sue invenzioni all’avanguardia, lasciando un’impronta indelebile nella storia dell’aviazione. Questo era Corradino D’Ascanio, ingegnere visionario e sorprendente.
Nato a Popoli (Pescara) nel 1891, D’Ascanio ebbe il coraggio di sfidare i limiti umani dando vita al prototipo dell’elicottero moderno, il D’AT3, inaugurato nell’ottobre 1930 con un volo pionieristico di quasi dieci minuti.

Un vero record! Fu inoltre titolare di numerosi ed eterogenei brevetti, dal forno elettrico per pane e biscotti a un tipo di bomba per aeromobili capace di esplodere a una altezza prestabilita. Ma il successo arrivò nel Dopoguerra con un mezzo destinato a cambiare il volto del trasporto su due ruote: la Vespa Piaggio.
Presentata nel 1946 al Salone internazionale del ciclo e del motociclo di Milano, la Vespa divenne rapidamente un fenomeno culturale.
E pensare che il suo progettista odiava le motociclette. Ma allora come mai decise di realizzare uno scooter? La risposta sta nel detto “fare di necessità virtù”.
Terminato il conflitto mondiale, l’azienda Piaggio aveva l’esigenza di riconvertire la produzione bellica, fino a quel momento concentrata sull’aeronautica.
D’Ascanio ebbe quindi l’intuizione di utilizzare alcuni materiali e tecnologie (lamiere, vernici, soluzioni meccaniche, come l'ammortizzatore anteriore) per un mezzo a due ruote con telaio a scocca portante, creando un veicolo agile da guidare.
Ecco cosa disse della sua creazione: “Dato che mi sono sempre occupato di aeronautica [...] ho concepito questo mezzo di locomozione seguendo criteri intuitivi e pensando che questa macchina doveva servire per me che non ero motociclista”.
L’ingegnere abruzzese si spense a Pisa nel 1981.

3. ALFONSO BIALETTI ED ENZO FERRARI

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- ALFONSO BIALETTI. Dal bucato al caffé
Per la maggior parte degli italiani (e non solo), la giornata inizia con una moka borbottante che sprigiona aroma di caffè in tutta la casa: un rituale irrinunciabile che fa parte della nostra cultura da quasi un secolo.
Eppure, in pochi sanno che la notissima “macchinetta” creata nel 1933 da Alfonso Bialetti (1888-1970), imprenditore piemontese originario di Casale Corte Cerro, è legata a doppio filo... ai panni sporchi!
A quei tempi, per fare il bucato si usava la lessiveuse (“lisciviatrice”), una macchina lavatrice composta da una grande vasca con un doppiofondo bucherellato in cui si versava una miscela (la liscivia), composta da acqua, sapone e cenere, e scaldata a legna.

Quando l’acqua andava in ebollizione, risaliva lungo un tubo posto al centro del dispositivo per poi far ricadere la miscela “a pioggia” sui panni nella tinozza.
Alfonso Bialetti, all’epoca quarantenne e con un passato da operaio metalmeccanico in Francia, pensò di applicare quello stesso principio alla preparazione del caffè, brevettando così la sua Moka Express.
A dirla tutta, la caffettiera non si chiamò da subito così: il nome fu dato successivamente dal figlio Renato (foto sotto) per rendere omaggio a Mokha, città yemenita sul Mar Rosso, famosa per la coltivazione di caffè sin dal XVI secolo.
E fu il volto dello stesso Renato (a lato nel tondo) a ispirare l’Omino con i baffi, testimonial ufficiale del marchio.

 

- ENZO FERRARI. Il “drago” di Maranello
Adetta di chi lo ha conosciuto era un burbero dal temperamento cupo e difficile, ma soprattutto determinato nel perseguire il proprio obiettivo: costruire potenti auto da corsa e sportive.
In effetti, la passione per l’automobilismo accompagnò il fondatore del “cavallino rampante” (simbolo donato a Ferrari dalla madre dell’aviatore Francesco Baracca, abbattuto nel 1918), nato a Modena nel 1898, sin dall’infanzia, quando ad appena 10 anni papà Alfredo lo portò a Bologna per la gara automobilistica Coppa Florio.
Ma furono gli anni Venti a segnare l’inizio della sua avventura, prima come pilota per l’Alfa Romeo, poi partecipando alla fondazione del Corriere dello Sport. Purtroppo, una serie di eventi spiacevoli rallentò la sua carriera di pilota.

Ma da un male ne nacque un bene: nel 1929 fondò la Scuderia Ferrari, che allora gareggiava con automobili Alfa Romeo.
La vera svolta giunse nel 1947, quando a Maranello (Modena) creò la Ferrari S.p.A., con la quale poté finalmente iniziare a costruire vetture da corsa con il proprio marchio: la prima fu la Ferrari 125 S, che esordì sul circuito di Piacenza l’11 maggio 1947 con al volante Franco Cortese.
Da quel momento, le Ferrari hanno impresso il loro segno nel mondo del motorsport e del lusso grazie a prestazioni straordinarie e a un design senza rivali.
Carismatico e inossidabile, Enzo Ferrari – “the Drake” per gli inglesi – resse l’azienda fino alla morte, avvenuta nel 1988 all’età di 90 anni.

4. ANTONIO MEUCCI. Il padre delle telecomunicazioni

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Nel 2002, a oltre secolo di distanza dalla sua morte, il Congresso degli Stati Uniti ha riconosciuto ufficialmente Antonio Meucci (1808-1889) nato a Firenze ed emigrato nel Nuovo Mondo nel 1835, quale primo inventore del telefono elettrico, dispositivo creato a New York tra il 1854 e il 1871.

Meucci non aveva abbastanza risorse economiche per pagare il brevetto della sua creazione, di cui aveva depositato solo un caveat (“preliminare” di brevetto) dal titolo Sound Telegraph.

Questo diede il tempo ad Alexander Graham Bell di mettere a punto un apparecchio simile e brevettarlo prima dello sfortunato italiano.

L’ingegnere britannico aveva forse avuto modo di vedere (e quindi prendere spunto) l’invenzione di Meucci? Non si sa.

Grazie alle sue solide competenze in meccanica e in chimica, Meucci fu comunque in grado di sperimentare e concepire numerose altre invenzioni capaci di migliorare la vita quotidiana.

Creò, per esempio, speciali filtri chimici per la depurazione dell’acqua all’Avana (Cuba), città che lo aveva ospitato per quindici anni; fu il primo a usare negli Usa la galvanostegia, tecnica che permette di ricoprire i metalli con un leggero film di un altro metallo per evitarne la corrosione; infine inventò un nuovo e più igienico sistema, grazie ad alcune soluzioni chimiche, per la conservazione dei cadaveri.





5. ADRIANO OLIVETTI E GIULIO NATTA

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- ADRIANO OLIVETTI. La Silicon Valley italiana
Da oltre un secolo, la tranquilla cittadina piemontese di Ivrea ospita la Olivetti, per anni una delle principali realtà imprenditoriali al mondo, prima nel campo delle macchine per scrivere e oggi nel settore dell’informatica e dell’elettronica.
Fondata nel 1908 da Camillo Olivetti, che ne fu il direttore fino al 1932, l’impresa fece il salto di qualità con il passaggio di testimone al figlio Adriano (1901-1960), che promosse una cultura aziendale nuova, proiettata verso il benessere dei lavoratori e la produzione di una tecnologia avanzata, ma anche dal design accattivante.

Adriano Olivetti è oggi ricordato per aver introdotto politiche gestionali innovative, come la partecipazione degli operai agli utili, e un generale miglioramento delle loro condizioni di lavoro, considerato un fattore indispensabile per un buon processo produttivo.
Sognava di trasformare Ivrea in una “città ideale” con infrastrutture moderne al servizio dei propri dipendenti. E poiché aveva capito l’importanza dell’estetica, Olivetti coinvolse i migliori designer e architetti del suo tempo, tra cui Ettore Sottsass e Marcello Nizzoli.
Quest’ultimo fu il padre, nel 1950, della macchina per scrivere Lettera 22, designata miglior oggetto di design del XX secolo dall’Illinois Institute of Technology.

 

- GIULIO NATTA. L’uomo dei polimeri
L’unico italiano ad aver ricevuto un Premio Nobel per la Chimica (nel 1963) risponde al nome di Giulio Natta (1903-1976). Ingegnere ligure, originario di Porto San Maurizio (Imperia) divenne famoso negli anni Sessanta per aver realizzato la materia plastica più diffusa al mondo: il polipropilene.
Natta riuscì a ottenere questo prodotto di sintesi, che si distingueva dagli altri per le eccellenti proprietà chimiche e meccaniche, grazie a una tecnica rivoluzionaria chiamata “polimerizzazione stereospecifica”, che sviluppò in collaborazione con lo scienziato tedesco Karl Ziegler, anch’egli premiato dall’Accademia reale svedese nello stesso anno.

Trattandosi di un prodotto non biodegradabile, la plastica oggi rappresenta un grosso problema per la salute del pianeta, ma al tempo di Natta (erano gli anni del boom economico) non era così.
La plastica si rivelò un materiale utile e versatile, che poteva avere una vasta quanto eterogenea gamma di applicazioni, dall’imballaggio all’industria automobilistica, dall’elettronica all’aviazione, fino agli oggetti di uso quotidiano, divenendo presto simbolo di modernità e progresso.
Oltre al Nobel, l’ingegnere ligure ricevette per il suo lavoro cinque lauree honoris causa in Chimica da quattro Paesi diversi: Italia, Germania, Belgio e Stati Uniti.








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