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Capelli rossi: storia e curiosità di un colore da sempre oggetto di miti e maldicenze

Mito e storia. Leggenda e folklore.

Quando si parla di teste rosse, ecco che il sipario si alza su un palcoscenico dove luci e ombre si intersecano drammaticamente, creando ogni volta un effetto teatrale pronto ad arrestare lo sguardo, ad aumentare i battiti del cuore dello spettatore seduto in platea.

Tableaux vivants che, come suggestive pagine di un libro di generi sempre diversi, ci mostrano una serie di passaggi cruciali.

Dalla Preistoria ci portano via via in epoche diverse, disseminate lungo i millenni, tra popoli oggi lontani dove, all’improvviso, si stagliano contro l’orizzonte chiome ramate destinate a lasciare dietro di sé un segno indelebile.

Da Alessandro Magno ad Amedeo Modigliani, da Rita Hayworth a Jessica Rabbit, storia e curiosità delle capigliature ginger…

 

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1. L ’ANTICHITÀ E IL MEDIOEVO

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Un solo istante ed ecco venirci subito incontro, tozzo e basso di statura, il condottiero che ha unito Occidente ed Oriente, marciato fino in India, fondato un impero senza eguali: Alessandro Magno.

Una testa rossa imbiondita da preparati a base di fiori di zafferano e acqua di potassio, ma verosimilmente ereditata dalla madre, l’impavida e intraprendente Olimpiade la cui folta chioma rossa ancora oggi campeggia nel mosaico tombale di Anfipoli, dove, secondo l'archeologo Andrew Chang, sarebbe raffigurata nel ruolo di Persefone, signora dell’oltretomba.

Qua sotto, Il ratto di Persefone (340 a.C. circa, Verghina, Grecia), un affresco nel quale Ade, dio delle ombre e dei morti, è rappresentato con i capelli rossi.

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Tuttavia già qualche secolo più tardi i Romani identificarono il capello rosso con i barbari che minacciavano la solidità dell’Impero.

Così Caligola, sempre convinto del fatto suo, costringeva i nemici, catturati in guerra e costretti a sfilare sotto gli occhi del popolo in visibilio, a tingersi i capelli di rosso per essere più credibili nel loro ruolo di uomini del nord.

Nella foto sotto, un affresco raffigurante Bacco con i capelli rossi (Boscoreale, 30 d.C.).

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Ma se è vero che già in epoca antica esistevano malevoli credenze nei confronti delle persone di pelo fulvo, nel Medioevo le cose sembrano decisamente peggiorare, prendendo subito una brutta piega.

Da un monastero della Baviera tuona ed echeggia sinistramente una voce. È quella di un monaco di cui ignoriamo il nome ma conosciamo bene l'opera: il celebre ma frammentario Ruodlieb.

È proprio lui che, dal suo scriptorium in cui tramanda il sapere ai posteri, avverte il mondo, invitandolo piuttosto perentoriamente a diffidare dei rossi. Non sorprenda allora questo proliferare di accuse, di insinuazioni, di maldicenze.

In molti quadri Giuda, il traditore, inizia a essere raffigurato rosso di pelo. L'ultima cena di Joos van Cleve ne è la riprova. Stessa sorte per il ladrone non redento della Crocifissione di Antonello da Messina. La sua zazzera rossa fulmina lo sguardo (foto sotto).

 

2. DA GIUDA AI VAMPIRI

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Il dito, come è facile capire, è ormai variamente puntato. L'accusa chiara. Il sigillo ufficialmente apposto.

I rossi non solo sono infidi, ma banchettano col demonio, hanno frenesie sessuali simili a quelle degli animali.

Giuda pel di carota (foto a sinistra) diventa allora anche il primo vampiro della storia che, per ovvie ragioni, non sopporta né l'argento (le pallottole di quel metallo gli sarebbero fatali), né la vista della croce e dell'acqua, simbolo di eterna purezza.

La tradizione dei vampiri ginger ha del resto affascinato anche uno scrittore singolare come il britannico Montague Summers.

A questo prelato poco ortodosso, in perenne odore di eresia, ma con uno spiccato gusto per il gotico e il sovrannaturale, dobbiamo le storie sui vampiri dai capelli rossi e gli occhi grigi che popolavano il folklore serbo.

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Gli studi di Élisée Reclus, famoso geografo francese della seconda metà dell'Ottocento, ci portano invece poco più a est, in Romania, all'ombra del mito di Dracula, dove c'era la credenza secondo cui gli uomini di pelo fulvo, una volta morti, si incarnassero in cani, rospi, pidocchi e pulci; esseri sempre pronti a succhiare il sangue di giovani ed avvenenti fanciulle.

Ancora più raccapriccianti i dettagli della preparazione di un prosciutto con carni umane per scopi rigorosamente terapeutici. La ricetta in voga a cavallo del XVI e XVII secolo è quella di un medico tedesco che prescriveva che la carne fosse di un uomo giovane, rosso di chioma e morto impiccato o sulla ruota. Solo così infatti la sua forza poteva essere preservata per intero e usata per curare.

Restando nel tema della ruota, non si può non citare la Santa Inquisizione, che certo non fu particolarmente gentile con la genia dei rossi. Giuda non solo entrò nella storia del folklore come il suo primo vampiro, ma finì per incarnare anche la figura dell'ebreo errante e Torquemada, il gran tormentatore, non si lasciò sfuggire la sua ghiotta preda.

Le persecuzioni furono innumerevoli e in un batter d’occhio i cieli d'Europa si riempirono di grida e fumo. Ovunque furono preparate cataste di legna e oliate le macchine più adatte a estorcere confessioni e pentimenti. Ancora una volta il diverso veniva preso di mira. Portato alla più nera disperazione.

Qui sotto, Maria Maddalena, spesso ritratta con la capigliatura fulva, rappresentata nel 1859 dal pittore preraffaellita Frederick Sandys.

 

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3. PEL DI CAROTA E GLI ALTRI

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Anche la letteratura, al pari della storia, ci ha offerto ritratti dolenti di giovani in preda al tormento ed alla infelicità.

Il Pel di carota di Jules Renard ci mostra un ragazzino disamato dalla madre, umiliato dai compagni, che trasforma questa totale mancanza di amore in odio. In cattiveria. In atti di rivalsa che intorbidiscono la sua natura.

Non se la passa certo meglio il nostro Rosso Malpelo, nato dalla penna di Giovanni Verga, che non trova affetto in nessuno se non nel padre, ma l'uomo ahimè morirà in un incidente in miniera e proprio in quei budelli bui, scavati nella terra, Rosso Malpelo si smarrirà per sempre.

Chi ha letto II regalo del Mandrogno dei fratelli Erizzo, dove il gene dei rossi diventa il fulcro dell'intera vicenda lunga ben centotrent'anni, non può non ricordare le parole del canonico Napoleone, uno dei grandi protagonisti del romanzo: «La maledizione! La maledizione di tutta la discendenza, la dannazione su tutta questa schiatta dai capelli rossi, dannazione preconcetta, invincibile [...] Una parola paurosa risuonò quasi sensibilmente al suo orecchio: Giansenio!»

Un altro grande scrittore che si occupò delle capigliature ginger fu l'inglese Charles Dickens. Non fu mai tenero con loro. Si scagliò indignato contro il pittore Millais perché in uno dei suoi quadri aveva dato a Cristo lunghi capelli ramati.

Non pago di questo colorò di rosso i capelli di uno dei personaggi più sordidi mai apparsi nelle sue opere: il Fagin dell'Oliver Twist.

Nella foto sotto, Fagin, personaggio immaginario del romanzo Oliver Twist, in un acquerello del 1889 di Joseph Clayton Clarke.

 

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4. L ’ARTE E IL RISCATTO DEI ROSSI

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Il rosso divampa ovunque nella storia, nella letteratura, nell'arte.

Se fino a ora ci siamo focalizzati sul lato oscuro del pelo fulvo, ora possiamo tuffarci in quello più chiaro e luminoso, dove è facile incontrare donne belle e fatali come la Gilda di Rita Hayworth o l'esplosiva Jessica Rabbit (foto a sinistra) del celebre e mai dimenticato film degli anni '80.

Chiome ramate che hanno nel loro DNA la seduzione, il fascino da dark lady che stende gli uomini solo con la forza di uno sguardo sigillato dal rosso infuocato di una lunga e voluttuosa capigliatura.

Del resto già nel Rinascimento il rosso Tiziano aveva tenuto banco, molti dipinti del periodo ci mostrano donne e dee incorniciate da chiome di un biondo fulvo.

Una vera e propria moda che richiedeva elaborati lavaggi dei capelli con infusi di camomilla o in alcuni casi con complesse misture; le stesse usate dai maestri tintori per stoffe e tessuti di pregio.

Una moda che più a Nord divenne una vera e propria ossessione quando sul trono inglese salì Elisabetta I, sfacciatamente rossa di capelli. Tutte le dame del periodo cercarono in un modo o nell'altro di imitarla il più possibile. Potremmo forse parlare già della prima, grande influencer della storia?

Nella foto sotto, Elisabetta I con l'ermellino (1585), un olio su tela attribuito a William Segar.
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Belle e irresistibili furono senza dubbio anche le modelle dalle chiome rosse che ispirarono i preraffaelliti inglesi. Prima fra tutte Elizabeth Siddal che fece perdutamente innamorare di sé Dante Gabriel Rossetti.

Un amore dai risvolti macabri la cui eco sembra destinata a echeggiare per l'eternità. Infelice, versata nella poesia, la Siddal morì bevendo una dose massiccia di laudano. La sua morte lasciò il grande pittore in una prostrazione senza fine.

Travolto dal dolore mise nella bara una raccolta delle sue poesie, ma spronato dall'amico Bram Stoker (il padre di Dracula) il 5 ottobre del 1869 decise di profanare la tomba per recuperarle. Un evento che lo sconvolse, minando definitivamente la sua salute mentale.

Una leggenda, nata da quel tragico evento, racconta come lo spirito dell'infelice Siddal (foto sotto) si aggiri ancora oggi per il cimitero di Highgate, impedendo a chiunque di avvicinarsi alla sua tomba.

 

Il capello fulvo fu molto amato anche da un altro famoso pittore: Gustave Klimt. Citiamo tra tutte le sue opere l’indimenticabile raffigurazione della lussuria. Una chioma di fuoco dalla forza primordiale che fece grande scalpore a Vienna quando l'artista presentò il Fregio di Beethoven.

Una lista lunga, questa dei pittori innamorati persi delle capigliature fulve. Non possiamo esimerci dal citare nomi di primo piano come Pierre Auguste Renoir, Henry de Toulouse-Lautrec o Amedeo Modigliani. Tante sono le teste rosse che sfilano davanti ai nostri occhi. Tante le storie reali o letterarie che hanno variamente affollato il mondo.

Qua sotto, un poster promozionale della diva americana Rita Hayworth.

 

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5. ESSERE ROSSI, OGGI

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Il rutilismo, con quel suo gene modificato (il celebre MC1R) affonda le sue radici nella preistoria, in una probabile risposta dell'uomo a un clima freddo e inospitale.

Un mutamento che ha dato però vita a pregiudizi e maldicenze; maldicenze che come un fiume in piena hanno attraversato i secoli, travolto persone e destini, ma che oggi si è fortunatamente trasformato in un vero e proprio orgoglio rosso.

Il capello ginger insomma piace e fa sempre più tendenza. Dal principe Harry all'attore Michael Fassbender (foto sotto), da Jessica Chastain a Julianne Moore (foto in alto a sinistra), il popolo dei rossi ormai domina la scena e la domina con irresistibile charme.

 

Rossi non solo si nasce, ma si diventa per scelta e per passione. Lunga vita, dunque, alle teste rosse. A quel loro fascino misterioso che ha vinto sul folklore e le sue millenarie dicerie.

Il capello rosso ha senza ombra di dubbio una propria fiera diversità; caratteristiche del tutto particolari. Ad esempio, se rapportato alle altre tipologie di capello, perde molto più lentamente il proprio pigmento. Il suo processo di ingrigimento ha dinamiche che potremmo definire rallentate rispetto a capigliature di altri colori.

I capelli rossi sono anche meno numerosi. Se una testa bionda o bruna può vantare mediamente centoquarantamila capelli, una rossa si deve accontentare di averne soltanto novantamila, tuttavia, dettaglio questo non propriamente trascurabile, sembrano essere molto più folti.

Fare maggiore volume. Nessuno, questo va subito sottolineato a scanso di equivoci, noterebbe mai questa carenza numerica. Anzi.

Nella foto sotto, l'attore Rupert Grint, interprete di Ron Weasley, un celebre "rosso" della serie di Harry Potter.

 

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