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Capire il tuo cane: un predatore, anche se da salotto…

Grandi, medi o piccoli che siano, tutti i cani sono predatori naturali.

Alcuni hanno doti mentali e fisiche particolarmente forti da questo punto di vista e altri meno, ma l’istinto di caccia è innato nei nostri amici ed è importante conoscerlo e gestirlo al meglio, per il bene di tutti!

Basta un odore portato dal vento o un lieve fruscio che noi nemmeno notiamo, oppure un piccolo movimento rapido, magari lontano, ed eccolo lì, il “lupo” di casa: i sensi si tendono a cogliere ogni indizio, gli orecchi ruotano e si drizzano in cerca di un rumore più netto, l’olfatto indaga l’aria o il suolo… il nostro predatore è entrato in azione.

D’altra parte, non potrebbe fare altrimenti poiché il cane domestico discende dal cacciatore di branco più evoluto e raffinato sulla Terra e ha spesso doti ancora molto valide per sopravvivere procurandosi il cibo da sé, pur non essendo costretto a utilizzarle se vive con noi, e se noi lo nutriamo ovviamente.

Raramente, quindi, il nostro cane deve cacciare ma questo non lo frena dal farlo comunque e non sempre il bersaglio è consono.

Ecco perché è essenziale sapere cosa lo attiva e anche come gestire la cosa, ricordando che prevenire, anche in questo caso, è sempre la scelta migliore.

 

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1. Il nostro ruolo

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Il fatto che il cane abbia conservato un forte istinto di caccia non è casuale e in questo il nostro ruolo è stato notevole.

Basta osservare l’elenco delle razze riconosciute dalla Federazione Cinologica Internazionale e quindi anche dall’Enci.

Su dieci gruppi, ben cinque (gruppo 4, gruppo 6, gruppo 7, gruppo 8 e gruppo 10) sono costituiti esclusivamente da cani da caccia, mentre altre razze utilizzate anche per questi compiti le troviamo nel gruppo 5 e nel gruppo 3.

Le specializzazioni di queste numerose razze coprono praticamente ogni tipo di esigenza, su qualsiasi territorio e per ogni tipo di preda: dagli uccelli ai grandi animali del bosco e persino della savana.

In altre parole, ciascuno di questi cani svolge un’attività di predazione, più o meno limitata, di tipo specialistico.

Se poi pensiamo al fatto che in ogni angolo del mondo esistono tante altre razze da caccia non riconosciute dalla Fci ma da altre associazioni oppure mai sottoposte a riconoscimento, capiamo quanto l’istinto predatorio del cane sia apprezzato dalla nostra specie, soprattutto se viene messo in atto a nostro vantaggio...

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Abbiamo visto che buona parte delle razze canine che ci circondano è stata selezionata proprio sulla base del comportamento di predazione.

Abbiamo così cani da caccia a vista (i Levrieri), cani che seguono le tracce olfattive per chilometri e chilometri, lavorando in gruppo (i Segugi), altri che lavorano cercando gli odori al suolo e nel vento (cani da cerca e da ferma), e altre tipologie ancora.

Tutto questo ha richiesto secoli di scelte di allevamento e le singole razze che oggi conosciamo sono il risultato corrente di questa procedura selettiva.

Ognuna di esse è specializzata in azioni coincidenti con una particolare fase del comportamento di predazione ma nessuna è stata selezionata per metterlo in atto in modo completo, cioè arrivando a consumare la preda: quel comportamento, infatti, appartiene ai Canidi selvatici autonomi e indipendenti da noi, quindi lupi, coyote, sciacalli, volpi e via dicendo.

Ma attenzione, se costretto dalla fame anche il cane domestico può ricominciare a nutrirsi da solo!

 

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2. Razze con "licenza di uccidere”

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La maggior parte dei cani da caccia è stata selezionata per non spingere la sequenza predatoria fino all’uccisione, lasciando questo compito al membro umano del team.

Ma ci sono anche razze che sono state “create” per arrivare a uccidere la preda, senza poi mangiarla.

Sono i cani da caccia in tana, come Bassotti e Terrier, utilizzati moltissimo nel passato per eliminare animali considerati nocivi come volpi, tassi, topi e ratti, i Levrieri (eliminazione dei lupi, caccia alla lepre e al coniglio selvatico, ma anche alla gazzella) e, a volte, anche alcuni Segugi o razze create specificamente per attaccare e uccidere grandi animali come il pecari, il cinghiale e persino il Puma: è il caso del Dogo Argentino, selezionato appositamente per seguire la traccia di questi animali, braccarli, attaccarli e ucciderli.

E gli altri cani? Cacciano, e anche bene. All’inizio abbiamo scritto che tutti i cani sono dotati di un innato istinto di caccia, quindi non sono solo le razze selezionate da noi come ausiliarie nell’attività venatoria a eccellere in questi compiti.

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Infatti, tutti i cani, meticci inclusi, possono rivelarsi ottimi predatori senza essere stati selezionati per farlo a nostro vantaggio, come invece avviene per le razze da caccia.

La differenza sta nel fatto che i cani che cacciano per puro istinto non lo fanno secondo i nostri criteri ma secondo i loro, e ovviamente la preda non la ammazzano per noi ma per sé stessi, anche se poi non la consumano (salvo particolari eccezioni).

Tutti i lupoidi, per esempio, hanno spesso eccellenti doti di caccia: Pastori Tedeschi o Belgi, Husky, Lupi Cecoslovacchi e simili sono validissimi predatori. E razze da conduzione come i Border Collie o gli Australian Shepherd, o i più tosti Cattledog, possono rivelarsi abilissimi cacciatori di piccoli e grandi animali.

E così anche di ciclisti, podisti, autoveicoli... perché è soprattutto il movimento che attiva l’istinto predatorio più “puro” e meno influenzato dalla selezione specifica.

Anche se è l’olfatto il senso più sviluppato della specie canina, che in questo raggiunge livelli di precisione inimmaginabili, la vista ha un ruolo molto importante nell’attivare il comportamento di caccia, perché è soprattutto ciò che si muove a innescare la reazione del cane.

Una preda che resti immobile, se non è troppo visibile e se il vento non ne porta l’odore al cane, può passare inosservata.

Una che si muova, invece, molto difficilmente sfuggirà all’occhio del nostro predatore da salotto, perché il suo organo visivo è fatto per cogliere proprio ciò che si muove, in modo particolare se si trova in posizione leggermente laterale rispetto al cane, che ha una vista diversa dalla nostra, meno precisa nel mettere a fuoco ma molto sensibile a qualsiasi movimento.

 

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3. Non facciamo confusione. Predatorio e aggressività sono diversi

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Per quanto cruenti possano apparire i comportamenti predatori, dobbiamo precisare che la predazione non va mai confusa con l'aggressività.

Quest’ultima, infatti, implica l’impiego di ogni mezzo offensivo diretto a eliminare la competizione da parte di un appartenente alla stessa o a una diversa specie.

Nell’aggressività, quindi, emergono azioni funzionali alla tutela di sé stessi, o dell’intero “branco”, con la volontà di allontanare o eliminare prima possibile colui che si ritiene una minaccia.

Gli studi sui comportamenti aggressivi hanno dimostrato come l’ausilio delle “armi” a disposizione divenga fondamentale, soprattutto se la controparte si dimostra potenzialmente pericolosa.

Al contrario, nelle azioni predatorie non vi è traccia di questi elementi: il predatore deve agire come tale a scapito della vittima perché quest’ultima diventi nuova energia vitale: e nessuno ha motivo di provare rabbia verso una fonte di sopravvivenza!

Le razze canine selezionate per condurre il bestiame agiscono proprio come i predatori da cui discendono: aggirano il gregge o la mandria per fargli cambiare direzione, rincorrono gli animali che se ne allontanano facendoli tornare nel gruppo, isolano i capi secondo le indicazioni del pastore o del mandriano...

Tutte azioni che riproducono il lavoro di un branco di lupi ma senza la fase di attacco finale.

O meglio, l’attacco è solo simulato oppure portato a termine con morsi leggeri alle zampe del bestiame (i “garretti”), senza mai andare oltre. Un cane di questo genere svolge, da solo o in coppia, il lavoro di un intero branco di lupi, ma non uccide mai la preda.

 

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4. Predatorio e problemi. Bisogna prendere il controllo

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Abbiamo capito che l’istinto di caccia appartiene al cane in quanto cane e che, spesso, questa dote è stata indirizzata a nostro vantaggio.

Ma ci sono eccezioni, per esempio quando a far scattare il comportamento predatorio del cane è una persona corre.

La cosa è del tutto normale, in termini puramente etologici, pur rivelando che il cane non ha avuto un percorso educativo efficace, ma è anche parecchio problematica perché la “preda”, quando si accorge di essere nel mirino, in genere cerca di accelerare sperando di distanziare il nostro cacciatore... ma invano, visto che i cani sono quasi tutti molto più veloci di noi.

Se la preda accelera, il cane in genere si eccita ancora di più e spinge per raggiungerla, di solito riuscendoci.

L’alternativa è che il bersaglio si ribelli, fermandosi e ingaggiando una lotta con il cane. In entrambi i casi, il rischio di un morso o anche di un attacco vero e proprio è molto alto. E inaccettabile, ovviamente.

Lo stesso varrebbe se il bersaglio fosse un gatto, per esempio, e il rischio diventerebbe mortale anche per il cane stesso, nel caso scegliesse come preda un’automobile. Insomma, la cosa va messa sotto controllo, punto e basta. Già, ma come?

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I sistemi per frenare l’inappropriato istinto di caccia del cane sono essenzialmente due e vanno utilizzati entrambi: da cucciolo, abituarlo a rispondere sempre e immediatamente al richiamo; quando cresce, insegnargli che tra noi e una possibile preda la scelta più conveniente è sempre la prima.

Il primo passaggio è il più importante e anche il più facile, perché il cucciolo è molto più disponibile a imparare rispetto all’adulto, visto che ancora non ha sviluppato abitudini e comportamenti in contrasto con le nostre esigenze.

Il secondo passaggio richiede un lavoro diverso, perché si tratta di modificare un comportamento che il cane ha ormai acquisito e che potrebbe anche emergere solo quando è cresciuto. Se il nostro amico sarà stato educato a rispondere sempre al richiamo da cucciolo, tutto sarà più facile.

In ogni caso, il metodo è il seguente: scegliere un oggetto che piace al nostro cane, in genere palline o simili, e che lo fa scatenare in corse pazze e inseguimenti (che per lui sono “giochi di caccia”), piazzarglielo vicino e, non appena scatta per catturare la sua “preda”, richiamarlo e “premiarlo” con il bocconcino più prelibato e gustoso possibile.

La cosa funziona perfettamente perché... è legato a un lungo guinzaglio (circa due metri) che sta saldamente nelle nostre mani e, ovviamente, la “preda” si trova sempre oltre la portata del cane.

In pratica, il nostro amico impara che il suo obiettivo è irraggiungibile e che c’è, invece, un’alternativa molto più piacevole e sicura alle sue spalle, basta che interrompa l'azione di caccia e torni da noi appena lo chiamiamo.

Ripetizioni quotidiane dell’esercizio porteranno a una risposta sempre più rapida e, pian piano, arriveremo a lasciare il guinzaglio a terra e poi a non metterglielo più.

Il consiglio è di utilizzare un comando diverso dal nome del cane, per esempio “lascia”, perché questo non è un semplice esercizio di richiamo ma l’interruzione di un comportamento naturale, proponendo un’alternativa più gratificante e, soprattutto, sicuramente raggiungibile.

 

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5. Un istinto da incanalare

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Nell'immaginaria “piramide dei bisogni” del nostro amico, il comportamento di predazione si trova al terzo livello, successivamente ai bisogni di sopravvivenza e a quelli di sicurezza.

Assolti gli elementi correlati al rimanere in vita, quali il cibo, l’acqua, la salute e il sonno, e garantita la possibilità di trovare un luogo ove sentirsi sufficientemente protetto, il cane evidenzia la necessità di attivare i numerosi comportamenti istintivi, primo tra tutti quello di predare.

Trattandosi di un bisogno, e in quanto tale dev’essere soddisfatto, il “pattern predatorio” potrà essere manifestato attraverso azioni mirate e funzionali.

Anche in tale ottica sono sorti numerosi sport cinofili, ognuno dei quali può garantire l’esecuzione dei differenti “schemi motore” della predazione.

Nel Disc Dog, inseguire e afferrare al volo la “preda” rappresentata dal frisbee, e riportarla al conduttore, è un bellissimo modo di spostare l’attività di caccia su bersagli inanimati e in piena collaborazione, mentre nell’Agility il muoversi velocemente lungo un percorso fatto di salti, palizzate, bascule e passerelle rievoca il districarsi in boschi immaginari in direzione di un obiettivo “ipotetico”.

Nel Retrieving, lo scovare e il riportare appositi riportelli in tela vuol dire dilettarsi nel cacciare finti volatili, e anche la ricerca dei dispersi, a scopo civile o ludico, consiste nel voler ritrovare una possibile preda nascosta chissà dove.

Insomma, cacciare è un bisogno che il nostro amico deve poter sfogare, usiamo il cervello e troveremo di certo qualche attività perfetta per appagarlo ed evitare che scelga bersagli inadeguati.

 

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