Così si viveva al tempo di Shakespeare… seguendo la traccia dei nostri sensi

Il passato è una realtà alla quale si guarda da lontano. L’atto stesso di “studiare la storia” consiste nel cercare quel che non c’è più ed è quindi fuori dalla nostra portata.

Ma come ci sentiremmo se il passato non fosse irraggiungibile, se potessimo avere un incontro ravvicinato con i nostri antenati?

Che cosa scopriremmo guardando con i loro occhi, sentendo con i loro orecchi, annusando attraverso le loro narici?

Quali erano i suoni, i gusti, le sensazioni di un’epoca lontana da noi? Siamo in grado di recuperarli, di sentirli e vederli come li sentivano e vedevano loro?

 

Se, per esempio, puntiamo la nostra osservazione sull’Inghilterra del periodo elisabettiano, seconda metà del ‘500 – quando la Riforma protestante si impose definitivamente – riusciamo a cogliere, come in uno specchio vecchio di 450 anni, le poche somiglianze che ci legano a quel mondo e le tante differenze che da esso ci separano.

Un mondo dove la crudeltà era la regola, dove le esecuzioni capitali erano orribili e la tortura una pratica corrente; un mondo dominato dal potere, soggetto alla violenza, segnato da una feroce misoginia, ma anche dalla prevalenza di giovani (l’età media era di 22 anni).

E se ci caliamo ancora di più nella realtà del tempo di Shakespeare, scopriamo come la vita di tutti i giorni, quella più legata all’attività sensoriale, fosse nettamente diversa dalla nostra.

Proviamo dunque a fare questo percorso, seguendo per l’appunto la traccia dei nostri sensi, e magari ci accorgeremo che, confrontandoci con un’altra epoca, possiamo vedere noi stessi in una luce nuova.

 

1. La vista - L’oscurità regna in un mondo dove solo i ricchi possono permettersi il vetro

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Nell’Inghilterra della grande Elisabetta, dove per sei mesi all’anno ci sono meno di dodici ore di luce al giorno, l’illuminazione stradale è quasi sconosciuta; perciò il tempo che si passa all’aperto in autunno e inverno è dominato dal buio.

Ma la penombra caratterizza gli interni anche d’estate. Il vetro nelle case è raro, a causa della scarsità di vetrai.

Anche se l’aristocrazia lo usa sin dal tardo Medioevo, e la contessa di Shrewsbury ha “più vetro che muratura” ad Hardwick Hall, la maggior parte delle abitazioni ha finestre minuscole per ridurre la perdita di calore durante l’inverno.

Per coprire le finestre vengono usate imposte di legno o sottili schermi di corno, ragion per cui all’interno delle case non c’è molta luce.

 

Le candele sono costose e, se non vengono schermate da un involucro, costituiscono un grave pericolo di incendio, cosicché la maggior parte della gente si accontenta di averne solo una o due, spostandole da una stanza all’altra.

Chi non può permettersi candele di cera, usa quelle di sego con stoppini di giunco. O più semplicemente si accontenta della luce del focolare.

Alla luce del giorno potete notare che la gente usa pochi colori, a causa della limitata gamma di coloranti naturali. Il solo rosso naturale in Inghilterra è la robbia (tratto dalla pianta che porta lo stesso nome); la maggior parte delle donne ha sottane di questa tinta.

Se qualcuno desidera un rosso più luminoso deve cercarlo all’estero. Il rosso scarlatto è realizzato con il kermes, una larva Dparassita del Mediterraneo.

La cocciniglia è poco nota in Inghilterra, essendo un insetto dell’America Latina, e il legno brasiliano deve essere importato dal Medio Oriente o da commercianti portoghesi.

 

Queste fonti non sono a portata di mano dei mercanti inglesi, dal momento che li controllano i paesi cattolici, in particolare la Spagna, che è in guerra con gli inglesi dal 1585.

Anche per quanto riguarda il color porpora, pochissimi elisabettiani hanno il privilegio di vederlo. La tonalità più simile è una sorta di viola tratto dalla robbia e dal solo colorante blu disponibile in Inghilterra, il guado.

Lascereste di sasso gli elisabettiani se indossaste una camicia color porpora. Il colore non è solo legato allo stato sociale. Il nero (anche questo molto raro) è un segno di morte e lutto, che simboleggia anche l’eternità. I

l bianco simboleggia la verginità, così l’uso di vestiti bianchi e neri da parte della regina, nei suoi primi anni di regno, è una chiara dimostrazione della sua volontà di restare nubile.

Sotto, la casa natale di Shakespeare in una raffigurazione di Victor Hugo. Le abitazioni del periodo Tudor erano progettate per conservare il calore e ricevevano poca luce.

 

2. L’udito - Campane e cornamuse riempiono il silenzio

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Nei tempi moderni ci sono stati vari tentativi di ricreare i suoni “autentici” del passato, facendo musica con strumenti costruiti sulla base di immagini dell’epoca.

In realtà, non è possibile ricreare l’esperienza del suono di allora, perché il contesto è completamente mutato. In sottofondo non c’è alcun rumore di motori, di treni o del traffico aereo, non ci sono sirene spiegate, nessuna base musicale registrata, nessun ronzio di apparecchi elettrici.

Ci sono pochissimi rumori forti: il tuono, di tanto in tanto l’eco di una pistolettata o di un colpo di cannone. Strumenti come le campane, le trombe e le ciaramelle possono creare un effetto sorprendente, così come il galoppo di molti cavalli.

 

Ma tutti questi fatti sono occasionali o si possono sentire in situazioni specifiche. La gamma generale di esperienze uditive è quindi molto più ristretta e più sensibile ai suoni, che vengono normalmente percepiti nel silenzio.

Gli elisabettiani notano quando la campana di una chiesa batte l’ora; a volte si riferiscono a una determinata ora come le “dieci della campana”, piuttosto che le “dieci dell’orologio”, perché l’ora sono abituati ad ascoltarla.

La gente ascolta anche la musica più intensamente, perché è una situazione anomala rispetto al silenzio di ogni giorno. Un gran numero di persone suona uno strumento di qualche tipo. Le classi inferiori suonano la cornamusa e, più spesso, il violino.

 

Se entraste in una birreria di Londra alla fine della giornata, sareste spesso indotti a ballare dalla musica di uno o due musicisti. La maggior parte delle città più grandi hanno le loro piccole compagini di musicisti, che suonano regolarmente in pubblico.

I ricchi hanno una loro compagine personale per eseguire le arie e i madrigali, l’intrattenimento musicale più popolare.

Per la gente comune, tuttavia, è un raro privilegio ascoltare un’aria in cinque parti di Anthony Holborne, John Dowland e Thomas Morley, suonata con un ensemble di viole e di violini, cetre, flauti e strumenti a tastiera (clavicembalo, spinetta e virginale).

Ecco perché resterebbe in piedi ad ascoltare a bocca aperta mentre voi, con la vostra maggiore esperienza uditiva, considerereste quella musica del tutto normale.

 

3. L’olfatto - I ricchi non puzzano perché si lavano tutti i giorni, i poveri sono sudici

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La Cultura popolare ci porterebbe a credere che gli elisabettiani puzzassero (come tutti prima di Jane Austen, ad eccezione dei romani).

In realtà, lo scenario olfattivo pubblico e privato era molto più articolato. Ad esempio, se voi state circumnavigando il mondo con Francis Drake, negli anni 1577-80, sicuramente non vi fate il bagno.

I vostri capelli e i vestiti sarebbero pieni di pidocchi e la vostra puzza riempirebbe l’aria, così come quella di tutti gli altri sulla nave. Il vostro alito sarebbe fetido.

Ma tra le tante difficoltà anche psicologiche di un tale viaggio, a cominciare dalla consapevolezza che la maggior parte dell’equipaggio morirà lungo la rotta, l’odore dei compagni sarebbe l’ultima delle vostre preoccupazioni.

 

All’altra estremità della scala delle pulizia personale, i ricchi, uomini e donne, si lavano ogni giorno, indossano biancheria pulita e detergono le mani e la faccia con acqua fresca.

Si immergono occasionalmente in acqua calda accuratamente selezionata per la purezza. Lavano le mani prima, dopo e durante ogni pasto. Puliscono i capelli con la liscivia, i denti con la polvere, e addolciscono l’alito con collutori e liquirizia.

In presenza di una raffinata signora, non sentireste l’odore del suo corpo, ma il profumo di cui si è cosparsa e la radice di iris in polvere con la quale i suoi vestiti sono stati trattati prima di essere indossati.

Molto dipende dalla disponibilità di acqua. Se viveste in una stanza d’affitto al quarto o quinto piano di un vecchia casa di città, sarebbe uno sforzo troppo grande andare all’acquedotto pubblico, prendere l’acqua necessaria per un bagno, portarla su per le scale e riscaldarla.

Probabilmente, se abitate in una casa simile, non potete permettervi la legna per riscaldare l’acqua, né tantomeno la biancheria per asciugarvi. Così restereste sporchi. Le persone col vostro stesso tenore di vita vi capirebbero.  Gente della medesima classe sociale accetta condizioni simili.

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Tutti sanno di puzzare, ma sanno anche quanto costa profumare come un signore. Vivendo a stretto contatto l’uno con l’altro, e riconoscendo che le alternative sono inaccessibili, ci si abitua ai propri odori e a quelli di chi sta vicino. Lo stesso si può dire per i servizi igienico- sanitari.

In mancanza di acqua corrente non si può disporre di un water, anche se ci si potesse permettere di costruire una copia del gabinetto a sciacquone realizzato da sir John Harington.

Inoltre, se voi e la vostra famiglia poteste disporre di un pozzo nero, avreste bisogno di svuotarlo regolarmente. Il costo di rimozione di qualche tonnellata di escrementi, rifiuti di cucina e tessuti mestruali potrebbe essere ingente: 24 sterline nel 1575, l’equivalente di 132 giorni di lavoro di un operaio.

Così i poveri non hanno un pozzo nero, ma usano fogne e latrine pubbliche. Del resto, se siete così poveri che faticate a trovare qualcosa da mangiare, l’ultimo vostro problema è di pagare per sbarazzarvi di rifiuti ed escrementi.

L'illustrazione sotto (del 1582) mostra donne che lavano, asciugano e piegano la biancheria vicino a un ruscello. La disponibilità di acqua era condizione indispensabile per mantenersi puliti nel XVI secolo.

 

4. Il tatto - Una visita dal medico può diventare una tortura

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Il buio di cui si è parlato sopra spiega perché gli elisabettiani contavano sul tatto molto più di quanto facciamo noi oggi.

Siccome spesso non vedono dove vanno, la ricerca degli oggetti, il passaggio da una stanza all’altra, una visita alla latrina esterna, diventano una questione di sensibilità più che di vista. 

Un’altra differenza riguarda le cose di cui la gente si circonda. I tessuti variano enormemente nei filati, dal lino alla tela grossa.

Per i ricchi, i migliori tessuti, come seta, batista e velluto, permettono un’ampia gamma di morbide sensazioni, mentre i poveracci hanno a che fare con la tela rigida, la lana pettinata, gli spigati e il lino grezzo.

 

Lo stesso si può dire per la biancheria personale e quella del letto. Le belle lenzuola olandesi e due o tre “letti di piume” (cioè materassi di piumino) costituiscono un lusso ben oltre la portata della maggior parte delle famiglie, che devono arrangiarsi con pagliericci posati su assi di legno e lenzuola di tela rigida.

Anche l’igiene di questi letti lascia molto a desiderare: parassiti come pidocchi, cimici e pulci arrivavano ovunque e non c’era altro modo per evitare le punture che disfarsi di lenzuola e materassi.

C’è anche il problema cronico di come mantenersi al caldo, un aspetto da non sottovalutare, soprattutto in un inverno rigido come quello del 1564-1565. La legna da ardere è scarsa e costosa, il carbone viene utilizzato solo per il lavoro industriale e di conseguenza non tutte le stanze sono riscaldate.

Molte camere da letto non hanno nemmeno il caminetto e, come si è visto, la maggior parte delle finestre è senza vetro. Solo le abitazioni dei gentiluomini tengono uno o due fuochi accesi per tutta la giornata.

 

L’unico modo per scaldarsi consiste nell’indossare più strati di abiti e muoversi continuamente. Non c’è da stupirsi se gli anziani non vivono a lungo. Per i vecchi, e in particolare i vecchi poveri, gli inverni sono mortali.

Il dolore lo si vince, o almeno lo si controlla, con gli oppiacei. I chirurghi li usano in abbondanza, ma sono costosi. L’amputazione totale o parziale di un arto, quando viene praticata su chi non ha soldi, viene preceduta da abbondanti bevute di alcol usato come antidolorifico: vino, per chi se lo può permettere, altrimenti birra.

Il taglio delle carni viene eseguito con un coltello affilato. Dopo di che il chirurgo sega l’osso. Dovete sperare che il taglio del nervo sia rapido e preciso.

Se dovete andare da un cavadenti, scoprirete che usa un “pellicano” per risolvere il problema. si tratta di un gancio che viene posizionato sotto il dente sul lato della lingua; il manico fuoriesce dalla bocca ed esercitando una pressione decisa il dente salta via. Se la cosa non vi piace, potete sempre rivolgervi al fabbro, che farà la stessa operazione con le sue pinze.

Nell'incisione su legno sotto, un chirurgo del XVI secolo impegnato in una amputazione senza anestesia.

 

 





5. Il gusto - La fame cronica trasforma tutti in buongustai

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Si dice che non ci sia condimento migliore della fame.

Per questo i poveri dell’epoca elisabettiana gustano i loro semplici pasti almeno quanto i ricchi apprezzano le loro feste e banchetti.

Il cibo non è scarso come nel Medioevo, ma i costi sono altissimi.

Consideriamo il prezzo della carne in relazione al salario di un lavoratore: una pecora costa in media da tre a nove volte la retribuzione giornaliera di un operaio, nonostante le pecore più grandi pesino sui 27 chili, meno della metà di quelle odierne.

Vale la pena di riflettere su questo rapporto: se la carne avesse oggi lo stesso prezzo, una pecora piccola come quelle di allora ci costerebbe circa 1.000 euro.

Questo spiega perché, durante la carestia del 1594-97, migliaia di inglesi morirono di fame. Se il pasto non era sicuro, il cibo, quando si riusciva a procurarselo, risultava tanto più saporito.

 

Certo, la dieta dei poveri forse non doveva essere particolarmente invidiabile. Per loro, tuttavia, un pollo bollito per un’ora con aglio e cavolo era una manna dal cielo.

Arricciate il naso di fronte ad una carne troppo bollita? Però una lunga bollitura è essenziale per una carne vecchia di parecchi giorni.

Questo spiega anche l’abitudine di cuocere qualsiasi cibo e servirlo con abbondante burro. Sareste sorpresi nel sapere quanto burro veniva consumato da tutte le classi sociali.

Preferireste senza dubbio mangiare il cibo dei ricchi, soprattutto le carni arrosto. Per ospitare degnamente la regina e la sua corte per soli due giorni a Kirtling, nel 1577, Lord North mise da parte 11 vacche, 17 vitelli, 67 pecore, 7 agnelli, 34 maiali, 96 conigli, 8 cervi, 16 daini, 8 prosciutti, 32 oche, 363 capponi, 6 tacchini, 32 cigni, 273 anatre, una gru, 38 aironi, 110 tarabusi, 12 mestoloni, 1.194 polli, 2.604 piccioni, 106 pavoncelle, 68 pittime, 18 gabbiani, 99 tortolini, 8 beccaccini, 29 piovanelli, 28 pivieri, 5 trampolieri, 18 pettegole, 22 pernici, 344 quaglie, 2 chiurli e un fagiano.

 

E questi erano solo i piatti di carne. Per tre giorni alla settimana non è permesso, per legge, mangiare carne rossa. Così i ricchi mangiano una varietà altrettanto vasta di pesce.

La maggior parte è cotta al forno o in umido e viene servita con salse a base di spezie, senape, sale, zucchero e aceto. Fate attenzione: i sapori forti non sono adatti a tutti i palati.

Partecipando ad un banchetto durante una festa, rimarreste sorpresi nel vedere sculture di marzapane tinte di blu e verde con azzurrite e spinaci. Ci mettereste un po’ ad abituarvi a dolci fatti con carne mescolata a zucchero e spezie.

E vi potrebbe anche capitare di ingozzarvi di “mince pie” (torta tradizionale ripiena di mele, frutta secca e spezie) fatta con carne di montone.

Sotto, un’incisione su legno del 1518 che mostra come si preparava il cibo in una cucina del XVI secolo.

 








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