Cristoforo Colombo: 6 miti sull’ammiraglio

In Cristoforo Colombo, una delle ultime biografie sull’omonimo navigatore, lo storico britannico Felipe Fernández-Armesto indica con ironia che, agli inizi del 1492, quando i re Cattolici riuscirono a conquistare la città di Granada, c’era almeno un loro sostenitore che non poté godere di tale successo: Colombo, appunto.

Mentre le truppe locali dei musulmani sfilavano sconfitte, un gruppo di esperti si era pronunciato sul suo proposito di arrivare in Asia passando per l’oceano a ovest della penisola, affermando che ciò non era possibile.

Desolato, il marinaio si mise in viaggio per scansare l’euforia generale e per valutare quale altro regno potesse essere interessato a quello che lui riteneva un progetto realizzabile.

Dopo un giorno di cammino, un emissario reale lo raggiunse e gli ordinò di tornare indietro: i sovrani avevano cambiato idea. Il caso di Cristoforo Colombo è la palese costruzione ad hoc di un evento miracoloso.

La “scoperta dell’America” – come l’evento è stato definito nella cultura occidentale – non è altro che l’approdo in un isolotto delle Bahamas di un equipaggio approntato in tutta fretta e composto da veterani e novellini della Castiglia e di altre regioni europee.

Va inoltre detto che, basandosi su una convinzione protrattasi per un decennio, questi uomini credettero di essere giunti in Asia. Oggi è invece noto che l’America era rimasta separata dagli altri continenti per migliaia di anni e solo in quel momento vi si ricollegò.

Celebrato come il grande pioniere dell’epoca delle scoperte, Cristoforo Colombo ha dato luogo a roventi polemiche circa le sue origini, l’ubicazione dei suoi resti, il suo vero volto e il marinaio che gli avrebbe forse indicato la rotta!

 

1. Venti profetici

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In realtà la proposta di Colombo non era poi così originale.

Gli esploratori castigliani e portoghesi che nei decenni precedenti avevano percorso la costa ovest dell’Africa avevano osservato che i venti provenienti dall’Atlantico occidentale potevano indurre le navi a smarrirsi.

Oggi che la tecnologia permette di localizzare sempre la propria posizione e di dirigersi dove si vuole, risulta difficile immedesimarsi nella mentalità degli antichi navigatori a vela. Per loro l’unica possibile garanzia di tornare a casa consisteva nell’imbattersi in qualche vento frontale.

Ci vollero più di quattro decenni (dal 1520 al 1565) per individuare la rotta che nel Pacifico conduceva dalle Filippine al Messico. In molti perirono nell’impresa.

Rimane dunque un mistero la rapidità con cui Colombo, già nel 1496, ossia al tempo del suo secondo viaggio, aveva tracciato un itinerario che si basava sui venti e sulle correnti più favorevoli alla navigazione.

Da allora sono proliferate diverse ipotesi – alcune senza né capo né coda; altre interessanti – sull’accesso di Colombo a informazioni di prima mano, ereditate da marinai rimasti ignoti.

Oltre alla scoperta, era altrettanto importante tornare indietro per raccontarla, ed è quanto fece l’ammiraglio. Come sottolinea lo studioso Juan Gil, fu «ammirato da molti, con disinvoltura e autorità».

Sotto, Cristoforo Colombo sbarca sull’isola di Guanahani, nelle Bahamas, il 12 ottobre 1492. Olio di José Garnelo realizzato nel 1892, nel quarto centenario dell’approdo nel Nuovo Mondo.

 

Se le sue azioni ebbero sul momento una portata limitata, spicca invece quella che si potrebbe oggi definire una sua abilità nelle relazioni pubbliche.

La si osserva sia nel “casuale” approdo a Lisbona durante il primo viaggio, nel 1493 – lo scopo era quello di umiliare i marinai portoghesi e il re Giovanni II detto il Perfetto, che non molto tempo prima gli aveva rifiutato i finanziamenti –, sia nella“campagna pubblicitaria” che ne seguì.

Raccontano le cronache che Colombo fece ritorno dall’altro lato dell’oceano con al seguito oggetti d’oro, pappagalli e indigeni. E con un simile corredo l’esploratore attraversò senza fretta la Castiglia e l’Aragona per poi essere ricevuto dai re Cattolici a Barcellona.

Anche il rapporto di Colombo con i sovrani spagnoli è stato al centro di molte speculazioni. Secondo alcuni, Colombo nutriva un’enorme brama di potere e mirava a innalzare il più possibile la propria famiglia e la propria rete clientelare.

Prima della partenza per l’America, nel 1492, aveva già ottenuto dai sovrani una serie di privilegi straordinari e stravaganti. Al ritorno i monarchi glieli confermarono proprio in virtù del rischio che aveva corso durante quell’insolita impresa.

Allo stesso tempo però Isabella e Ferdinando si adoperarono immediatamente per difendere i diritti reali e dinastici, sia tramite varie bolle e decreti papali emanati dal condiscendente papa Alessandro VI (spagnolo e della famiglia Borgia) sia grazie all’accordo di spartizione dell’orbe, pattuito con la Corona portoghese nel 1494 tramite il trattato di Tordesillas.

Sotto, Colombo a Barcellona. Il quadro del pittore francese Joseph-Nicolas Robert- Fleury, del XIX secolo, evoca l’accoglienza di Colombo a Barcellona al ritorno dal primo viaggio in America, nel 1493.

 

2. Gli ultimi viaggi

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Lo scontro tra i sovrani e Colombo sarebbe avvenuto durante la terza spedizione, quando questi cercò di amministrare Hispaniola.

I re Cattolici mandarono subito il commendatore e inquisitore Francisco Bobadilla «perché governasse l’isola e tutte le terre» al posto di Colombo, dimostratosi invece piuttosto inefficiente come capo e che con le sue spese esorbitanti aveva dato un gran bel daffare al contabile Jimeno de Briviesca.

Nominato ammiraglio del mare Oceano dai sovrani spagnoli il 17 aprile 1492, quando venne sostituito da Bobadilla in qualità di viceré e governatore Colombo si oppose.

In una lunga lettera del 1500, redatta nella caravella che lo portava prigioniero da Santo Domingo alla Spagna e inviata a doña Juana, la governante del principe don Juan, indicava con dolore: «[Bobadilla] aveva detto a destra e a manca che voleva mettere ai ferri me e i miei fratelli». Ed è ciò che avvenne.

Nel 1502 i re Cattolici gli autorizzarono un quarto viaggio in America, dal marzo di quell’anno al novembre 1504, il cui risultato più importante fu l’esplorazione costiera di quella che è oggi conosciuta come America centrale.

Fino alla fine Cristoforo Colombo continuò a cercare il passaggio per l’Asia continentale, che sembrava così vicina ma che si trovava molto più lontana di quanto l’ammiraglio potesse immaginare.

Sotto, l'Alcazar di Colombo a Santo Domingo. La residenza venne costruita agli inizi degli anni dieci del XVI secolo a Hispaniola per volere di Diego Colombo. Rimasta in abbandono per molto tempo, venne restaurata a metà del XX secolo.

 

3. Ci fu un precursore? Le patrie dell’ammiraglio

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- Ci fu un precursore?

Nel XVI secolo alcuni autori riferirono di voci secondo le quali, negli anni in cui solcava l’Atlantico sulle navi portoghesi, Colombo aveva avuto notizia di marinai giunti in terre lontane, all’estremità occidentale di tale oceano.
Venne fatto perfino il nome di Alonso Sánchez de Huelva, un navigatore e mercante che, poco prima di morire, avrebbe raccontato a Colombo del viaggio che lui stesso aveva compiuto nelle Indie, fornendogli informazioni precise sulla rotta seguita.
Si è spesso creduto che questa storia di una “prescoperta” dell’America fosse stata diffusa dai rivali di Colombo per togliere merito alla sua impresa. Tuttavia non sono mancati gli storici che l’hanno considerata un’ipotesi valida.
Nell’edizione da lui curata dei diari di bordo di Colombo (2017),l’antropologo Christian Duverger sottolinea come nel primo viaggio, sia all’andata sia al ritorno, l’ammiraglio sembra seguire una rotta prefissata, senza mostrare esitazione.
Non solo: nel diario non tradisce alcuna sorpresa per quanto osserva nelle Antille, come se già sapesse cosa avrebbe trovato.
Secondo Duverger, questi e altri indizi rafforzano la tesi di un viaggio precedente, compiuto da un altro marinaio o dallo stesso Colombo e servito da modello a quello del 1492.
Sotto, "Colombo illustra il suo progetto". Olio di Eduardo Cano. 1856.

 

 

 

- Le patrie dell’ammiraglio

Dalla fine del XIX secolo sono comparse numerose teorie sulle origini di Cristoforo Colombo.
Verso il 1892 uno storico galiziano lo considerò nativo di Pontevedra (Spagna). A partire dal 1916 si sostenne che fosse portoghese.
Nel 1927 il peruviano Luis de Ulloa, che aveva risieduto per diversi anni a Barcellona, affermò che era un nobile catalano di nome Colom, lo stesso cognome che brandiscono dagli anni sessanta i difensori di un’origine maiorchina di Colombo.
Al contempo si è creduto che potesse venire da una famiglia conversa. Malgrado ciò, le prove più affidabili caldeggiano la tradizionale provenienza genovese.
Eppure il fatto che fosse nato a Genova non dissipa tutti i misteri, soprattutto perché Colombo sembra aver voluto tacere di proposito sulle sue origini, forse perché molto umili o perché giudaiche.
Se era italiano, sorprende che scrivesse solo in castigliano, perfino a destinatari genovesi. Ma va pure detto che il suo spagnolo era pieno di forestierismi, in particolare di portoghesismi, probabilmente dovuti al periodo che aveva trascorso in Portogallo.
D’altro canto, i Colombo sono documentati a Genova solo dagli inizi del XV secolo: giunsero lì da un altro luogo? Chissà, magari lui e la sua famiglia migravano di continuo.
Qui sotto, Spagna e Portogallo. Particolare di una mappa dell’Europa realizzata da Jacopo Russo intorno al 1528.

 

4. I volti di Colombo? Morto in povertà?

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- I volti di Colombo?

Le varie testimonianze, a cominciare da quella del figlio Fernando, descrivono Colombo come un uomo robusto, piuttosto alto, rubicondo, dai capelli grigi nella maturità e dagli occhi chiari.
È difficile capire fino a che punto corrispondano a quest’immagine i ritratti realizzati nel XVI secolo e che rappresenterebbero il navigatore.
Per cominciare, sono tutti successivi alla sua morte. Quello di maggior qualità è opera di Sebastiano del Piombo: realizzato intorno al 1519, mostra un uomo prestante dal piglio severo.
Un’iscrizione l’identifica come «il marinaio ligure Colombo», ma fu aggiunta molti anni dopo. Un secondo ritratto rappresenta un uomo più anziano, serio e dagli occhi cadenti.
Si crede che nel XVI secolo facesse parte della galleria di uomini illustri voluta dall’umanista comasco Paolo Giovio, perché nel XIX secolo finì nelle mani di Alessandro de Orchi nel momento in cui sposò una Giovio.
Un ulteriore ritratto, attribuito da alcuni a Ridolfo Bigordi, detto “del Ghirlandaio”, venne scoperto nel XIX secolo dal genovese Giambattista Cevasco. Il personaggio fu identificato con Colombo per la somiglianza con altri ritratti, ma per alcuni si tratta di una semplice ipotesi.
Sotto, da sinistra a destra, presunti ritratti di Colombo: Del Piombo. 1519 circa. Metropolitan museum, New York. Anonimo. XVI secolo. Collezione Paolo Giovio. Pinacoteca civica, Como. Ridolfo del Ghirlandaio. XVI secolo. Galata Museo dal mare, Genova.

 

 

 

- Morto in povertà?

Uno dei luoghi comuni su Colombo che più hanno preso piede riguarda la sua morte in ristrettezze economiche.
Alla base vi è forse una lettera scritta dal navigatore in Giamaica il 7 luglio 1503, durante il quarto e ultimo viaggio.
Qui affermava che in Castiglia non aveva nemmeno una casa: «Non possiedo in Spagna un tetto ove ricoverare il capo; se voglio bere e mangiare mi bisogna andare all’osteria, ed il più delle volte non ho di che pagare lo scotto».
Il figlio Fernando non fu da meno in tale lamentela, come anche Las Casas, che parafrasò la lettera di Colombo. Riferì infatti: «Era trapassato da questa vita in stato di amarezza e povertà e, come aveva detto, senza un tetto sotto cui vivere».
Tuttavia il risentimento di Colombo era forse più legato all’umiliazione di aver perso il potere nelle Indie che a una vera e propria povertà. È lo stesso testamento a fornirne una prova.
Ripartì infatti tra i due figli, Diego e Fernando, e tra i fratelli, Bartolomeo e Diego, un patrimonio molto considerevole. Il solo Fernando, il secondogenito, ricevette un milione e mezzo di maravedì, che gli avrebbe consegnato il fratello maggiore nonché erede.
Sotto, "La morte di Colombo". Olio di Francisco Ortego y Vereda. XIX secolo. Museo de América, Madrid.

 





5. La disputa sulle spoglie e la “resurrezione” di Colombo

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- La disputa sulle spoglie. L’odissea delle ossa dell’ammiraglio

I resti di Colombo hanno viaggiato quasi quanto lo fece in vita il marinaio.
Morto a Valladolid nel 1506, tre anni dopo la sua bara fu trasportata nel monastero della Cartuja, a Siviglia.
Intorno al 1544, su richiesta della nuora María de Toledo, la salma arrivò a Santo Domingo, dove venne deposta nella cappella maggiore della cattedrale.
Dimenticate per decenni, le ossa rispuntarono a metà del XVII secolo in una scatola di piombo ritrovata durante alcuni lavori. Nel 1795, quando l’isola passò temporaneamente in mano francese, le autorità spagnole ordinarono di trasferirle all’Avana.
Nel 1898, quando Cuba si rese indipendente dalla Spagna, furono mandate a Siviglia e collocate nella cattedrale su un vistoso monumento. Tutti questi spostamenti, effettuati a volte in modo poco attento, hanno suscitato dibattiti sulla vera ubicazione dei resti.
Alcuni autori sivigliani hanno sostenuto che le spoglie non hanno mai lasciato il monastero della Cartuja, il che contraddirrebbe la categorica testimonianza di María de Toledo sul trasferimento del corpo a Hispaniola.
Nel 1877 venne annunciato che nella cattedrale di Santo Domingo erano state recuperate le vere spoglie di Colombo, e che quindi non sarebbero mai state rimosse da lì nel 1795.
Tuttavia, secondo un’analisi del DNA realizzata nel 2006, i resti di Siviglia appartengono sicuramente a Colombo.
Qui sotto, il sepolcro di Colombo nella cattedrale di Siviglia. Fu realizzato da Arturo Mélida per la cattedrale dell’Avana nel 1896 e due anni più tardi fu spostato in Spagna assieme ai resti dell’ammiraglio.

 

 

 

- La “resurrezione” di Colombo

Quando Cristoforo Colombo morì a Valladolid il 20 maggio 1506, la notizia ebbe una scarsa risonanza e l’avvenimento non comparve nemmeno negli atti ufficiali della città.
Ciò è indicativo del ruolo marginale che per molto tempo venne attribuito al marinaio genovese nella celebrazione della scoperta e della conquista dell’America, almeno se comparato con la glorificazione della figura di Hernán Cortés.
L’opera di teatro che Lope de Vega gli dedicò agli inizi della propria carriera, El Nuevo Mundo descubierto por Cristóbal Colón, fu un caso piuttosto eccezionale.
L’esaltazione dell’ammiraglio e della sua impresa iniziò solo nel XVIII secolo e crebbe nel XIX grazie a biografi, letterati e artisti di ogni sorta.
Uno scrittore francese, Roselly de Lorgues, promosse perfino una campagna per far sì che il papa iniziasse il processo di beatificazione di Colombo, alla fine respinto.
Il momento di maggior interesse si ebbe nel 1892, in occasione del quarto centenario della scoperta, commemorato non solo in Spagna, ma anche in Italia (patria più probabile di Cristoforo Colombo) e in tutti i Paesi del continente americano.
A quegli anni risale la maggior parte delle statue innalzate in omaggio alla figura dell’esploratore e oggi nel mirino dei critici della colonizzazione.
Sotto, statua di Colombo realizzata da Ernest Gilbert e collocata nel 1887 nel parque Colón di Santo Domingo, davanti alla cattedrale di Santa María la menor.

 








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