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Impariamo la fisica dai giocattoli

L’abitudine a imparare giocando è un tratto che l’uomo condivide con molte altre specie animali, per le quali l’oggetto del gioco non solo diverte, ma ha anche un ruolo importante nell’apprendimento delle strategie essenziali alla sopravvivenza.

Non basta: altrettanto importante può essere capire come funzionano alcuni popolari giocattoli.

Come capire, una buona volta, almeno qualcuna delle più importanti leggi fisiche ? Osservando il funzionamento dei giocattoli: il frisbee, lo Shanghai, le bolle di sapone, le molle Slinky…

Impareremo così alcune leggi della fisica che governano la realtà intorno a noi.

 

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1. Il frisbee: vola grazie a una differenza di pressione dell’aria

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Chi pensa, lanciando un frisbee sulla spiaggia, che quel disco di plastica colorata con i bordi ricurvi verso il basso non sia solo un gioco divertente, ma rappresenti un’esperienza ricca di leggi fisiche?

La più importante riguarda il suo modo di volare.

Mentre attraversa l’aria, il disco subisce infatti l’effetto Bernoulli: un principio formulato nel Settecento dal matematico svizzero Daniel Bernoulli, secondo il quale un aumento della velocità dell’aria in movimento è accompagnato da una diminuzione della pressione stessa.

È la parte superiore del disco a generare un incremento di velocità dell’aria che, dovendo superare la curvatura dei bordi, percorre più strada e crea una zona di bassa pressione. Sotto il disco nel frattempo l’aria non viene alterata e quindi viaggia più lentamente mantenendo un pressione più elevata.

La differenza di pressione genera una forza conosciuta come portanza: una spinta che sostiene il volo del frisbee. La portanza, che aumenta quando cresce la velocità del disco, agisce soprattutto nella metà frontale del frisbee e, insieme alla forza peso, fa sì che il disco resti impennato.

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Un frisbee però non va lontano se viene lanciato senza rotazione. È la velocità di rotazione a consentirgli di volare e mantenersi stabile secondo quello che è chiamato effetto giroscopio.

Quanto più veloci saranno i giri, tanto più stabile sarà la sua corsa. Lo possiamo constatare quando saliamo su una bicicletta, che sta in equilibrio solo se pedaliamo.

Il frisbee deve il suo nome alle teglie circolari in latta (Frisbie Pie) di un’azienda dolciaria del Connecticut (USA) che negli anni Trenta gli studenti dei college locali si divertivano a lanciare per svago.

La tradizione fu ripresa dal pilota Walter Frederick Morrison che, di ritorno dalla Seconda Guerra Mondiale, decise col suo socio in affari Warren Francisconi di perfezionare il disco di latta e riprodurlo in plastica.

Sfruttando il nome di gran moda a quel tempo per gli avvistamenti di UFO, lo chiamarono flying saucer, disco volante. La produzione di massa iniziò nel 1957 quando la compagnia Wham-O ne acquistò i diritti e lo brevettò come frisbee, distorsione del nome delle famose teglie.

La sua rapida diffusione in tutto il mondo indusse, nel 1973, a far dichiarare il lancio del frisbee disciplina sportiva con tanto di regole e competizioni. Nel 2015 è stato inoltre ufficialmente ammesso fra i giochi olimpici.

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2. Drinking bird: si muove senza sosta finché l’acqua gli raffredda la testa

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Il picchio che si piega senza sosta per tuffare il becco in un bicchiere è un gioco scientifico famoso.

Sebbene possa far pensare a un esempio di moto perpetuo, è un semplice congegno che sfrutta le leggi della termodinamica: una macchina termica che riesce a utilizzare differenze di temperatura molto piccole.

L’uccellino funziona grazie alla differenza di temperatura tra la testa e l’estremità posteriore, un’ampolla che contiene un liquido particolare che evapora o si condensa in funzione della quantità di calore.

Quando il becco tocca la prima volta l’acqua, il feltro di cui è rivestito si bagna e raffredda la testa. A questo punto, parte del liquido contenuto nella testa si condensa e, creando una differenza di pressione, “aspira” quello che si trova nell’ampolla.

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La testa allora si appesantisce e si abbassa andando a bagnarsi nuovamente nel bicchiere. Una volta dentro l’acqua, un tubicino interno permette a una bolla di vapore di risalire dal corpo e sostituire il liquido nella testa.

Il liquido fluisce di nuovo nel corpo e l’uccellino si risolleva. Il processo si ripete fino a quando rimane abbastanza acqua nel bicchiere per bagnare la testa ad ogni immersione.

Il Drinking bird è stato inventato nel 1945 da Miles V. Sullivan, un ricercatore dei Bell Laboratories di Murray Hill, nel New Jersey (USA). Specializzato nella fabbricazione dei semiconduttori, Sullivan era infatti anche un appassionato creatore di giocattoli.

L’idea di sfruttare le diverse temperature dei liquidi gli era venuta mentre guardava affascinato le bollicine che scorrevano nei tubi di plastica colorata dei primi jukebox Wurlitzer.

Possedevano un Drinking bird sia il presidente degli Stati Uniti Herbert Hoover, che lo teneva sulla scrivania dell’ufficio ovale, sia il grande Albert Einstein: lo scienziato ammetteva di essere rimasto sveglio tutta una notte per capire come funzionasse, senza esserci riuscito.

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3. Ecco la molla Slinky: è capace di scendere le scale

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La molla che fa le scale e sembra “camminare da sola” è spesso utilizzata nelle università americane per simulare le proprietà delle onde.

Persino la NASA l’ha voluta a bordo delle navette spaziali come verifica di alcuni esperimenti a gravità zero.

In effetti, Slinky non è solo un passatempo divertente, ma un mezzo per comprendere alcune leggi base della realtà che ci circonda.

Come è facile osservare, quando la molla viene fatta cadere dall’alto la sua parte inferiore sembra aspettare l’arrivo della parte superiore che appare l’unica che cade. Finché le due estremità non si ricongiungono, la molla galleggia nell’aria.

Ciò è dovuto all’azione combinata di due forze: la forza di gravità che attira la molla verso il centro della Terra e la forza elastica propria della molla chetende a spingerla verso l’alto per farla tornare nella posizione di equilibrio.

Quando viene rilasciata su una scala, la molla si raccoglie su ogni gradino poi rimbalza sul successivo capovolgendosi. Lo scalino è infatti un punto fermo che risponde con forza uguale e contraria.

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Anche se il pavimento assorbe un po’ dell’energia della molla, l’impulso risultante, con l’aiuto della forza di gravità nella discesa, è quasi identico a quello iniziale. Dato che la riduzione è molto piccola, Slinky può percorrere anche decine di metri.

All’origine serviva per stabilizzare la strumentazione delle navi in condizioni di mare mosso. Richard T. James, un ingegnere di Filadelfia, stava cercando di sviluppare un sistema di molle in grado di stabilizzare gli strumenti navali in condizione di mare mosso.

Dopo aver urtato accidentalmente una delle molle impilate su uno scaffale, la vide rimbalzare su un bicchiere, una pila di libri e il tavolo per finire la sua corsa sul pavimento, riavvolta completamente.

Abbandonata l’idea degli stabilizzatori, decise di farne un gioco per bambini e di produrla in serie. Battezzata Slinky, sinuosa, ebbe subito successo: dal suo ingresso sul mercato nel 1945 a oggi ne sono stati venduti 300 milioni di esemplari.

 

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4. Caleidoscopio: il gioco delle onde luminose contro gli specchi

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Questo strumento, molto spesso catalogato come semplice giocattolo, in realtà porta in sé un accurato studio sui fenomeni dell’ottica.

Si tratta di un semplice tubo di cartone al cui interno solitamente sono disposti per il lungo tre specchietti rettangolari che formano un triangolo equilatero.

Sul fondo del tubo sono posizionati due diaframmi di vetro, il più esterno dei quali è smerigliato, che racchiudono alcuni pezzetti di vetro colorato.

L’oculare situato all’altra estremità consente di osservare la miriade di figure sempre diverse che si formano sugli specchi quando si fa ruotare il tubo.

Caleidoscopio

Il risultato è dovuto al fenomeno ottico della riflessione, cioè la deviazione subita da un’onda luminosa quando incontra una superficie riflettente lungo il proprio percorso.

Comprendere il modo in cui i raggi di luce vengono riflessi da un vetro ha permesso di costruire i sistemi di lenti dei telescopi più avanzati.

Il caleidoscopio, il cui nome in greco significa “vedere forme belle”, è stato creato e brevettato nel 1817 dal fisico scozzese David Brewster, che fondava la propria filosofia sul piacere che può scaturire dalla ricerca scientifica.

Scienziato di insaziabile curiosità, unì a importanti scoperte nel campo dell’ottica una prolifica attività di scrittore.

Collaboratore di importanti riviste scientifiche, scrisse anche un saggio sulle macchine ludiche dal titolo Nuovo manuale di magia naturale e divertente.

 

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5. Le bolle di sapone e Shanghai

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- Le bolle di sapone occupano il massimo volume con la minima superficie

Questi impalpabili involucri fluttuanti nell’aria vengono spesso utilizzati dagli scienziati per risolvere complessi problemi matematici per una loro straordinaria proprietà: sotto forma di semplici sfere o raccolte in grappoli, occupano sempre il massimo volume con la minima superficie.
Una bolla esiste perché il suo involucro esterno ha una certa tensione superficiale che la fa comportare come un foglio elastico.
Proprio alla tensione superficiale è dovuta la forma sferica, che il sapone contribuisce a stabilizzare: rinforza le parti più deboli e riduce l’evaporazione facendo durare la bolla più a lungo.
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Quando due bolle si fondono, la risultante assume la forma con la minima superficie possibile: il diaframma che le accomuna assume la forma di una protuberanza verso quella più grande perché la più piccola ha una pressione interna maggiore.
Se le bolle hanno la stessa dimensione, la superficie in comune risulta piatta.
Il primo ad accorgersi delle proprietà delle bolle e a elaborare la teoria chiamata “delle superfici minime” è stato Antoine Ferdinand Plateau nel 1873.
Considerato il più autorevole degli “schiumologi”, realizzò una soluzione di sapone, acqua e glicerina da cui otteneva pellicole che duravano fino a 18 ore e potevano essere studiate a lungo.

Le bolle di sapone

 

 

- Shanghai: non è questione di fortuna, ma di carichi

Gioco di destrezza e pazienza, lo Shanghai sembra richiedere solo un po’ di fortuna.
Non è così perché quel cumulo di bastoncini colorati è un sistema a suo modo ordinato che può determinare il passaggio dal disordine all’ordine con la nascita di strutture coerenti.
Lasciati cadere a ventaglio da una posizione verticale a inizio partita, i bastoncini vanno a formare quella che l’architetto Buckminster Fuller chiamava una struttura reciproca: una configurazione tridimensionale sorprendentemente stabile nella quale ogni elemento supporta reciprocamente l’altro.
Le strutture reciproche sono in grado di sostenere anche carichi considerevoli. La loro fragilità dipende dal fatto che l’eventuale rottura di un singolo elemento è in grado di mettere in crisi l’intero sistema.
Per questo nel gioco, tenendo conto di gravità e sostegno reciproci, la forza delle nostre dita durante la rimozione dei bastoncini deve essere inferiore alle forze che li mantengono in equilibrio.
Pare che il gioco abbia avuto origine diversi secoli fa in Cina dove far cadere i bastoncini, spesso in prezioso avorio, serviva a interrogare le divinità.
La versione europea, il gioco francese del XVI secolo chiamato jonchets sarebbe invece il capostipite degli Shanghai odierni.

Shanghai






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