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Il matrimonio, tra miti e tradizioni

Ci si sposa fin dal tempo degli antichi Egizi, dei Romani e dei Babilonesi e molte delle loro tradizioni sono vive ancora oggi.

Certo, con un altro significato.

Sapevate che il velo serviva a nascondere la sposa per evitare che il suo promesso, guardandola, ci ripensasse?

Al giorno d’oggi, la coppia che si accinge a organizzare un matrimonio deve districarsi tra una varietà di proposte e idee.

Molte nuove usanze stanno prendendo piede come, ad esempio, le feste in cui, prima delle nozze, si consegnano i doni ai futuri sposi (bridal showers), molto diffuse negli Stati Uniti. In pochi, però, sanno che la maggior parte di queste tradizioni ha in realtà radici antichissime.

Oggi scopriremo alcuni miti e piccole curiosità  legate a questa cerimonia, da sempre circondata da usanze e credenze, riti scaramantici e pratiche di buon augurio.

1. Abito bianco? No, blu

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Gli anelli nuziali, per esempio, erano utilizzati addirittura fin dai tempi degli antichi Egizi (2800 a.C), i quali al posto dell’oro preferivano intrecciare ramoscelli e arbusti.

Furono invece i Romani a stabilire la consuetudine di indossare le fedi sull’anulare della mano sinistra.

Secondo le credenze dell’epoca, infatti, dall’anulare sinistro partiva una vena che arrivava dritta al cuore dell’amato.

Il rito dello scambio degli anelli, simbolo della promessa tra i due coniugi, risale invece al Medioevo.

Già in epoca babilonese (1700 a.C.), però, vanno consolidandosi una serie di tradizioni legate a una visione contrattualistica del matrimonio, come la creazione di una dote per la sposa, regolata addirittura nel codice di Hammurabi, fra le più antiche raccolte di leggi.

Più che un atto d’amore tra due persone, infatti, il matrimonio rappresentava un’unione tra due patrimoni familiari. Gli sposi, molto spesso, non si erano neppure mai conosciuti prima del giorno del matrimonio.

Il velo che ricopriva il volto della sposa, pertanto, non aveva una funzione estetica, ma serviva a rimandare no all’ultimo il momento in cui la ragazza avrebbe svelato le sue fattezze, in modo da evitare ripensamenti o lamentele da parte del giovane “deluso”.

Relativamente recente, invece, è la moda dell’abito bianco per le donne: la prima a indossare un vestito candido fu Anna di Bretagna per le sue nozze con Luigi XII di Francia nel 1499.

Per lei era il terzo matrimonio (aveva già avuto molti figli ed era anche stata accusata di bigamia), ma nonostante questo, il colore immacolato della veste divenne con il passare del tempo un richiamo alla purezza della sposa.

A rendere davvero di moda l’abito niveo, però, fu la regina Victoria nel 1840: il suo vestito vaporoso, con un’ampia gonna di satin e decori di pizzo di Honiton, rappresentò una vera novità.

Al di là dei pochi precedenti, infatti, quasi nessuna sceglieva il bianco come tonalità per l’abito nuziale, prediligendo invece il blu, simbolo di virtù.

2. Si lanciava il grano

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Sempre a proposito di abiti, ha un’origine assai lontana anche l’accompagnamento della sposa da parte delle damigelle.

Si pensa, infatti, che già gli antichi Egizi e Romani circondassero la sposa di amiche vestite in modo simile a lei per depistare e confondere gli spiriti maligni che, in questo modo, non sapevano chi colpire.

Talora, però, mimetizzare la sposa tra le sue damigelle rispondeva a una motivazione più perentoria: non essendo rari i matrimoni in cui la sposa veniva obbligata a forza a sposarsi, camuffarla significava non rischiare che venisse rapita da un pretendente diverso da quello con cui la famiglia aveva stretto l’accordo.

Anche l’usanza di entrare nella nuova casa in braccio al marito nasceva dal fatto che, nella maggior parte dei casi, la moglie si era sposata controvoglia e quindi per farla entrare nella sua nuova abitazione doveva addirittura essere sollevata dallo sposo e portata dentro a viva forza (il celebre racconto del ratto delle donne Sabine a opera dei primi abitanti di Roma narra proprio un episodio di questo tipo).

Ed è sempre a un tempo in cui la violenza e la prepotenza la facevano da padrone che si rifà anche la tradizione che vuole la sposa alla sinistra del futuro marito; l’uomo, infatti, doveva avere la mano destra libera per poter sguainare la spada e difendersi da eventuali assalitori perfino durante il rito nuziale.

Una volta terminata la cerimonia, i due sposi potevano finalmente rilassarsi e festeggiare: venivano lanciati loro addosso chicchi di grano come augurio di fertilità, un’usanza oggi trasformata nel lancio del riso o di piccoli confetti di carta.

Anche il bouquet veniva lanciato agli invitati, così come piccoli pezzi del vestito della sposa; il bouquet, spesso dono del futuro marito alla moglie, non fu da subito composto di fiori, ma poteva essere anche formato da arbusti o erbe come la salvia, simbolo di saggezza, o perfino l’aglio.

3. La prova della prima notte

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I due novelli sposi non partivano, come spesso accade oggi, per il viaggio di nozze, tradizione nata nel XIX secolo e fino agli anni Cinquanta esclusiva dei più ricchi.

Tuttavia, l’espressione “luna di miele” (presente in quasi tutte le lingue: honeymoon, lune de miel...) fa riferimento proprio al mese successivo al matrimonio.

In molte culture, per un intero ciclo lunare dopo le nozze, gli sposini erano invitati a riposarsi e a bere bevande a base di miele, come l’idromele.

La bevanda, considerata una delizia e regalata da amici e parenti, doveva servire anche come stimolo alla conoscenza carnale tra i due sposi.

Soltanto quando un matrimonio veniva “consumato”, infatti, era ritenuto valido e non di rado il marito era tenuto a portare le prove degli avvenuti rapporti sessuali con la moglie.

L’amore non sembra essere stato di casa nelle nozze dell’antichità e bisognerà attendere le riforme promosse dal Concilio di Trento a fine Cinquecento perché il matrimonio cristiano si basi esplicitamente sul consenso dei due futuri sposi.

Nonostante questo, però, molte tradizioni si sono comunque tramandate fino al giorno d’oggi e ci ricordano che unire la propria vita a quella di un’altra persona è un gesto antico quanto la storia dell’uomo.

4. Nel “ventennio” gli italiani regalarono gli anelli nuziali a Mussolini

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Durante il Fascismo, centinaia di migliaia di coppie donarono volontariamente i propri anelli per contribuire allo sforzo bellico dell’Italia, impegnata nella conquista coloniale dell’Etiopia.

Il gesto oggi ci appare quasi incomprensibile (quanti di noi regalerebbero un oggetto privato per finanziare una guerra d’aggressione?), ma allora nacque come risposta alle sanzioni imposte dalla Società delle Nazioni all’Italia, in seguito all’invasione dell’Etiopia nell’ottobre 1935.

Per sostenere i costi della guerra, aggravati dall’embargo, il regime chiese a tutti gli italiani donazioni in oro e argento e organizzò punti di raccolta dei preziosi metalli.

Il momento più alto di questa intensa campagna propagandistica fu la Giornata della Fede, svoltasi in contemporanea in tutte le città, il 18 dicembre del 1935.

A Roma, all’Altare della Patria, venne allestito un enorme braciere, dove deposero le loro fedi più di 200mila persone, alle quali ne venne data in cambio una di ferro con scritto “Oro alla patria”.

A sfilare per prime furono la regina Elena del Montenegro e Rachele Mussolini, moglie del Duce.



5. Oggi in Italia ci si sposa sempre di meno, ma i matrimoni costano sempre di più

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Nel 2013, per la prima volta nella storia d’Italia, ci sono state meno di 200mila nozze (per la precisione, 194.057), una cifra in vertiginosa diminuzione negli ultimi cinque anni.

A subire il calo maggiore sono stati i primi matrimoni, cioè le unioni tra celibi e nubili (da più di 200mila a 163.366).

A questo dato, inoltre, corrisponde un progressivo aumento dell’età media degli sposi: 34 anni per gli uomini e 31 per le donne (nel 2008 erano rispettivamente 33 e 30).

L’istituto del matrimonio, quindi, sembrerebbe aver perso attrattiva soprattutto tra i più giovani, a favore di altre forme di unione meno formalizzate quali le convivenze (come dimostra anche la percentuale di bimbi nati fuori dal matrimonio: 1 su 4 nel 2013) o addirittura i rapporti affettivi che non prevedono la condivisione di un’abitazione.

Sempre più persone, infatti, scelgono di continuare ad abitare nelle proprie case, pur avendo una relazione stabile con il proprio partner.

Secondo il Centro Nazionale per la Ricerca Sociale della Gran Bretagna (NatCen), il 9 per cento delle coppie inglesi appartiene a questa tipologia, identificata dall’acronimo LAT, Living Apart Together, e cioè “Stare insieme vivendo separati”.

A favorire questo tipo di relazioni più “fluide” è l’aumento delle separazioni e dei divorzi (rispettivamente, più di 88mila e più di 50mila); dopo la fine di un progetto matrimoniale, si preferisce quindi optare per nuove forme di unione.

Chi si sposa, però, sceglie di farlo in grande stile e può arrivare a spendere circa 30mila euro (anche ricorrendo a prestiti bancari).






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