Ulysses Grant: il peggior presidente della storia degli Stati Uniti (forse)

Ulysses Grant era il generale nordista che represse i sudisti nella guerra di Secessione e poi ebbe due mandati presidenziali.

I detrattori ne sottolinearono la fama di macellaio e lo accusarono di essersi fatto manovrare da politici e corrotti.

Oggi, a 200 anni dalla sua nascita, c’è chi lo difende perché sostenne i diritti degli afroamericani e sradicò il Ku Klux Klan, organizzazione terroristica che teorizza la superiorità dei bianchi.

Chi ha ragione? Scopriamolo insieme.

1. Una figura controversa, un “Signor Nessuno”

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Nel giugno del 1861, all’inizio della guerra di Secessione, un ventiseienne sudista di nome Sam Clemens si arruolò in una milizia confederata del Missouri, per respingere gli yankee che avevano invaso il suo Stato.

Inetto e sprovveduto, per due settimane il ragazzo galoppò a cavallo avanti e indietro, ma soprattutto indietro, assieme a una banda di giovani squinternati come lui, scappando di fronte a ogni rischio di scontro, finché tutti quanti non ebbero notizia che un terribile colonnello nordista puntava dritto su di loro al comando di un reggimento di cavalleria (un reggimento di soldati veri!).

Clemens e i compari si riunirono e decisero in quattro e quattr’otto «che la guerra per noi era stata una delusione e che ci saremmo sbandati», essendo «stanchi delle continue ritirate»: via, tutti a casa.

Ma quel giorno si sfiorò l’incontro/scontro fra due future celebrità: il colonnello nordista, Ulysses S. Grant, era destinato a diventare comandante in capo delle forze dell’Unione e poi presidente degli Stati Uniti, mentre Sam Clemens, che andò così vicino a essere catturato o ucciso da Grant, sarebbe diventato famoso come scrittore con lo pseudonimo di Mark Twain.

«Scoprii che la guerra era fatta per gli uomini e io per gli asili infantili», commenta Twain, che in seguito diventò amico del generale-presidente e lo aiutò pure a scrivere le sue Memorie (foto sotto).

Grant costruì la sua fama sulla vittoria nella guerra di Secessione. Quello che gli era capitato prima era stato un disastro. Quanto al dopo, la sua presidenza è passata alla storia come una delle peggiori degli Stati Uniti.

Si guadagnò fama di macellaio per le campagne militari brutali che condusse. Eppure fu anche un critico precoce del nascente imperialismo americano e un appassionato assertore dei diritti dei neri.

Il futuro generale nacque il 27 aprile 1822 con un nome diverso da quello con cui ci è noto: si chiamava Hiram Ulysses Grant. Diventò Ulysses Simpson Grant solo perché a 17 anni, quando entrò all’accademia militare di West Point, gli impiegati sbagliarono a trascrivere le generalità.

Il cadetto Grant chiese di correggere l’errore, ma gli fu risposto che nessuno voleva perdere tempo. Questo per dire che Grant era un signor nessuno, il cui nome non contava. A West Point, fra tanti rampolli di famiglie altolocate, era solo il figlio di un conciaio di un paesino dell’Ohio.

«La vita militare non aveva alcuna attrattiva su di me», scrisse in seguito, ma suo padre ci teneva molto, perché l’accademia sembrava l’unico luogo in cui fornirgli un’istruzione superiore senza dover pagare una costosa università.

Il giovane Ulysses fece del suo meglio, completando il corso da allievo ufficiale, sia pure senza brillare; poi entrò in fanteria come sottotenente.

2. Una ricca fidanzata e la guerra contro il Messico

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Ci fu uno sviluppo positivo quando si fidanzò con la sorella di un compagno di accademia, una ragazza ricca, oltre che bella, di nome Julia Dent.

Chissà lei che cosa ci trovò: Grant era spiantato, non aveva grandi prospettive di carriera ed era di media statura e di aspetto ordinario.

Tutti però restavano colpiti dai suoi occhi riflessivi e dal carattere calmo e determinato.

Julia e Ulysses avevano già fissato le nozze quando lui fu mandato a combattere nella guerra contro il Messico (1846-1848); la ragazza aspettò il suo ritorno per tre anni e dopo il matrimonio condivise la sua sorte nei difficili anni che seguirono.

Della guerra fra Stati Uniti e Messico Grant pensava tutto il male possibile: la condannò come «una delle più ingiuste che una nazione abbia mai scatenato ai danni di una nazione più debole».

All’inizio, la materia del contendere era solo il Texas, una provincia messicana in cui i coloni di lingua inglese si erano ribellati al governo centrale, ma a Washington c’erano piani di annessione più vasti, riguardanti la California e tutto l’attuale Sud Est degli Stati Uniti.

Perciò l’esercito di cui faceva parte Ulysses Grant fu spedito a occupare anche una zona di Messico non compresa nei confini texani. «Ci hanno mandato lì per provocare i messicani alla guerra», commentò Grant, «e per noi era necessario che a dichiararla fossero loro».

In effetti il Messico di fronte all’aperta invasione dichiarò guerra e la perse, rimettendoci metà del suo territorio. Comunque, pur essendo contrario agli scopi della guerra, Grant svolse bene il suo compito.

Nei tre anni del conflitto ottenne note di servizio eccellenti e fu promosso tenente.

3. Dimissioni dall’esercito

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Non fu però l’inizio di una brillante carriera: la sua avventura militare andò incontro a un imprevisto stop.

Conclusa la guerra col Messico, sembrarono chiudersi anche gli orizzonti di gloria.

Grant fu distaccato nella remota California, dove la moglie Julia non poté seguirlo; annoiato dalla vita di guarnigione e intristito dalla solitudine, una sera del 1853 si ubriacò e il mattino dopo prese servizio in ritardo.

Lo minacciarono di punizione, lui colse la palla al balzo e si congedò dall’esercito. Quella singola ubriacatura gli lasciò per tutta la vita la nomea di beone. Ulysses si stabilì a St. Louis con la moglie Julia, che nel frattempo gli aveva dato due figli (altri due arrivarono in seguito) e si tuffò nella vita civile.

Fra il 1853 e il 1861 provò dapprima a fare il contadino, poi entrò in una società immobiliare, riducendosi quasi alla fame. Alla fine, fallito e umiliato, tornò da suo padre chelo assunse in un negozio come commesso.

Per sua fortuna ci restò poco: nell’aprile del 1861 scoppiò la guerra di Secessione e Grant corse a offrirsi volontario, stavolta convintissimo degli scopi politici del conflitto: voleva salvare l’integrità territoriale dell’Unione.

Fu un cambiamento elettrizzante e l’avvio di una carriera fulminea. Il 17 maggio era già colonnello e il 17 luglio diventò generale di brigata. Via via arrivarono altre nomine fino a quella di comandante in capo, il 2 marzo 1864.

Qui stiamo raccontando la vita di Grant, non la vicenda della guerra di Secessione, tuttavia bisogna segnalare almeno due delle tante campagne militari in cui il nostro personaggio brillò: fra il dicembre del 1862 e il luglio dell’anno seguente alla testa di un’armata conquistò tutta la valle del Mississippi, spaccando in due il territorio della Confederazione ribelle.

Fra il maggio e il dicembre del 1864, non più da generale sul campo ma da comandante di tutto l’esercito nordista, pianificò e supervisionò una doppia e ferocissima offensiva, verso Atlanta, in Georgia (immortalata nel film Via col vento), e poi verso Savannah, mettendo a ferro e fuoco il Sud, radendo al suolo intere città e facendo scorrere fiumi di sangue.

Nella foto sotto, Ulysses Simpson Grant con la moglie Julia Dent Grant e i loro quattro figli: da sinistra Nellie, Jesse, Ulysses Simpson Junior e Frederick.

4. Brutalità e moderazione

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Tanta brutalità non era fine a se stessa. I generali americani facevano la guerra come quelli dell’antica Roma, pensando alla loro carriera politica post-bellica; nel caso della Guerra Civile, sembrava politicamente conveniente a quasi tutti i generali del Nord non affondare troppo la spada nella carne viva del Sud.

I comandanti nordisti insomma ostentavano riguardi per il nemico, in modo da non alienarsi del tutto i meridionali, dato che pure loro erano futuri elettori. I

l lato negativo era che le sconfitte subite dal Sud erano solo parziali e dopo ognuna a quello stesso Sud veniva offerto respiro per rimettersi in sesto e continuare a resistere.

Il presidente Abraham Lincoln a un certo punto decise che il medico pietoso fa la piaga infetta e per chiudere rapidamente la partita si affidò a Grant: non aveva ambizioni politiche post-belliche ed era pronto a usare il massimo della violenza pur di stroncare in fretta la Confederazione.

A conti fatti, ed è un paradosso, proprio lui, il generale che si era comportato nella maniera meno attenta alla politica con le sue campagne belliche devastanti, ottenne il massimo successo politico post-bellico, venendo eletto presidente degli Stati Uniti nel 1868 e di nuovo nel 1872.

Qua sotto, il presidente Abraham Lincoln (a sinistra) comanda a Grant di concludere la guerra di Secessione.

Che genere di presidente fu Grant? Secondo gli storici, pessimo – anche se di recente è cominciata la rivalutazione. Prima di tutto si mostrò poco capace di capire e di manovrare i politici.

Al contrario si lasciò manovrare lui stesso e pur essendo personalmente onesto diede mano libera a tutte le lobby e alla corruzione più estesa e pervasiva che l’America avesse mai visto.

La sua politica interna fu erratica; Grant, in teoria, era favorevole alla riconciliazione nazionale con il Sud, ma di fatto diede via libera agli istinti punitivi che covavano al Nord.

Tuttavia, nel XXI secolo, il Grant presidente è stato rivalutato per l’energia con cui ha provato a rendere effettiva la liberazione dei neri, per aver firmato l’emendamento alla Costituzione che garantiva loro parità di diritti e per aver messo fuori legge il Ku Klux Klan, che nel Sud puntava a sottomettere di nuovo con la violenza gli ex schiavi (e che dopo la fine della presidenza Grant ci riuscì per quasi cent’anni).

Questo è un tipico esempio di come la storia possa essere riscritta: per un secolo dopo la guerra civile la priorità in America è stata la riconciliazione nazionale fra i bianchi del Nord e quelli del Sud, come si evince anche dai romanzi di William Faulkner sulla contea di Yoknapatawpha, da film come Via col vento, da serie di telefilm come The Dukes of Hazzard eccetera, mentre oggi la priorità politica e storiografica è l’atteggiamento verso i neri.

Il Sud messo a ferro e fuoco (ancora negli anni ’60 e ’70 del XX secolo era una ferita bruciante) ora non conta più.





5. Morì povero a 63 anni

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Ma come è finito Ulysses Grant? Così così. Amava troppo i sigari e questo lo portò a morire di tumore alla gola a soli 63 anni.
Come se non bastasse, all’appuntamento con la morte arrivò povero in canna, avendo perduto tutti i suoi risparmi in una speculazione sbagliata.
Venne però in suo soccorso l’amico Mark Twain – quello con cui si era quasi scontrato nel lontano 1861 – che lo convinse a scrivere e pubblicare 1.216 pagine di Memorie.
Col suo aiuto, Grant realizzò l’opera in pochi mesi e la concluse pochi giorni prima della morte, il 23 luglio 1885. Il successo editoriale fu clamoroso e risolse ogni problema economico della vedova Julia.

 

- Il ricordo di Twain
Il congedo di Grant dalla Storia viene raccontato in uno scritto di Mark Twain (foto sotto), in cui il generale/presidente, malato terminale, avvolto nelle coperte e con una papalina in testa, con infinita pazienza si lascia esaminare il naso e la fronte da uno scultore, portato in casa sua proprio da Twain, mentre sua moglie e una delle nuore gli toccano ripetutamente il naso e la fronte e gli girano la faccia per vederla sotto luci differenti.
Intanto le altre persone nella stanza commentano vivacemente; alla fine lo scultore corregge il busto di argilla che si era portato dietro e tutti quanti, fra grandi esclamazioni, elogiano il risultato perfetto.
La scena è insieme tenera e ridicola, rende più umana la figura di Grant e lascia l’impressione che in Mark Twain ci fosse un lato perfido.

 

- La più sanguinosa delle guerre americane
La guerra di Secessione, o guerra civile americana, che ha dato la fama a Ulysses Grant, è durata quattro anni – dal 12 aprile 1861 al 23 giugno 1865 – e negli Stati Uniti ha fatto più morti della Prima Guerra mondiale (116.516) e della Seconda (413.399) messe assieme: il computo più accreditato è di 620.000 soldati nordisti e sudisti uccisi complessivamente, anche se studi più recenti hanno aumentato la stima a 750.000, senza contare i civili.








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