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Il cane: da lupo predatore a miglior amico dell’uomo

I cani domestici discendono tutti dal lupo grigio. Come noi provano paura, ansia, rabbia.

Le ultimissime ricerche scientifiche ci svelano perché l’uomo e il cane sono cosi legati. Scopriamolo insieme.

 

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1. I cani discendono dal lupo?

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Assistono i disabili. Aiutano i malati. Salvano chi rischia d’annegare.

Affiancano i poliziotti, i soccorritori della protezione civile, i pompieri, gli sminatori, le forze armate, i pastori.

Fanno la guardia, trasportano slitte, cercano tartufi, partecipano alle missioni antiterrori­smo. Ci fanno compagnia. E soprattutto, da millenni ci amano di un amore assoluto e innocente.

Nessun altro animale ci vive accan­to da così tanto tempo: i cani sono i nostri primi animali domestici.

Nessun altro animale mostra l’ampia variabilità di dimensioni e forme che li caratterizza: un alano di 95 kg ha una massa corporea pari a 49 volte quella di un chihuahua di 1,5 kg; un cane nudo messicano non ha peli e la sua pelle può scottarsi al sole, mentre il pastore bergamasco ha un pelo così folto e lungo da formare bioccoli più lanosi di quelli di una pecora.

Eppure, lutti i cani sono sostanzialmente “fratelli”, cioè hanno poche e circoscritte differenze gene­tiche. Lo rivelano le nuove ricerche scientifiche, cui dobbiamo anche una più profonda comprensione dei nostri “migliori amici”.

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Fino a qualche anno fa, gli scienziati ritenevano che l'addomesticamento del cane fosse avvenuto circa 15mila anni fa e che solo a partire dal 500 a.C. fosse comparsa la suddivisione in razze da caccia, da pastore, da guardia ecc.

Tuttavia, negli ultimi anni, clamorosi ritrovamenti paleon­tologici e ricerche genetiche hanno rivoluzionato gran parte della teoria corrente. Ma andiamo per ordine.

Darwin speculò a lungo sull’origine del cane domestico (Canis lupus familiaris); data l’ampia variazione di forme e dimensioni dei cani, pensò che questi avessero avuto più di un progenitore.

Nel Nove­cento, diversi scienziati, tra cui Konrad Lorenz, hanno abbracciato l'ipotesi che il cane sia disceso dal lupo e da incroci con sciacalli e coyote.

Lo sviluppo delle indagini nel campo della genetica, l'analisi del Dna nucleare e mitocondriale e il sequenziamento del genoma canino, hanno dimostrato che i cani domestici discendono tutti dal lupo grigio (Canis lupus).

2. Un teschio di 31.700 anni fa

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Nella grotta Chauvet, in Francia, sono state trovate impronte di un canide accanto a quelle di un bambino: risalgono a 26mila anni fa.

Nella grotta Goyet, in Belgio, è stato ritrovato un teschio fossile che per anni si è supposto appartenere a un lupo; analizzato oggi con le ultime tecniche, si è rivelato il teschio di cane preistorico domestico, vissuto 31.700 anni fa.

Nel 2011 la rivista scientifica Plos one ha pubblicato l'analisi dei resti ossei di un canide sepolto nella grotta Razboinichya, sui monti Altai, in Siberia. L’animale era un cane semi-addomesticato, simile agli odierni Samoiedo della Groenlandia, vissuto 33mila anni fa.

Nel 2012, alcuni ricercatori hanno trovato nella grotta Predmosti (Repubblica Ceca) le ossa fossili di due cani domestici risalenti a 27mila anni fa. La conclusione: il processo di addomesticamento è assai più antico di quanto pensassimo.

«Tutti i dati scientifici a nostra disposizione», hanno scritto gli scienziati Nikolai D. Ovodov, russo, e Susan Crockford, canadese, «suggeriscono che i cani si siano evoluti dagli antichi lupi più e più volte nel corso del Paleoli­tico, in un arco di tempo compreso tra i 200mila e i 35mila anni fa».

Nel 2002 la rivista Sciente ha pubblicato una ricerca internazionale. Comparando il Dna di cani e lupi grigi, i ricercatori, guidati da P. Savolainen, ipotizzavano che il progenito­re dei cani fosse il lupo euroasiatico e che il primo addomesticamento fosse avvenuto in Cina o, comunque, in Asia orientale.

Ma l’analisi condot­ta sul Dna dei cani randagi africani, pubblicata su Pnas nel 2009, ha in parte smentito quest’ipotesi. Poi un nuovo studio genetico, condotto nel 2010 e pubblicato su Nature, ha di­ mostrato che i cani domestici hanno ricevuto geni sia dal lupo grigio asia­tico sia da quello medio-orientale.

Morale della favola: l’unica cosa cer­ta è che l’addomesticamento è avve­nuto nell’emisfero Nord, perché era l’habitat del lupo nel Paleolitico.

 

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3. Sono stati addomesticati

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Negli ultimi anni si sono fronteggiate due teorie diverse.

Secondo la prima, gli antichi cacciatori-raccoglitori avrebbero addomesticato i lupi, adottandone i cuccioli, perché utili nella caccia, come guardiani, come animali da lavoro, come fonti di pelli, pellicce o di cibo.

La seconda teoria, invece, ipotizza che i lupi si siano autonomamente avvicinati agli insedia­menti umani richiamati dagli avanzi di cibo; nel tempo, gli animali meno paurosi e aggressi­vi avrebbero imparato a convivere con l'uomo.

Uno studio di 9 anni fa (Pnas 2012), condotto da Greger Larson, ha inte­grato i risultati di varie discipline, tra cui genetica, archeologia, paleonto­logia e bio-geografia. È risultato che gran parte delle razze oggi in circo­lazione ha appena 150 anni di vita.

Le razze più antiche sono solo tre (Basenji, Dingo e Cane canoro della Nuova Guinea) e non ol­trepassano i 500 anni. Di conseguenza i nostri cani domestici, anche se simili a quelli ritratti nei bassori­lievi dell’Antico Egitto o nei mosaici di Pompei, in realtà sono geneticamente molto diversi.

Nel 2009 in un sopralluogo nella grotta Hinds, Texas meridio­nale (Usa), gli archeologi hanno trovato delle feci fossili. I risultati delle analisi sono stati sbalorditi­vi: negli escrementi umani risa­lenti a 9.400 anni fa, gli studiosi hanno trovato diversi frammenti ossei, provenienti da un cane domestico.

Ciò significa che i cacciatori-raccoglitori dell’America settentrionale allevavano i cani già 10mila anni fa, forse per la caccia, forse per la compa­gnia, di sicuro per mangiarli.

Studiando le ossa, Samuel Belk­nap e Robert Ingraham, ricerca­tori dell’Università del Maine, hanno calcolato che il cane pe­sava 11-14 kg e somigliava ad alcune razze ancora oggi allevate in Messico e in Perù.

 

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4. E' il nostro miglior amico perché ci ama e ci fa stare bene

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In Italia vivono 7 milioni e 600mila cani, nel mondo 400 milioni.

Negli ulti­ mi 150 anni abbiamo creato più di 400 razze, ma che sia meticcio o di razza, poco importa: per molti di noi, il cane è “uno di famiglia".

«Il rapporto tra uo­mo e cane», scrive la veterinaria ame­ricana Katie Ziegler, «è un legame pro­fondo che unisce due specie diverse: non ha eguali nel mondo animale».

- Perché ci piacciono così tanto?
Nel 1984, il biologo americano Edward O. Wilson, docente all’Univer­sità di Harvard, ha elaborato una tesi nota come ipotesi della biofilia: la ra­gione per cui noi esseri umani amiamo crescere cuccioli domestici, piantine e fiori risiede nella nostra storia evoluti­va; per ragioni di sopravvivenza, ab­biamo sviluppato un’innata tendenza a prenderci cura di altre forme di vita e a sentirci in connessione con la natu­ra.
Il legame che ci unisce ai cani è il più forte perché è il più antico: i cani sono stati i primi animali addomesti­cati dai cacciatori-raccoglitori della preistoria e a giudizio di molti studiosi noi e i ca­ni ci siamo evoluti insieme, cam­biandoci e influenzandoci l’un l’altro.
Perché ci piacciono così tanto

 

- I cani ci vogliono davvero bene?
La domanda non è banale perché pre­suppone che una specie diversa da noi possa provare emozioni come le nostre. Non possiamo dare per scon­tato che il nostro cane provi ciò che noi chiamiamo “amore” o “affetto”: di sicuro, non possiamo chiederglielo.
Nel 2011 il biologo inglese John Bradshaw, direttore dell’Istituto di An­tropozoologia dell’Università di Bri­stol, ha affrontato scientificamente la questione: «I cani vivono la nostra stessa gamma di emozioni primarie, cioè gioia, amore, paura, ansia, rab­bia; è tuttavia possibile che le vivano in maniera un po’ diversa dalla nostra, forse con più intensità o con sfumatu­re più sottili perché non sono in grado di dominarle razionalmente. Esistono solide ragioni biologiche per suppor­ re che i cani ci amino e che non si trat­ti soltanto di una nostra impressione: l’affetto di un cane per il suo padrone si radica nell’attaccamento di un gio­vane lupo per i suoi genitori».
I cani ci vogliono davvero bene

 

- E' vero che avere un cane fa bene alla salute?
Accarezzare e coccolare un cane non è solo piacevole: due scienziati dell’Università di Pretoria {Sudafrica), Johannes Odendaal e Roy Meintjes, hanno scoperto che riduce la pressione arteriosa e fa aumentare la produzione di ossitocina, l’ormone della fiducia e dell’attaccamento.
Nel cane l’effetto è ancora più inten­so: si quintuplica l'ossitocina e rad­doppiano le endorfine, gli oppiacei naturali che danno una sensazione di benes­sere. Accarezzare un cane fa stare bene e calma tanto noi, quanto l’animale.
Chi possiede un cane compie almeno un paio di lunghe passeggiate al giorno.
Il bio­logo inglese Jules Petty, professore dell’Università di Essex, ha sottoli­neato che non solo l’esercizio fisico in sé, ma anche il fatto di stare più all'aperto e di far due chiacchiere con i padroni di altri cani ha gene­ralmente un benefico effetto psicofi­sico. Certo, precisano gli studiosi, il cane non è come l’aspirina i cui ef­ fettisono misurabili e immediati...

avere un cane fa bene alla salute



5. Quattro grandi storie d'amore

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Chi li ha avuti, lo sa: i ca­ni sanno amarci di un amo­re assoluto, senza incer­tezze e oscillazioni.

E come scrive Antonio D’Orrico, cri­tico letterario: “La verità è che per quanto noi umani possiamo amare i cani, non riusciremo mai ad amarli quanto ci amano loro”.

- LORD BYRON E BOATSWAIN
Lord Byron, poeta inglese vissuto tra il 1788 e il 1824, era innamorato del suo Boatswain (nostromo), un Terranova di selezione Landseer, con il pelo bianco e nero.
Byron aveva 20 anni quando adottò il cucciolo e gli si affezionò così tanto da portarlo con sé al Trinity college, nell’Università di Cambridge, sfidando i pro­fessori scandalizzati. A 5 anni Boatswain contrasse la rabbia e il poeta lo curò con immenso affetto sino al momento della morte.
Si dice che lo abbia pianto a lungo, più di quanto non abbia fat­to alla morte della madre; vero o no, di certo Byron destinò 260 sterline - cifra elevatissima per l’epoca - alla costruzione di un mau­soleo per il suo cane.
LORD BYRON E BOATSWAIN

 

- FREUD E JOFI
Sigmund Freud (1856-1939) ebbe una passione smisu­rata per Jofi, femmina di Chow chow, che visse al suo fianco dal 1930 al 1937 e che il celebrato padre del­la psicanalisi teneva accan­to quando riceveva i pa­zienti nello studio di Vienna.
Durante le sedute, Jofi re­stava accucciata accanto al lettino; «Quando sbadi­gliava e si alzava», disse una volta Martin, il figlio di Freud, «era segno che l’ora era passata e la seduta fini­ta».
Nel 1936 Freud scrisse a Marie Bonaparte, sua brillante allieva: «Le ragioni per cui si può voler bene a un animale come Jofi sono la simpatia aliena da qual­siasi ambivalenza, il senso di una vita semplice e libera dai conflitti, la bellezza di un’esistenza in sé compiu­ta».
Quando Jofi morì Freud sentì un tale vuoto da voler prendere un nuovo Chow chow, Lun, che portò con sé in esilio, quando scappò dai nazisti nel 1939.
FREUD E JOFI

 

- TOTO' E DICK
«Signori si nasce... e io lo nacqui». Questa celebre battuta di Totò nasconde una verità: Antonio De Curtis (1898-1967) fu davvero un grand’uomo di nobili senti­menti.
Pochi sanno che per anni Totò finanziò dei piccoli canili e poi, nel 1965, investì 45 milioni di lire - una cifra colossale a quei tempi - per far costruire a Roma l’Ospi­zio dei trovatelli, un istituto destinato a ospitare 220 ca­ni malati, feriti o abbando­nati.
Totò ebbe anche cani a casa, uno dei più amati fu Dick, un pastore alsaziano, ex cane poliziotto adottato quando fu "licenziato" dalla Polizia per sopraggiunti limiti di età. A Dick, che fece “reci­tare” nel film Totò a Parigi, l’attore dedicò una poesia.
TOTO' E DICK

 

- ELISABETTA II E I SEI CANI REALI
Sono i soli al mondo a rice­vere coccole da una donna fredda e controllata. Sono anche gli unici al mondo di fronte a cui questa donna s’inchina. Parliamo della re­gina Elisabetta II e dei suoi cani, tre Corgi - Monty, Wil­low e Holly - e tre Dorgi - Cider, Candy e Vulcan.
La regina li ama al punto da non separarsene mai: gra­zie a uno stuolo di valletti, i sei quattrozampe la seguo­no in aereo, limousine ed elicottero. E sono i soli a poter dormire nel suo letto.

ELISABETTA II E I SEI CANI REALI






Note

Gli uomini di potere si dividono in due categorie. Ci sono i "qattofili" - come gli ex presidenti Usa Theodore Roosevelt (padrone di Slipperg e Bill Clinton (Socks) - e ci sono i "cinofili''.

Molti sono cani che hanno abbaiato alla Casa Bianca.
Bo, il Cane d'acqua portoghese di Barack Obama, ha calpesta il tappeto della Stanza ovale come un tempo Rex, il Cavalier King Charles Spanlel di Ronald Reagan; Millie, uno Springer Spaniel, e Barney, uno Scottish terrier, entrambi di Georqe W Bush.

Bo cane di Barack Obama

Manie americane? Niente affatto. Fortuné: così si chiamava il "fortunato" carlino dell'imperatrice Giuseppina Bonaparte, consorte di Napoleone. Questi detestava i gatti e i cani. Un giorno ebbe la malaugurata idea di far sloqqiare Fortuné dal letto della moqlie; il carlino per risposta morse Napoleone a un polpaccio.

Fortunè cane di Giuseppina Bonaparte

 

Caesar, invece, fu l'amato Fox terrier del re britannico Edoardo VII; sopravvisse al re e il giorno del funerale fu fatto sfilare dietro il regale feretro, prima di aristocratici e teste coronate.
Caesar cane di Edoardo VII

 

Una sorte dura ebbe Blondi, femmina di pastore tedesco che Hitler tenne con sé neqli ultimi anni del Terzo Reich: venne uccisa nel bunker di Berlino, qualche ora prima che il Fuhrer si suicidasse.

Blondie cane di Hitler

 

Più dolce è la Vita di Koni, femmina di Labrador nero amata dal leader russo Vladimir Putin.

Koni cane di Vladimir Putin

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