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Nazismo, l’eclisse della ragione

Incendiano gli asili dei profughi, aggrediscono gli stranieri, lanciano slogan antisemiti.

I neonazisti, ribattezzati naziskin dai mass media, sono apparsi sulla scena europea come l’effetto più odioso e inquietante del vuoto culturale e politico lasciato dal crollo del Muro di Berlino.

Dal dossier pubblicato dal ministero degli Interni tedesco risulta che degli oltre 40 mila iscritti regolarmente ai gruppi di estrema destra, 4200 sono i giovani che si dichiarano in tutto seguaci delle idee di Hitler e delle sue strategie di violenza.

Ma il problema in realtà non è circoscritto alla Germania: il nome naziskin, per esempio, è un aggiornamento di skinheads, “testerasate”, ossia quei gruppi di sottoproletari inglesi che già negli anni Sessanta protestavano contro i “borghesi” e i “drogati”, ma senza un preciso credo ideologico di riferimento.

In molti paesi europei (Gran Bretagna, Francia, Italia ecc) sono giunte le parole d’ordine del Führer. I più numerosi sarebbero, infine, i naziskin statunitensi, inevitabilmente corteggiati dal Ku Klux Klan.

Teste rasate, giubbotti e jeans, scarponi da lavoro ai piedi, svastiche: questa la divisa internazionale del nazismo moderno. Ma che cosa è stato in effetti nel passato?

Quali sono state le origini e gli uomini-chiave di una ideologia che ancora oggi condiziona la storia del mondo? Vediamolo.

1. Il cocktail del Terzo Reich

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Nazismo è il nome, nato dalla contrazione di nazionalsocialismo, di una vera e propria religione che riconosceva il proprio capo o Führer in Adolf Hitler, e si proponeva di cambiare gli uomini e sostituirsi addirittura al cristianesimo.

Le sue radici sono lontane, per lo più affondate nel secolo precedente alla sua affermazione:

Uno dei principi base del nazismo era infatti l'idea della Grande Germania proposta dagli idealisti del 1848.
Nel marzo di quell'anno si svolsero i moti rivoluzionari (suggeriti da un analogo fenomeno in Francia) i cui ispiratori, pur divisi in diverse correnti, moderate e radicali, miravano tutti all'unità nazionale e all'elaborazione di una Costituzione.
Ma mentre quest'ultima verrà promulgata nel 1849, l'unità resterà invece un sogno fino alle conquiste militari di Hitler.
Nell'Ottocento si fecero strada anche le aspirazioni nazionalistiche xenofobe dei patrioti Arndt e Jahn, più tardi rievocati dal nazismo come propri "padri".
Grande influenza ebbe anche la concezione dello Stato totalitario formulata dal grande filosofo Friedrich Hegel.
A questo si aggiunse il culto della forza che lo storico nazionalista Heinrich von Treitschke aveva propagandato nelle università agli inizi del Novecento e la nascita di un «cristianesimo tedesco» propugnata da Paul de Lagarde.
In campo economico il nazismo fece riferimento alle teorie protezionistiche e autarchiche derivate dal filosofo Johan Gottlieb Fichte e dall’economista List.
Le prime tendono a incentivare la produzione nazionale limitando la concorrenza estera attraverso l'imposizione di forti dazi doganali.
Secondo le tesi autarchiche il Paese deve produrre al suo interno tutti i beni e i servizi di cui ha bisogno.
Infine un contributo proviene anche dal mito del Superuomo evocato dal filosofo tedesco Friedrich Nietzsche.
Altri influssi sono arrivati dall'estero: il francese Gobineau e l’inglese Houston Stewart Chamberlain, pensatori ottocenteschi di non eccelsa fama ma dalle idee forti,

ispirarono la volontà di affermazione della superiorità della razza ariana su tutte le altre. Ancora un francese, il semisconosciuto Vacher de Lapouge, fornì le prime teorie sul miglioramento genetico della specie umana. Werner Sombart e Oswald Spengler, tedeschi, furono invece i punti di riferimento per l’idea di un «socialismo tedesco».

La contraddittorietà di pensiero tra alcuni filosofi cui il nazismo si riferiva spiega anche l'iniziale confusione del partito: prima infatti prese vita l'organizzazione, e solo più tardi vennero formulate le sue vere e proprie idee-guida.

Il nazismo è nato nel 1919, quando nella Germania sconfitta, al problema dei reduci disoccupati si aggiungevano una gravissima crisi economica e l’incapacità di governo della neocostituita Repubblica di Weimar.

Due furono i suoi padri fondatori: il fabbro Anton Drexler e il giornalista Karl Herrer, che a Monaco di Baviera, diedero vita al Deutsche arbeiter partei, o Dap, cioè Partito operaio tedesco. Un partito piccolo, modesto.

Il cambio di rotta avvenne nel settembre dello stesso anno, quando Adolf Hitler, un ex soldato sbandato e senza lavoro, aderì al partito. Nel gennaio del 1920 Hitler era già diventato il capo della propaganda e, il 29 luglio 1921, il presidente o Führer (capo).

Ne cambiò quindi il nome in Nationalsozialistische deutsche arbeiterpartei (Nsdap) o Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori. Gli diede una organizzazione, fondò il giornale Volkischer Beobachter e le squadre paramilitari Sa o Sturm abteilungen (reparti d’assalto) con le quali occupò strade e piazze.

Il proprio programma politico, nelle linee fondamentali, lo aveva esposto in realtà qualche tempo prima, nel febbraio 1920, nel corso di una grande riunione in una birreria di Monaco.

Si era fatto aiutare, nella stesura, dal giornalista Dietrich Eckart e dall’ingegnere Gottfried Feder. In venticinque punti condensava quanto la sua cultura di autodidatta aveva tratto dagli insegnamenti di tanti maestri.

Trovò subito grande seguito tra gli ex soldati, tra i disoccupati, tra chi non trovava un ruolo sociale e produttivo nella Germania a pezzi: sfruttando il momento opportuno ottenne, nel rispetto delle regole costituzionali, la nomina a Cancelliere (primo ministro) del Reich (30 gennaio 1933).

Alla politica di base aggiunse nuove idee-guida per i suoi seguaci: quelle che Alfred Rosenberg espresse in Il mito del XX secolo, un librone pubblicato nel 1930 che divenne insieme a Mein Kampf, l’autobiografia di Hitler, un vero e proprio bestseller, il testo sacro del nazismo.

L’idea-guida che si accompagnò a quella, portante, dell’idea di razza, fu l’antisemitismo. Hitler aveva già sfruttato fino in fondo l’avversione di molta parte dei disadattati tedeschi nei confronti degli ebrei.

Prese a prestito le idee degli antisemiti ottocenteschi Eugen Duering e Adolf Stoecker, tedeschi, e degli austriaci Karl Lueger e Georg von Schoener e poi, rielaborandole, propose la «Soluzione finale» del problema ebraico: lo sterminio degli ebrei nei campi di concentramento.

Il nazismo si reggeva sul Führerprinzip cioè sulla concentrazione dei poteri nella figura di Hitler: guida ideologica, legislatore, giudice supremo e capo incontrastato dell'esecutivo. Lo Stato era un semplice organismo burocratico affidato al suo controllo.

Dal 1933 in poi, con estrema rapidità, Hitler abolì quindi ogni garanzia istituzionale, distrusse i partiti e la democrazia, si trasformò in un dittatore il cui scopo finale era la conquista del mondo.

Hitler sognava infatti un «Reich millenario» e per questo in dodici anni di governo devastò l’Europa, trascinandola in una guerra spaventosa e facendo massacrare milioni di persone per la «difesa della razza ariana».

Fu soltanto la sua morte, alla fine dell’aprile 1945, a mettere la parola fine al terrore che in nome del nazismo aveva scatenato.

2. Ci furono perfino nazisti indiani

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Con la dittatura di Hitler e con l'affermazione della Germania nazista come grande potenza in grado di dettare legge in tutta Europa, il nazismo trovò seguaci anche fuori dai confini tedeschi.

  • In Belgio Leon Degrelle fondò il movimento rexista, che si ispirava sia al nazismo sia al fascismo italiano. Arrestato e deportato in Francia nel 1940, liberato dall'invasione tedesca, Degrelle con la Legione Vallonia combatté al fianco dei tedeschi sul fronte russo, dove fu ferito e poi decorato con la Croce di ferro. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale riparò in Spagna, dove visse fino alla morte.
  • In Romania le Guardie di ferro di Horia Sima erano organizzate sul modello delle Sa hitleriane. La loro forza garantì la presa di potere del conducator Ion Antonescu che governò il Paese dal 1940 al 1944, quando fu catturato dai russi che avanzavano in Romania. Fu poi condannato a morte da un tribunale popolare e giustiziato a Bucarest nel 1946.
  • In Jugoslavia gli ustascia nazionalisti mostrarono sempre aperte simpatie al nazismo. Il loro capo, il croato Ante Pavelic, era esule dal 1929 ma continuava a ordire complotti contro il governo panserbo.
    Con l'invasione tedesca in Jugoslavia, e la creazione di uno Stato fantoccio in Croazia, Pavelic ne fu proclamato capo.
    Allineò la politica e le azioni militari del nuovo Paese a quelle della Germania e dell'Italia.
    Dopo la sconfitta nella Seconda guerra mondiale Pavelic riuscì a fuggire in Argentina (nel 1945) dove visse dodici anni prima di tornare in Europa per stabilirsi definitivamente in Spagna.
    Morì a Madrid nel dicembre 1959, settantenne. Tito non riuscì mai a ottenerne l'estradizione, nonostante Pavelic fosse stato condannato a morte come criminale di guerra.
  • Oltre a questi movimenti o raggruppamenti apertamente filonazisti, simpatie all'ideologia furono mostrate, durante la massima espansione territoriale del Terzo Reich, dall'Ungheria governata dall'ammiraglio Horty.
  • Il nazismo inoltre fu preso a modello di ispirazione anche da nazionalisti extra europei: l'esempio più clamoroso è offerto dall'indiano Chandra Bose (nella foto), che ebbe anche contatti diretti con Hitler prima di venire catturato dagli inglesi in India.

3. Una organizzazione rigida nel nome del Führer e le date del nazismo

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  • Una organizzazione rigida nel nome del Führer
    Hitler era il capo supremo, e il Führerprinzip governava il partito insieme alla Germania.
    Lo stato maggiore del partito era formato da una ventina di Reichsleiter, nominati direttamente da Hitler e ciascuno con un incarico preciso (agricoltura, giustizia, propaganda, sindacati, educazione stampa, Sa, Ss, ecc.).
    Al di sotto degli organi direttivi il partito era diviso in grandi regioni geografiche (Gaue), che non corrispondevano a quelle dello Stato: arrivarono a essere 43 nel 1941, e avevano ciascuna un Gauleiter, o governatore, che a volte aveva anche responsabilità statali (Statthalter).
    Ogni regione si divideva inoltre in circondari, gruppi, cellule, e blocchi.
    A corredo di questa organizzazione, il nazismo aveva poi formazioni paramilitari che dalle Sa e SS andavano al Corpo motorizzato, al Corpo degli aviatori.
    Altre organizzazioni raggruppavano le donne, i bambini, gli adolescenti, i lavoratori, ogni forma di professioni (medici, insegnanti, avvocati, ecc), gli ex combattenti, i reduci di guerra e così via.
    Il partito assicurava l’assistenza sociale, organizzava lo sport e i divertimenti, pubblicava libri e giornali.

Le date del nazismo
● 1919 - A Monaco nasce il Dap, Partito operaio tedesco.
● 1921 - Il 29 luglio Hitler diventa presidente del Partito nazionalsocialista dei lavoratori (Nsdap) fondato un anno prima.
● 1923 - L’8 e 9 novembre Hitler tenta un putsch a Monaco; viene arrestato, condannato e incarcerato a Landsberg.
● 1925 -Il 27 febbraio, uscito dal carcere, Hitler rifonda il partito e decide di conquistare il potere per vie legali.
● 1931 - Hitler fonda il "Fronte di Harzburg" con i partiti della destra tradizionale.
● 1932 - In aprile si presenta candidato alle elezioni presidenziali. E’ sconfitto ma ottiene il 36,8 dei voti. In novembre sono 196 i suoi deputati in Parlamento.
● 1933 - Il 30 gennaio il presidente Hindenburg nomina Hitler Cancelliere del Reich. Il 23 marzo ottiene pieni poteri dal Parlamento. Nell’aprile crea la Gestapo, la polizia politica; in maggio scioglie i sindacati, in luglio la Nsdap è dichiarata «partito unico».
● 1934 - Il 30 giugno, nella «notte dei lunghi coltelli» le Ss, truppe fidatissime di Hitler e comandate da Himmler, eliminano le Sa. Queste ultime, capitanate da Hernst Rohm, si erano mostrate ribelli e chiedevano «una seconda rivoluzione».
● 1939 - Il 1° settembre la Germania attacca la Polonia; due giorni dopo, con la dichiarazione di guerra di Francia e Inghilterra, alleate della Polonia, scoppia la Seconda guerra mondiale.
● 1945 - Il 30 aprile, insieme a Eva Braun, sposata da pochi giorni, e a Joseph Goebbels con tutta la sua famiglia, Hitler si uccide nel bunker sotterraneo dove ha trasferito la Cancelleria di Berlino.

4. I protagonisti

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  • Stewart H. Chamberlain
    Figlio di un ammiraglio, inglese di nascita (era nato a Portsmouth nel 1855), fu educato in Francia e in Svizzera.
    Trasferitosi in Germania, si appassionò alla musica di Wagner, sposò la figlia del musicista e si stabilì nel 19O9 a Bayreuth.
    Filosofo e musicologo di fama, seguì le teorie razziste del tedesco De Lagarde e del francese Gobineau.
    Fu uno dei primi intellettuali tedeschi a seguire Hitler, che chiamava «il grande semplificatore». Nel 1899 pubblicò un’opera gigantesca sul pangermanismo politico.
  • Hermann Goering
    Figlio di un alto funzionario dello Stato nacque in Baviera il 12 gennaio 1893. Abbracciò la carriera militare, e nel 1914 fu uno dei primi piloti dell’aviazione tedesca.
    Nel 1922, tornato in Germania dopo un'esperienza di pilota dell’aviazione civile in Svezia, conobbe Hitler e rimase poi sempre accanto a lui.
    Nominato capo delle Sa, partecipò al putsch di Monaco, fu ferito, riparò in Austria per sfuggire al carcere. Nel 1928 fu eletto deputato al Parlamento.
    Nell’agosto 1932 divenne presidente del Parlamento. Poi fu ministro degli Interni, dell’Aviazione, nel 1940 divenne maresciallo del Reich.
    Dal 1943 non ebbe più comandi ufficiali, e fu arrestato per ordine di Hitler.
    Caduto prigioniero degli Alleati fu processato a Norimberga, dove fu condannato a morte ma si uccise col veleno il 15 ottobre 1946.
  • Josef Paul Goebbels
    Cattolico, di origine con- tadina, dal fisico gracile e sgraziato, Goebbels era nato in Renania nel 1899, e si laureò a Berlino in Filosofia.
    Nel 1922 aderì al partito nazista militando nella sinistra del partito. Giornalista, nel 1925 si avvicinò a Hitler, di cui fu fedelissimo capo della propaganda da allora in poi.
    Utilizzò per quel compito tutti i mezzi di informazione: radio, gionali, cinema. Ottimo oratore, voleva condizionare tutti i tedeschi a pensare secondo i canoni nazisti.
    Fedele fino all' estremo a Hitler, si avvelenò nel bunker di Berlino insieme con la moglie e i 5 figli il 30 aprile 1945.
  • Albert Speer
    Nato a Mannheim nel 1905, architetto per tradizione familiare, aderì al nazionalsocialismo nel 1931.
    Divenne il progettista degli edifici monumentali del nazismo, in grade sintonia con Hitler, e costruì la nuova Cancelleria del Reich andata distrutta nel 1945.
    Nel 1942 divenne ministro degli Armamenti. Organizzò anche un attentato al Führer, nel 1945. A Norimberga fu condannato a vent’anni.
    Uscito dal carcere di Spandau nel 1966, tre anni dopo pubblicò le sue memorie, tradotte con successo (grazie alla grande obiettività) anche in Italia.
    E' morto alla fine degli anni Settanta.
  • Heinrich Himmler (nella foto)
    Nato a Monaco nel 1900, di famiglia cattolica, coraggioso combattente nella Prima guerra mondiale. Partecipò al putsch di Monaco senza essere iscritto al partito.
    Nel 1936 divenne capo di tutte le forze di polizia tedesche, sviluppò i lager creati nel 1933, trasformò le Ss in forza militare, diede avvio alla "Soluzione finale" del problema ebraico.
    Nel novembre 1943 divenne ministro degli Interni. Nel dicembre 1944 divenne comandante in capo delle forze militari del Reno, poi della Vistola.
    Grande organizzatore aveva anche qualità di stratega militare.
    Cercò di mettersi in contatto con gli Alleati, fu destituito da Hitler, fuggì ma fu catturato nonostante il suo travestimento. Si uccise col cianuro il 23 maggio 1945.
  • Alfred Rosenberg
    Architetto, era nato in Estonia nel 1893. Alla fine del 1918 si stabilì a Monaco e fu presentato a Hitler.
    Fu uno dei propagatori del falso antisemita I protocolli degli anziani di Sion, e militante nazionalsocialista.
    Redattore capo del Volkischer Beobachter, giornale dell’Nsdap, nel 193O pubblicò Il mito del XX Secolo, sintesi di teorie razziste violentemente anticristiane.
    Dopo la presa di potere nazista si occupò dei servizi di politica estera del partito.
    Nel 194O si occupò della confisca delle opere d’arte europee, nel 1941 fu ministro dei Territori occupati.
    Catturato, processato a Norimberga, condannato a morte, fu impiccato il 16 ottobre 1946.





5. Il Mein Kampf e se Hitler avesse vinto la guerra?

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  • Il Mein Kampf
    Il titolo è promettente, ma il contenuto delude. Mein Kampf, La mia battaglia, è l’autobiografia che Hitler incominciò a scrivere nel carcere di Landsberg, dov’era stato rinchiuso dopo il fallimento del putsch di Monaco del 1923.
    In quella confortevole fortezza rimase per pochi mesi, sufficienti però a dettare il progetto originario del libro al fedele Rudolf Hesse, che divise con lui la prigione e aveva maggiore dimestichezza con la grammatica e l’ortografia.
    Nel dicembre 1924, uscito dal carcere, Hitler affidò invece a Benhard Stempfle e Josef Czerny, giornalisti antisemiti, la stesura del libro il cui titolo era ancora Quattro anni e mezzo di battaglie contro la menzogna, la stupidità e la codardia.
    Ci pensò Max Amman, l’editore, a cambiare il titolo e a renderlo infinitamente più accettabile. Purtroppo non poté mutarne lo stile, filosofeggiante, ampolloso, noiosissimo.
    Né i contenuti, che erano la riproposta dei punti-cardine del nazismo.
    L’abrogazione del trattato di Versailles (stipulato al termine della Prima guerra mondiale e che fissava i nuovi confini della Germania sconfitta), la riunione di tutte le popolazioni germaniche in un’unica comunità, la conquista di uno «spazio vitale» all’est, la riduzione in schiavitù delle razze «inferiori».
    l libro costava caro: 12 marchi del 1925, data della prima edizione, che vendette 23 mila copie. Le vendite si avviarono lentamente (5.607 copie nel 1928), ma subirono un'inpennata dopo la presa di potere nazista.
    Dal 1933 in avanti Mein Kampf divenne infatti un bestseller, anzi il bestseller della Germania hitleriana. Ancora oggi vende migliaia di copie all’anno, in tutte le lingue. Italiano compreso.
  • Se Hitler avesse vinto la guerra?
    La storia fatta con i se non piace agli storici. Sostengono, e a ragione, che è un giochetto troppo facile, affascinante perché curioso, ma assolutamente estraneo ai metodi scientifici.
    Come si può, infatti, ipotizzare il cambiamento che sarebbe avvenuto, per esempio, se Cesare non avesse passato il Rubicone, se non ci fosse stata la scoperta dell’America, se Napoleone avesse vinto a Waterloo?
    C’è stato anche chi ha dato a questo esercizio letterario un fondamento specifico, una razionalizzazione, un nome. La storia fatta con i se si chiama infatti ucronìa , dal termine coniato da Charles Renouvier, un francese, scrittore e filosofo della metà dell'Ottocento.
    Poi sono venuti altri. Per esempio Guy Dent, con L’impero del se, pubblicato nel 1926. Oppure J.C. Squire con l’antologia If, or history rewritten (Se, o la storia riscritta).
    O ancora tutti i volumi pubblicati nelle collane di fantascienza Alternate Worlds curata da Robert Adams, o What might have been, a cura di Gregory Benford & Martin H.Greenberg.
    Tra gli ultimi seguaci dell’ucronìa tre hanno preso Hitler a protagonista (o modello ispiratore del personaggio principale) dei loro romanzi storici.
    Nel 1962 Philip K. Dick con La svastica sul sole scrisse di un mondo parallelo al nostro dove le forze dell’Asse avevano vinto la guerra.
    Nel 1972 Norman Spinrad pubblicò invece Il signore della svastica, protagonista Feric Jagger, biondo e imponente ariano, che vive tra l'umanità post-atomica devastata e mutilata dalle radiazioni.
    Jagger naturalmente lotta per imporre la purezza del genotipo umano . Sale al potere, organizza una milizia, scatena guerre contro i Paesi vicini. Tutte azioni che si rifanno a quelle del Führer.
    Nel 1992 Robert Harris, in Fatherland, ha raccontato invece di una Germania dove, nel 1964, Hitler sta per compiere gli anni, e Berlino è costruita secondo i grandiosi progetti (mai realizzati nella realtà) dell’architetto Albert Speer, con un Viale della Vittoria lungo cinque chilometri e largo 123 e un palazzo del Reich alto 300 metri, che accoglie 180 mila persone.








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