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Waterloo, una delle battaglie più famose della storia

Il 18 giugno 1815, ci fu una delle battaglie più famose della storia: Waterloo, nome della piccola località in Belgio dove si scontrarono gli eserciti.

Le truppe francesi, guidate dall’imperatore Napoleone, affrontarono l’esercito inglese guidato dal duca di Wellington e quelle prussiane condotte dal generale Blücher e vennero sconfitte.

In quella data, l’uomo più potente d’Europa subisce la clamorosa sconfitta che segna la sua fine militare e politica.

Eppure, fino a poche ore prima del tragico finale, tutti, compresi i suoi nemici, pensano che abbia la vittoria in tasca!

 

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1. Decisioni sbagliate

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Napoleone sapeva di dover fronteggiare due eserciti: quello anglo-olandese, forte di 67.000 uomini, e quello prussiano, con 48.000 soldati.

In effetti, il 16 giugno si svolsero due battaglie: a Ligny contro i prussiani, dove era presente lo stesso Napoleone, e a Quatre-Bas contro gli inglesi, dove invece il comando era affidato al maresciallo Ney.

Ligny fu una netta vittoria per i francesi, che costrinsero i prussiani a ripiegare, mentre a Quatre-Bas l’indecisione di Ney permise agli inglesi di ritirarsi senza troppi danni. Sembrava che il piano dell’imperatore francese stesse funzionando bene: il 17 giugno i nemici erano in ritirata.

Da questo momento invece cominciarono ad accumularsi le coincidenze e le decisioni sbagliate che portarono a una clamorosa sconfitta. Prima di tutto l’esercito di Blücher non era stato distrutto.

Né Napoleone né il generale Grouchy, a cui era stato affidato il compito di eliminare i prussiani, si lanciarono subito all’inseguimento, e dunque il generale prussiano ebbe il tempo di riorganizzarsi.

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Napoleone dava per scontato che Blücher si ritirasse verso le proprie basi, a est; invece i generali dello stato maggiore prussiano, nel caos della notte dopo la battaglia, non riuscivano a trovare sulle carte militari un luogo dove indirizzare le truppe.

Per puro caso, l’unica località individuata fu la città di Wavre, a nord di Waterloo: così, due giorni dopo, i prussiani poterono rispondere alla richiesta di aiuto di Wellington arrivando sul campo di battaglia giusto in tempo. Inoltre, il 17 giugno piovve al punto da trasformare le strade in pantani di fango, che rallentarono le manovre di tutti gli eserciti.

Intanto Napoleone stava inseguendo Wellington, che alla fine schierò il suo esercito presso la località di Mont Saint Jean. Non si trattava affatto di un monte, ma di una piccola ondulazione del terreno, sufficiente a nascondere le truppe al tiro diretto dell’artiglieria.

La mattina del 18 Napoleone era così convinto di vincere che ritardò l’attacco fino a mezzogiorno, per lasciare asciugare il suolo dalla pioggia del giorno prima (le palle da cannone si sarebbero infilate nel fango e non sarebbe stato possibile sfruttare il tiro di rimbalzo).

In questo modo, però, regalò ai prussiani ore preziose per avvicinarsi al campo di battaglia da est. Quando iniziò la battaglia, Napoleone avrebbe ancora potuto vincere, se fosse riuscito a sfondare rapidamente le linee inglesi, prima dell’arrivo dei prussiani.

Si trattava quindi di fare in fretta. Il piano era semplicissimo: un attacco massiccio al centro dello schieramento nemico, sostenuto da un intenso fuoco di artiglieria.

 

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2. La carica della cavalleria

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Wellington aveva schierato la maggior parte delle truppe dietro il crinale di una dolce collina, ma aveva anche fatto occupare alcune posizioni avanzate: il cosiddetto castello di Hougoumont (in realtà una semplice fattoria circondata da un muro in mattoni) sulla sua ala destra e la fattoria di La Haye Sainte al centro.

Il primo attacco fu proprio contro questi avamposti, che si difesero con grande energia.

In particolare, le truppe che difendevano Hougoumont riuscirono a respingere un’intera divisione francese (13mila uomini), guidata dal fratello dell’imperatore, Girolamo, che, disobbedendogli, insistette inutilmente per tutta la giornata, tenendo impegnate truppe che sarebbero state decisive per vincere la battaglia.

Intanto il grosso delle truppe francesi di fanteria si era scagliato contro il centro di Wellington, conquistando numerose posizioni: sembrava fatta.

Invece il generale Uxbridge, comandante della cavalleria inglese, lanciò di sua iniziativa una carica, mettendosi alla testa di due brigate di cavalleria pesante (circa 2mila uomini): un gesto coraggioso e romantico, ma sbagliato dal punto di vista militare, perché gli fece perdere il controllo sui suoi reparti.

Il loro attacco fu devastante: i francesi furono colti di sorpresa, non fecero in tempo a disporsi a quadrato per resistere e subirono pesanti perdite.

Gli inglesi, non ricevendo ordini, proseguirono la carica fino alle linee francesi: lì, con i cavalli stanchi, vennero contrattaccati dalla cavalleria avversaria che li fece a pezzi.

Per Napoleone era tutto da rifare: inoltre erano le ore 14 e i prussiani stavano arrivando: più che mai, bisognava fare in fretta.

 

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3. La carica della cavalleria

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Fu Ney però a dare l’ordine decisivo: scambiando un piccolo ripiegamento di alcuni reparti come l’inizio della ritirata inglese, ordinò alle ore 14.30 l’attacco generale di quasi tutta la cavalleria francese ai suoi ordini, senza chiedere l’autorizzazione di Napoleone, che se ne accorse troppo tardi per fermarli.

In effetti, Wellington non ntendeva affatto ritirarsi, anzi dispose i suoi uomini in forma di losanghe dalle quali i soldati potevano sparare in tutte le direzioni, evitando di essere presi alle spalle dai cavalieri.

Questo schieramento era possibile solo perché le truppe erano nascoste alla vista dell’artiglieria francese, altrimenti gli uomini ammassati sarebbero stati un facile bersaglio per i cannoni nemici.

I reparti di Ney, invece, andarono all’attacco senza l’appoggio di artiglieria o fanteria e nonostante il coraggio (alcuni squadroni caricarono 13 volte) furono respinti.

Era chiaro che bisognava portare i cannoni in prima linea e i francesi alla fine lo fecero, fulminando a distanza ravvicinata i reparti che ancora resistevano nella fattoria di Le Haye Sainte (lo stesso Ney si mise dietro a un cannone): verso le ore 17, ancora una volta, erano sul punto di vincere.

Wellington scrisse nelle sue memorie che in quel momento aveva davvero temuto di perdere la battaglia. Si dice che si sia lasciato sfuggire: «Datemi la notte o datemi Blücher!».

 

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4. Arrivano i prussiani

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E Blücher arrivò. Già alle 16.30 le prime truppe prussiane erano sbucate dai boschi sul fianco destro dei francesi e avevano attaccato immediatamente.

Era un attacco suicida e infatti vennero respinte con pesanti perdite: ma Napoleone adesso doveva difendersi anche da quel lato e fu costretto a inviare lì le sue riserve.

Quando alle 18.30 Ney gli chiese altre truppe per l’attacco decisivo, rispose: «Altre truppe? Dove dovrei prenderle? Crede che possa fabbricarle?».

A questo punto la vittoria dei francesi era diventata impossibile, ma forse si sarebbe potuta evitare la disfatta se Napoleone si fosse ritirato subito.

Per farlo, però, avrebbe dovuto bloccare l’avanzata prussiana sul suo lato destro: e questo lo fece la Giovane Guardia, mandata ad affrontare forze nemiche di gran lunga più numerose. Napoleone fece l’ultimo tentativo e lanciò la sua riserva tattica, la Vecchia Guardia (circa 6mila uomini), contro il centro di Wellington.

Ancora una volta, le truppe avanzaronoe per un momento sembrarono avere successo: ma gli inglesi li aspettavano allineati e sdraiati dietro la cresta della collina, per saltare in piedi all’ultimo momento e sparare a bruciapelo.

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Fu un massacro, ingigantito da un paio di cannoni inglesi che, contro ogni regola militare, vennero spostati allo scoperto per prendere di fianco i reparti nemici. Alla fine anche la Guardia cominciò a ritirarsi: «La Garde recule!», la Guardia si ritira, fu il grido che si diffuse in un lampo per tutto l’esercito.

I prussiani sulla destra avevano ormai una superiorità schiacciante; Wellington galoppò lungo tutta la sua linea agitando il cappello e gridando: «Avanti ragazzi!». Il panico dilagò tra i soldati di Napoleone che cominciarono a fuggire in disordine.

Solo gli ultimi reparti della Guardia, resistendo con ordine, evitarono il massacro generale, ma ormai l’avventura di Napoleone era finita.

Qua sotto, la situazione all’inizio della battaglia, a mezzogiorno. Il piano di Napoleone, che aveva posto il suo quartier generale alla fattoria La Belle Alliance, era di effettuare un attacco frontale. Ma le fattorie fortificate di Le Haye Saint e di Hougoumont resistettero più del previsto, rallentando lo sforzo dei francesi. Solo l’arrivo di Blücher da est nel tardo pomeriggio portò alla sconfitta dell’imperatore.

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Curiosità: Le ultime parole famose...
Nelle ultime fasi della battaglia, Pierre Cambronne, 45 anni, al comando del 1° reggimento della Vecchia Guardia, fu circondato dagli inglesi che gli intimarono la resa. «Merde! La Guardia muore, ma non si arrende!», avrebbe detto.
Più tardi quando sposò una lady scozzese, giurò di non aver mai pronunciato quella frase: «Non ho mai detto ‘La guardia muore ma non si arrende’», rettificò, «ma quando mi hanno intimato di deporre le armi ho risposto con alcune parole meno brillanti».

 

 





5. I comandanti supremi delle forze in campo

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- Napoleone Bonaparte

Nato ad Ajaccio (Corsica) nel 1769, Napoleone Bonaparte entrò giovanissimo nell’esercito.
Con la Rivoluzione Francese scalò la gerarchia militare e nel 1796 guidò l’Armata d’Italia a uno strepitoso successo contro gli Austriaci.
Nel 1799 divenne Primo Console e cinque anni dopo si autoincoronò Imperatore. Dovette sostenere continue guerre contro quasi tutti i Paesi d’Europa, che si organizzarono in sette Coalizioni.
Moltissime le battaglie da lui vinte, tra cui Marengo (1800), Austerlitz (1805), Jena (1806), Friedland (1807), Wagram (1809). Nel 1812 invase la Russia, ma per la prima volta venne sconfitto.
Nel 1814 fu sconfitto nuovamente a Lipsia e costretto ad abdicare. Gli fu concesso di regnare sull’isola d’Elba, da dove, sperando di riconquistare il trono, scappò il 26 febbraio 1815.
Sbarcato a Cannes, ottenne senza combattere quello che voleva. Dopo la sconfitta di Waterloo fu esiliato sull’isola di Sant’Elena, nel cuore dell’Atlantico meridionale. Morì il 5 maggio 1821.
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- Gebhard von Blücher

Gebhard Leberecht von Blücher nacque nel 1742. Combatté già nella guerra dei Sette Anni (1756-63), ma si allontanò dalla carriera militare per una decina d’anni, prima di tornare sotto le armi nel 1787.
Divenuto governatore di una provincia prussiana, partecipò alla guerra del 1806 contro Napoleone.
Era noto come il “Maresciallo Avanti” per la sua irruenza, a volte fatale (come durante la battaglia di Jena nel 1806) e a volte decisiva (come a Lipsia nel 1813), e per il suo odio contro i francesi.
Morì nel 1819, considerato un eroe nazionale prussiano.
Gebhard von Blücher

 

 

- Il Duca di Wellington

Arthur Wellesley nacque nel 1769 a Dublino. Venne avviato alla carriera militare dalla famiglia, che nel 1787, come era normale all’epoca, gli comprò il grado di alfiere.
Andò volontario a combattere in India, allora colonia britannica, scalando rapidamente i gradi della gerarchia anche attraverso l’acquisto di gradi e non perse nessuna battaglia.
Dal 1808 guidò le forze inglesi in Portogallo e liberò gradualmente tutta la Penisola iberica occupata dai francesi.
Dopo Waterloo si dedicò alla politica, diventando anche primo ministro. Morì nel 1852.

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