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Simpatico o antipatico? Dipende dal tuo viso

È bravo quel professore?», «Sì, è molto simpatico, ti mette a tuo agio». Quante volte capita di sentire conversazioni come questa?

Viviamo nella società della simpatia: alla base di qualsiasi rapporto sociale, più che la competenza oggi sembra valere la piacevolezza.

Succede anche in politica, dove spesso i voti vanno ai leader più carismatici e divertenti nel loro modo di rivolgersi agli elettori.

Secondo uno studio della School of Business dell’Università di Chicago (USA) la simpatia è oggi una qualità imprescindibile anche per i dirigenti, più delle competenze professionali.

Forse abbiamo sopravvalutato questa caratteristica umana: varie ricerche hanno mostrato come bastino anche solo 10 secondi per giudicare una persona simpatica o antipatica, poco per farci un’idea approfondita.

È questo infatti il tempo necessario per percepire la simpatia di una persona, una qualità decisamente apprezzata e oggi decisiva per raggiungere il successo.

Per essere considerati vincenti e per avere un qualche risultato bisogna, infatti, essere capaci di impressionare subito qualsiasi interlocutore.

 

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1. Siamo superficiali nel giudizio e il bello dell’empatia

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La simpatia è infatti una caratteristica almeno in gran parte superficiale: «Nasce già dal primo contatto», spiega  Andrea Stracciari, neurologo e autore di Perché siamo (o non siamo) simpatici (Il Mulino).

«Eppure è il risultato della sintesi di molteplici segnali sensoriali ed emotivi che il cervello percepisce in frazioni di secondo».

In quei pochi attimi cogliamo l’aspetto estetico, il tono di voce, l’espressione del volto e la postura del nostro interlocutore, dati che confrontiamo con milioni di ricordi precedenti.

Lo ha dimostrato sperimentalmente uno studio pubblicato nel 2016 su Nature Human Behaviour da Alexander Todorov, psicologo all’Università di Princeton (USA) e autore di Face value. The irresistible influence of first impressions (Il valore del volto. L’influenza irresistibile della prima impressione).

Per lo studioso la percezione più o meno positiva che abbiamo di un volto nuovo dipende proprio dalle nostre esperienze precedenti. Occhio però a non farci ingannare: «Un particolare fisico, il suono della voce o un certo modo di fare possono rimandare in modo inconsapevole a pregresse esperienze positive», dice Stracciari. È un comportamento innato che però può indurci a giudizi erronei e scelte sfavorevoli.

Certo questo non è l’unico fattore alla base della simpatia: a renderci piacevoli è anche la capacità di immedesimarci nelle emozioni dell’altro. In pratica, l’empatia.

Non a caso già nel Settecento il filosofo scozzese David Hume scrisse: «Nessuna qualità della natura umana è più notevole, sia in sé sia nelle sue conseguenze, dell’attitudine che abbiamo a simpatizzare con gli altri». La persona simpatica è capace non solo di creare, ma anche di provare contagio emotivo.

«L’empatia gioca un ruolo importante perché favorisce la coesione sociale», ha spiegato su questo tema Franca Tani, docente di psicologia dello sviluppo all’Università di Firenze e autrice con Silvia Bonino e Alida Lo Coco del volume Empatia. I processi di condivisione delle emozioni (Giunti).

 

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2. Fascino naturale

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Inoltre la persona simpatica è “magnetica”.

Secondo Ilan Dar-Nimrod, ricercatore del dipartimento di psichiatria dell’Università di Rochester (USA), a renderla così “magnetica” è la socievolezza: partendo da questionari rivolti a un gruppo di partecipanti, lo studioso ha dimostrato che per la maggioranza delle persone sono simpatici e affascinanti i soggetti pieni di interessi ed espansivi.

Anche Ronald Riggio, professore di leadership e psicologia delle organizzazioni al Claremont McKenna College (USA), in uno studio di alcuni anni fa aveva identificato le caratteristiche alla base di questa forma di carisma: la prima è anche secondo lui la capacità di esprimere emozioni.

Ma non solo: uno studio condotto nel 2006 da ricercatori delle università di Princeton, Northwestern e Lawrence (USA) dimostrava che chi è percepito come emotivamente “caldo” e competente suscita emozioni positive affini alla simpatia, mentre chi appare solamente caldo ma privo di particolari capacità o talenti è certamente apprezzato, ma ha meno chance di diventare socialmente magnetico.

Se questi fattori possono essere modificati, uno è invece immutabile: il volto. È stato dimostrato infatti come la simpatia emerga anche da certi tratti fisiognomici.

Secondo Todorov quando osserviamo un volto sconosciuto tendiamo a soffermarci su tre aspetti: attrattività estetica, affidabilità – cioè una stima di quanto l’interlocutore ci appare serio e degno di fiducia – e la tendenza all’aggressività che emerge dalle espressioni facciali.

È anche in funzione di queste caratteristiche che giudichiamo le persone come simpatiche e antipatiche. Secondo lo studioso, ad esempio, tendiamo a considerare socievoli e simpatiche le persone con un volto largo, che richiama negli osservatori il sorriso.

Ovviamente non c’è prova che le persone estroverse abbiano realmente un volto più largo, tuttavia considerare estroversa una persona partendo dal suo peculiare viso potrebbe spingerla inconsciamente a comportarsi in modo effettivamente estroverso e piacevole: è il fenomeno della profezia che si autoavvera.

 

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3. Essere simpatici aiuta a vincere ma quando è troppa ha l’effetto opposto

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Essere simpatici aiuta a vincere!

La simpatia favorisce le relazioni umane: i simpatici hanno più successo perché sono ben disposti verso gli eventi della vita, come ha dimostrato nei suoi studi lo psicologo inglese Richard Wiseman (che a questo tema ha dedicato il suo saggio Fattore fortuna, edito in Italia da Sonzogno).

Secondo il neurologo Andrea Stracciari, la simpatia avrebbe addirittura una funzione evolutiva, che ha contribuito alla sopravvivenza dell’individuo e della specie: «Ne erano convinti Charles Darwin e Herbert Spencer, che vi vedevano l’unico mezzo per conciliare gli atteggiamenti contrapposti di egoismo e altruismo, con vantaggi sia per l’individuo sia per la società».

In altre parole, la simpatia è lo strumento utile a ottenere dagli altri ciò che vogliamo, senza sopraffazioni. Non a caso nelle relazioni professionali una persona brillante e simpatica ha più probabilità di avere successo.

Ma quando è troppa ha l’effetto opposto! Gli atteggiamenti esasperati da simpaticone sono sempre più diffusi e possono essere controproducenti.

È quel che capita quando un venditore porta a porta esagera con la familiarità solo per tentare di appiopparci un prodotto. Si tratta di un modo di fare tipicamente italiano, dicono i sociologi.

Nel film Ovosodo di Paolo Virzì (1997), il protagonista Piero Mansani dice: «La simpatia è un falso merito, tipicamente italiano. In Francia o in Inghilterra non ci tengono mica così tanto a restare simpatici, ma ad avere dei meriti reali. Solo gli stronzi sono simpatici».

Non stupisce quindi il luogo comune dell’italiano che, con falsa amichevolezza, cerca di approfittarsi degli altri. Molti all’estero ci vedono simpatici, ma “furbetti”. Quando la simpatia non è spontanea perde il suo significato più nobile.

 

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4. Diventare simpatici si può: ecco come

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La simpatia è innata o si può acquisire? È dimostrato che i bambini nei primi mesi di vita mostrano preferenze per il movimento degli esseri viventi rispetto a quello degli oggetti inanimati. Potremmo quindi avere una disposizione innata a essere
attratti dagli esseri viventi in quanto già capaci di empatia. Ciò però non significa che la simpatia, che nasce dalla capacità di entrare in contatto con gli altri, sia anch’essa innata. Contano fattori sociali, ambientali ed educativi
nell’imparare a “sintonizzarsi” con l’altro. Questo però significa che possiamo imparare a essere più simpatici: ecco qualche trucco.

- ACCRESCIAMO LA SICUREZZA IN NOI STESSI
La simpatia è legata anche alla nostra sicurezza interiore: accrescere l’autostima influisce positivamente sulla relazione con gli altri.

- IMPARIAMO AD ASCOLTARE
Anche le capacità di prestare attenzione e di interessarci ai problemi dell’altro possono essere educate. Per essere simpatici, occorre anche sforzarsi di essere tolleranti e di rispettare le idee altrui, rinunciando ad essere troppo selettivi e critici.

- APRIAMO LA MENTE
Sviluppiamo la nostra intelligenza sociale: è una competenza indispensabile per avere un approccio altruistico e simpatetico nelle relazioni. Possiamo farlo sviluppando la nostra apertura mentale. Come? Spingendoci a fare esperienze nuove, viaggi e conoscenze.

- OCCHIO AL LINGUAGGIO DEL CORPO
I simpatici sanno istintivamente come mostrarsi agli altri: il capo un po’ inclinato lateralmente è ad esempio un segnale utilizzato inconsapevolmente da molte donne per aumentare lo charme così come camminare a testa alta e schiena dritta ci rende più sicuri di noi stessi, e quindi più interessanti agli occhi degli altri. E poi impariamo a sorridere, con il viso e con il corpo: È un modo per disporci benevolmente nei confronti di persone e situazioni, non indugiando costantemente su riflessioni negative.

- SIAMO SPONTANEI
Essere calorosi ma anche vitali, genuini e pieni di iniziative ci rende simpatici. Favorisce quei comportamenti e quelle attenzioni verso gli altri che mantengono vivo il rapporto con gli altri.

- SVILUPPIAMO L’IRONIA
La persona simpatica è quella che riesce ad affrontare una conversazione facendo un uso intelligente dell’ironia, ma anche dell’autoironia.

 

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5. Come rendersi simpatici nei colloqui di lavoro

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Per suscitare una buona impressione e rendervi simpatici e sicuri nei colloqui di lavoro, cercate di attenervi ai consigli elencati di seguito.

- Ricordate che sarete osservati anche prima dell’incontro con la persona che conduce il colloquio, ossia in ascensore o nella sala della reception mentre siete in attesa. Fate in modo di adottare un comportamento “coerente” per tutto il tempo in cui siete osservati.

- Controllate i movimenti mentre entrate nella sala del colloquio, evitando gesti goffi e inconsulti.

- Stringendo la mano al vostro interlocutore, afferrategli il palmo e non soltanto le dita.

- Inizialmente adottate un sorriso neutrale per manifestare cordialità.

- Mantenete sempre un buon contatto oculare.

- Talvolta la sedia o poltrona può creare qualche problema. Per esempio, se è molto soffice, rischiate di affondarvi e di trovarvi in una posizione troppo bassa, che vi costringe a curvare la schiena, vi limita nella possibilità di parlare e, in generale, vi conferisce vostro malgrado un aspetto sottomesso. Cercate di sedere altrove; qualora non fosse possibile, mantenetevi sul bordo della poltrona e protendetevi in avanti per dimostrare che siete quantomeno attenti e interessati.

- Ascoltate con tutto il corpo. Ricordate di annuire nei momenti opportuni per dimostrare che ascoltate e per incoraggiare l’interlocutore a proseguire il discorso.

- Evitate di compiere attività dislocate e gesti di autoconforto.

- Controllate i movimenti anche quando uscite, nello stesso modo in cui avete fatto entrando.

- Dirigendovi verso la porta, ricordate che l’ultima immagine che dovete lasciare di voi è quella del volto e non del posteriore. Uscendo, quindi, non voltatevi per un ultimo saluto.

 

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